Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

14 maggio 2014

L’aiuto europeo: «Arrangiatevi»
Corriere della sera, 14-05-14
Ernesto Galli Della Loggia
Ci sono solide ragioni (si badi: solide ragioni non vuol dire affatto buone ragioni) per cui l’Unione Europea, nonostante tutte le promesse, continui a fare orecchie da mercante alle ripetute, sempre più pressanti, richieste avanzate da vari Paesi mediterranei suoi membri, e innanzi tutto dall’Italia, perché di fronte all’imponenza del fenomeno dell’immigrazione sia finalmente adottata una politica comune. Una politica comune fatta ad esempio di un aiuto in mare ad opera di navi di tutte le marine europee, di distribuzione concertata degli immigrati nell’intero territorio dell’Unione, e soprattutto di effettiva condivisione delle spese sempre più ingenti richieste dal meccanismo dell’accoglienza. Niente da fare. La sollecitudine per i diritti dell’uomo, che risuona con toni così alti quando viene proclamata a Bruxelles o a Strasburgo, sulle spiagge e tra i flutti del Mediterraneo diventa un sussurro impercettibile. Italia, Grecia, Spagna si arrangino: se decine di migliaia di immigrati si accalcano sulle coste africane e asiatiche per entrare in quei Paesi, non sono cose che riguardano l’Ue.
Ci sono solide ragioni, ripeto, per questo comportamento dell’Europa. Le quali, tra l’altro, ci fanno capire che cos’è che nell’Unione non funziona. La verità è che mai come in queste settimane, nell’imminenza delle consultazione elettorali, le classi politiche di governo del continente - specie della sua parte centro-settentrionale - stanno toccando con mano quanto siano diffusi nei loro elettorati i timori legati alla sempre più ampia presenza di immigrati. Dalla Danimarca alla Francia, ai Paesi Bassi, la propaganda spregiudicata di vecchie e nuove formazioni politiche - di destra ma non solo: più spesso capaci di mettere insieme temi di destra e di sinistra - sta conquistando ascolto e consensi soprattutto negli elettorati popolari e operai dei centri urbani. Sono specialmente questi, infatti, che oltre a soffrire il disagio economico e i tagli del Welfare causati dalla crisi, oggi, di fronte al mutamento etno-demografico sembrano avvertire sempre di più la questione lacerante della propria moderna identità socioculturale. Che per essi è generalmente legata in misura decisiva alla dimensione locale-nazionale, a differenza delle élite borghesi, della cultura e del denaro, ormai progressivamente avviate a un superficiale cosmopolitismo anglofono.
In queste condizioni potete immaginare che voglia abbiano i governi europei di preoccuparsi di aiutare l’Italia e gli altri Paesi mediterranei facendosi carico di un problema che già li mette così in difficoltà a casa loro. E che voglia abbiano quelle opinioni pubbliche - realmente, non a chiacchiere - di occuparsi dei barconi che colano a picco tra la Libia e Lampedusa. Tutto ciò accade, come dicevo, a causa di un limite paralizzante di cui soffre la costruzione europea. E cioè che in sessant’anni non è nato nulla che assomigli in qualche modo a uno spazio politico europeo comune.



Il quorum dei morti
La Stampa, 14-05-14
Massimo Marnetto
Oltre 200 dispersi in mare. L’ultima tragedia degli emigranti ha superato il quorum di morti per andare in prima pagina, mentre quelle che da anni riguardano pochi cadaveri alla volta rimangono effetti collaterali, annegamenti di routine. La verità è che quando i migranti sono su un barcone è già troppo tardi per intervenire. Si può fare solo un “pronto soccorso” – come di fatto è l’azione “Mare nostrum” – mentre la complessità delle migrazioni imporrebbe ben altra pianificazione.
Sappiamo che le popolazioni in sofferenza  si muovono seguendo la legge dei vasi comunicanti: la sofferenza alta spinge i migranti verso nazioni dove è bassa. Allora è su questo fattore che occorre lavorare, ma con piani pluriennali di collaborazione e sviluppo, che implicano la costruzione di una filiera di interventi coordinati e adeguatamente finanziati.
L’Europa dovrebbe farsi carico di cooperare alla stabilizzazione di paesi come la Libia e l’Egitto, per poi avere finalmente istituzioni con cui avviare interventi umanitari sostenibili. Ma molti, in Italia e in UE, vedono la disorganizzazione come un benefico filtro che rallenta e scoraggia gli ingressi e si limitano volutamente al “pronto soccorso” , portando a terra donne, uomini e bambini, per poi abbandonarli al loro presente.
Questa disorganizzazione si scarica sulle comunità più esposte ed è combustibile per xenofobi e razzisti, che infatti stanno innalzando il loro consenso su un disagio generato da un problema lasciato marcire. La strategia è sempre la stessa: non decidere in Italia, mentre l’Europa auspica ed esprime sgomento.
Ma forse hanno ragione loro. Perché agitarsi? Tra un paio di giorni la notizia sparirà dai giornali. E parleremo d’altro.
Fino al prossimo quorum.



