Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

26 aprile 2013

Amnesty: "Ok alla proposta di abrograre il reato di immigrazione clandestina"
Apprezzamento per l'annuncio dato dal ministro della Giustizia Paola Severino
stranieri in italia, 26-04-2013
ROMA, 26 aprile 2013 -  Amnesty International Italia esprime apprezzamento per la proposta di abrogazione del cosiddetto reato d'immigrazione clandestina, annunciata dal ministro della Giustizia Paola Severino e avanzata da una commissione ministeriale di studio sulla depenalizzazione dei reati minori.
Sin dalla sua adozione con il "pacchetto sicurezza" del 2009, spiega l'organizzazione umanitaria in una nota, Amnesty ha ritenuto che il reato di "ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato" fosse incompatibile con gli obblighi internazionali dell'Italia in materia di diritti umani. Una ricerca svolta da Amnesty International, le cui conclusioni sono state pubblicate nel dicembre 2012, ha dimostrato che la criminalizzazione dell'immigrazione irregolare crea ostacoli all'accesso alla giustizia da parte degli immigrati irregolari, anche in caso di violazioni dei diritti umani.
Poichè "l'ingresso e soggiorno illegale" e' un reato, una situazione migratoria irregolare - sottolinea Amnesty - innesca automaticamente l'obbligo di ogni pubblico ufficiale di denunciare alle autorita' giudiziarie o di polizia ogni reato di cui ha avuto notizia. I migranti irregolari che vogliano denunciare abusi rischiano di essere denunciati a loro volta, accusati del reato di 'ingresso e soggiorno illegale' o addirittura detenuti ed espulsi. Di conseguenza, molti migranti irregolari hanno paura di contattare le autorita' ed evitano di iniziare procedimenti giudiziari, anche quando ne avrebbero diritto.
Amnesty Italia ha incluso l'abolizione del cosiddetto reato d'immigrazione clandestina nella sua Agenda in 10 punti per i diritti umani in Italia, sottoposta nel gennaio 2013 ai leader candidati alla guida del governo e a tutti i candidati al parlamento, 106 dei quali (su un totale di 117 eletti) si sono detti favorevoli al punto contenente tale richiesta.



Nuovo sbarco nel crotonese, arrivati 18 immigrati
Strettoweb, 26-04-2013
Ilaria Calabrò
IMMIGRAZIONE: LAMPEDUSA, SBARCO RECORDDiciotto immigrati, tutti uomini e in buono stato di salute, sono stati rintracciati dalla Guardia costiera nei pressi della foce di un fiume a Cutro, nel crotonese. I migranti, che sono stati individuati dopo una segnalazione, dovrebbero essere sbarcati nella notte da un natante non individuato che si e’ poi allontanato. Gli immigrati, di cui non si conosce ancora la nazionalita’, sono stati portati nel Cpa di S.Anna a Isola Capo Rizzuto (Crotone).



Save the Children si appella al Garante dell’infanzia per la situazione del Centro di Lampedusa.
Su 700 migranti sbarcati, 111 sono minori non accompagnati.
Immigrazioneoggi, 26-04-2013
A Lampedusa “continua a mancare un piano di intervento strutturato e non emergenziale per l’accoglienza dei minori in arrivo via mare”. Save the Children, in occasione della visita sull’isola del Garante per l’infanzia e l’adolescenza, rilancia l’allarme sulle precarie condizioni del centro e sulla gestione emergenziale dell’accoglienza dei minori.
“Attualmente – si legge in una nota – 701 persone, tra cui 111 minori non accompagnati e 3 arrivati con le famiglie, sono presenti nel Centro di Lampedusa, con un forte peggioramento delle condizioni di accoglienza. I minori dormono su materassi a terra e le condizioni igieniche sono sempre più precarie”.
Per Save the Children “la ripresa degli sbarchi a Lampedusa dimostra ancora una volta l’inadeguatezza e l’insufficienza dell’accoglienza per i minori non accompagnati che arrivano sull’isola, e la presenza dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza è un segnale importante per sottolineare l’esigenza che gli arrivi non continuino ad essere gestiti con un approccio emergenziale, ma strutturato”.
L’organizzazione chiede di individuare un nuovo centro sull’isola o anche fuori per evitare tempi troppo lunghi per i trasferimenti e raccomanda che “la procedura di identificazione dei minori avvenga con approccio multidisciplinare, utilizzando l’esame radiografico del polso solo come ultima risorsa e solo nei caso di effettiva incertezza rispetto all’età dichiarata”.



