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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

10 febbraio 2014

L'Europa preoccupata per il voto sull'immigrazione in Svizzera
Schulz (Ue): "Populisti sfrutteranno scelta in vista elezioni europee"
stranieriinitalia.it, 10-02-2014
E' polemica dopo l'approvazione in Svizzera del referendum ''contro l'immigrazione di massa''.
Forti critiche arrivano dalla Commissione europea che ''si rammarica del fatto che un'iniziativa per l'introduzione di limiti quantitativi all'immigrazione sia stata approvata. Questo va contro il principio della libera circolazione delle persone tra l'Ue e la Svizzera".
L'iniziativa, promossa dal partito di destra ed antieuropeista dell'Unione democratica di centro (Udc/Svp) chiede la reintroduzione di tetti massimi e contingenti per l'immigrazione di stranieri. Ponendo in pericolo gli accordi di libera circolazione con l'Unione europea, la maggior parte dei quali dovranno verosimilmente essere rinegoziati. Secondo i dati definitivi, l'iniziativa l'ha spuntata con sole 19.516 schede, ottenendo 1.463.954 voti favorevoli, contro 1.444.438 voti contrari. A schierarsi a favore un totale di 17 cantoni, tra cui il Ticino con la più alta percentuale di Sì (68,17%). Nove i cantoni contrari.
Globalmente, la Svizzera francofona ha tendenzialmente votato contro l'iniziativa, mentre in Ticino e nei Cantoni di lingua tedesca la maggioranza ha votato a favore.
ECCO I PASSAGGI PRINCIPALI DEL TESTO APPROVATO
- ''La Svizzera gestisce autonomamente l'immigrazione degli stranieri. Il numero di permessi di dimora per stranieri in Svizzera è limitato da tetti massimi annuali e contingenti annuali. I tetti massimi valgono per tutti i permessi rilasciati in virtù del diritto degli stranieri, settore dell'asilo incluso. Il diritto al soggiorno duraturo, al ricongiungimento familiare e alle prestazioni sociali può essere limitato''.
- ''I tetti massimi annuali e i contingenti annuali per gli stranieri che esercitano un'attività lucrativa devono essere stabiliti in funzione degli interessi globali dell'economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli Svizzeri; essi devono comprendere anche i frontalieri. Criteri determinanti per il rilascio del permesso di dimora sono in particolare la domanda di un datore di lavoro, la capacità d'integrazione e una base esistenziale sufficiente e autonoma. Non possono essere conclusi trattati internazionali che contraddicono al presente articolo''.
- I trattati internazionali che contraddicono all'articolo ''devono essere rinegoziati e adeguati entro tre anni dall'accettazione di detto articolo da parte del Popolo e dei Cantoni''.



Il referendum sull’immigrazione in Svizzera
il Post, 10 febbraio 2014
Una stretta maggioranza ha approvato l'introduzione di quote annuali per gli stranieri, nonostante un accordo di libera circolazione con l'UE
Domenica 9 febbraio in Svizzera si è tenuto un referendum popolare promosso dal partito di centrodestra Unione democratica di Centro in cui è stata approvata con un margine ristretto un’iniziativa contro «l’immigrazione di massa». I risultati - pubblicati sul sito della Cancelleria Federale – mostrano che ha votato “sì”, cioè a favore del cambiamento delle politica migratoria del paese, il 50,3 per cento dei votanti: l’affluenza è stata alta, ha infatti votato il 55,8 per cento degli aventi diritto. Il testo dell’iniziativa propone una modifica alla Costituzione federale per introdurre “tetti massimi annuali e contingenti annuali” da fissare “in funzione degli interessi globali dell‘economia svizzera e nel rispetto del principio di preferenza agli Svizzeri”: l’introduzione delle quote annuali riguarderà i cittadini dell’Unione Europea, i cosiddetti “frontalieri” e i richiedenti asilo. Si prevede anche che al momento di nuove assunzioni, le imprese debbano dare la preferenza ai cittadini della Svizzera.
