Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

15 novembre 2013

Italia addio, i siriani sognano la Svezia
Avvenire, 15-11-2013
Ilaria Sesana
Ibrahim ha posato piede nella sua Itaca alle 11 di un grigio mattino di fine ottobre. Il giubbotto non lo ripara a sufficienza dall’aria fredda di Malmö, città portuale nel sud della Svezia. Si stringe nelle spalle ed elenca, in punta di dita, le tappe della sua odissea dalla Siria prima e dall’Italia poi: lo sbarco in Sicilia, la sosta di qualche giorno a Milano, il viaggio in treno fino a Ventimiglia e il passaggio in Francia. Prima a Nizza e poi a Parigi.
Da qui, con poco più di 80 euro, si può acquistare il biglietto dell’autobus che in meno di 24 ore collega la capitale francese con Malmö passando per Liegi, Bruxelles, Colonia, Amburgo e Copenaghen. Un viaggio che Ibrahim però non ha potuto affrontare in un sol balzo: come la maggior parte dei siriani sbarcati in Italia durante l’estate non ha passaporto, né i documenti in regola. Così, per non essere fermato dalla polizia, ha spezzettato il suo viaggio in varie tappe, arrestandosi prima di ogni frontiera per capire quale fosse il modo migliore per attraversarla.
Obiettivo Scandinavia
Solleva un’ultima volta le mani: «No fingerprints». Le autorità italiane non hanno preso le sue impronte digitali. Una fortuna che gli permette di chiedere asilo politico in Svezia, dove le condizioni di accoglienza per i rifugiati sono di gran lunga migliori rispetto a quelle che potrebbe trovare nel nostro Paese. A oggi sono poco meno di 12mila (11.701) i profughi siriani che hanno chiesto asilo politico in Svezia nel corso del 2013. Si vanno ad aggiungere ai 7.813 registrati nel 2012. Numeri che fanno del Paese scandinavo il più accogliente d’Europa. Soprattutto dopo il 2 settembre 2013, quando il Migration board ha deciso di concedere a tutti i profughi siriani un permesso di soggiorno permanente. Fra cinque anni, se lo vorranno, potranno ottenere la cittadinanza svedese.
Le rotte verso il nord
Il Migrationsverket (l’ufficio immigrazione) di Malmö, poco lontano dalla stazione, è il passaggio obbligato per chi vuole chiedere protezione. Il piccolo edificio di mattoni rossi è affollato e un gruppetto di persone si raduna anche fuori dall’edificio. Dana ha 18 anni ed è minuta per la sua età. Ha lunghi capelli castani e quando ride mostra le placchette rosa dell’apparecchio per i denti. Assieme alla madre e alla sorella sta formalizzando la domanda d’asilo: «Il viaggio in mare è stato bruttissimo, ci hanno rubato i cellulari. Ad altre famiglie soldi e gioielli». Non ricorda lo sbarco in Sicilia né le varie tappe del viaggio attraverso l’Europa: «Ci hanno fatto salire su un pullman e siamo partiti». Sa solo che ciascun membro della sua famiglia ha pagato 3.200 dollari per la propria personale Odissea.
Alaa, un signore dalla barba sale e pepe, ben curata, che vive a Malmö ormai da sei mesi, la tappa a Milano se la ricorda bene. «Viene gente di tutti i tipi a proporti il viaggio verso la Svezia. E nessuno ti aiuta gratis», spiega. È solo una questione di soldi: chi ha buone disponibilità economiche si risparmia sofferenze e viaggi faticosi: «Andare da Istanbul a Stoccolma, in aereo, costa 9mila dollari. Per me e la mia famiglia era troppo», spiega. Quei soldi non li aveva e così ha optato per il viaggio via mare: 2.500 dollari per andare da Alessandria a Milano. «Il viaggio in mare è stato terribile: ho visto i trafficanti picchiare la gente, a un mio amico hanno spezzato i denti. Un altro si è rotto le gambe durante il trasbordo da una nave all’altra», racconta Alaa. Forse per questo decide di non rischiare oltre. Per 4.800 dollari ottiene quattro documenti falsi, passaporti greci. «Ci siamo imbarcati alla Malpensa e siamo arrivati qui. No, non ci hanno fermato. Nessuno ci ha detto niente».