Karim non deve partire
Italiarazzismo.it 24 aprile 2013
Raffaella Cosentino
Un forte accento milanese, una voce giovane, agitata, che parla da dentro il Cie di Ponte Galeria, il più grande d’Italia. È sempre più frequente ormai incontrare nei centri di detenzione amministrativa per stranieri senza permesso di soggiorno, persone italiane di fatto, anche se irregolari dal punto di vista del soggiorno sul territorio italiano. Karim ha 24 anni, vive in Italia da quando ne aveva sei, ha il passaporto egiziano, ma lui l’Egitto non sa neanche com’è fatto.
“Poco dopo l’arrivo in Italia mio padre è morto e sono stato affidato a una donna marocchina che considero come mia madre – racconta – in Egitto non ho nessuno”. Ma soprattutto Karim ha una ragione per volere restare a Milano. La sua fidanzata Federica, italiana, è incinta di pochi mesi. Lei ha già una bambina di 3 anni che considera Karim come suo padre. Con un figlio in arrivo, determinato a non farsi separare dalla sua famiglia che vive tutta in Italia, Karim si è opposto al rimpatrio in Egitto.
“Ieri mattina – racconta – mi hanno detto di prendere le mie cose perchè sarei uscito e che avevano già avvisato la mia ragazza. Invece, dopo avere oltrepassato tutti cancelli della zona in cui sono rinchiuso, mi hanno detto che sarei partito subito su un aereo per l’Egitto. Mi hanno mentito. Quando mi sono opposto, mi hanno risposto che allora sarebbe venuta a prendermi la scorta di agenti e sarei partito per forza”. Così Karim, nella disperazione più cupa, è stato riportato in gabbia, dietro le inferriate della sezione maschile del Cie di Ponte Galeria. In attesa di una partenza alla quale, dice, avrebbe preferito la morte. È tornato nella camerata che condivide con altri. In quella parte del centro che lo scorso 18 febbraio è andata bruciata in una rivolta. La ribellione è nata proprio dal tentativo di rimpatriare con la forza un giovane nigeriano che opponeva resistenza, davanti agli occhi di tutti i reclusi. La struttura, in gran parte annerita dal fumo, porta ancora i segni di quella giornata.
Karim ha una storia difficile alle spalle. Crescere senza un padre non è semplice, e già molto giovane il ragazzo ha iniziato a fare uso di stupefacenti, diventando tossicodipendente. Poi tre anni di comunità di recupero e un percorso terapeutico andato a buon fine. Nel suo passato, anche un anno di carcere. “Perché lo Stato italiano ha pagato per farmi stare tre anni in comunità e ora mi vuole mandare in Egitto? Non ha senso!” – dice al telefono. Vuole una seconda opportunità e la possibilità di una nuova vita con il figlio che nascerà a Milano. Non si può descrivere la forza delle sue parole e la determinazione a non farsi sconfiggere da ciò che sembrava ormai inevitabile: il rimpatrio in un Paese per lui straniero. Perché la prassi è che niente può fermare un rimpatrio. Le associazioni ricevono le chiamate disperate dei parenti, degli amici. “Lo hanno messo sul volo, non risponde più al telefono, l’hanno mandato via senza soldi, come facciamo a sapere a che ora arriva?”. Sono gli interrogativi che restano spesso senza risposta. Perché nel momento in cui si parte scatta il black out informativo.
Ma Karim ha avuto la fortuna di incontrare, due giorni prima, una delegazione di A Buon Diritto e della campagna LasciateCIEntrare. Luigi Manconi e Gabriella Guido lo hanno conosciuto a Ponte Galeria e si sono interessati subito del suo caso. Certo è difficile intervenire quando gli eventi corrono. Troppo veloci anche per l’avvocato di Karim, che non aveva il tempo materiale di presentare ricorso. Così Karim stava per partire.
Una famiglia ha rischiato di essere separata per forza. Un bambino che ancora non si è formato del tutto nel grembo materno, già poteva non avere vicino il padre, spedito a migliaia di chilometri di distanza, in un altro continente. L’intervento delle associazioni ha però permesso di intavolare un dialogo con l’ufficio Immigrazione della questura. E, sembra, che per ora Karim non verrà rimpatriato. Ma quanti altri come lui si trovano in questo momento nei 13 Cie italiani e non hanno incontrato nessuno che possa aiutarli a fare valere i loro diritti? Karim e Federica forse hanno vinto. Anche se niente è mai certo quando una persona è reclusa nel Cie, e Karim lo è ancora. Ma la partita noi l’abbiamo persa tutti, nei Cie muore ogni istante la nostra amata democrazia.