SERVE UNA POLITICA DI IMMIGRAZIONE COMUNE IN EUROPA
La Stampa, 14-05-14
MARTIN SCHULZ
Sulle coste del Mediterraneo, primavera sta diventando sinonimo di emergenza, tracollo delle strutture di accoglienza, e di morti crudelmente annunciate. L'insopportabile conta dei cadaveri che segue ogni tragedia in mare riempie le pagine dei giornali, ma appena le telecamere abbandonano i luoghi della catastrofe, la tentazione di girarsi dall'altra parte e continuare a far finta di niente è troppo forte. L'Europa è capace di legiferare sulla misura -delle bottigliette d'olio nei ristoranti, ma quando c'è da agire su un tema veramente europeo, per cui la gestione comune avrebbe un reale valore aggiunto, siamo bloccati.
Occorre una politica d'immigrazione comune completamente diversa da quella che abbiamo oggi. E tre sono le linee guida.
In primis, il rispetto della vita e della dignità umana. Perché ogni vita persa nelle acque del Mediterraneo è una macchia sulla nostra civilizzazione. «Mare Nostrum» sta facendo un lavoro straordinario, salvando la vita di decine di migliaia di persone. Ma gli altri Paesi europei devono contribuire alila gestione delle emergenze umanitarie, e dobbiamo convincere i Paesi nord-africani a cooperare e comunicare con noi in tempo reale. Le persone a bordo di qualsiasi barca devono poter aiutare senza aver paura di essere processate per aver salvato delle vite. E il principio di «non-refoulement» (non si possono espellere persone senza la garanzia di condizioni di vita sicure nei Paese da cui provengono) dev'essere applicato in tutte le operazioni.
Quanto alla gestione delle domande di asilo, una cosa è chiara: non possiamo chiudere le porte a chi cerca protezione dalle guerre o dalle persecuzioni: l'Europa dev'essere un porto certo per tutti coloro che non possono vivere in pace e in sicurezza a casa loro. E non troviamo scuse, per esempio dicendo che i rifugiati sono già troppi: solo il 4% dei rifugiati siriani ha trovato asilo in Europa. Il Libano, un Paese che ha meno di 5 milioni di abitanti, ne sta accogliendo un milione.
Dall'altro lato bisogna ammettere - e qui è il secondo principio - che siamo un continente d'immigrazione, ma senza una politica d'immigrazione legale. E' il Papa in persona che me l'ha detto: «Sono figlio d'immigrati italiani in Argentina». Perché l'Argentina, il Brasile, gli Usa, hanno un sistema di immigrazione legale, e noi no? Un approccio ordinato, con regole chiare e una visione di lungo termine, farebbero bene all'Europa. Vuol dire dare la possibilità di venire in Europa, non la garanzia: su questo dobbiamo essere chiari, anche se a volte a sinistra è scomodo ammetterlo. Non possiamo accogliere tutti. Dobbiamo permettere alle persone che vogliono lavorare e che servono al nostro Continente che invecchia di arrivare legalmente, di integrarsí e vivere dignitosamente. L'immigrazione illegale è disumana, incontrollabile e ingiusta. Solo con un sistema legale possiamo salvare vite e combattere i traffícanti di esseri umani.
Terzo principio: agire insieme in uno spirito di solidarietà a livello europeo. La gestione delle frontiere esterne è una responsabilità comune: «Mare Nostrum» è un'iniziativa fondamentale, ma gli altri Paesi devono aiutare di più la guardia costiera italiana e le operazioni devono essere coordinate. Per un'isola di 6000 abitanti come Lampedusa, lo sbarco di migliaia di profughi in poche settimane è insostenibile, ma se queste persone - che fra l'altro sbarcano in Italia per tentare di andare altrove - fossero suddivise in modo equo su 28 Paesi europei e 500 milioni di Cittadini, sarebbe una responsabilità che potremmo (e dovremmo) sopportare. Dobbiamo aumentare i re-insediamenti e la ricollocazione dei rifugiati. Insieme, dobbiamo combattere le cause dell'immigrazione, non gli immigrati: un altro campo dove l'Europa può fare la differenza è la prevenzione. Il tema dell'immigrazione dev'essere al centro di tutti i negoziati con i nostri vicini dei Mediterraneo, e l'Europa deve incoraggiare il processo di riforme. Lo stesso vale per la politica di sviluppo, altro tema di competenza europea: aiutando i Paesi in via di sviluppo risolveremmo una gran parte del problema, perché sono pochi quelli che lasciano casa propria volontariamente.
Non possiamo lasciare il monopolio dell'immigrazione ai partiti populisti, razzisti e xenofobi, che fanno le proprie fortune sulle tragedie altrui, che prosperano sulla menzogna e sulla paura, che hanno per tutto un capro espiatorio, e per niente una soluzione. I demoni del passato, purtroppo, non sono spariti: non possiamo permetterci di abbassare la guardia. Dobbiamo combattere insieme per un'Europa più solidale, più umana e più giusta. Un'Europa in grado di dare risposte a coloro che intra- prendono il viaggio della speranza, e troppo spesso vedono le loro speranze naufragare. A coloro che si trovano a gestire un'emergenza più grande di loro, senza averne i mezzi né le risorse. E a coloro che credono che l'Europa sia migliore anche grazie ai milioni e milioni di immigrati che vivono, lavorano e pagano le tasse sul nostro Continente. Il voto del 25 maggio è cruciale anche per questo.