Italia, Paese di passaggio
Irregolari, ma non per scelta. Costretti piuttosto alla clandestinità da un regolamento europeo (2003/343/CE), il cosiddetto Dublino II, che scarica sui Paesi dell’Europa meridionale il peso maggiore dell’accoglienza. «Conosco la legge: se lascio le impronte in Italia poi non posso andare altrove a chiedere asilo», spiega un giovane siriano che vuole rifarsi una vita in Danimarca.
Per chi fugge dal regime di Bashar al Assad e da una guerra che ha causato oltre 100mila morti, l’Italia è soltanto una tappa di un lungo viaggio. Nessuno vuole restarci perché il nostro Paese non offre condizioni di vita dignitose, né integrazione, né un lavoro. E così buona parte dei profughi sbarcati a Siracusa, Catania e Lampedusa hanno chiesto (e ottenuto) di non essere identificati. «Vogliamo andare in Svezia», era la frase ricorrente sulle labbra dei profughi siriani che hanno affollato i centri di prima accoglienza siciliani in questa lunga estate. E che a meno di 24 ore dallo sbarco, dopo essersi lavati e rifocillati, si rimettevano in viaggio.
Piccolo paradiso danese
Mostafa, 21enne originario di Latakia, a Siracusa ci è rimasto ben poco. Giusto il tempo necessario per riprendersi dagli otto, lunghi giorni trascorsi in mare tra il Libano e la Sicilia. In treno ha raggiunto Milano e, dopo tre notti all’addiaccio, ha trovato la sua via di fuga: «Delle persone sono venute da me e dai miei amici e ci hanno proposto un viaggio in macchina fino a qui: 700 euro per arrivare in Danimarca, 900 euro per la Svezia». Venti ore di viaggio quasi senza soste e senza mangiare. Ma alla fine Mostafa è arrivato sano e salvo a Copenaghen.
Nell’attesa che la sua domanda d’asilo venga esaminata, trascorre le sue giornate all’interno del centro di Sandholm, il più grande del Paese, immerso nella verde campagna danese a circa un’ora di treno dalla capitale. Vialetti ordinati collegano tra loro le varie strutture: spazi gioco per i bambini, un campo da basket, l’internet point. «Le casette gialle sono per gli uomini, quelle nere più grandi per le famiglie», spiega. La stanza che divide con altri tre ragazzi è luminosa, arredata in modo semplice ma dignitoso: quattro letti a castello, un comodino con qualche libro e una copia del Corano, un piano cucina in acciaio.
Le vie di fuga
Lasciare l’Italia, però, non è così facile. Safwan ha 37 anni e ad Hama faceva il macellaio. La guerra e i continui bombardamenti lo hanno costretto a scappare assieme alla moglie, ai due figli piccoli e al fratello. Da una decina di giorni ha trovato ospitalità nel centro d’accoglienza di via Novara, gestito dal Comune di Milano. Per due volte lui e la sua famiglia hanno provato ad andarsene: la prima in treno, ma sono stati fermati al confine con l’Austria e rispediti indietro. La seconda ha provato ad affidarsi a un passeur, ma gli è andata male. Lo scafista si è intascato i soldi ed è sparito. «Mi sento come se il mondo ce l’avesse con me», dice aiutandosi con il traduttore automatico del cellulare.
Dal mese di settembre la polizia austriaca, quella svizzera e la gendarmerie francese hanno progressivamente intensificato i controlli in frontiera. Lasciare Milano in autobus o in treno è sempre più complicato. Solo dal Brennero sono state rispedite in Italia circa duemila persone. Una prassi prevista sulla base di un trattato bilaterale tra Roma e Vienna che prevede la «riammissione passiva» del migrante che ha varcato illegalmente la frontiera con l’Austria.