BBC, tra gli altri, nota che questo voto invalida l’accordo tra la confederazione e l’Unione Europea –  di cui la Svizzera non fa parte - sulla libera circolazione delle persone. L’accordo, faticosamente negoziato prima della sua entrata in vigore nel 2007, assicurava uguali diritti ai cittadini europei e a quelli svizzeri nel mercato del lavoro: i promotori del referendum votato domenica lo avevano però criticato apertamente, dicendo che alla prova dei fatti si era rivelato un errore. Il Consiglio federale e il Parlamento avranno ora tre anni per l’attuazione della proposta, periodo entro il quale dovranno avviare anche nuovi negoziati con l’Ue, come ha ricordato dopo l’esito il presidente della Confederazione Didier Burkhalter.
Il governo svizzero aveva annunciato a marzo 2012 che la campagna “Basta immigrazione di massa” – con slogan come “L’eccesso nuoce” – aveva raggiunto le 100 mila firme necessarie a indire un referendum. Tra i promotori c’era il partito euroscettico di centrodestra Unione Democatica di Centro (UDC in italiano, SVP in tedesco), che ha circa un quarto dei seggi all’Assemblea federale.
Il voto si è diviso più o meno secondo linee geografiche e linguistiche tradizionali: il Canton Ticino, di lingua italiana, era molto favorevole all’introduzione delle quote, i cantoni francesi erano contrari e quelli di lingua tedesca divisi. Nonostante l’economia svizzera stia attraversando un ottimo periodo e la disoccupazione sia molto bassa – poco oltre il 3 per cento – da tempo in Svizzera è in corso un dibattito sulle conseguenze dell’immigrazione, che secondo i promotori del referendum provocherebbe un abbassamento degli stipendi e metterebbe in pericolo lo stato sociale. Poco meno di un quarto degli otto milioni di abitanti della Svizzera è straniero. Lo scorso anno sono arrivati 80 mila nuovi immigrati, una cifra ripresa ripetutamente nella campagna a favore del “Sì” alle quote.
Domenica 9 febbraio, oltre al referendum sull’immigrazione, gli svizzeri hanno votato anche una proposta che prevedeva che l’interruzione volontaria di gravidanza non fosse più coperta dall’assicurazione sanitaria obbligatoria: l’iniziativa era intitolata “Il finanziamento dell’aborto è una questione privata” ed era stata promossa da un comitato composto soprattutto da cristiano conservatori che facevano riferimento al partito Unione democratica di Centro: «Molte cittadine e cittadini non sanno che con i loro premi della cassa malati sono chiamati a finanziare gli aborti. Ma l’aborto non è una malattia. Nessuno deve essere obbligato a cofinanziare gli aborti degli altri», aveva spiegato il presidente del comitato Peter Föhn. L’iniziativa è stata però respinta con il 69,8 per cento dei voti: l’interruzione volontaria di gravidanza, in Svizzera, continuerà ad essere rimborsata dall’assicurazione obbligatoria.



Svizzera: quote a immigrati Allarme per 5mila frontalieri
Avvenire, 10-02-2014
Sconfessando il governo e per una manciata di voti, gli svizzeri ieri hanno approvato per referendum l'iniziativa "Contro l'immigrazione di massa". Così facendo, hanno di fatto bocciato l'Accordo di libera circolazione delle persone in vigore con l'Ue, imponendo di frenare l'immigrazione tramite la definizione di tetti massimi e contingenti annuali per tutti gli stranieri: inclusi cittadini dell'Unione europea, frontalieri e richiedenti asilo.
Al termine di un testa a testa fino all'ultimo voto, l'iniziativa promossa dal partito di destra e antieuropeista dell'Unione democratica di centro (Udc/Svp) è stata approvata dal 50,3% dei votanti con uno scarto di meno 20mila schede. Ma tanto basta. Prendendo atto del risultato del referendum, il governo non ha avuto scelta e ha annunciato che intende avviare discussioni con l'Unione europea, con cui la Svizzera è legata da un Accordo sulla libera circolazione delle persone, mentre Bruxelles ha immediatamente espresso "rammarico".