Voti di scambio
il Manifesto, 14-05-14
Alessandro Dal lago
Nella finta polemica tra Italia e Ue sulle strage di stranieri nel canale di Sicilia (centinaia di annegati che si aggiungono ai 400 dell'ottobre 2013 e alle migliaia degli Ultimi anni), Angelino Alfano ha un sicuro vantaggio su Renzi. Diversamente dal pirotecnico Presidente del Consiglio, il ministro degli Interni non ha bisogno di fingersi di sinistra, ma può gioiosamente mettere a nudo la sua anima di destra. Quindi, se Renzi se la prende a parole con l'Europa che pensa alle banche ma non ai bambini, Alfano bada al sodo.
Le bare che gravano sulle elezioní europee
Quando si tratta di stranieri, clandestini, invasioni e simili spauracchi dell'opinione pubblica Angelino non lo batte nessuno (a parte la Lega, naturalmente).
Tempo fa giurava che 600.000 clandestini sarebbero pronti a sbarcare sulle coste italiane, quindici volte quelli arrivati nel 2013. Come si spiega questa cifra sensazionale? Angelino non ce l'ha spiegato. In cambio, ecco le misure che l'Europa dovrebbe adottare, secondo lui, per fermare l'ecatombe di stranieri: assisterli a casa loro, convocare le marine europee nel Mediterraneo, spostare la sede di Frontex da Varsavia in Italia, accogliere i sopravvissuti sbarcati in Italia. Insomma, bloccare in ogni modo i migranti, con le buone e con le cattive e, se proprio quelli riescono a passare, disperderli un po' dappertutto nel vasto continente.
La storia dell'assistenza in loco ricorda una singolare iniziativa di qualche amministratore leghista di un villaggio della Bergamasca, e cioè la raccolta differenziata per migranti. «Aiutiamoli, ma a casa loro» c'era scritto su alcuni cassonetti per vestiti usati da spedire, immaginiamo, in Africa. L'idea di Alfano, sembra di capire, è destinare un po' di soldi a «quelli là» o magari allestire delle tendopoli nel deserto libico, schivando le incursioni delle bande armate a cui il geniale occidente, dopo la fine di Gheddafi, ha affidato le sorti della democrazia a Tripoli e Bengasi. Ecco una strategia lungimirante, oltre che umanitaria.
Quanto alle marine europee, si sa che solcano già le acque azzurre verso est, visto che tra Siria, Ucraina e altre zone calde, una guerra prima o poi potrebbe scoppiare. Ma forse bisognerebbe ricordare ad Alfano che durante la guerra di Libia, le marine della Nato si guardarono bene dal soccorrere la gente in fuga. E poi, con la crisi che c'è, riuscite a immaginare finlandesi, danesi, inglesi, tedeschi ecc. che spediscono le flotte per cavare le castagne dal fuoco a Renzi e Alfano?
Ma il nostro ministro degli interni sa che cos'è Frontex? È precisamente l'agenzia europea che si incarica di proteggere le frontiere dai migranti. Se si va sul suo sito si possono vedere belle immagini di poliziotti a cavallo sullo sfondo di verdi colline, immagini di motoscafi veloci e inviti alle aziende (sorveglianza elettronica alle frontiere ecc.) a collaborare. Insomma, Frontex è la risposta dell'Europa alle ansie di Alfano e un bel business. Dunque, che vuole l'Italia? Altri soldi? Oppure gestire Frontex a Roma per creare un po' di posti di lavoro? Quanto all'accoglienza dei rifugiati, tutto il mondo sa che l'Italia ne accetta ben pochi (16.000 circa alTanno) rispetto alle centinaia di migliaia che trovano asilo nei paesi dell' Europa del nord. Quindi, anche questa volta, dopo il cordoglio di rito, l'Ue risponderà picche - soprattutto in un momento in cui tutti i governi europei sono terrorizzati dal voto di maggio.
E questo è veramente il punto. Dietro le frasi a effetto di Renzi e le proposte irricevibili di Alfano c'è la paura che Grillo e la Lega usino la minaccia  degli immigrati per toglieri voti a sinistra e a destra. Il governo piange lacrime di coccodrillo per gettare fumo negli occhi agli elettori.



Gli scampati dal mare
Arrivati a Catania i 206 superstiti dell’affondamento della nave a sud di Lampedusa
17 morti e 17 dispersi. Ma la Sicilia lancia l’allarme: siamo allo stremo
il Fatto, 14-05-14
Giuseppe Lo Bianco
Catania. La prima a scendere è una donna incinta, arranca con il volto sofferente sorretta da un volontario della Croce Rossa. Dietro di lei si muove un corteo silenzioso e variopinto: sono 206, pakistani, marocchini, siriani, etiopi, algerini, in maggioranza uomini, una ventina di donne e circa dieci ragazzini. Le bare sono 17, allineate sul molo n.8 ma nessuna è bianca: tra le diciassette salme sbarcate alle 19.30 di ieri sera dalla fregata della marina Militare Grecale ci sono anche due bambine di pochi anni, annegate nel canale di Sicilia 100 miglia a sud di Lampedusa. E poi due donne di meno di 30 anni e tredici uomini.
NEL GIORNO dell’emergenza immigrazione, con altri 400 immigrati sbarcati a Pozzallo, 300 sbarcati ad Augusta dalla nave militare Sirio, un tentativo di ribellione esploso nel centro di accoglienza di Mazara e due scafisti arrestati dalla polizia a Palermo, Catania accoglie i morti portati dalla Grecale nascondendo le bare in due furgoncini posteggiati davanti alla nave da crociera Star Pride, che salpa in tempo alle 18 in tempo per lasciare il posto sul molo alla fregata della Marina Militare. Davanti ai volontari della Croce Rossa, diretti nei quattro gazebo sanitari approntati sul molo, sfilano 206 uomini, donne e qualche ragazzo, volti segnati dal sole e dalla paura: sono tutti in buone condizioni fisiche, non presentano a prima vista problemi epidemiologici, verranno smistati tutti in un centro di accoglienza a Catania (le salme sono state trasferite nel Palarcidiacono, obitorio improvvisato sempre nella città etnea).
Ad assisterli, tra i 30 volontari della Croce Rossa, c’è anche Helen, etiope giunta a Catania con un viaggio della speranza tanti anni fa, e qui rimasta ad assistere i suoi connazionali e tanti altri sventurati in fuga da miseria e guerra. Parla bene l’inglese, e il suo capo, Stefano Principato, la inserisce nel gruppo dei mediatori culturali che andranno a parlare con i superstiti. Tra la folla di giornalisti in attesa di notizie si aggira Khalid Hallak, uno dei leader della comunità siriana in Italia: vive a Crema, si è precipitato in Sicilia dopo avere ricevuto l’allarme da alcune famiglie che cercano notizie dei propri cari, in fuga dalla guerra: “Ho telefonato, ma i loro cellulari non squillano’’ – dice Khalid. Sul molo il sottosegretario all’Interno Domenico Manzione smorza le cifre della tragedia: “A bordo del barcone hanno detto di essere 240 – dice – se qui ne sono giunti salvi 206 e 17 purtroppo non ce l’hanno fatta, vuol dire che la cifra dei dispersi in mare è più contenuta di quanto è stato scritto’’.
IN EFFETTI le caratteristiche del barcone affondato lasciano pensare ad una capienza non superiore a 250 persone. Lo accerterà la procura di Catania, che ha aperto un’inchiesta per omicidio plurimo colposo e, a quanto pare, ha già individuato due scafisti, come ha detto il comandante della Grecale Stefano Frumento in un’improvvisata conferenza stampa sul molo. Già l’altro ieri pomeriggio una squadra di polizia giudiziaria è salita a bordo della Grecale per compiere i primi interrogatori dei superstiti, confluiti nell’inchiesta condotta dal sostituto procuratore Monia Di Marco, inviata ieri sul molo dal procuratore Giovanni Salvi. Non sono ancora stati effettuati fermi, previsti nelle prossime ore, così come le autopsie, anche se le morti sono tutte per annegamento.
E non è ancora chiara la dinamica della tragedia, sembra che alcuni dei superstiti abbiano riferito dichiarazioni divergenti sulle cause. E mentre il sottosegretario Manzione auspica un rimodulamento del sistema di accoglienza in Sicilia, ormai al collasso, il sindaco di Catania lancia l’ennesimo allarme: “Non ce la facciamo più e la prospettiva, a sentire le previsioni del governo, è quella di un ulteriore aggravamento della situazione degli sbarchi con centinaia di migliaia di persone che attendono di imbarcarsi per raggiungere il confine europeo, la Sicilia’’.

