Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

30 marzo 2011

"Lampedusa svuotata entro sera" Maroni: mille tornano in Tunisia
Il premier oggi andrà a Lampedusa per constatare di persona la situazione sull'isola e per risolvere l'emergenza dei profughi. Cominciano ad arrivare le sei navi che distribuiranno circa diecimila immigrati nei vari centri di accoglienza del territorio italiano prima di rimpatriarli nel loro paese d'origine. Secondo il Corriere della sera, il governo starebbe trattando con le autorità tunisine per rimpatriare mille migranti entro domenica. Il Cav: "Il problema di Lampedusa sarà risolto e i cittadini non saranno lasciati soli"
il Giornale, 30-03-2011
Roma - "Sono poveri cristi, la loro è una fuga da un mondo senza libertà, democrazia e benessere. È proprio ciò che vanno cercando da noi". Silvio Berlusconi durante il vertice di ieri sera a Palazzo Grazioli si è espresso con queste parole, parlando dell’emergenza profughi a Lampedusa. Toni diversi da quelli usati dal ministro leghista Bossi che è invece sbottato in un "foeura di ball". Il premier ha chiesto ai ministri il massimo impegno di fronte a quella che ha definito una "emergenza umanitaria" spiegando di voler andare di persona oggi sull’isola per dare un segno di massima attenzione e illustrare le molte misure e gli interventi compensativi ipotizzati nel vertice di questa sera per l’isola che comunque verrà sgomerata dagli immigrati. Per il presidente del Consiglio quello che è stato un "disagio può trasformarsi per gli abitanti di Lampedusa in una grande opportunità".
Trattative con Tunisi Secondo il quotidiano di via Solferino, "è possibile che almeno una nave faccia rotta verso Tunisi, ma soltanto se arriverà il via libera dalle autorità locali". In quel caso, il Corriere parla di un "rimpatrio di mille tunisini già entro domenica". La trattativa in corso e a svolgere la funzione da mediatore sarebbe il finanziere Tarak Ben Ammar.
Il problema sarà risolto Silvio Berlusconi ha garantito che il problema dell’emergenza immigrati a Lampedusa sarà comunque risolto e che i cittadini non saranno lasciati soli. Il governo farà la sua parte.  Berlusconi non ha nascosto ai ministri presenti alla riunione la sua preoccupazione per una situazione da non sottovalutare, ma ha garantito l'impegno dell'esecutivo e della sua stessa persona. "I siciliani possono stare tranquilli e dormire tra due guanciali perché da parte di tutto il governo e in prima persone dal premier Silvio Berlusconi c’è il massimo impegno per risolvere la situazione", ha confermato il ministro della Difesa Ignazio La Russa al termine della riunione a palazzo Grazioli sull’emergenza immigrazione. Il premier Silvio Berlusconi ha a cuore "il benessere di Lampedusa e di tutta la Sicilia. È una certezza - ha continuato La Russa, parlando poi del piano di rilancio previsto per l'isola. "Quello del governo, sarà un grande piano di rilancio, non solo dell’isola di Lampedusa ma di tutta la Sicilia. E voi sapete quando il premier prende a cuore una cosa ci butta anima e corpo...". "Il presidente Berlusconi - ha spiegato Miccichè - è fortemente convinto di volersi spendere per Lampedusa e il ministro dell’Economia sta valutando i costi delle misure necessarie". Il rilancio dell’isola, dunque, "passerà attraverso iniziative riguardanti sia le infrastrutture, sia l’ambiente, sia il turismo, sia il piano culturale".
Tregua di sbarchi Nella notte non si è registrato alcun arrivo di extracomunitari. Ma la situazione sull’isola è sempre d’emergenza con la presenza di oltre seimila migranti. Per la prima volta, dopo giorni di sbarchi incessanti, la Capitaneria di Porto dell’isola riferisce di una notte "assolutamente tranquilla", durante la quale non si sono registrati nuovi approdi di immigrati nordafricani. Uno sbarco, invece, a Linosa dove i carabinieri hanno intercettato già a terra 31 tunisini che erano arrivati senza essere stati avvistati. Questa mattina intanto sono attese in porto le sei navi civili che dovranno imbarcare gli oltre 6200 extracomunitari presenti al momento sull’isola, per trasferirli verso altri centri in tutta la penisola. Al momento a Lampedusa sono già arrivate la motonave "Catania", e la San Marco della Marina militare. Sempre per oggi, poi, è atteso l’arrivo sull’isola del presidente. Oltre alle sei navi che saranno impegnate nella spola con vari centri di accoglienza provvisoria in Italia, in attesa di rimpatriare i tunisini nel loro paese d'origine, a Lampedusa sarà ormeggiata anche una nave fissa a disposizione di nuovi sgomberi che di volta in volta - in vista anche della bella stagione - dovessero rendersi necessari.