Dalle urne è uscito un paese spaccato in due, con i cantoni romandi francofoni più filoeuropei e le grandi città nel campo dei perdenti, mentre i cantoni di lingua tedesca e il Ticino - a grandissima maggioranza - hanno votato a favore dell'iniziativa. Il cantone italofono, che si confronta con un flusso di circa 60mila frontalieri, ha registrato la più alta percentuale di "sì", saliti a quota 68,17 %. Quasi un plebiscito.
Per l'esecutivo, il responso delle urne "riflette il malessere per la crescita demografica degli ultimi anni". Anche a causa della crisi, il numero di immigrati attirati dal benessere economico della Svizzera ha superato le previsioni con un saldo migratorio di circa 77mila persone l'anno, il 70% dei quali provenienti dalla Ue. L'Udc/Svp ha fatto campagna sventolando l'immagine di una Svizzera costretta a fare i conti con le conseguenze "nefaste" di un'immigrazione fuori controllo: dalla disoccupazione in aumento, ai treni sovraffollati, all'aumento degli affitti. Oggi ha vinto contro il governo, il parlamento, le organizzazioni economiche, i sindacati e la stragrande maggioranza dei partiti. Il successo dell'iniziativa Udc/Svp introduce un nuovo articolo nella Costituzione svizzera e impone un cambiamento alla politica migratoria.
Le nuove disposizioni costituzionali prevedono infatti di limitare i permessi di dimora per stranieri attraverso tetti massimi e contingenti annuali definibili in funzione degli interessi globali dell'economia svizzera. Al momento di assumere lavoratori, le imprese devono inoltre dare la preferenza agli svizzeri. "Il nuovo testo costituzionale non definisce né l'entità dei contingenti né l'autorità chiamata a fissarli e rilasciarli o i criteri da applicare. I dettagli vanno ora disciplinati nella legge. Il Consiglio federale (governo) e il Parlamento hanno tre anni per l'attuazione", ha ricordato il governo. L'esecutivo sottoporrà quanto prima al Parlamento una proposta di attuazione e, poiché le nuove disposizioni costituzionali sono in contrasto con l'Accordo sulla libera circolazione delle persone in vigore con l'Ue dal 2002, avvierà nuovi negoziati con Bruxelles.
La preoccupazione dei frontalieri italiani
C'è preoccupazione nel Verbano-Cusio-Ossola, da dove ogni giorno 5 mila italiani varcano il confine per recarsi al lavoro in Svizzera, nei cantoni del Ticino e del Vallese. "È un referendum che ci penalizza ma che l'Unione europea ritiene illegale visto che la Svizzera ha firmato con l'Europa accordi sul libero scambio. Il problema è che in Svizzera per screditarci accomunano i frontalieri ai clandestini". Così Antonio Locatelli, presidente dei frontalieri del Vco. "I primi segnali che ci preoccupano - aggiunge Locatelli - sono gli annunci per le richieste di lavoro, sui quali già vengono inserite preferenze per chi parla le lingue nazionali o per chi è domiciliato oltre confine".
Bocciato il referendum sull'aborto
È stato ufficialmente bocciato dagli svizzeri il referendum sull'aborto: l'iniziativa, che chiedeva che l'interruzione di gravidanza e l'embrio-riduzione non fossero più coperte dall'assicurazione obbligatoria di base, è stata bocciata da una maggioranza dei cantoni. Secondo le proiezioni almeno il 70% dei votanti ha respinto il testo. Il governo svizzero e la maggioranza del parlamento avevano raccomandato di respingere l'iniziativa. Intitolata "Il finanziamento dell'aborto è una questione privata" era stata promossa da un comitato interpartitico.



“Salari troppo bassi agli stranieri Ecco le colpe del governo dietro quest’ondata xenofoba”
la Repubblica, 10-02-2014
GIAMPAOLO CADALANU
Il sociologo Jean Ziegler: “Si torna alla vergogna dello Statuto degli stagionali”
JEAN Ziegler non usa mezzi termini: «È un risultato catastrofico ». Per il sociologo ed ex inviato speciale dell’Onu sul Diritto all’alimentazione, il voto al referendum svizzero è segno di «un paese in crisi profonda».