 

Profughi siriani, giallo sui nuovi arrivi
La Prefettura:300 sbarcati a Taranto diretti in Centrale. «Perse le tracce»
Corriere della sera, 14-05-14
Alessandra Coppola  
Trecento fantasmi siriani. Al binario 18 della stazione Centrale, il Frecciabianca delle 19.25 da Taranto deposita decine di passeggeri, donne con bambini, giovani con occhiali a specchio, studenti, anziani, una coppia di stranieri, lei velata, che trascina un grosso trolley. Non sono profughi.
E allora dove sono le centinaia che «hanno lasciato Taranto con ogni probabilità diretti a Milano» come indica una nota arrivata in Comune dalla Croce Rossa attraverso la Prefettura?
L'assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, è incredulo: «A Roma non lo sanno oppure non si assumono la responsabilità di indicare dove siano. Certo, dalla visita di Alfano, otto giorni fa, l'unico risultato è che i siriani sono aumentati...». Nei centri di accoglienza, stipati all'inverosimile, sono 608. Piü 150 arrivati da Sud nella giornata di ieri e che con ulteriore sforzo sono stati collocati. Più una trentina per i quali non c'è più posto e ci si arrangia in stazione.
A queste cifre già fuori misura, nel pomeriggio s'era aggiunta l'allerta pugliese. «Dalla Prefettura ci hanno avvisato che sono partiti da Taranto trecento siriani, diretti a Milano, arriveranno questa sera», era scritto in una nota del Comune delle 15. E sembrava un'indicazione attendibile, la prima che dava l'idea di un abbozzo di coordinamento: finora gli arrivi erano stati segnalati solo grazie alle comunicazioni informali dei Giovani musulmani, con buoni contatti a Catania
Al binario 18 s'era formato allora un comitate d'accoglienza completo, cameramen e fotografi, Majorino e i delegati del
Comune per gestire quella che sembrava l'ennesima emergenza, forse anche la più grave da quando, otto mesi fa, è cominciato il passaggio di siriani in stazione. La Protezione civile era già pronta ad allestire un gazebo sul mezzanino delia Centrale e a organizzare un «dormitório» prowisorio. Una scrivania con la mappa delle strutture, confezioni d'acqua minerale, operatori dei 118. I volontari della Fondazione Progetto Arca si preparavano alla distribuzione dei pasti. Il treno era arrivato pure in orario. Ma l'informazione era clamorosamente sbagliata.
Eppure a portare a Taranto 380 migranti, di cui la maggior parte richiedenti asilo siriani, era stata tre giorni fa, l'11 maggio, la fregata Aliseo della Marina Militare, che in uno dei salvataggi dell'operazione «Mare Nostrum» aveva recuperato i passeggeri di più imbarcazioni, quindi, su precisa indicazione del Viminale, aveva fatto rotta sul porto pugliese. Da li, la Prefettura di Taranto aveva preso nota e smistato per i centri locali di accoglienza. Le agenzie dell'altroieri già segnalavano che, di 380 ospiti, 260 erano ripartiti. Per dove?
«È evidente un'assoluta mancanza di regia», dicono da Palazzo Marino. «Siamo in balia degli eventi», riconosce Majorino, e al telefono con il ministero dell'lnterno alza pure la voce.
Resta un dubbio: se non sono al binario 18, dove sono trecento siriani? Stanno arrivando comunque a Milano, magari con gli autobus, forse già nella notte? Hanno lasciato l'Italia? Ma soprattutto: perché, ancora una volta, nessuno è in grado di tracciarne il percorso?



