L'imprenditoria straniera che resiste alla crisi

 

Osservatorio Italia-razzismo 6 settembre 2012
Si dice spesso che le persone straniere siano più vulnerabili nei periodi di crisi. L’affermazione è così vera che sono stati oltre 600mila i permessi di soggiorno per lavoro subordinato non rinnovati nel corso 2011. Ciò non vale, tuttavia, per i lavoratori autonomi e per le imprese il cui titolare è immigrato.
 Questo segmento del sistema produttivo italiano, costituito da decine di migliaia di imprese individuali (7,4% del totale) è quello che sembra resistere meglio alla crisi economico-finanziaria. La tendenza alla crescita di questo settore è costante da almeno un decennio, ma ciò che più conta è che esso ha resistito alla tempesta finanziaria degli ultimi anni. E infatti alla fine del 2011 sono state le uniche, su un totale di 6 milioni di imprese esistenti ed operanti, a registrare un saldo positivo di 26 mila unità. Ciò significa che, mentre le imprese italiane risultano 28mila in meno dell’anno precedente, le ditte con a capo una persona straniera sono 26mila in più del 2010. I dati appena riportati sono stati resi noti dalla Fondazione Leone Moressa che ha anticipato la presentazione del Secondo rapporto sull’economia dell’immigrazione che verrà presentato nel mese di ottobre a Venezia. E ancora. Il settore dove questo fenomeno è più diffuso è quello quello dell’edilizia: su 100  aziende 14 hanno un titolare straniero. A seguire le imprese commerciali (10,1%) e quelle di servizi (7,7%). La gran parte di queste aziende si trova in Lombardia, nel Lazio e in Toscana dove incidono per oltre l’11% del totale. Ma non sono da meno regioni come il Friuli Venezia Giulia e la Liguria dove gli imprenditori stranieri sono quasi il 10%. 
E qualche giorno fa anche la camera di commercio di Roma ha diffuso alcuni dati analoghi, in cui si evidenzia la crescita dell’imprenditoria straniera addirittura tra il primo e il secondo trimestre 2012.
Ma qual è il motivo di tale inarrestabile sviluppo? Di sicuro la crisi economica e la conseguente difficoltà di mantenere il posto di lavoro subordinato e il corrispondente permesso di soggiorno, stimolano la creatività e incentivano il passaggio al lavoro autonomo (apertura di una partita iva). Ma il punto è un altro e consiste, come ben spiega Indra Perera presidente di Cna World Roma, nel fatto che ”gli imprenditori immigrati sono più propensi a rischiare, provengono da situazioni di disagio e quindi si adattano meglio alle difficoltà, hanno una consolidata professionalità (emergente soprattutto dal contesto nord-africano) e sono per lo più orientati verso una forma di impresa agile, come la ditta individuale''.
In ogni caso c’è un aspetto da evidenziare e che sembra prevalere sugli altri. Ovvero il fatto che il fenomeno delle imprese straniere rende giustizia di tanti stereotipi che vedono gli immigrati occupati prevalentemente nelle attività più marginali o in quelle direttamente illegali; o, nella migliore delle ipotesi, in attività che la manodopera italiana tende a trascurare. Nulla di più falso.
 
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