In treno, ormai, non viaggia più nessuno. E anche alla biglietteria della stazione degli autobus di Lampugnano il numero di siriani che chiedevano un biglietto per Parigi è drasticamente diminuito. Parallelamente si è ingrossato il mercato dei passeur, degli scafisti che ai vecchi pescherecci hanno sostituito utilitarie o piccoli furgoni per confondersi nel traffico e passare inosservati ai valichi di frontiera. Si va dagli 800 euro a persona per chi vuole raggiungere la Germania fino ai duemila chiesti ai siriani che vogliono arrivare nei Paesi scandinavi.
Safwan però non si fida più di nessuno. Ha studiato un suo percorso che, in un certo modo, ricalca quello fatto da Ibrahim: Ventimiglia, Nizza, Parigi e così via. Passo dopo passo, lentamente. Frontiera dopo frontiera.



Profughi, il racconto di centinaia di persone reimpatriate a forza dai porti greci e italiani nel rapporto "Porti Insicuri"
Raccolte le testimonianze di oltre cento casi di riammissioni sommarie di adulti e minori stranieri dai porti italiani alla Grecia. L'Italia non garantisce i diritti fondamentali dei migranti, in particolare dei richiedenti asilo e dei minori stranieri non accompagnati
la Repubblica.it, 14-11-2013
ROMA - Medici per i Diritti Umani (MEDU) ha presentato oggi, presso la sala della Stampa Estera a Roma, Porti Insicuri, Rapporto sulle riammissioni dai porti italiani alla Grecia e sulle violazioni dei diritti fondamentali dei migranti. Ogni anno alcune migliaia di migranti - il più delle volte in fuga da guerre e persecuzioni -partono dai porti greci e cercano di raggiungere l'Italia e il resto d'Europa nascosti nelle navi che attraversano l'Adriatico. Ogni anno la gran parte degli stranieri rintracciati allo sbarco nei porti di Venezia, Ancona, Bari e Brindisi vengono rimandati dalle autorità italiane nel paese ellenico in base a un accordo di riammissione siglato tra i due paesi.
Nascosti sotto i camion o nelle stive. Sebbene per varie ragioni le dimensioni numeriche di questo fenomeno sembrino essersi ridotte negli ultimi anni, la rotta adriatica rimane comunque un problema aperto sia per il carico di sofferenza umana e i rischi concreti per la vita dei migranti che essa comporta sia per le gravi questioni che pone all'Italia, alla Grecia e a tutta l'Unione europea in termini di inadeguata tutela dei diritti fondamentali della persona, in particolare dei minori non accompagnati e dei richiedenti asilo. Ancora nel 2013, secondo le testimonianze raccolte da MEDU, la maggior parte delle persone viaggia nascosta sotto i camion o all'interno dei tir imbarcati sulle navi, mentre un numero più ridotto di migranti affronta il viaggio sui traghetti con documenti contraffatti forniti dai trafficanti dietro il pagamento di somme ingenti.
Testimonianze di 66 migranti. I risultati di questo rapporto si basano su un'indagine svolta da Medici per i Diritti Umani (MEDU) in Grecia e in Italia tra aprile e settembre 2013 con l'obiettivo di conoscere più a fondo il problema delle riammissioni dai porti italiani alla Grecia e le possibili violazioni dei diritti fondamentali dei migranti. Un team di MEDU ha raccolto le testimonianze dirette di 66 migranti - per lo più provenienti dall'Afghanistan e dalla Siria - che hanno dichiarato di essere stati riammessi dall'Italia alla Grecia. Poiché alcuni stranieri hanno riferito di essere stati respinti più volte, sono state documentate in totale 102 riammissioni delle quali 45 si sarebbero verificate nel 2013 (si veda scheda riassuntiva dei dati).
La paura del ritorno. In otto casi su dieci i migranti riammessi hanno dichiarato di aver cercato inutilmente di comunicare alle autorità italiane la propria volontà di richiedere protezione internazionale o comunque di voler rimanere in Italia per il timore di quanto sarebbe potuto loro accadere in caso di ritorno. I casi di riammissione di minori non accompagnati raccolti sono stati 26, dei quali 16 si sarebbero verificati nei primi nove mesi del 2013. Solo in quattro casi sono state effettuate le procedure per l'accertamento dell'età prima che venisse eseguita la riammissione.