Professore, perché lo considera un esito disastroso?
«Per una ragione morale e una politica. Di fatto si torna al vecchio Statuto degli stagionali, una vergogna. Chi veniva in Svizzera con contratto limitato non poteva portare la famiglia. Ora succederà lo stesso: ogni cantone avrà un numero contingentato di permessi, che non utilizzerà per le famiglie».
E la seconda ragione?
«La Svizzera ha rifiutato di entrare nell’Unione europea per molte ragioni e ha firmato accordi bilaterali con ognuno dei 28 paesi Ue. Il referendum abolisce i patti di libera circolazione, ma Bruxelles sostiene che gli accordi bilaterali sono un tutt’uno, e quindi sono nulli per intero».
Che conseguenze ci saranno?
«Non verranno più i lavoratori competenti, verranno solo i cittadini dei paesi più schiacciati dalla miseria, non sempre adatti per lavorare nelle nostre industrie e nei servizi».
Ma da dove nasce la tensione xenofoba?
«Negli ultimi cinque anni sono arrivate 80-85 mila persone ogni anno. Gli stranieri sono più del 23 per cento. E l’estrema destra, l’Udc di Blocher, usa queste
cifre per creare un clima di intolleranza in vista delle elezioni. Dicono che l’affitto delle case è ormai a livelli astronomici, che il traffico è congestionato, che scuole e ospedali sono troppo pieni per l’afflusso di stranieri».
Problemi che si potevano evitare?
«Quando ha firmato l’accordo sulla libertà di circolazione, il governo ha preso l’impegno di accompagnarlo con misure di controllo, per evitare che le imprese assumessero immigrati a salari molto più bassi degli svizzeri. Poi non ha mantenuto la promessa. E la situazione si è fatta difficile. Nel Canton Ticino, dove le percentuali di “sì” al referendum sono state massicce, gli italiani lavorano per un terzo dello stipendio e molti svizzeri non trovano lavoro».
Ma perché il governo non ha messo in atto le misure promesse?
«Berna non ha contrastato il dumping salariale perché le grandi imprese e le banche hanno sabotato la legge. Il Parlamento, dove i consiglieri delle grandi imprese sono in maggioranza, ha bloccato i finanziamenti necessari. È una democrazia malata».
E ora che succederà?
«Il governo spera di trovare una via d’uscita, se Bruxelles accetterà l’annullamento del solo patto di libera circolazione. Altrimenti alla Svizzera rimangono due possibilità. Può entrare nell’Unione, accettandone tutte le normative, oppure restare in totale isolamento. Ma in questo caso, come potrà compensare la perdita dei rapporti con l’Unione europea? Il 67 per cento dell’export svizzero va nei paesi Ue».
Secondo lei la popolazione ha colto fino in fondo le implicazioni del voto?
«La gente sapeva di essere davanti a una svolta, lo dimostra l’alta affluenza. Ma la rabbia xenofoba, pur basata su fatti reali come il dumping salariale, è stata più forte della ragione. È il rischio delle dem



Referendum svizzero. A rischio gli accordi di Schengen
Così la destra xenofoba cavalcherà il risultato in vista delle elezioni di maggio  
la Repubblica, 10-02-2014
ANDREA BONANNI
BRUXELLES. L’UE «si rammarica» per l’esito del referendum svizzero, e ha più di una ragione per farlo. La maggioranza, per quanto risicata, che ha bocciato le intese di 15 anni fa sulla libera circolazione dei lavoratori manda un doppio segnale negativo a Bruxelles.