In Italia
A Lampedusa 6.200 migranti, manca il cibo La Ue all'Italia: no respingimenti di massa
Slitta il piano del governo. Bossi: fora da i ball, è scontro. Berlusconi mercoledì sull'isola. Il Viminale: 5 navi per evacuare l'isola, 13 siti in varie regioni. L'Italia alla Tunisia: 2500 dollari per ogni rimpatrio
Il Messaggero, 30-03-2011
ROMA - In attesa delle navi per il trasferimento dei migranti, alta tensione a Lapedusa, dove mancano i pasti per duemila delle oltre seimila persone sbarcate. Il governo intanto annuncia che slitta di un giorno il Consiglio dei ministri che deve discutere i provvedimenti per cercare di tamponare l'emergenza: 24 ore per consentire al premier Silvio Berlusconi di verificare di persona la situazione nell'isola siciliana dove la situazione sta letteralmente esplodendo. Ma anche per appianare le divergenze nel centrodestra sul da farsi.
Il leader leghista Umberto Bossi intanto insiste: l'Europa deve intervenire, ma la sua battuta in dialetto sui migranti («Fora da i ball») crea un caso e le opposizioni insorgono chiedendo «è la linea del governo?». Nel frattempo il capo dello Stato Giorgio Napolitano, sollecita i governatori: no a incertezza e divisioni davanti a una situazione inaccettabile. La Cei avverte: riconoscere gli immigrati come cittadini. Il commissario Ue Cecilia Malmstrom invece bacchetta Italia: no a respingimenti di massa, no a consiglio Ue strordinario; l'Italia - aggiunge - ha già le risorse messe a disposizione dall'Europa, le usi.
Il Viminale ha intanto convocato per giovedì Regioni, Province e Comuni per mettere a punto in via definitiva il piano di accoglienza per i profughi. «Puntiamo ad individuare tra i siti messi a disposizione della Difesa aree idonee ad ospitare i migranti che si trovano ora a Lampedusa» dice il ministro dell'Interno Roberto Maroni, ammettendo che ci sono difficoltà, dovute al fatto che in soli due mesi e mezzo sono arrivati 15 mila migranti. «Stiamo facendo ogni sforzo - assicura - per trovare una soluzione». Mercoledì invece il premier Silvio Berlsuconi sarà a Lampedusa.
Sono quasi mille i migranti sbarcati durante la notte sulle coste italiane: non solo a Lampedusa, dove sono arrivati in 454, ma anche sulle spiagge di Pozzallo, in provincia di Ragusa, dove è approdato un barcone con quasi 500 persone a bordo. Ora a Lampedusa sono presenti 6.200 migranti, secondo i dati della Regione Sicilia.
Le proteste sull'isola intanto continuano: occupato il consiglio comunale. I trasferimenti sono cominciati e stamani è arrivato a Taranto il primo traghetto con 827 persone destinate alla tendopoli di Manduria. Slitta però il Consiglio dei ministri che mercoledì avrebbe dovuto esaminare il piano del Viminale per arginare l'emergenza e l'ipotesi d'accordo raggiunta con la Tunisia. Lampedusa sarà comunque evacuata e i migranti saranno distribuiti in alcuni dei 13 siti messi a disposizione dalla Difesa in diverse regioni italiane. Per quanto riguarda il fronte tunisino, l'Italia offre uomini e mezzi per il controllo dei porti, 150 milioni per il rilancio dell'economia e 2.500 dollari per ogni tunisino che decide di rientrare nel proprio Paese.
Il sindaco: pasti solo per 4.200. Lampedusa accoglienza, la società che per contratto gestisce l'accoglienza dei migranti in arrivo a Lampedusa, distribuisce 4.200 pasti al giorno. Nell'isola al momento ci sono 6.200 immigrati, dunque 2.000 persone non mangiano, denuncia il sindaco Dino De Rubeis.
Sono 454 i migranti giunti a Lampedusa nella notte. I primi 190 sono sbarcati poco prima della mezzanotte: si tratta per lo più di eritrei, tra cui molte donne e bambini, soccorsi dalle motovedette della guardia costiera e della guardia di finanza, coordinate dalla Capitaneria di porto. Dal secondo barcone sono arrivati 149 tunisini, scortati in porto da un guardacoste, altri 115 sono sono stati soccorsi, da due guardacoste, e giunti in porto alle 3.25. Tra le tante donne ce n'è anche una incinta di sette mesi trasferita nel poliambulatorio. Nel barcone anche diversi bambini, tra cui cinque neonati, il più piccolo di due mesi. Eritrei, somali ed etiopi sono stati trasferiti nell'ex base Loran, dove ci sono già un centinaio di minori e donne tunisine.
A Pozzallo un barcone con 450 profughi partiti dalla Libia si è incagliato nella notte a 50 metri dalla costa. Gli extracomunitari sono in gran parte eritrei, somali e di altri paesi del Corno d'Africa. Tra le 405 persone, oltre le 50 che erano già approdate a terra, anche 128 donne, tra cui 4-5 incinte. Un numero insolitamente elevato rispetto che fa pensare che sull'imbarcazione si trovassero interi nuclei familiari: circostanza avvalorata anche dal fatto che i minori a bordo erano 45. Le condizioni di salute dei migranti sono buone: solo qualche caso di ipotermia, mentre le donne in stato interessante sono state trasportate in ospedale. Gli immigrati hanno dichiarato di essere somali ed eritrei e di essere partiti da Tripoli.
Ripresi i trasferimenti in altri centri di accoglienza. Sono previsti infatti per oggi sei ponti aerei per trasferire 550 extracomunitari e una nave civile che dovrebbe trasportarne alti 800. L'annuncio è stato dato dal sindaco dell'isola Bernardino De Rubeis.
Cinque navi per evacuare l'isola e almeno altre due tendopoli, a Trapani e in provincia di Pisa, per accogliere le migliaia di migranti sbarcati in questi giorni: prende corpo il piano per liberare Lampedusa. Un'accelerazione dovuta alla situazione ormai fuori controllo e che prevederebbe anche l'ipotesi di riportare in Tunisia i migranti con le navi civili. Il piano sarà mercoledì sul tavolo del Consiglio dei ministri, assieme all'intesa raggiunta da Maroni e Frattini venerdì scorso a Tunisi per bloccare le partenze. Accordo, di fatto, completamente ignorato dalle autorità tunisine. L'Italia si è impegnata a fornire uomini, mezzi e e apparecchiature per il controllo dei porti, ad addestrare le forze di polizia e a mettere sul piatto 150 milioni per il rilancio dell'economia.
Oltre ad una dote di 2.500 dollari, nonostante le critiche della Lega, per ogni tunisino che volontariamente decide di rientrare nel proprio paese. Ma tutto ciò è condizionato ad un impegno delle autorità per bloccare i flussi migratori. «Se non ci sarà un segnale concreto dalla Tunisia per fermare i flussi migratori, procederemo con i rimpatri forzosi. Abbiamo già predisposto gli strumenti necessari per procedere dopo il Cdm» ha minacciato il ministro dell'Interno. L'ipotesi su cui si sta lavorando è riportare direttamente in Tunisia, con navi civili, le migliaia di migranti arrivati a Lampedusa. Ma si tratta di un percorso in realtà di difficile realizzazione: la maggior parte dei migranti non sono stati ancora identificati e, dunque, non possono essere rimpatriati. È molto probabile che l'ipotesi serva a far pressione sul governo di Tunisi, affinchè rispetti l'accordo.
Mercoledi arriveranno nell'isola quattro navi passeggeri e la San Marco della Marina Militare. Le navi civili sono Clodia, Executive, Catania e Suprema. L'obiettivo è quello di portare via tutti i migranti, sperando che non ne arrivino altri. Per ospitare i tunisini, il Viminale ha deciso di individuare una serie di aree dove allestire le tendopoli e utilizzare alcuni dei 13 siti messi a disposizione dalla Difesa che, nelle intenzioni del governo, avrebbero dovuto accogliere soltanto i profughi provenienti dalla Libia: tra caserme e aree dismesse ci sono Trapani, Marsala (Trapani) e Torretta (Palermo) in Sicilia, Manduria (Taranto), Carapelle (Foggia) e San Pancrazio Salentino (Brindisi) in Puglia, Boceda (Massa Carrara) in Toscana, Monghidoro (Bologna) in Emilia Romagna, Cirè e Front (Torino) in Piemonte, Castano Primo (Milano) in Lombardia, Clauzetto (Pordenone) e Sgonico (Trieste) in Friuli Venezia Giulia.
Due campi sono già in funzione: la tendopoli di Manduria, dove ai 600 migranti presenti se ne sono aggiunti altri 827 arrivati con la nave Grimaldi, e quella nell'ex aeroporto di Chinisia a Trapani, dove si sta predisponendo l'accoglienza per 500 persone. Il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano ha assicurato che a Manduria andranno al massimo 1.500 migranti, anche se le tende presenti sono 350 e, dunque, consentono di portare il campo da un minimo di 2.100 a un massimo di 2.800-3.000 posti. In ogni caso troppo pochi per i numeri di Lampedusa. Per questo verrà realizzata almeno un'altra tendopoli, con ogni probabilità a Coltano in provincia di Pisa. E non è escluso che se ne faccia una anche al nord. «È intenzione del governo - ha confermato Mantovano - far sì che il carico di questa situazione venga distribuito su tutto il territorio nazionale». Subito dopo il Cdm, infatti, è in programma l'incontro al Viminale con Regioni, Province e Comuni: sarà quella l'occasione per ribadire che per superare l'emergenza serve il contributo di tutti, nessuno escluso.
La Ue: no a respingimenti di massa in Tunisia. Il commissario Ue agli affari interni, Cecilia Malmstrom, mette in guardia l'Italia dal ricorrere ai respingimenti di massa per arrestare il flusso di immigrati dalla Tunisia. «Sono in contatto giornaliero con le autorità italiane - ha detto il commissario all'Ansa - e so che a Lampedusa stanno per arrivare alcune navi per il trasferimento degli immigrati. È chiaro - ha aggiunto in riferimento all'ipotesi di un'azione di forza per rispedire gli immigrati in Tunisia - che non possono essere respinte le persone che hanno bisogno di protezione e richiedono asilo».
«Quello che ho visto a Lampedusa è veramente desolante: i tunisini hanno occupato l'isola. I migranti sono dovunque e cominciano ad entrare nelle case ed a minacciare la gente che sta tappata dentro perchè ha paura di uscire - ha detto il presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo - I lampedusani hanno paura di imbattersi in questi uomini di 20 e 30 anni che finora non hanno manifestato intenti aggressivi ma domani quando dovessero capire che siamo intenzionati a riportarli a casa potrebbero innescare qualche rivolta o anche qualcosa di peggiore».
Occupata l'aula del consiglio comunale a Lampedusa. Alcuni abitanti, che chiedono il trasferimento in altri posti dei migranti, hanno affisso striscioni di contestazione al governo. «Non è razzismo, ma sopravvivenza» c'è scritto in un grande manifesto sopra la tribuna del consiglio comunale. In un altro si legge «State distruggendo il nostro futuro» mentre in uno striscione all'ingresso del municipio è disegnato un barcone con la scritta: «governo» e poi «arriverà???». Alcune madri propongono la chiusura del polo didattico per paura che i loro figli possano venire a contatto con i tunisini che bivaccano nella zona. Una donna ha raccontato che davanti la sua abitazione, vicino la Casa della Fraternità ci sono circa 500 migranti che fanno i bisogni fisici per strada.
Napolitano: il problema dell'afflusso di immigrati sulle coste italiane «non è solamente nostro ma dell'intera Europa» per questo «abbiamo bisogno di politiche univoche sia sull'immigrazione che sull'asilo politico, e speriamo che tutto cio sia possibile nelle prossime settimane, ha detto il presidente Giorgio Napolitano in un'intervista rilasciata negli Stati Uniti a Maria Bartiromo di CMBC. L'intervista sarà trasmessa oggi su Class CNBC (canale 507 di Sky) alle 16.30, alle 21.00 e alle 23.00, e su ClassNewsMsnbc (canale 27 del digitale terrestre) alle 17.00, alle 19 e alle 21.00.
«Fora da i ball». Umberto Bossi usa un'espressione dialettale lombarda e risponde così ai cronisti a Montecitorio che gli chiedono quale sia la soluzione per l'emergenza immigrati a Lampedusa. «L'Europa deve intervenire presto», aggiunge Bossi. Quanto al trasferimento degli immigrati nelle regioni del Nord Bossi prende tempo: «Vediamo, meglio tenerli vicini a casa loro. Per portarli sull'Alpe devi fare migliaia di chilometri... Nessuna regione è contenta di prendere i migranti. La prima cosa è portarli dall'isola a casa. Ma queste sono cose che Maroni conosce a menadito».