Il dramma dei due fratellini "Papá e mamma spariti tra le onde'
la Repubblica, 14-05-14  
ALESSANDRA ZINITI
CATANIA. Scendono dalla passerella in braccio a due donne del personale della fregata Grecale tenendosi per mano. Sono orfani e ancora non lo sanno questi due fratellini eritrei, un maschietto e una femminuccia che sembrano avere 4 e 6 anni. La mamma e due fratelli più grandi, poco piú che ragazzi, sono stati pietosamente ricomposti in tre sacchi che, quando è ormai notte, ven- gono portati giú dalla nave della Marina militare e affidati al personale delle pompe funebri che per tutto il pomeriggio, con i loro carri e le bare, hanno atteso pazientemente sul molo dei croceristi del porto di Catania. A pochi metri c'è la Star pride Nassau, la grande nave da crociera che alle sei del pomeriggio, con la sua musica festante diffusa sui ponti e i turisti che salutavano con la mano la folla di cronisti e cineoperatori, ha lasciato il posto al mesto arrivo della Grecale con il suo dolente carico di vivi e di morti: 206 i superstiti (16 sono bambini), 17 le salme recuperate e tra queste quelle di due batuffoli dalla pelle nera, due bambine, una di pochi mesi, l' altra di poco più di un anno. Nessuno, tra gli uomini e le donne salvati dell'ultimo naufragio nel Canale di Sicilia, ha cercato quelle due piccole, segno che i loro genitori, o quantomeno le loro mamme, sono tra le dodici donne (una era incinta) annegate sotto gli occhi disperati degli uomini dell'equipaggio di quel rimorchiatore di una piattaforma petrolífera, che era stato incaricato dal comando dell'operazione Mare nostrum di seguire da vicino quel barcone che non era stato intercettato. Quel che sembra scongiurato è che il bilancio di questa nuova tragedia del mare sia cosi pesante come era sembrato nelle prime ore quando, dalle testimonianze dei superstiti, sembrava che i dispersi fossero quasi duecento.
«Impossibile che su quella barca di 15 metri vi potessero essere stipate tante persone —dice il comandante della nave Grecale Stefano Frumento— anche perché proprio io, poco prima, avevo recuperato i migranti a bordo di un barcone gemello partito, quasi contemporaneamente dalle coste libiche, e abordo vi erano 224 persone». Dunque, considerato che i superstiti del naufragio sono 206 e le vittime recuperate 17, non si dovrebbe andare oltre qualche decina. Gli scafisti, probabilmente due, sarebbero già stati individuati dalla squadra mobile di Catania salita abordo insieme al sostituto procuratore Monia Di Marco.
La storia dei due fratellini eritrei ha emozionato tutto il personale di bordo della Grecale. «Quando li abbiamo presi a bordo facendoli salire dal rimorchiatore che li aveva salvati avevano il terrore negli occhi —racconta il comandante Frumento —una donna che diceva di essere una parente ha fatto capire che i loro genitori erano morti, loro non parlavano, ogni tanto chiamavano la mamma. Se ne sono presi cura le nostre donne dell'equipaggio che sono riuscite a farli addormentare e già questa mattina sembravano piú sereni». Quando racconta di quelle altre due bambine, "piccolissime e con la pelle scura", probabilmente di origine subsahariana come buona parte dei migranti salvati, al comandante si velano gli occhi. «Noi lo facciamo per missione, ma quando assistiamo a drammi di questo genere, ci viene una forza di volontà ancora piú grande».
I due piccoli eritrei, affidati alle cure della comunità di Sant'Egidio, ieri sera sono stati ospitati insieme a tutti gli altri profughi al Palarcidiacono, il palazzetto dello sport utilizzato di solito per la scherma, che ieri il Comune ha riempito di brandine. «Catania non si tira indietro e anche oggi faremo la nostra parte, con la dignità della nostra gente, ma va detto che siamo al collasso», dice il sindaco Enzo Bianco già di mattina sulla banchina per sincerarsi che si stia facendo il meglio per accogliere i migranti. Quando è già buio, sulla nave sale anche l'imam Kheit Abdelhafid, presidente della Comunità islamica di Sicilia. Al sottosegretario all'Interno Domenico Manzione, presente allo sbarco, ha chiesto un funerale dignitoso per le vittime. «Che non si ripeta l'indecenza di ottobre scorso, quando a tanti dei morti di Lampedusa non si è riusciti né a dare un nome né a riportarli a casa"



Alfano contro la Ue Ed è scaricabarile sull'immigrazione
Bruxelles: in marzo chiesto all'Italia cosa potevamo fare, nessuna risposta. Il ministro: bugia. Intanto sale il conto dell'invasione
il Giornale, 14-05-14
Andrea Acquarone
Nel Millennio di internet l'Sos è affidato alle lettere. Arrotolate in una bottiglia e affidate al mare, con la speranza che un giorno la corrente giusta le recapiti.
Mittente l'Europa, destinatario l'Italia. E viceversa.
Nell'emergenza da tempo «ordinaria» del mar di Sicilia, più affollato di un suk, dove le onde regalano sogni impossibili spesso trasformandoli in lutto prima del risveglio, il Belpaese entra in rotta di collisione con il Nord.
Con Bruxelles, ma anche con gli partner europei, vedi Angela Merkel che appena qualche mese fa lasciò languire al freddo una ventina di profughi accampati alla Porta di Brandeburgo. Mentre a Sud, appendice italica dell'Europa, si invade. E si muore.
Eccolo il varco dimenticato dai «soci» di Continente. Eccolo il confine dove l'Italietta gioca la sua estenuante partita a ping pong contro il resto d'Europa. Tutto affidato a missive reciproche, poco conosciute e altrettanto poco lette, in cui l'inerme vice premier e ministro degli Interni Angelino Alfano prova a farsi sentire.
Corrispondenze tanto «segrete» quanto finora inutili. A chi toccano i carichi quotidiani di migranti disperati? A chi le spese, gli oneri i doveri di soccorso? Lo smistamento?
La Commissaria europea agli Affari interni Cecilia Malmstroem, a ogni tragedia dell'immigrazione, si lava la coscienza ripetendo di sentirsi «profondamente colpita dalla nuova tragedia»; il nostro bicefalo governo, capace di cancellare il reato di clandestinità- lasciando passare in messaggio «benvenuti a tutti»-, invoca l'intervento dei Ventotto. Le parole di Michele Cercone, portavoce della Malmström, evidenziano così, dietro plausi di facciata, un'aspra polemica: «Lasciatemi ringraziare le autorità italiane per i loro enormi sforzi nell'attuare l'operazione Mare Nostrum... c'è una visione comune di quello che è necessario, ma ora sul tavolo servono proposte concrete», ha spiegato ieri ai microfoni di RaiNews24. «Noi abbiamo messo a disposizione tutti gli strumenti di cui la commissione dispone. Sta all'Italia indicarci come le misure concrete debbano essere indirizzate per dare il nostro sostegno in maniera più immediata. Poi si lavorerà sulle linee strategiche fornite dal ministro Alfano».
Si gioca di sponda e rimbalzi. Alfano dal canto suo, stavolta arrabbiato, replica. «È un'Europa della burocrazia quella che di fronte ai morti chiede letterine. L'Italia ha già fornito tutte le indicazioni di cui la Ue necessita per intervenire nel Mediterraneo in maniera concreta». La prima: «Accoglienza umanitaria in Africa, in particolare in Libia (adesso finalmente lo dice anche la presidente della camera Boldrini, ndr). La seconda: «Il soccorso in mare deve essere fatto dall'Europa attraverso Frontex». Poi gli altri due punti per affrontare l'emergenza immigrazione. «Frontex deve avere una sede in Italia e non a Varsavia, le navi di soccorso battano bandiera europea. Infine, elemento importantissimo, siccome i migranti non vogliono stare tutti da noi, devono avere la possibilità di esercitare il diritto di asilo politico anche nel resto di Europa. Altrimenti trasformiamo l'Italia nella prigione dei rifugiati politici». «Se il problema è quello spedire letterine, invece di spedirle domani prendo un aereo e ci vado io a Bruxelles», la minacciosa promessa. Che per la verità non spaventa l'indifferente «condominio Ue», coeso almeno nel fare orecchie da mercante. Ma da marzo a oggi perché questo famoso viaggetto il ministro non l'ha mai fatto?