I diritti sistematicamente lesi. Dai racconti dei migranti riammessi - come anche in parte dalle interviste agli operatori socio legali che operano ai valichi di frontiera adriatici e dall'analisi degli stessi dati forniti dal Ministero dell'Interno - emerge che sembrano essere sistematicamente lesi i diritti al ricorso effettivo, all'informazione, ai servizi di interpretariato e orientamento legale, a procedure adeguate di accertamento della minore età.
"Basta con le riammissioni sommarie". Medici per i Diritti Umani chiede al Governo italiano che cessino immediatamente le riammissioni sommarie verso la Grecia e che ai migranti che giungono ai valichi di frontiera adriatici venga assicurato un reale accesso al territorio nazionale e alla protezione. Medici per i Diritti Umani ritiene altresì necessaria un'ulteriore riforma del Regolamento Dublino, che, come emerge anche da questo rapporto, si dimostra inadeguato a tutelare i richiedenti asilo e ad assicurare un'equa ripartizione delle domande di protezione internazionale tra tutti i paesi europei.

 

L'ULTIMA TENTAZIONE RAZZISTA
la Repubblica, 15-11-2013
TAHAR BEN JELLOUN
Il razzismo è proprio dell'uomo. È un dato di fatto: tanto vale prenderne atto, impedire che progredisca e combatterlo per legge. Ma non basta. È necessario educare, dimostrare l'assurdità delle sue basi, smontare i suoi meccanismi, non abbassare mai la guardia. In questi ultimi tempi la società francese è percepita come un contesto violentemente razzista, ma in fondo non lo è più di tante altre. Il rifiuto dello straniero, del diverso, di chi è visto come una minaccia per la propria sicurezza è un riflesso universale, che può prendere di mira chiunque. In certi casi questa ripulsa può focalizzarsi su una comunità, ma cio non vuol dire che le altre non ne saranno colpite. L'esercizio dell'odio non conosce discriminazioni: nessuno può credersi al riparo. Perciò vorrei rassicurare coloro che in Francia incitano a un «razzismo contro i bianchi»; chi è roso dal razzismo non ama nessuno . Dopo gli ebrei, ha colpito i neri, poi gli arabi; ma a seconda del tempo e del luogo, potrebbe arrivare anche il turno dei bianchi. Dipende da dove allignano il malessere e i contrasti covati nel proprio intimo, che per placarsi hanno bisogno di un capro espiatorio. L'antisemita prova un gusto particolare nello stigmatizzare l'ebreo, una figura che lo ossessiona, lo disturba e a volte lo affascina; e questo godimento porta a un desiderio violento di sterminio. Tra tutti i razzismi, quello antisemita è stato il più sanguinoso, ma non ha guarito il mondo dal desiderio di altre stragi.
Oggi in Europa assistiamo a una serie di derive gravissime. Perché il razzismo incomincia dalle parole, ma può portare fi-no ai forni crematori. Dire di una donna che assomiglia a una scimmia è solo l'inizio. Se li lasciamo fare, passeranno fa-cilmente dagli insulti ai pestaggi, alle torture (come nel caso del giovane Ilan Halimi) e all'omicidio. Per questo è importante ricordare che non esistono forme di razzismo light o decaffeinato. Bene ha fatto Christiane Taubira a deplorare che nessun dirigente politico abbia levato la propria voce contro il razzismo di cui è stata vittima. Recentemente in Italia un'esponente del governo ha dovuto sopportare un trattamento analogo: la ministra dell'integrazione Cécile Kyenge, originaria del Congo (Kinshasa) è stata insultata da alcuni eletti della Lega Nord, noti per il loro attaccamento alle idee razziste. Anche nel mondo del calcio, giocatori di pelle nera sono stati bersaglio di un razzismo inveterato. Quando un capo di governo si è permesso di far ridere il suo pubblico parlando dell'«abbronzatura di Obama», ha aperto le cateratte, dando un segnale a coloro che prima non avrebbero osato esprimersi apertamente, e incoraggiandoli a coltivare e a dare libero sfogo alle loro idee nauseabonde. Molti italiani dalla memoria corta dovrebbero ricordare i tempi in cui l'indigenza li spingeva a emigrare nel Sud della Francia, dov'erano accolti con disprezzo e insultati. Nel 1930 vi furono a Nizza vere e proprie battaglie contro gli italiani, accusati di essere venuti «a togliere il lavoro ai francesi».