Lampedusa, Napolitano reclama solidarietà. Bossi: «Foeura di ball»
Europa, 30-03-2011
A Lampedusa è caos immigrati. Gli sbarchi proseguono e l’isola è allo stremo. Domani si terrà il Consiglio dei ministri straordinario sulla questione, slittato di un giorno visto che il premier Silvio Berlusconi si recherà oggi sull’isola per verificare di persona la situazione.
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano parla di «situazione inaccettabile» e fa appello a tutte le regioni affinché aiutino Lampedusa accogliendo gran parte degli immigrati sbarcati nei giorni scorsi in nome «di un spirito di coesione e solidarietà».
Solidarietà che invece manca alla maggioranza di governo. «L’Unione europea deve intervenire presto» ha detto Umberto Bossi, usando però una espressione dialettale lombarda poco felice per rispondere ai cronisti a Montecitorio che gli chiedevano quale possa essere la migliore soluzione per Lampedusa. «Foeura di ball» ha detto con sprezzo il Senatùr. Una battuta che non risolve niente.



Il governo tratta con Tunisi: mille rimpatri entro domenica
Il piano: gli altri clandestini in Sicilia, Toscana e Basilicata
Corriere della Sera, 30-03-2011
Fiorenza Sarzanini
ROMA - Il governo adesso prende tempo e pensa al rimpatrio dei tunisini che ancora si trovano a Lampedusa. I tecnici del Viminale ribadiscono le difficoltà di procedere con i respingimenti di massa, così come aveva ipotizzato il ministro dell'Interno Roberto Maroni e come vorrebbe la Lega. E dunque è possibile che almeno una nave faccia rotta verso Tunisi, ma soltanto se arriverà il via libera delle autorità locali. La trattativa è in corso, mediazione affidata al finanziere Tarak Ben Ammar che già venerdì scorso - durante la visita dello stesso Maroni e del titolare della Farnesina Franco Frattini - aveva rivestito il ruolo di negoziatore così come gli era stato richiesto dal premier Silvio Berlusconi. Intanto si cercherà di sfollare Lampedusa trasferendo gli stranieri senza permesso nei centri provvisori che proprio in queste ore si stanno allestendo in Sicilia, ma anche in Toscana e Basilicata. Campi creati all'interno delle basi messe a disposizione dalla Difesa che diventeranno tredici entro la prossima settimana.
La scansione delle prossime mosse viene decisa durante una riunione che si tiene in serata al Viminale, prima che il ministro vada a palazzo Chigi per incontrare il presidente del Consiglio. L'impatto che questa vicenda può avere - soprattutto a livello mediatico - non sfugge agli esponenti del governo e dunque si cerca di trovare una soluzione veloce tenendo conto delle polemiche che riguardano proprio i ritardi nel risolvere la situazione di Lampedusa, ridotta ormai allo stremo. Ma sospendendo, almeno al momento, quelle azioni di forza che potrebbero aprire un nuovo fronte internazionale con uno scontro diplomatico, anche perché lo stesso ministro dell'Interno tunisino ha fatto sapere che i controlli sulle coste sono stati ripristinati e questo dovrebbe fermare o quantomeno rallentare i flussi migratori.
L'accordo che già questa mattina potrebbe diventare operativo, prevede che in Tunisia vengano rimpatriate subito alcune centinaia di persone per arrivare a mille entro la fine della settimana. Intanto entro venerdì altri 5.200 stranieri troveranno posto nei centri provvisori e lì scatterà la procedura per l'identificazione e poi l'espulsione proprio come sta avvenendo con gli altri 12.000 tunisini che erano già stati portati via da Lampedusa e trasferiti nei Cie.
Il trattato bilaterale tuttora in vigore con Tunisi impone all'Italia di rimpatriare non più di quattro persone ogni giorno, ma in queste ore è stato sottolineato come questo numero fosse sufficiente quando le rotte erano state chiuse con i pattugliamenti marittimi, certamente non adesso. E dunque è proprio sulla base delle nuove esigenze derivate dalla crisi dei Paesi del Maghreb e dalla guerra in Libia che si chiede una collaborazione delle autorità locali in cambio degli aiuti allo sviluppo nel settore del turismo e della consegna di mezzi e apparecchiature per un totale che sfiora i 300 milioni di euro.
Questa mattina tornerà a riunirsi l'unità di crisi e poi Maroni incontrerà i presidenti delle Regioni che dovranno accogliere i profughi che arriveranno dalla Libia. È un'eventualità, la vera emergenza adesso riguarda chi è senza il permesso di soggiorno ma non ha diritto a ottenere lo status di rifugiato. Per l'evacuazione dell'isola sono già stati potenziati i contingenti di polizia, carabinieri e finanzieri non escludendo che ci sia chi si rifiuta di imbarcarsi e che possano esserci atti di protesta. Una procedura che potrebbe richiedere molte ore, anche se le disposizioni prevedono lo «sfollamento» completo entro la serata.



Emergenza a Lampedusa, arriva Berlusconi «Sono poveri cristi, cercano benessere»
Bossi: fora de ball, è polemica. Arrivate sull'isola le prime due navi
Il Messaggero, 30-03-2011
ROMA - Resta alta la tensione a Lampedusa, dove mancano i pasti per duemila degli oltre seimila migranti. Oggi intanto sull'isola arriva il premier Silvio Berlusconi. Tregua di sbarchi di immigrati: nella notte non si è registrato alcun arrivo di extracomunitari. Ma la situazione è sempre d'emergenza.
Stamani sono arrivate a Lampedusa le prime due delle cinque navi del governo per sfollare l'isola dai migranti: la nave San Marco della Marina militare e la «Catania» della compagnia Grimaldi. Altre tre navi passeggeri dovrebbero arrivare a Lampedusa entro il primo pomeriggio. Entro stasera poi è previsto l'arrivo della quinta nave.
Il presidente del Consiglio intanto usa toni nettamente diversi da quello del leader della Legqa Umberto Bossi, che ieri riferendosi agli immigrati con una frase in dialetto ha detto "fora de ball". «Sono poveri cristi, la loro è una fuga da un mondo senza libertà, democrazia e benessere. È proprio ciò che vanno cercando da noi», ha detto il premier durante il vertice di ieri sera a Palazzo Grazioli sull'emergenza profughi. Berlusconi ha chiesto ai ministri il massimo impegno di fronte a quella che ha definito una «emergenza umanitaria» spiegando di voler andare di persona sull'isola per dare un segno di massima attenzione e illustrare le molte misure e gli interventi compensativi ipotizzati per l'isola, che comunque verrà sgomberata dagli immigrati. Berlusconi ha detto poi di voler distribuire i pesi in tutte dell'emergenza immigrazione in tutte le regioni.
Il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha garantito ieri sera che oggi la situazione sull'isola sarà risolta. Lampedusa sarà quindi svuotata oggi ma i 6.200 migranti attualmente presenti sull'isola rimarranno probabilmente qualche giorno sulle navi che saranno utilizzate per trasferirli: le tendopoli già pronte infatti non bastano e le altre che verranno realizzate, anche nel nord Italia, devono ancora essere allestite.
Per gestire l'emergenza immigrati non bastano i fondi servono interventi politici da parte dell'Unione Europea. A dichiararlo è il ministro degli Esteri Franco Frattini a Sky Tg24: «L'Europa è assolutamente inerte in questo periodo. Non si tratta di soldi, si tratta di prendere un'iniziativa che è prevista dalle leggi europee, da una legge entrata in vigore alcuni anni fa e che ha stabilito con chiarezza che quando ci sono afflussi improvvisi di rifugiati verso uno o più paesi l'Europa deve adottare un piano straordinario che include la distribuzione verso i paesi membri degli sfollati per un periodo temporaneo necessario ad attuare il rimpatrio di coloro che non sono rifugiati come è in questo caso i tunisini ma sono semplicemente immigrati economici».
Sei extracomunitari di nazionalità ancora imprecisata sono stati soccorsi la scorsa notte dalla nave della Marina militare italiana Comandante Borsini nel Canale di Sicilia. I fatti sono accaduti intorno alle due, quando l'unità della Marina ha intercettato un peschereccio egiziano che poco prima aveva soccorso un barcone di migranti che stava per affondare: le sei persone a bordo sono state salvate dall'equipaggio del motopesca, che poi ha chiesto l'intervento della nave militare. Gli extracomunitari, che sono stati sottoposti a controlli sanitari e sono tutti in buone condizioni di salute, sono stati quindi presi in consegna da una motovedetta della Guardia Costiera che li ha portati a Lampedusa.
I carabinieri hanno bloccato infine 31 tunisini sulla terraferma, a Linosa. I migranti sono sbarcati sull'isola sfuggendo ai controlli sul Canale di Sicilia.