«Migranti, prevenire stragi vergognose»
Avvenire, 14-05-14
Un appello accorato per i morti nel Mediterraneo, e una preghiera per i morti in Turchia. Sono stati alcuni momenti dell'Udienza generale tenuta oggi da papa Francesco,che ha parlato anche delle persecuzioni ai cristiani nel mondo.
«Basta morti in mare». "Preghiamo - ha detto il Papa in un appello durante l'udienza generale - per le persone che in questi giorni hanno perso la vita nel Mare Mediterraneo. Si mettano al primo posto i diritti umani, preghiamo per questo, e si uniscano le forze per prevenire queste stragi vergognose".
Tragedia turca. "Vi invito - ha detto il Papa in un 'appellò all'udienza generale - a pregare per i minatori che ieri sono morti nella miniera di Soma, in Turchia e per quanti si trovano ancora intrappolati nelle gallerie. Il Signore accolga i defunti nella sua casa e dia conforto ai loro familiari".
Cristiani perseguitati. Anche oggi non mancano cristiani che in tante parti del mondo continuano a celebrare e a testimoniare la loro fede, con profonda convinzione e serenità, e resistono anche quando sanno che ciò può comportare un prezzo più alto". Lo ha detto Papa Francesco nella catechesi all'Udienza Generale di oggi. "La Chiesa - ha sottolineato - risplende della testimonianza di tanti fratelli e sorelle che non hanno esitato a dare la propria vita, pur di rimanere fedeli al Signore e al suo Vangelo".
«Ci sono tanti santi nascosti». Poi ha aggiunto a braccio: “Anche noi, tutti noi, conosciamo gente che ha vissuto situazioni difficili, tanti dolori. Ma, pensiamo a quegli uomini, a quelle donne, che portano una vita difficile, lottano per portare avanti la famiglia, educare i figli, ma questo lo fanno perché c’è lo spirito di fortezza che li aiuta. Ma, quanti, quanti uomini e donne, noi non sappiamo il nome, ma che onorano il nostro popolo, onorano la nostra Chiesa, perché sono forti: forti nel portare avanti la loro vita, la loro famiglia, il loro lavoro, la loro fede. Ma, questi nostri fratelli e sorelle sono santi, santi quotidiani, santi nascosti in mezzo a noi: hanno proprio il dono della fortezza per portare avanti il loro dovere di persone, di padri, di madri, di fratelli, di sorelle, di cittadini.
Una folla sterminata ha accolto questa mattina Papa Francesco in piazza San Pietro. I biglietti distribuiti nei giorni scorsi dalla Prefettura della Casa Pontificia sono stati ben 60 mila, ma i presenti erano molti di più come testimoniavano le immagini aeree della piazza trasmesse dal Centro televisivo vaticano. Tra i settori gremiti Papa Francesco ha compiuto un lungo giro per salutare e benedire i fedeli.



Le tragedie nel Canale di Sicilia Così il mare è diventato cimitero
Il 2011 è stato l’anno più tragico: almeno 1.800 persone scomparse
La Stampa, 12-05-14
Il canale di Sicilia, dove oggi è avvenuta l’ennesima tragedia del mare, è una tomba per migliaia di migranti, vittime quasi sempre senza nome in fuga dal loro Paese per cercare in Europa un futuro migliore. Il 2011 è stato l’anno più tragico: almeno 1.800 persone scomparse, tra morti e dispersi.
Ecco un elenco dei principali naufragi avvenuti nel Canale negli ultimi anni: - 25 dicembre 1996 - Nella notte di Natale, in 300 annegano tra Malta e Sicilia dopo lo scontro tra un cargo libanese e una motonave.  
- 20 giugno 2003 - Una barca con 250 immigrati naufraga al largo della Tunisia: 50 i corpi ritrovati, 160 i dispersi, 41 i sopravvissuti.  
- 20 ottobre 2003 - Soccorso barcone di immigrati disperso nel canale di Sicilia: almeno 70 i morti, gettati in mare.  
- 12 maggio 2008 - Un barcone con 66 immigrati va alla deriva per giorni. A bordo, 47 persone muoiono di fame e freddo e sono gettate in mare dai compagni e altri tre sono ritrovate morte.  
- 31 marzo 2009 - Quattro barconi con oltre 500 migranti affondano tra Africa e Italia, più di 100 i dispersi.  
- 14 marzo 2011 - Barcone diretto in Italia naufraga non lontano dalle coste tunisine: almeno 60 immigrati a bordo.  
- 22-25 marzo 2011 - Si perdono le tracce di due barconi, uno con 335, l’altro con 68 migranti a bordo, partiti dalla Libia. 