La crisi economica non è una scusante, ma ha forse un ruolo di acceleratore; è un pretesto per rintanarsi nell'ignoranza e crogiolarsi nel comodo rifugio dei pregiudizi.
Il fatto che l'Europa abbia perso a poco a poco il suo posto preponderante nel mondo, non solo sul piano economico ma anche su quello culturale, favorisce un'acredine suscettibile di trasformarsi in disprezzo per tutto ciò che è diverso. La Spagna non ha ancora risanato i propri rapporti con l'islam; qui gli immigrati provenienti dal Maghreb sono chiamati «mauros», termine consapevolmente spregiativo, che ricorda i tristi eventi dell'Inquisizione. E la crisi economica certo non migliora le cose. Chi la subisce diffida sempre di chi è ancora più povero e più straniero. Il razzismo è dunque un facile ripiego davanti alle prove della vita. Bisogna pur trovare un colpevole: prima era l'ebreo, ora è il musulmano. Se è vero che il razzismo è sempre esistito, oggi non mancano i politici che lo usano al servizio dei loro interessi di bottega. È molto piü facile incitare all'odio verso lo straniero che esortare al rispetto per il diverso. L'uomo ha tendenza a lasciarsi trascinare verso gli istinti più bassi, soprattutto quando è reso fragile da situazioni che non sa o non può affrontare. Per molto tempo lo slogan preferito del Front National era: «Tre milioni di disoccupati, tre milioni di immigrati di troppo». Una falsa verità facile da confutare, che però funziona benissimo. Il razzismo è pigrizia mentale; è il rifiuto di riflettere. Tanto c'è sempre qualcuno pronto a pensare al posto nostro, e a fornirci una lettura semplificata del software del malessere.
Oggi ci dicono che non sempre chi aderisce al «Front National» è razzista. Può darsi, ma una cosa è certa: tutti i razzisti trovano sicuramente accoglienza in seno a questo partito; basta che osservino un minimo di discrezione sui loro convincimenti. Né la destra, né la sinistra hanno saputo combattere le idee del Front National. Alcuni sostengono che questo partito dà le risposte sbagliate alle domande giuste; e c'è anche chi pensa di poter guadagnare qualche voto avvi- cinandosi alle sue posizioni.
Fintanto che la principale preoccupazione dei politici sarà quella di farsi rieleggere, assisteremo alle forme di degrado più indegne. E c'è da tener conto dei nuovo look adottato dal Front National, tanto efficace da farlo apparire fre- quentabile, e persino banale. Il tentativo di cambiare status deponendo l'etichetta di partito di estrema destra è un segnale interessante. Se fosse solo questione di parole, si potrebbe pensare che al posto della connotazione estremista sia subentrato qualcosa di più profondo e pericoloso: la banalizzazione dei pregiudizi e della xenofobia.
Per combattere le idee di questo partito si dovrebbe poter rispondere sistematicamente, ogni qual volta uno dei dirigenti proclama false verità, o propone programmi non solo inapplicabili ma rovinosi per il Paese. Ma anche al di là di questa vigilanza, tragicamente omessa da tutti i parti ti antagonisti, ci sarebbe bisogno di portare avanti nelle scuole un la- voro pedagogico approfondito e di lungo respiro. Per far sapere ai bambini, fintanto che la loro mente è ancora aperta e di - sponibile, da cosa nasce il razzismo, qual è la sua storia e la sua disumana natura, quali tragedie ha causato. Dire e ripetere che la paura e l'ignoranza sono le due mammelle che nutrono questo flagello, il cui meccanismo è però facilmente smontato dall'intelligenza e dal sapere, attraverso il dibattito e il superamento dei tabù. Affrontare tutti i temi, e non chiudere gli occhi neppure davanti alle derive di chi sviluppa a sua volta forme di razzismo, per reagire alle stigmatizzazioni subite.