Romena sola nella Capitale partorisce, mamma romana adotta lei e il bimbo
L'odissea di una giovane dell'Est ignorata per 4 ore in ospedale. Arriva Letizia, l'aiuta e la ospita in casa con il bimbo: «aveva paura glielo togliessereo perché non ha soldi e casa»
Il Messaggero.it, 26-04-2013
LAURA BOGLIOLO     
ROMA - Rannicchiata su una sedia, piange, si dispera. Ha il volto da bambina, occhi chiarissimi affogati in un mare di dolore. È sola, incinta di nove mesi, non parla italiano e crede di essere in un pronto soccorso. Da 4 ore aspetta che un medico la visiti, ma nessuno le si avvicina. Romena, vent'anni, la chiameremo Maria, incontra il suo angelo solo quando Letizia Pietrangeli, 48 anni, impiegata romana, entra nell'ambulatorio di Ginecologia dell'ospedale Umberto I per una visita: «Ho visto quella giovane disperata con il pancione e ho cercato di aiutarla».
SOLA IN ITALIA
Maria è stremata, è arrivata in ospedale dopo un lungo viaggio da una città del Sud. Poi nero sul suo destino: era andata in Italia in vacanza con il compagno che dopo qualche giorno è scomparso. A Maria resta solo qualche euro e un biglietto scritto dall’ex: «Torna in Romania da sola». La giovane prende il treno, a Termini si sente male: inizia la corsa in ospedale dopo aver chiesto aiuto a un tassista. Questa è la storia di Maria, di una giovane che si ritrova da sola, incinta di nove mesi, in una città caotica che per quattro ore la ignora. Ma è anche la storia dell’altra Roma, quella degli occhi di una mamma romana che ruggiscono quando si tratta di difendere la vita di un’altra madre. Letizia, separata, con un figlio, in quella sala d’attesa grida, cerca un medico: «Mi hanno detto - racconta - di andare al pronto soccorso, per la visita a Ginecologia erano necessari la prenotazione e il ticket. Al pronto soccorso un'infermiera credeva che volessimo saltare la fila nell’ambulatorio, ma Maria stava veramente male».
L’ANGELO IN SOCCORSO
Dopo la visita di un medico, la giovane viene subito ricoverata. Maria sdraiata su una barella lascia la mano di Letizia ma i loro sguardi restano impigliati nel mare mosso degli affetti. L'impiegata lascia il numero di cellulare alle infermiere che continuano a chiedere: «Ma lei è una parente?». No, Letizia è solo una sconosciuta con un gran cuore. Dopo qualche giorno arriva la telefonata: «Maria sta per partorire». L’impiegata lascia tutto, corre in ospedale, non vuole che la giovane sia sola. Assiste al parto, la consola e piange con lei quando nasce il piccolo. Ma intanto la legge fa il suo corso. Arriva l’assistente sociale: Maria non ha soldi, casa, lavoro. La giovane è terrorizzata, teme che possano portarle via il bimbo, chiama Letizia che racconta: «Mi si è stretto il cuore ho pensato a quale futuro potessero avere, soli, senza un euro». Letizia firma i documenti per il rilascio dall’ospedale, parla con l’assistente sociale, in pratica adotta Maria e il bimbo: li porta a casa. «Non potevo rimanere indifferente», dice mentre culla il fagottino seduta sul divano. «Ora la cosa più urgente è attivare la procedura per farle assegnare un medico di base», sussurra Letizia. Intanto è scattata l’ora della poppata, Maria prende il biberon: il latte materno non c’è più, scomparso per il trauma.



Case ai rom: discriminazione da penpensanti secondo l’assessore regionale del Veneto
CIRDI, 26-04-2013
«Leggo su alcuni organi di informazione che ci sarebbe una gara in corso su chi trova una casa prima tra alcuni comuni del vicentino per le famiglie rom – afferma l’assessore regionale Elena Donazzan a commento di una iniziativa del Comune di Thiene – So che i comuni sono presi d’assalto da tante famiglie che non riescono a pagare l’affitto o il mutuo di casa, o nelle quali uno dei due ha perso il lavoro e rischiano di perdere anche il tetto sotto cui vivono. Sono spessissimo famiglie rispettose delle regole e della civile convivenza che si vedono così preferire famiglie rom garantite da sussidi, da zone franche di illegalità , irrispettose di leggi e obblighi, fino a quello di far frequentare le scuole ai propri figli«.
«Alle pubbliche amministrazioni chiedo di occuparsi prima di chi è in difficoltà veramente e che trova di essere in questo modo ingiustamente penalizzato. Si tratta di discriminazione – conclude l’esponente vicentina del Pdl – ma questa volta tacciono i ben pensanti, forse perchè ad essere discriminati sono veneti ed italiani con uno stile di vita e comportamentale normale. Mi pare manchi il senso della misura».



 

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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