- 6 maggio 2011 - barcone con oltre 600 migranti naufraga davanti alle coste libiche. Centinaia i dispersi.  
- 2 giugno 2011 - Nave con 700 a bordo in avaria al largo della Tunisia: almeno 270 dispersi.  
- 10 luglio 2012 - 54 morti nella traversata Libia-Lampedusa; il gommone si è sgonfiato ed è andato alla deriva.  
- 3 novembre 2012 - Un gommone si ribalta a 35 miglia dalle coste libiche. La guardia costiera e la marina militare salvano 70 migranti e recuperano i cadaveri di 3 naufraghi.  
- 16 giugno 2013 - I soccorritori salvano decine di naufraghi aggrappati alle gabbie per l’allevamento dei tonni nel canale di Sicilia. Dai loro racconti emerge che almeno sette migranti sono morti annegati.  
- 26 luglio 2013 - Si ribalta un gommone a 29 miglia dalla Libia, i soccorsi recuperano 22 migranti mentre altri 31, secondo il loro racconto, sono finiti in fondo al mare.  
- 8 agosto 2013 - Un peschereccio soccorre un gommone alla deriva al largo di Lampedusa: salvi 103 migranti, ma un bambino di 7 anni e un’altra persone muoiono.  
- 10 agosto 2013 - Sbarco di migranti da una piccola imbarcazione a Catania, sei giovani annegano a 15 metri dalla spiaggia cittadina. Una delle vittime è un ragazzino di 13-15 anni. Gli altri 94 si salvano.  
- 30 settembre 2013 - Tragico sbarco a Scicli, nel ragusano, per circa 200 persone: tredici muoiono annegate.  
- 3 ottobre 2013 - La tragedia forse più grave dal dopoguerra nel Canale di Sicilia: a perdere la vita su un barcone naufragato al largo di Lampedusa sono 366 persone, tra le quali tante donne e tanti bambini; 155 i superstiti.



Naufragio, i superstiti a Catania. Presi scafisti
Avvenire, 14-05-14
Ci sono anche una bambina di pochi mesi e un'altra che non ha più di due anni tra le vittime dell'ennesimo naufragio di migranti nel Canale di Sicilia. Tra i morti, anche una donna incinta. A portare i corpi a Catania, assieme alle salme di 3 uomini e 12 donne, è stato l'equipaggio della fregata Grecale della Marina Militare che è riuscita a condurre in salvo altre 200 persone, compresi una donna incinta, bambini e nuclei familiari.
La maggior parte di loro fugge da zone di guerra e probabilmente anche i parenti delle due bambine che potrebbero essere tra le altre vittime o tra i dispersi, perché nessuno dei sopravvissuti ne ha reclamato i corpi. Il loro barcone è affondato dopo avere imbarcato acqua e per lo spostamento di tutte le persone a bordo per evitare di cadere in mare. È la ricostruzione della causa del naufragio di migranti nel Canale di Sicilia secondo i primi accertamenti degli investigatori nell'inchiesta aperta dalla Procura di Catania. Poco prima che il natante imbarcasse acqua ci sarebbe stato un fermo improvviso del motore, che non è stato ancora accertato se sia da collegare con la scoperta di una eventuale falla nello scafo del peschereccio.
 Tra i sopravvissuti al naufragio nel Canale di Sicilia ci sono migranti che nella tragedia "hanno perduto la mamma o il fratellino". Lo riferisce il presidente della Cri di Catania, Stefano Principato, che con volontari e mediatori culturali hanno prestato "soccorso psicologico e conforto" ai superstiti che "hanno visto la morte con i loro occhi". L'aiuto maggiore è stato soprattutto ai bambini con volontari vestiti da clown che hanno cercato di farli sorridere e fare stare un pò più tranquilli.
Verrà eseguita oggi l'autopsia sui 17 cadaveri dei profughi morti nel naufragio avvenuto due giorni fa a quaranta miglia dalla Libia e a più di cento miglia a Sud dall'isola di Lampedusa. Sono soprattutto donne e bambini le vittime dell'ultima strage del mare. La nave militare 'Grecalè che ha soccorso i superstiti è approdata ieri pomeriggio al porto di Catania dove ha trasbordato fino a notte i 206 immigrati sopravvissuti. Due presunti scafisti del naufragio di ieri nel Canale di Sicilia in cui sono morti almeno 17 migranti sono stati fermati dalla squadra mobile della Questura etnea.
La Procura di Catania, oltre al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, gli contesta il naufragio e l'omicidio volontario plurimo. Il provvedimento, eseguito dalla polizia, è stato emesso dal procuratore Giovanni Salvi e dal sostituto Monia Di Marco. Secondo l'accusa, i due avrebbero bloccato i motori in acque internazionali, per chiedere soccorso, causando un danno al natante che avrebbe cominciato a imbarcare acqua. Lo spostamento dei migranti a bordo alla ricerca di un posto per evitare di cadere in mare ha fatto rovesciare il barcone. I due presunti scafisti sono due nordafricani che sono stati già condotti in carcere.

         
    