L'Assemblea nazionale ha riconosciuto «che le razze non esistono»: una dichiarazione di grande importanza. Ed è fondamentale ribadire questa verità che Albert Jaccard non ha mai cessato di insegnare. Esiste una sola razza umana composta da sette miliardi di individui, tutti simili ma al tempo stesso unici. Non esiste una razza nera, e neppure bianca o gialla. Evidentemente, di per sé quest'affermazione non basterà a liberarci dal razzismo. Ma quanto meno, è una verità capace di scuotere alcune certezze.
Spesso quando l'esasperazione raggiunge il colmo le derive si moltiplicano, e si parla di rigurgiti razzisti. Ma in realtà il razzismo è sempre in agguato nelle mentalità, pronto a riprendere fiato non appena cresce il malessere, e con esso la voglia di arroganza, per sentirsi vivi e soprattutto per considerarci superiori agli altri.
La lotta contro il razzismo dev'essere quotidiana, in tutti i campi della società: perché non si tratta di una moda, ben - si di uno stato mentale, che fa parte delle debolezza dell'uomo, dei suoi errori e cedimenti.
(Traduzione di Elisabetta Horvat)



I nazisti di Stormfront contro Giusi Nicolini
Un anno dopo nuova operazione: 35 perquisizioni Attacco al sindaco di Lampedusa
l'Unita, 15-11-20131
Vincenzo Ricciarelli
ROMA Gli ingredienti sono sempre gli stessi, la lobby ebraica che condiziona l’economia mondiale, l’invasione degli allogeni, il ciarpame neonazista e gli insulti verso politici, artisti o intellettuali accusati di sostenere l’immigrazione o di simpatie sioniste. Ad un anno di distanza dall’operazione che porto? all’arresto di quattro persone (gia? condannate in primo grado a pene che variano da 3 anni a 2 anni e 6 mesidi reclusione), la sezione italiana del sito neonazista Stormfront e? ancora oggetto di una maxi operazione condotta dalla Digos romana e dalla polizia postale che ha portato a trentacinque perquisizioni in ventidue province italiane. Ad ordinare il blitz la Procura della capitale che indaga per identificare gli autori della diffusione in Internet di idee fondate sull’odio razziale, etnico e di incitamento a commettere atti di discriminazione e di violenza per motivi razziali ed etnici.
In particolare le indagini hanno portato all’identificazione degli autori della diffusione in rete di un filmato intitolato Il nemico occulto un documentario sulla questione ebraica, realizzato da utenti della sezione italiana del forum «Stormfront», dagli evidenti contenuti antisemiti. Quattordici minuti e 37 secondi di farneticazioni e improbabili collegamenti messi assieme per accusare gli ebrei della crisi economica mondiale, indicando alcuni di loro obbligati da leggi, decidono di inserire programmi di riduzione o compensazione delle emissioni all’interno della loro politica ambientale. I progetti di riduzione delle emissioni possono infatti generare crediti di carbonio che possono essere venduti nel mercato volontario del carbonio da un soggetto «assorbitore» di CO2 al fine di compensare le emissioni di un altro soggetto «emettitore» di CO2.
Ad oggi appare sempre piu? opportuno che il mercato delle verifiche e validazioni Ghg trovi rapidamente la sua diffusione. Questa puo? essere una delle strade che fanno tornare la terra (intesa in tutti i suoi significati) al centro della scena, puo? essere un modo di spingere con forza su vere pratiche agricole, capaci di essere volano economico e buona qualita? della vita allo stesso tempo. Se a questo sommiamo il crescente ritorno all’agricoltura delle giovani generazioni e le agevolazioni di base accordate agli under-40 dalla nuova Pac (con un +25% per i primi 5 anni di attivita?) possiamo davvero intravedere un investimento come titolari di ruoli apicali all’interno di banche ed altre istituzioni. Nello stesso contesto sono stati condotti approfondimenti per risalire agli autori di «post» pubblicati sempre sul forum italiano di Stormfront, istigatori all’odio ed alla violenza per motivi razziali, etnici nazionali ed al contempo fortemente diffamatori nei confronti di alcuni personaggi pubblici, come il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini («andrebbe eliminata», scriveva uno degli utenti), Carla Di Veroli gia? assessore alla Politiche culturali, giovanili e pari opportunita? di un Municipio di Roma e lo scrittore Roberto Saviano. «Abbiamo sequestrato materiale informatico che serviva per mettere in rete i messaggi. Ma anche altro materiale come documenti, bandiere, magliette e riviste dai contenuti neonazisti e antisemiti. In un caso sono trovate anche armi: due moschetti con munizionamento», ha spiegato il capo della Digos di Roma Diego Parente. Per questo motivo, infatti, una delle persone sottoposte a perquisizione e? stata arrestata a Mantova per possesso abusivo di amri da fuoco.