LA SOVRANITA DEL PANICO
La Repubblica, 30-03-2011
BARBARA SPINELLI
SONO settimane che in Italia si guarda a quel che accade in Libia e alla guerra che stiamo conducendo attraverso un'unica lente: nient'altro è per noi visibile se non quello che potremmo patire noi, se i fuggitivi arabi e africani continueranno a imbarcarsi verso le nostre coste. Non si discute che di Lampedusa assediata, di città italiane più o meno restie all'accoglienza. Per la verità non si parla di rifugiati ma di invasori, come se la vera guerra fosse contro di noi.
Il trauma è nostro monopolio, il mondo è un altrove che impaura e minaccia: da un momento all'altro, il favore di cui gode l'operazione in Libia potrebbe precipitare. Sembriamo molto lucidi e pratici, ma questo restringersi della visuale ci rende completamente ciechi: l'altrove mediterrâneo resta altrove, solo la nostra quiete di nazione arroccata e aggredita ci interessa. Già alcuni parlano di tsunami, ed ecco paesi e persone degradati ad acqua che irrompe.
Non ci interessa quel che fa Gheddafi (vagamente parliamo di massacri, in parte avvenuti in parte potenziali). Non ci interessano neanche gli insorti,le loro intenzioni. Il mondo è in mutazione ma noi siamo 11, chiusi in un recinto fatto di ignoranza volontaria: come se esistesse, oltre alla guerra preventiva, un non-voler sapere preventivo. Credevamo di aver spostato le nostre frontière più in là, lungo le coste libiche, ben felici che a gestire l'immigrazione fosse il colonnello coi suoi Lager, invece nulla da fare. Il muro libico crolla e i detriti son tutti a Lampedusa e la maggioranza stessa degenera in detrito: con Bossi che offre come soluzione lo slogan «fora di bail», con il Consi- glio dei ministri che salta, con Berlusconi che di persona andrà nell'isola campeggiando — ancora una volta—come re taumaturgo.
Lampedusa è divenuta l'emblema della nostra condizione di vittime, il grido che lanciamo all'universo. Dice il governo che oggi arriveranno 4 navi per 10.000 posti, ma per tanti giorni non abbiamo visto che l'isolotto sommerso da grumi informi a malapena identificati con persone. Il fermo immagine sull'isola—il fotogramma che sospende il tempo creando stasi, ristagno -è l'arma di un governo che scientemente arresta la pellicola su questo dramma abbacinante. Lampedusa è agnello sacrificale, ha scritto su Repubblica Eugenio Scalfari. Tutte le colpe s'addensano nell'icona espiatoria, e non stupisce il vocabolario sacrificale che l'accompagna: esodo biblico, inferno, apocalisse. Sguainare la parola apocalisse èprofittevole al capo politico, che pare più forte. Di- ventailkathekondelmondo:trattiene i poveri mortali dal disastro. Così Lampedusa si tramuta in podio politico: Marine Le Pen, leader del Fronte Nazionale, già ci è andata, il 14 marzo, ben cosciente che l'ltalia è oggi laboratorio delle destre estreme.
Giustamente il cardinale Martini mette in guardia contro l'uso dello spauracchio apocalittico: non ha detto, Gesù, che «fatti terrificanti» verranno ma «nemmeno un capello del vostro capo perirà»? La paura è comprensibile ma va affrontata, secondo Martini, con quattro virtù: resistenza, calma, serietà, dignità. È proprio quello che manca in Italia. Che manca, nonostante l'attività della Caritas, anche alla Chiesa: con gli innumerevoli alloggi che possiede, non pare siadecisaa offrirli per i fuggiaschi, stipati in condizioni non vivibili, privati ora anche di cibo. Chiara Saraceno ha spiegato bene il paradosso, domenica su Repubblica: questi alloggi, trasformati in alberghi, godono di sconti fiscali perché destinati «esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali». Perché non sono messi subito a disposizione?
Quando non c'è serietà le bugie dilagano, le immagini s'adeguano. Si adeguano nel caso della guerra libica, che non essendo chiamata guerra non può nemmeno esser pensata a fondo, con conoscenzadicausa. Siadeguano nel descrivere l'Unione europea, su cui piovono accuse talvolta giuste ma nella sostanza menzognere, da parte di governanti che di tutto son capaci tranne di pedagogia delle crisi. Se non c'è una politica europea sull'emigrazione, è perché gli Sta- ti vogliono mantenere per sé competenze che non sanno esercitare. È contro il proprio panico sovrano che dovrebbero inveire, non contro Bruxelles: contro l'ideologia del fare da sé, del «ghe pensi mi», che angustia l'ltalia da quasi cent' anni. In teoria dovrebbe valere il principio di sussidiarietà (l'Unione decide sulle questioni di sua competenza che gli Stati non sanno risolvere), ma si esita ad applicarlo. Quanto all'immigrazione il trattato di Lisbona prevede che l'Unione decida all'unanimità tra governi, senza la codecisione dei Parlamento europeo, con l'eccezione di alcune materie in cui il trattato stesso prevede la procedura legislativa ordinaria: solo inqueste materie (non sono le piü importanti) si decide a maggioranza qualificata e dunque si agisce.
Ma la menzogna decisiva riguarda quel che l'Italia pensa di sé. Alla radice della cecità, c'è l'illusione di essere una nazione che ancora può scegliere tra essere multietnica o no. Che non deve nemmeno chiedersi se stia divenendo xenofoba. In realtà sono 30 anni che siamo un paese d'immigrazione con punte massime negli ultimi dieci, e quando Berlusconi nel 2009 disse che «non saremo un paese multietnico», mentiva per evitare il ruolo di pedagogo delle crisi. Per negare che la convivenza col diverso si apprende faticosamente ma la si deve apprendere: attra¬verso una cultura della legalità, dello Stato, dei rispetto. II politico-pedagogo non finge patrie omogenee che rimpatriano alia svelta bestiame umano, ma governa una civiltà multietnica che da tempo non è più un'opzione ma un fatto.
Per capire il nostro vero stato di salute conviene leggere il rapporto, assai allarmato, che Human Rights Watch ha pubblicato il 21 marzo sull'espandersi dei razzismo in Italia (http://www. hrw. org). Condotta fra il dicembre 2009 e il dicembre 2010, l'inchiesta raccoglie una mole di testimonianze e mette in luce cose che sappiamo, ma dimentichiamo. Raramente il crimine razzista è denunciato come tale, nonostante la legge Mancino dei '93 (articolo 3) lo consideri un'aggravante nei reati: la disposizione non è però inserita nel Codice penale. Raramente sono applicate leggi europee e internazionali per noi vincolanti. Infine, né polizia né magistratura sono formate per affrontare reati simili, e numerosissimi casi vengono archiviati, specie quando le violenze sono commesse da forze dell'ordine.
È la retorica che vince sui fatti, scrive ancora il rapporto, e la colpa è dei politici come dei media. Dei politici, che per primi «stigmatizzano le persone con stereotipi». Dei media, «a causa della monopolizzazione dell'editoria radio-televisiva esercitata da Berlusconi». Il rapporto non risparmia la sinistra, spesso tentata di equiparare immigrati e criminali.
Continuamente i politici chiedono che immigrati o fuggitivi si integrino nella nostra cultura, ma è ipocrisia. Primo perché ai fuggiaschi non vengono dati gli strumenti per interiorizzare la nostra civiltà, i suoi diritti e doveri. Secondo perché gli italiani stessi— mal informati, mal governati — ignorano la civiltà sbandierata. Basti un esempio. II migrante privo di documento che è vittima di un reato può richiedere il rilascio di un permesso temporaneo, e ri- manere nel paeseperladurata dei processo. L'autorizzazione è concessa per periodi rinnovabili di tre mesi, e revocata a processo finito se il caso è archiviato. Ma la regola di solito è ignorata, con effetti gravi: il reato non è denunciato per paura, la fiducia dei migrante nello Stato frana, le mafie diven- tanorifugi.
Se questa è la cultura politica imperante non sorprende che la nostra politica estera sia cosi debole, anche in Libia. Non dimentichiamo che gli aiuti pubblici allo sviluppo, in Italia, sono crollati. Ristabiliti dal governo Prodi, da due anniscendono sempre piü. In uno studio per l'Istituto affari internazionali, Iacopo Viciani fornisce datiprobanti: nel bilancio di previsione per il 2011, la cooperazione alio sviluppo è tra le spese piüdecurtate, riducendo al míni¬mo il peso italiano nel mondo. Gli stanziamenti perla cooperazione raggiungeranno nel 2011 il livello piü basso, con una riduzione del 61% rispetto al minimo del '97. Si dirá che ciascuno taglia, in Europa. È falso: Londra, Stoccolma e Parigi aumentano gli aiuti malgrado la crisi.
Inutile andare a una guerra quando si conta cosi poco nella scelta delle sue già confuse finalità. I governi italiani non sono gli unici ad avernegoziato con Gheddafi, ma il patto stretto da Berlusconi ha qualcosa di scellerato. E grazie a esso che dal 2009 sono stati rimpatriati centinaia di africani giunti in Libia per arrivare in Europa. Senza distinguera tra profughi e migranti, i fuggitivi sono stati respinti in Libia ben sapendo cosa li aspettava: autentici campi di concentramento, dove regnavano tortura, stupri, fame.
Forse è il motivo per cui fatichiamo, non solo in Italia, ad analizzare questa guerra libica cosi opaca. A vedere le insidie di un movimento di insorti che non ha esitato, pare, a uccidere prigionieri africani sospettati di lavora- reper Gheddafi. Molti libici fuggiranno anche dai successori dei colonnello: dai ribelli che stiamo aiutando perché abbattano il Rais. Forse siamo semplicemente alia ricerca di nuovi carcerieri per gli immigrati che respingeremo.