LA MAGGIORANZA, per quanto risicata, con cui gli elettori della Confederazione hanno bocciato le intese raggiunte quindici anni fa sulla libera circolazione dei lavoratori manda infatti un doppio segnale negativo a Bruxelles. Il primo schiaffo, ovviamente, è nel merito della questione. Un milione e duecentomila cittadini europei, di cui quasi trecentomila italiani, attualmente lavorano in Svizzera. A questi bisogna aggiungere più di duecentomila “frontalieri”, pendolari che ogni giorno ne varcano le frontiere. Per popolazione, è come se fosse il ventiquattresimo stato dell’Unione, superiore all’Estonia. Questo esercito di nuovi emigrati sarà d’ora in poi sottoposto a un regime di quote su cui Bruxelles non avrà voce in capitolo.
Inoltre la cancellazione degli accordi di libera circolazione tra Ue e Svizzera comporterà la revisione di tutte le altre intese intercorse tra Bruxelles e Berna. Potrebbero saltare anche gli accordi di Schengen, che dal 2008 hanno abolito i controlli alle frontiere. E rischiano di essere riviste tutte le numerose intese che, dalla ricerca all’agricoltura, legano ormai la Svizzera al resto d’Europa. Il danno per la Confederazione potrebbe essere enorme, come avevano inutilmente avvertito partiti, sindacati e imprenditori. Ma anche per l’Ue i contraccolpi saranno sicuramente negativi.
Il secondo schiaffo che arriva dal referendum elvetico è di tipo politico. Ed è quello che fa più male. Alla vigilia di elezioni europee in cui si prevede un’onda di piena dei partiti populisti, anti-europei e anti-sistema, il voto svizzero ha fornito un assaggio eloquente di quello che verosimilmente ci aspetta. In tempi di crisi economica e occupazionale il tema dell’immigrazione è una bomba politica a orologeria che ticchetta sotto le poltrone di molti governi, inducendoli a cercare di disinnescarla con concessioni più o meno grandi. Il premier conservatore britannico ha già posto qualche limite al diritto degli altri cittadini ue di godere dell’assistenza sociale e sanitaria. Ne vorrebbe mettere di più forti, e si è già beccato dalla Commissione l’accusa di alimentare «miti populisti», ma è frenato dal fatto che la libera circolazione è un principio sancito nei trattati europei. Perfino la Merkel, in Germania, accarezza l’idea di imporre restrizioni ai benefici sociali per gli immigrati ue. E in Francia, sotto la pressione del ministro dell’interno Manuel Valls che si mette in competizione con Hollande, si sta studiando la possibilità di inasprire i controlli sui lavoratori temporanei. Non dimentichiamo che fu proprio la Francia, con la complicità di una parte dei socialisti, a bocciare la costituzione europea per l’irrazionale paura di una invasione di «idraulici polacchi».
Ma nessun governo dell’Ue, essendo vincolato dai Trattati, può permettersi di cavalcare i sentimenti xenofobi e nazionalisti come fanno invece le opposizioni populiste. Non è un caso che, da Marine Le Pen in Francia al leader dello Ukip in Gran Bretagna, dal populista olandese Geert Wilders al segretario leghista Salvini, l’estrema destra europea esulta per i risultati del referendum svizzero. La paura dello straniero, la voglia di erigere nuovi muri divisori in Europa, rischia di diventare un tema cruciale delle prossime elezioni comunitarie. E di portare nuovi consensi al fronte populista.
Del resto anche in Svizzera la quasi totalità dell’establishment si era pronunciata contro il referendum. La stragrande maggioranza dei partiti po-litici, i sindacati, le associazioni imprenditoriali, le grandi multinazionali che vivono del lavoro di quadri e dirigenti stranieri, gli economisti, i diplomatici, la Chiesa: il fronte contrario a contingentare i lavoratori immigrati era pressoché unanime. Eppure il referendum è passato ottenendo la maggioranza assoluta dei voti e la maggioranza dei Cantoni.
Se l’Europa si dovesse avviare sulla stessa strada, segnerebbe inesorabilmente la propria fine. Un continente che si è ricostruito sulle ceneri del dopoguerra proprio grazie all’immigrazione di massa e che, della libera circolazione di beni e persone, ha fatto la propria bandiera e la propria ragion d’essere, non potrebbe sopravvivere se la paura dello straniero dovesse diventare il suo sentimento politico prevalente.