Tra i 24 indagati, con eta? compresa tra i 17 e i 51 anni, «alcuni avevano frequentazioni con ambienti anarchici ha aggiunto Parente Si tratta di studenti, lavoratori e disoccupati, alcuni anche con precedenti specifici». «Si tratta di una organizzazione pericolosa sotto il profilo ideologico che trova radici in un’epoca storica che sembra apparentemente lontana. Dobbiamo fare i conti con l’estremismo ideologico che si muove in Europa ha commentato il procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo per evitare che atti piu? gravi possano essere compiuti nel quadro della loro ideologia aberrante». Apprezzamento per il lavoro svolto dalla polizia e? stato espresso, fra gli altri, dalla comunita? ebraica e dall’Anpi.



Diritto di voto. "A Brescia immigrati alle urne per i consigli di quartiere"
La proposta dell’assessore Fenaroli: “Elezioni aperte a tutti i residenti”. No dalla Lega: “Faranno i loro partiti e avanzeranno pretese”
stranieriinitalia.it, 15--11-2013
Brescia – 15 novembre 2013 – Per far votare gli immigrati alle elezioni comunali ci vorrebbe una legge nazionale, che ad oggi sembra tutt’altro che a portata di mano. A Brescia però i residenti stranieri potrebbero andare alle urne per eleggere i consigli di quartiere.
La proposta è stata lanciata due giorni fa dall'assessore alla partecipazione Marco Fenaroli, in occasione della presentazione del dossier statistico 2013 sull'immigrazione. Partendo da una domanda provocatoria: “Come fai a chiamare migrante una persona che è qui dal 1985?”.
“La nostra ipotesi – ha spiegato Fenaroli - è poter eleggere questi organismi la prossima primavera, con elezioni aperte a tutti i residenti e quindi anche agli immigrati. Un'idea chiara, che favorisce partecipazione di singoli e associazioni e va nella direzione della corresponsabilità. Ma questo sarà anche un percorso impegnativo, vista la crisi di rappresentanza in cui ci ritroviamo: noi stessi siamo stati eletti dal 58% del 60% degli aventi diritto”.
In Consiglio Comunale l’opposizione reagisce in ordine sparso.
“Non vogliamo fare barricate, una valutazione la si potrà fare” dice Mattia Margaroli (Pdl), secondo il quale però “il voto deve essere meritato e nella mia esperienza di presidente di circoscrizione non ho mai visto una sola proposta da parte degli immigrati”. “Non siamo contrari — spiega  Laura Gamba del Movimento Cinque Stelle — in ogni caso ci attendiamo un testo aperto, sul quale poter dare il nostro contributo”.
Puntuale, quanto scontato, il no del Carroccio. “La Lega Nord è assolutamente contraria alla proposta di Fenaroli. Il diritto di voto deve essere il suggello di un percorso di integrazione e conoscenza delle nostre regole e modi di vivere” attacca il segretario cittadino Paolo Sabbadini. “Sicuramente – prevede -  per i primi anni, il voto andrà ai partiti di Sinistra, ma non impiegheranno molto tempo ad organizzarsi con loro partiti ed avanzare pretese anche all’interno del Consiglio Comunale”.