Lampedusa svuotata per l'arrivo di Berlusconi
Duemila profughi senza cibo. Il governo finisce sotto accusa
La Stampa, 30-03-2011
FEDERICO GEREMICCA
A 50 giorni dall’avvio degli sbarchi e dell’emergenza, dopo che circa 20 mila migranti sono transitati dall’isola, trasformandola in un inferno e portando al collasso tutti i centri d’accoglienza d’Italia, Silvio Berlusconi arriva stamane a Lampedusa. E nelle ultime 24 ore diversi segni premonitori, a dirla tutta, avevano lasciato intendere che qualcosa stava per accadere.
Ieri sei voli speciali (mai accaduto prima) hanno portato via dall’isola quasi seicento migranti. Altri sei sono previsti per oggi. In più la nave militare San Marco e almeno tre traghetti (il «Catania», la «Clodia» e un altro ancora da definire) dovrebbero trasferire altrove qualcosa come 3.000-3.500 disperati. Il totale potrebbe assommare, dunque, a 4.000-4.500 trasferimenti in appena 48 ore: che non significherà svuotare Lampedusa (che al momento è invasa da oltre 6mila migranti) ma certo riportare la situazione ad un livello quantomeno controllabile.
Dunque si poteva fare. Dunque non era impossibile per un Paese ricco e civile come l’Italia trovare una via per porre fine ad una vergogna le cui immagini fanno da settimane il giro del mondo. A Lampedusa le notizie - l’accelerazione nei trasferimenti e l’arrivo del premier sono state accolte naturalmente con soddisfazione. Una soddisfazione accompagnata, però, da una domanda: perché tutto questo non è accaduto prima? Che la decisione sia maturata per un sussulto di responsabilità dell’esecutivo o che sia stata bruscamente accelerata dai pesanti moniti del presidente della Repubblica, è difficile dire. Fatto sta che accade. E Berlusconi oggi potrà venire a celebrare sull’isola l’efficienza del «governo del fare». Come a Napoli per l’immondizia. O come a L’Aquila per il terremoto: sperando che qui, però, l’epilogo non sia lo stesso...
Naturalmente, Silvio Berlusconi troverà qui precisamente quel che ha avuto modo di vedere per settimane in ogni edizione dei tg a ogni ora del giorno e della notte: le strade colme di tunisini, che sono ancora maggioranza rispetto ai lampedusani; l’isola ridotta ad una pattumiera, con sporcizia ovunque e la zona del porto e il mare invasi da buste di plastica che solo il passar dei secoli potrà disintegrare; immigrati accampati alla men peggio sulla «collina della vergogna», a due passi dal porto; donne somale ed eritree con i loro bambini e i minori tunisini rinchiusi nella base «Loran» di Capo ponente, con tanto di filo spinato; striscioni di ogni tipo contro il governo; e poi il centro di accoglienza... Già, il centro di accoglienza.
Intorno alla struttura (dovrebbe ospitare 800 persone, ce ne sono 2.200) ieri sono divampate polemiche di ogni tipo. L’assessore regionale alla Sanità, Russo, ha accusato il governo nazionale di irresponsabilità: «Se l’isola non viene rapidamente svuotata, il centro si trasformerà in un bomba sociale e sanitaria. I rischi sono enormi». E critiche pesantissime sono state rivolte all’indirizzo del Prefetto di Palermo, Caruso, commissario all’emergenza: «E’ più facile parlare col presidente della Repubblica che con lui - ha accusato il sindaco di Lampedusa -. Io non sono mai riuscito a contattarlo: dovrebbe dimettersi, se avesse un minimo di dignità».
L’allarme sanitario, dunque: che non può certo sorprendere se solo si è avuto modo di vedere le condizioni in cui sopravvivono i migranti ospitati nel centro. Ma non basta, perché ieri De Rubeis - sindaco dell’isola - ha lanciato anche un allarme alimentare: «La cooperativa che gestisce il centro e fornisce i pasti, riesce ad assicurare pranzo e cena al massimo a 4mila persone. Sull’isola ce ne sono 6.200: vuol dire che ogni giorno 2.200 persone restano digiune. Con tutto quel che ne consegue in termini di civiltà dell’accoglienza e di possibili problemi di ordine pubblico».
Il nervosismo e le polemiche, naturalmente, sono cresciuti di tono con l’acuirsi dell’emergenza sull’isola. Da lunedì il consiglio comunale è occupato e riunito in permanenza in segno di protesta. E domani Lampedusa potrebbe fermarsi per uno sciopero generale indetto per ottenere dal governo interventi che mettano fine ad un’emergenza che ormai va avanti da quasi due mesi. I ponti aerei delle ultime 24 ore e le navi che da oggi cominceranno a trasferire altrove migliaia di migranti, sono finalmente una risposta all’altezza della gravità della situazione. Una risposta indispensabile ma sicuramente non esaustiva.
Da domani sera, infatti, a Lampedusa non ci saranno già più Berlusconi, le navi e probabilmente i ponti aerei (almeno nelle dimensioni delle ultime 48 ore). Assai difficilmente, invece, gli sbarchi continui si arresteranno. Il punto, dunque, sarà continuare nel lavoro di trasferimenti senza abbassare la guardia dopo il Berlusconi-day. Evitare, insomma, che finisca come a L’Aquila oppure a Napoli. Napoli, già: alle prese - ancora ieri - con circa 2mila tonnellate di immondizia a inondare le strade.