Rom, ottomila euro a famiglia per lasciare il campo a Milano
Al via lo svuotamento incentivato del campo di via Idro. Il Comune utilizza i fondi del Piano Maroni: 40 comprano casa a Pavia. In mille occupano ancora spazi abusivi in città
la Repubblica. 09-02-2014
ZITA DAZZI
Ottomila euro a famiglia e anche il campo nomadi di via Idro, a Milano, va a svuotarsi. Sono 40 i rom che in queste ore stanno lasciando il più disastrato dei sette campi autorizzati dal Comune, dove abitano ancora 700 rom synti e harvati, tutti con la cittadinanza italiana. In via Idro gli occupanti erano 130, ma l’intenzione è di dimezzarlo (o giù di lì) per cercare di riportare l’ordine in quello che ormai è diventato solo un teatro di faide e contese, che non risparmiano morti e feriti.
L’ultimo accoltellamento risale a poche settimane fa e gli abitanti del quartiere sono sul piede di guerra. Per questo gli assessori Marco Granelli (Sicurezza) e Pierfrancesco Majorino (Servizi sociali) hanno deciso di accelerare il programma di ristrutturazione dell’area, che diventerà «un villaggio autocostruito, con casette e servizi, poche famiglie e un controllo sostenuto da parte della vigilanza urbana e della polizia».
Con i fondi del Piano Maroni — 5,6 milioni di euro stanziati quando l’attuale governatore era ministro degli Interni — le famiglie sono state incentivate a uscire da Milano e ad accendere un mutuo per acquistare un terreno in provincia di Pavia. Qui c’è una vecchia cascina in corso di ristrutturazione, dove si stabiliranno i rom di via Idro. In via di smantellamento definitivo è anche il campo di via Novara, ormai dimezzato e ridotto a una sorta di discarica. Secondo il Piano rom del Comune doveva essere chiuso già da un anno, per far posto a una strada che servirà a Expo. Ma i lavori sono fermi e le famiglie di rom macedoni e kossovari sono abbandonate a loro stesse, con l’unica assistenza dei volontari della Caritas che seguono donne e bambini.
La ristrutturazione completa è programmata anche per i campi di via Martirano e di via Chiesa Rossa, anche se al momento le ruspe non si sono ancora viste. Prosegue invece il piano di sgomberi delle aree occupate abusivamente, dove sono insediate altre centinaia di persone, forse addirittura un migliaio fra i vari insediamenti. Nel ruolino di marcia di Granelli e del comandante dei vigili, Tullio Mastrangelo, le prime a essere smantellate saranno le baraccopoli di via San Dionigi, via Forlanini, Muggiano e via Bistolfi.
Altri insediamenti abusivi sono sparsi nei campi tra Chiaravalle e via Ripamonti, via Martirano e Cesano Boscone, ma si tratta di piccoli gruppi. Già sgomberati nei mesi scorsi sono gli accampamenti lungo le sponde del Lambro, in via Selvanesco, via Brunetti e via Montefeltro, luoghi dove il Comune e i privati proprietari hanno realizzato barriere per evitare nuove occupazioni.
Ma i problemi con i campi rom irregolari sono di difficile soluzione definitiva, perché ai continui sgomberi seguono spesso tentativi di nuove occupazioni. Chi è in strada, in strada rimane e non resta certo a dormire in macchina. Riccardo De Corato, vicepresidente del consiglio comunale (Fratelli d’Italia), parla di «flop di Giuliano
Pisapia nella gestione nomadi» e solleva il caso di via Palmanova: «All’insediamento abusivo sulle rive del Lambro si aggiungono le roulotte di via Medici del Vascello. I cittadini segnalano che i nomadi di queste roulotte, sgomberati lunedì, sono tornati mercoledì e, sgomberati nuovamente il giovedì, sono tornati oggi. La gente si chiede fino a quando si possa continuare così, impegnando personale e risorse dell’amministrazione».

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