Migranti, nella nuova ondata della speranza e della morte arrivano anche nascosti nei Tir
Novantotto persone, compresi molti ragazzini, sono sbarcate ieri sera ad Ancona dal traghetto greco Cruise Olympia, dopo aver viaggiato per oltre 20 ore nascosti nei cassoni o sotto i camion.Sessantanove migranti sono stati fermati dalla Polmare, altri 29 sono stati rintracciati in giro per la città da agenti della Guardi di Finanza. Molti chiederanno asilo politico
la Repubblica, 14-05-13
Migranti, nella nuova ondata della speranza e della morte arrivano anche nascosti nei Tir
ROMA - Sono 98, secondo l'ultimo dato diffuso dalla Polizia di frontiera, i migranti siriani o di altre nazionalità, fra cui alcuni minorenni, sbarcati ieri sera ad Ancona dal traghetto greco Cruise Olympia, dopo aver viaggiato per oltre 20 ore nascosti a bordo di due tir. Gli autisti dei mezzi pesanti, un turco e un greco, sono stati entrambi arrestati. Sessantanove migranti sono stati fermati dalla Polmare, altri 29 sono stati rintracciati in giro per la città da agenti della Guardi di Finanza. Molti di loro chiederanno asilo politico.
La promessa di Renzi sullo "ius soli". La nuova tragedia in mare di ieri e il flusso continuo di migranti in fuga dagli orrori della Siria e dalla fame dei paesi sub sahariani, hanno rimesso in moto il sistema mediatico che diffonde annunci di necessari e imminenti cambiamenti, dichiarazioni indignate e prese di posizioni provenienti un po' da tutte le parti. Il Presidente del Consiglio Renzi, ad esempio, nel corso della sua visita alla scuola di via Massaua a Milano ha scambiato alcune parole con un bambino di nome Mohamed. Al quale, secondo quanto si è appreso, avrebbe garantito davanti a tutti che saranno varate regole "per cui se sei nato a Milano, quando hai finito il ciclo scolastico diventi italiano".
I morti in mare sono molti di più". "Il numero dei morti degli immigrati nel mare è molto più alto di quello che non veniamo a sapere, come ci raccontano di continuo i pazienti immigrati sopravissuti". E' quanto denuncia Foad Aodi, presidente del Co-mai, la comunità del mondo arabo in Italia. "Siamo in lutto - afferma Aodi - anche le parole di papa Francesco sono rimaste inascoltate. Da anni affermiamo che è importante trovare una soluzione per l'attuazione degli accordi internazionali e bilaterali riguardo l'immigrazione e coinvolgere tutti i Paesi europei e i Paesi confinanti con l'Italia, per non lasciarla da sola ad affrontare un'emergenza umanitaria e sanitaria grave come quella che stiamo affrontando da anni, che appare adesso senza una via d'uscita". Il Comai dice "sì all'operazione 'Mare Nostrum', no al 'Mare Cimitero': siamo preoccupati per i commenti e gli spot razzisti nei confronti degli immigrati, per fini elettorali, da parte di alcune forze politiche".
Sono 17 le vittime recuperate in mare. Intanto è salito a 17 il numero dei corpi recuperati dopo l'ennesima strage di migranti avvenuta ieri a 40 miglia dalle coste della Libia. Le salme sono sulla nave Grecale, assieme a 206 sopravvissuti, che sta facendo rotta verso Catania dove il suo arrivo è previsto per le 13 di oggi. La notizia è stata confermata dalla sala operativa della Capitaneria di porto e da altre fonti investigative. La Procura distrettuale di Catania ha già disposto l'avvio di un'inchiesta e assegnate deleghe per le indagini alle forze dell'ordine. Nel capoluogo etneo si stanno approntando i sistemi di accoglienza per i superstiti al naufragio, con interventi coordinati dalla Prefettura. Sono stati già preallertati la Protezione civile e le associazioni di volontariato di diversi settori. Nel frattempo, due extracomunitari, ritenuti scafisti di uno dei gruppi di immigrati soccorsi nel Canale di Sicilia nei giorni scorsi nell'ambito dell'operazione Mare Nostrum, sono stati arrestati dalla Squadra mobile di Palermo. Sono accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina
Tsipras: "I migranti servono, ma senza diritti". "Quello che appare incredibile e inaccettabile - si legge in una nota della Lista Tsipras -  è lo scaricabarile tra Renzi, Alfano e l'Unione Europea. Come se il Governo Italiano, questo e quelli che lo hanno preceduto, non fossero responsabili tutti di aver partecipato e condiviso, e a volte peggiorato, una politica europea verso i migranti sciagurata. Dice Renzi che la Ue salva le banche e lascia morire i bambini. Forse Renzi - prosegue la nota - non si rende conto che questa è la conseguenza di una politica per cui il denaro e le merci sono liberi di circolare e le persone no. La realtà certificata anche dai documenti dell'Europa - conclude il comunicato di Tsipras - è che il lavoro migrante serve e che la cosa che si vuole impedire è che i migranti possano esercitare i loro diritti, a partire da quello sancito dalla Carta dell'Onu per cui muoversi per cercare lavoro è, appunto, un diritto"



Cittadinanza. Dopo uno stop di dieci mesi, alla Camera riparte la riforma
In Commissione Affari costituzionali riprende la discussione. Ci sono venti progetti di legge, ora bisogna trovare una sintesi
stranieriinitalia.it, 14-05-14
Elvio Pasca
Roma – 14 maggio 2014 – La riforma della cittadinanza per le seconde generazioni è di nuovo all’ordine del giorno. E non perché ha fatto capolino più di una volta, negli ultimi tempi, nei discorsi del premier Matteo Renzi.
È successo infatti che la commissione Affari Costituzionali della Camera ha ricominciato a confrontarsi sulle proposte già presentate. La scorsa settimana sono state illustrati e abbinati alla discussione due nuovi disegni di legge, domani dovrebbe riparte l’iter vero e proprio. Dov’è la notizia? Che non succedeva da dieci mesi: l’ultima volta che quei disegni di legge sono stati all’ordine del giorno in commissione era il 9 luglio 2013, poi sono tornati nei cassetti.
Forse, ed è la versione dei maliziosi, perché in tempi di maggioranze variabili era meglio non mettere in ballo anche temi così sensibili. Oppure, sostengono in commissione, perché il calendario è stato fagocitato da conversioni di decreti legge, sessione di bilancio e provvedimenti considerati evidentemente più urgenti, come quello sul finanziamento pubblico ai partiti, sull’abolizione delle province o sulla legge elettorale.
Intanto, qualcosa è cambiato. Enrico Letta ha lasciato la poltrona a Matteo Renzi e uno dei due relatori della riforma, Gianclaudio Bressa, Pd, è entrato nel nuovo governo come sottosegretario agli Affari Regionali, così il suo posto è stato preso dalla collega Marilena Fabbri. L’altra relatrice, la forzista Anna Grazia Calabria, a luglio scorso era nella maggioranza insieme al suo partito, ora siede nei banchi dell’opposizione.
A complicare la situazione, la quantità di carne al fuoco: venti proposte di legge, compresa quella di iniziativa popolare della campagna  l’Italia sono Anch’io. Tra queste  bisognerà trovare una sintesi per un testo unificato, o sceglierne una come testo base.
Il governo non ha intenzione di presentare un suo disegno di legge in materia, come ha confermato proprio in commissione, la scorsa settimana, il sottosegretario all’interno Domenico Manzione. A patto, pare di capire, che stavolta il Parlamento si muova.


 

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