Lampedusa stremata. Si spera nelle Regioni
Terra, 30-03-2011
Dina Galano
EMERGENZA PROFUGHI. Atteso per oggi il piano del governo per il trasferimento dei migranti sul territorio. Il vernacolo di Umberto Bossi: «Fora da i ball». E alle Pelagie inizia a mancare il cibo.
Con le oltre quattrocento persone arrivate nella notte di ieri e i continui avvistamenti di imbarcazioni alla deriva al largo di Lampedusa, sull’isola presto non ci sarà cibo per tutti. Il sindaco delle Pelagie, Bernardino De Rubeis, ha denunciato che manca l’approvvigionamento per 2.000 delle circa 6.200 persone straniere presenti sull’isola. E, dopo la paventata carenza di viveri, viene segnalato anche il rischio di epidemie. «È necessario “svuotare” Lampedusa immediatamente o la situazione sanitaria sull’isola, a brevissimo, potrebbe non essere più sotto controllo», ha valutato Tullio Prestileo ispettore alla Sanità della Sicilia.
Sono quasi 4.000 gli immigrati che attualmente dormono a cielo aperto davanti al molo su quella che, per tutti, è diventata “la collina del disonore”. Le reazioni dei lampedusani, inferociti per essere stati «abbandonati» dal governo italiano, sono sfociate nell’occupazione delle aule del Comune. Esasperati dal sovraffollamento che forse soltanto oggi sarà diluito con i sei trasferimenti navali previsti, tuttavia, non si sono sottratti al dovere di solidarietà. Principalmente verso gli oltre 250 minori giunti in questi giorni. «Gli abitanti di Lampedusa e Linosa hanno messo a disposizione dei medici le loro case», ha raccontato il responsabile sanitario dell’isola Piero Bertolo, «così il nostro personale ha potuto soccorrere i circa trenta neonati provenienti, con le loro mamme, dall’Etiopia e dall’Eritrea».
Anche dall’Africa subsahariana, ormai, si arriva a Lampedusa. E da qui si riparte, per non ancora precisati luoghi di trattenimento e identificazione che il governo italiano sta predisponendo sul territorio. Oggi, il ministro dell’Interno Maroni comunicherà in Consiglio dei ministri i dettagli del piano di accoglienza, che impegnerà tutte le Regioni d’Italia senza surclassare la prima ipotesi di risoluzione dell’emergenza, che resta quella del respingimento verso il Nord Africa.
Per Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni che si riunirà nel pomeriggio per discutere delle proposte governative, «è necessario che la distribuzione territoriale dei profughi avvenga alla luce di una politica di accoglienza che favorisca il riconoscimento dei diritti d’asilo e protezione». E mentre le Regioni auspicano «un piano complessivo», la situazione nei luoghi verso cui sono iniziati i trasferimenti è molto confusa.
Chiede «dati, numeri e certezze», Onofrio Introna, il presidente del Consiglio regionale della Puglia che sta ospitando a Manduria una tendopoli la cui capacità di accoglienza è passata, nell’arco di una settimana, da 600 posti ai 1.500 confermati ieri. «L’emergenza è nazionale ma la solidarietà è a carico delle Regioni del solo Mezzogiorno», ha tuonato Introna, aderendo al fronte capitanato dal governatore siciliano Raffaele Lombardo. In tutta risposta, è arrivato il dictat leghista di Umberto Bossi: «Immigrati al Nord? - ha ipotizzato - Meglio restino vicino casa».



Lampedusa, arriva Berlusconi «Disinneschiamo bomba»
Avvenire, 30-03-2011
«La situazione a Lampedusa sarà risolta oggi» ha garantito il ministro dell'Interno Roberto Maroni anticipando che nel corso della sua visita in programma a Lampedusa il premier Silvio Berlusconi annuncerà «misure risarcitorie e compensative per l'isola». Lampedusa sarà quindi svuotata, ma i 6.200 migranti attualmente presenti sull'isola rimarranno probabilmente qualche giorno sulle navi che saranno utilizzate per trasferirli: le tendopoli già pronte infatti non bastano e le altre che verranno realizzate, anche nel nord Italia, devono ancora essere allestite.
Slitta a domani il Cdm staordinario. Ieri l'attacco di Bossi: "fora da i ball". Le opposizioni insorgono: «è la linea del governo?». Napolitano sollecita i governatori: «no a incertezza e divisioni davanti a una situazione inaccettabile». Malmstrom bacchetta l'Italia: «no a respingimenti di massa, no a consiglio Ue strordinario; Italia ha già le risorse messe a disposizione dall'Europa, le usi».
Intanto sono arrivate a Lampedusa le prime due delle cinque navi organizzate dal governo per sfollare l'isola dai seimila migranti. La nave San Marco della Marina militare è giunta in rada intorno alle 6, mentre per agevolare l' avvicinamento della "Catania" della Grimaldi sono in azione le motovedette della guardia costiera; la nave passeggeri ormeggerà a Cala Pisana.
Disinnescare la bomba. Questo l'imperativo categorico che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha posto come tema centrale al vertice di ieri sera a Palazzo Grazioli convocato per fare il punto sull'emergenza immigrazione che sta colpendo Lampedusa. A poche ore dalla visita che il premier fara' sull'isola, Berlusconi si è mostrato preoccupato sia per i numeri della crisi (oltre 6 mila rifugiati giunti in pochi giorni) che per la portata delle conseguenze (non da ultimo quelle sul settore del turismo). Preoccupazioni che, secondo quanto riferito da alcuni partecipanti, si traducono in un'azione immediata da parte del governo che già da oggi provvederà allo sfollamento degli immigrati per ridare respiro alla piccola comunita' lampedusana. Oltre alle navi (sei) che saranno impegnate nella spola con vari centri di accoglienza provvisoria in Italia, ha annunciato il sottosegretario Gianfranco Miccichè, a Lampedusa sarà ormeggiata anche una nave fissa a disposizione di nuovi sgomberi che di volta in volta - in vista anche della bella stagione - dovessero rendersi necessari. .
«Sono poveri cristi, la loro è una fuga da un mondo senza libertà, democrazia e benessere»', avrebbe detto Berlusconi usando toni ben diversi dal "fora de ball" del leader leghista Umberto Bossi. «C'è un piano - ha spiegato a questo proposito Miccichè - per evitare nuovi sbarchi, soprattutto attraverso accordi con i Paesi di origine. Se poi si dovessero fare dei respingimenti - ha avvertito - siamo pronti anche per questo».



Riprendiamoci la Politica
“Lampedusa? Facciamola diventare un grande Centro di Espulsione”
Yes, political!, 30-03-2011
Dopo il Fora di Ball bossiano, è in atto un concorso pubblico di idee per la risoluzione del “problema” Lampedusa. E qualcuno è giunto a livelli di idiozia mai raggiunti sinora. Naturalmente aspettando lo sbarco di Silvio Forever sull’Isola della Disperazione:
“I più scatenati sono […] gli ex An, che sentono la concorrenza del Carroccio sul tema della sicurezza. La bresciana Viviana Beccalossi è drastica: ‘Io farei evacuare gli italiani da Lampedusa e trasformerei l’intera isola in un grande centro di espulsione’” (IMGPress).
Viviana Beccalossi, ex An, attualmente ricopre l’incarico di vicepresidente e assessore all’agricoltura nella giunta lombarda guidata da Roberto Formigoni.