Ragazzo marocchino picchiato da tre compagni di scuola: «È razzismo»
CIRDI, 14-11-2013
PADOVA. Un ragazzo marocchino 16enne è finito al pronto soccorso dopo una violenta aggressione subita da tre compagni di scuola, a Padova, in seguito a un diverbio nato per offese razziste. Il giovane è stato medicato per contusioni al capo e ad una spalla. La famiglia si è successivamente rivolta alla polizia, che ora sta indagando sull’episodio. Secondo il racconto dell’adolescente, i giovani che l’hanno picchiato sarebbero tre coetanei stranieri: un romeno, che frequenta la stessa classe della vittima, e due moldavi, che avrebbero dato manforte al primo nel raid punitivo.
L’aggressione di gruppo è avvenuta lunedì pomeriggio – ma se ne è avuta notizia solo oggi – all’esterno del Centro professionale «Camerini Rossi», in via Beato Pellegrino. Il tutto sarebbe scaturito dopo che il marocchino, apostrofato pesantemente dal compagno romeno, si era rivolto ad un’insegnante per segnalare le offese. Da qui la promessa dell’altro che la cosa non sarebbe finita lì. Una volta uscito da scuola il 16enne ha trovato i tre ad aspettarlo, e nonostante abbia tentato di difendersi ha ovviamente avuto la peggio.
Pesto e dolorante, è tornato a casa dove ha raccontato il fatto ai genitori che l’hanno accompagnato al pronto soccorso dell’ospedale di Padova. Dai medici è così partita la segnalazione alla Questura.
Fonte: Il Mattino Padova



"A piedi nudi sulla sabbia del deserto presi a bastonate, uccisi o costretti a guardare stupri e violenze"
La testimonianza raccolta da Sciabica, una "rete" gettata tra le storie di chi è rimasto a Lampedusa, ora che i riflettori si stanno spegnendo. Una piattaforma digitale, un sorta di archivio della memoria, ideato da Fabrica (centro di ricerca sulla comunicazione, fondato nel 1994 e aperto a giovani creativi di tutto il mondo) e affidato a internet
la Repubblica.it, 14-11-2013
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - "Nel deserto abbiamo perso l'anima". A piedi nudi sulla sabbia bollente, in mano a mercenari e trafficanti, vittime di stupri di gruppo e di violenze. Rapiti e derubati di ogni risparmio. La via crucis dei rifugiati termina con l'imbarco per l'Italia, su carrette del mare pronte ad affondare, ma comincia molto prima: dal deserto.
"Per le femmine è peggio". Eccolo il viaggio dall'Eritrea a Lampedusa: "Ci sono tra di noi tantissime donne. Le donne se le scambiano come bambole. Per le femmine è peggio. Le scelgono, le prendono, fanno con loro le cose stupide (le stuprano).  Dicono "questa, questa e questa" e diventano intrattenimento personale. Non le lasciano più. Nessuno di noi parla. Non puoi parlare. Loro sono armati, noi siamo nudi. Così il tuo cuore si stringe senza fare niente. Questi uomini hanno malattie, hanno HIV e non usano protezione mentre fanno le loro cose".
Il sopravvissuto. A parlare è un migrante eritreo. Prima di sopravvivere al naufragio del 3 ottobre nelle acque di Lampedusa, quest'uomo di 38 anni è stato tenuto in ostaggio e passato di mano tra bande di trafficanti. Con lui, donne e bambini che non sono mai riusciti a imbarcarsi verso l'Europa e dei quali si è persa ogni traccia. "Ti chiedono etiope o eritreo? Se sei eritreo, sei cristiano, ti trattano peggio. Nel Sahara non puoi reagire. Se reagisci ti sparano nelle ginocchia, nella testa e ti lasciano nel deserto".
Una voce per non dimenticare. La sua testimonianza in lingua tigrina è stata tradotta da un italo-eritreo e raccolta da Sciabica, parola di origine araba che significa rete da pesca: una rete gettata tra le storie di chi è rimasto a Lampedusa, ora che i riflettori si stanno spegnendo. Sciabica è una piattaforma digitale, popolata di racconti e foto: un sorta di archivio della memoria, ideato da Fabrica (centro di ricerca sulla comunicazione, fondato nel 1994 e aperto a giovani creativi di tutto il mondo) e affidato a internet.

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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