Lampedusa, notte senza sbarchi Sull'isola atteso Berlusconi
Arrivano le navi che serviranno a trasferire i migranti. Frattini: «L'Europa intervenga e parli con i francesi»
Corriere della sera, 30-03-2011
MILANO - È stata una notte senza nuovi arrivi di migranti a Lampedusa, per la prima volta dopo giorni di sbarchi incessanti. In mattinata si attende l'avvio del trasferimento dei circa 6.200 nordafricani presenti sull'isola, che verranno imbarcati in sei navi. Uno sbarco, invece, a Linosa dove i carabinieri hanno intercettato già a terra 31 tunisini che erano arrivati senza essere stati avvistati, mentre altri sei migranti sono stati soccorsi la scorsa notte dalla nave della Marina militare italiana «Comandante Borsini» nel Canale di Sicilia.I TRASFERIMENTI - Al momento a Lampedusa sono già arrivate le motonavi Catania e la San Marco della Marina militare. Sempre in giornata è previsto l'arrivo sull'isola del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che avrà modo di constatare in prima persona la grave condizione di disagio in cui versa l'isola, investita in queste settimane dalla forte ondata migratoria dal Nordafrica. Con il premier ci sarà anche il ministro della Giustizia, Angelino Alfano. Il presidente della Regione Siciliana, Raffaele Lombardo, ha annunciato martedì sera che ci sarà anche lui e che intende chiedere al governo impegni precisi e concreti perchè la situazione a Lampedusa si normalizzi stabilmente. I tecnici del Viminale, intanto, stanno trattando con Tunisi per il rimpatrio entro domenica di almeno mille immigrati.
«L'UE INTERVENGA» - Ai microfoni di Sky Tg24 il ministro degli Esteri Franco Frattini è tornato a ribadire la necessità di un intervento politico della Ue che affronti la «questione in tema di solidarietà tra Paesi europei», cominciando magari a «parlare con i francesi che stanno mettendo un muro a Ventimiglia». «L'Europa - è la convinzione del titolare della Farnesina - non può dire "l'Italia ha ricevuto 7 milioni di euro, si arrangi"». Frattini ha anche ricordato che è in vigore da anni una legge che «prevede con chiarezza che quando ci sono afflussi improvvisi, inaspettati di sfollati verso uno o più Paesi, l'Ue deve adottare un piano straordinario che include la distribuzione presso i Paesi membri degli sfollati, per un periodo temporaneo necessario per il rimpatrio di coloro che non sono rifugiati, come in questo caso i tunisini, che sono migranti economici». Quanto ai possibili rimpatri concordati con Tunisi, il portavoce della Farnesina Maurizio Massari ha sottolineato che è «giusto concordare gesti anche immediati per mettere un blocco ai flussi di immigrati».



QUELLO CHE MERITA MARONI DAL VIMINALE PER IL CAOS DI LAMPEDUSA
Foglio di via
MINISTRI ALLO SBARAGLIO. Oggi sull'isola sbarca Berlusconi, per intestarsi il tardivo e pasticciato trasferimento dei migranti verso altri siti. Il titolare dell'Interno: «Ma poi i tunisini saranno riportati in patria». L'ordine di Bossi: «Tutti fora di bali». Resta la disfatta delia macchina dell'accoglienza, andata in tilt per poche migliaia di arrivi. E se ci fosse il vero esodo?
Il Riformista, 30-03-2011  
PEPPINO CALDAROLA
Cinismo. L'atteggiamento dei governo verso i profughi e i Cittadini di Lampedusa è cinismo figlio di una cultura politica e di insipienza. Oggi attraccheranno le navi per imbarcare i rifugiati. Ieri sono arrivati altri barconi pieni di povera gente. Alcune centinaia sono già ospitati a Manduria in Puglia. 2.000 profughi di Lampedusa ieri non hanno consumato i pasti. Ci sono 400 bambini nei campi. L'emergenza sanitaria è già esplosa. Gli isolani non ne possono più e protestano dopo settimane di abbandono. Alcune regioni si dicono pronte a farsi carico dell'emergenza umanitaria, altre, guidate dalla destra, tacciono o si dichiarano indisponibili. Gasparri, con umorismo da osteria, vuole rispe- dire i profughi «a casa loro da mamma». Bossi li vuole semplicemente «fora di bali».    
E la fotografia più impietosa che si poteva scattare sull'Italia governata dal centrodestra. Non sappiamo se il piano dei governo prevederà lo spostamento dei migranti in campi fortunosi di accoglienza ovvero se si cercherà di portarli (illegalmente perché le norme internazionali prevedono procedure severe) dove sono partiti. Si parla addirittura di un provvedimento che potrebbe prevedere anche il respingimento in mare. Un'idea terribile. La confusione regna sovrana. Le leggi e l'umanità sono state violate con disonore. Un'Italia cinica e incattivita chiama alla corresponsabilità un'Europa che l'ignora e la considera irrilevante. E il fallimento dei governo e del ministro dell'Interno. Maroni, in un altro paese, si sarebbe già dimesso o sarebbe stato congedato. Tutto questo non accade per caso.
L' emergenza umanitaria era prevista. Gli arrivi erano nell'ordine naturale delle cose dopo i sommovimenti nel Nord Africa. Quelli che sono arrivati sono forse l'avanguardia di un movimento migratorio più ampio. Tuttora sono giunti sulle coste di Lampedusa poche migliaia di persone. Cera tutto il tempo perorganizzare il loro ricovero. Quel che si sta cercando di fare in queste ore, e che non sappiamo se e come si riuscirà a fare, poteva essere fatto molte settimane fa. Invece si è preferito far degenerare il problema. Non a caso. Il cinismo stanell'intenzione politica.
L'accoglienza disumana doveva servire a due obiettivi. Mostrare ai fuggiaschi che qui non c'è accoglienza. Fin dal primo giorno Maroni ha dichiarato che bisognava evitare che la gente in cerca di fortuna pensasse di trovare ricovero qui. Il messaggio dissuasivo è stato chiaro: vi tratteremo come bestie. L'altro obiettivo era quello di alimentare il furore xenofobo degli italiani. Serviva la rivolta di Lampedusa per unificare il paese su una linea di non accoglienza. E l'hanno avuta. Un pacchetto di voti è stata la posta di questa scelta priva di valore morale. Quando, negli ultimi giorni, si sono accorti che la situazione stava uscendo fuori dal controllo hanno cercato di porre rimedio con concitazione rivelando tuttavia una insipienza indegna di uno Stato europeo.
Si è creato un clima paradossale nel paese. L'emergenza è stata dichiarata quando il fenomeno era ancora controllabile. Si è inventata una contrapposizione fra buonisti e realisti anche se nessuno ha mai proposto di ospitare in via definitiva chi fuggiva dalla fame o dalla guerra. C'era e c'è da fare una sola cosa. Accogliere civilmente, accudire, esaminare le situazioni personali e ospitare gli aventi diritto e rimandare a casa gli altri. I nostri ministri avrebbero dovuto girare le capitali europee per chiedere aiuto invece di fare propaganda e agitazione anti-europea. Niente di tutto questo hanno fatto. Niente volevano fare, di modo che oggi l'opinione pubblica possa tormentarsi sull'invasione barbarica dei giovani musulmani dimenticando altri problemi. C'è in questo calcolo tutta la miséria culturale e umana delia Lega. Parole infuocate di chi non sa vivere nella comunità internazionale con un ministro dell'Interno che aspira a diventare premier e non sa gestire diecimila disperati. C'è l'incapacità di un premier addolorato dalla fine dei suoi amici dittatori e interessato solo alle proprie personali vicende.
I danni di questo atteggiamento dei governo italiano sono irreparabili. Avremmo potuto mostrare un volto gentile e severo alle rivoluzioni arabe dicendo a quella gente che non siamo in grado di ospitare ma possiamo alleviare la pena di chi fugge. Era un investimento sul futuro, una prova di forza morale di una democrazia. Invece gli abbiamo detto che preferiamo i loro vecchi carcerieri. Avremmo potuto chiedere agli italiani di fare quello che hanno fatto i pugliesi con gli albanesi alcuni anni fa. Solidarietà e cooperazione per avere dirimpettai con cui aprire un dialogo e fare affari. Invece abbiamo spinto la nostra gente a incattivirsi davanti alle tv, "boat people" in casa propria. Avremmo potuto vivere un momento di unità nazionale con governo e autonomie locali in felice collaborazione per affrontare una situazione difficile. Ivece stiamo assistendo a un vergognoso scaricabarile con una pioggia di dichiarazioni irresponsabili. Se nasce cosi, nasce male il federalismo. Avremmo potuto dimostrare di essere un grande paese che sapeva fare ammenda della sua frequentazione con leader impresentabili, avanguardia di un'Europa accogliente invece abbiamo preferito ritrarci nel tormentarsi sull'invasione barbarica dei giovani musulmani dimenticando altri problemi. C'è in questo calcolo tutta la miseria culturale e umana delia Lega. Parole infuocate di chi non sa vivere nella co- munità internazionale con un ministro dell'Interno che aspira a diventare premier e non sa gestire diecimila disperati. C'è l'incapacità di un premier addolorato dalla fine dei suoi amici dittatori e interessato solo alie proprie personali vicende.
I danni di questo atteggiamento dei governo italiano sono irreparabili. Avremmo potuto mostrare un volto gentile e severo alie rivoluzioni arabe dicendo a quella gente che non siamo in grado di ospitare ma possiamo alleviare la pena di chi fugge. Era un investimento sul futuro, una prova di forza morale di una democrazia. Invece gli abbiamo detto che preferiamo i loro vecchi carcerieri. Avremmo potuto chiedere agli italiani di fare quello che hanno fatto i pugliesi con gli albanesi alcuni anni fa. Solidarietà e cooperazione per avere dirimpettai con cui aprire un dialogo e fare affari. Invece abbiamo spinto la nostra gente a incattivirsi davanti alle tv, "boat people" in casa propria. Avremmo potuto vivere un momento di unità nazionale con governo e autonomie locali in felice collaborazione per affrontare una situazione difficile. Invece stiamo assistendo a un vergognoso scaricabarile con una pioggia di dichiarazioni irresponsabili. Se nasce cosi, nasce male il federalismo. Avremmo potuto dimostrare di essere un grande paese che sapeva fare ammenda delia sua frequentazione con leader impresentabili, avanguardia di un'Europa accogliente invece abbiamo preferito ritrarci nel nostro piccolo orto smadonnando contro arabi e francesi per finire nel piú indecoroso isolamento internazionale delia nostra storia.
L'opposizione ha fatto la sua parte e ha detto le cose giuste, ma deve avere piu coraggio. Non bisogna vergognarsi di dire parole buone. Sento in giro troppo timore di non poter sormontare l'onda prepotente del nuovo razzismo e dell'avversione verso gli immigrati. C'è un Italia buona e gentile che deve essere chiamata in campo, a cui non dob- biamo chiedere di aprire le frontiere ma di mostrare, anche nella severità del rimpatrio, il volto di un paese di grandi tradizioni di accoglienza. Questa destra è al di sotto dei valori umanitari e si fa un vanto del proprio cinismo, del proprio isolamento, delle proprie paure. È un vero peccato che anche la Chiesa non abbia questa volta trovato le parole per parlare agli uomini di buona volontà. E una cultura che rischia di disperdersi nei proclami guerrieri di ministri incapaci e di gazzettieri spietati diventati, dopo essere stati marines della carta stampata negli anni di Bush, improvvisamente pacifisti imbevuti di anti- islamismo. Le rivoluzioni arabe possono avviare un'opera di riconciliazione con il mondo arabo-musulmano. Trattare la gente che fugge con umanità significa investire sull'uomo, sulla persona umana, sulla comunità solidale e sulla democrazia. Se non facciamo questo, che diavolo ci stiamo a fare nella battaglia politica? (p. c.)



Il cinismo dei governo sulla pelle dei "clandestini"
Fulvio Vassallo Paleologo    
Liberazione, 30-03-2011
Ancora una volta gli artefici di un autentico disastro umanitario cercano di mettere all'incasso elettorale le politiche delia paura e dei respingimenti praticate in questi anni. Prima si sono Ulusi ed hanno illuso gli italiani che gli accordi con i dittatori dei nordafiica, da Ben-Ali a Gheddafi, riuscissero a bloccare le partenze. Un risul- tato effimero che è stato raggiunto per breve tempo solo grazie alia politica dei "respingimenti collettivi", che il 22 giugno prossimo vedrà l'Italia sotto il giudizio delia Corte Europea dei diritti dell'uomo. Una politica che si è infianta dopo i sollevamenti popolari che hanno interessato la "Iunisia, l'Egitto e poi la Líbia. La diga che si è voluto costruire sulla pelle dei migranti, innumerevoli le vittime nei centri di detenzione o annegati in maré, è crollata alTim- prowiso. Non appena si sono attenua- ti i controlli di polizia ai quali partecipavano militari italiani, coloro che era- no rimasti bloccati per anni, confinati nei lager libici o privati di qualsiasi pos¬sibilita di ingresso legale in Europa, co¬me nei caso dei tunisini, si sono imbarcati e hanno raggiunto le coste siciliane. Mentre le associazioni e diversi enti di tutela chiedevano 1'adozione di un prowedimento che riconoscesse la pro- tezione temporanea prevista in caso di afflusso massiccio di sfollati dal decreto legislativo n.85 dei 2003, dall'art. 20 del T.U. sull'immigrazione e dalla Di- rettiva 2001/55/CE, ed una distribuzione equa dei migranti in tutte le re- gioni italiane, il governo insisteva per trasformare Lampedusa in un grande centro di detenzione a cielo aperto. Maroni e La Russa definivano "clandestini" la maggjor parte di coloro che eia- no fuggiti dalle coste aíricane e preparavano un piano di deportazione che concentra nelle regioni meridionali i campi delia detenzione amministrativa, in tendopoli improvvisate, ubicate in aree militari, in modo da im- pedire qualunque controllo di legalità, in ogni caso contro la volontà delle comunità locali. La distinzione tra richiedenti asilo e migranti economici, e la criminalizzazione dei cosiddetti clandestini, come se fosse possibile adottare nei confronti di quest ultimi, in prevalenza tunisini, provvedimenti di allontanamento forzato, dimostra già di non reggere alla prova dei fatti, se non come strumento di propaganda elettorale. Infàtti, la direttiva 2008/115/CE, non ancora attuata dal governo italiano, prevede l'obbligo di privilegiare il rimpatrio volontario prima di eseguire i rimpatri forzati, ed individua varie forme di limitazione delia libertà di circolazione dei migranti irregolari, al posto dell'internamento nei centri di identificazione ed espulsione.
Del resto, che il sistema delle espulsioni e dei respingimenti differiti sia una "fabbrica delia clandestinità", lo dimostra il crollo degli allontanamenti forzati effettivamente eseguiti dal 64 per cento degli stranieri rintracciati in condizioni di irregolarità nei 1999, prima delia legge Bossi-Fini, al 34,7 degli irregolari fermati dalla polizia nei 2009. E non è un mistero per nessuno, neppure in Europa, che la maggior parte degli immigrati irregolari giunti nelle scorse settimane a Lampedusa, in assenza di un qualsiasi documento prowisorio di soggiorno, sono stati rimessi in libertà con l'intimazione a lasciare entro 5 giorni il nostro territorio e si sono dispersi per tutta l'Europa.
Di fronte al disastro umanitario creato con grande cinismo da Maroni, prima a Lampedusa e poi in Sicilia, il governo tenterà di varare altri decreti da "stato d'emergenza", al di fuori delle regoie costituzionali e dei diritto comunitário. Come awenuto aitre volte in passato, quando ia Corte Costituzionaíe è stata costretta a dichiarare Ia incostituzionalità di punti essenziali della legge Bossi-Fini e da ultimo dei pacchetto sicurezza dei 2009, quando è stata cancellata la cosiddetta aggravante di clandestinità. Contro questo tentativo di golpe giuridico-istituzionale, fino al punto di cancellare per gli irregolari gli art. 13 (libertà personale) e 24 (diritto di difesa) delia Costituzione, che potrebbe dispiegarsi súbito, in sede di consiglio dei ministri, bisogna preparare le "barricate", sul piano giuridico e sul piano delia mobilitazione in favore dei migranti. Allo stesso modo bisognerà contrastare i tentativi di respingimento "forzoso", o per dire meglio, collettivo, verso la Tunisia, l'ennesima provocazione, che Maroni annuncia dopo il fallimento della missione con Frattini a Tunisi pochi giorni fa. Una minaccia di blocco navale che configura l'ennesima violazione dei diritto internazionale, e che ben difficilmente potra intimidire la Tunisia, paese che ha accolto oltre 150.000 persone in fuga dalla Libia, mentre il nostro paese non ha saputo rispondere adeguatamente aU'arrivo di ventimila persone, abbandonate in condizioni "disumane e degradanti". Anche di questo potrebbe oçcuparsi presto la Corte Europea dei diritti dell'Uomo, se i nostri giudici non arriveranno prima.



La Francia solidale rimanda i migranti in Italia
l'Unità 30-03-2011
Paolo Odello
Ventimiglia, 8 del mattino. Il regionale scarica i pendolari in stazione. C’è agitazione sulle banchine. Gente che va e gente che viene. E che dribbla in velocità gli uomini della polfer e dei carabinieri di pattuglia sulle banchine, nei sottopassaggi, in piedi all’entrata della stazione. Controllano, con occhi attenti cercano fra i viaggiatori un probabile nuovo arrivo. Profugo o “semplice irregolare” si vedrà. Quelli già arrivati stazionano a gruppi sulla banchina del binario 1, il treno per Grasse è in partenza. Un regionale, sulla fiancata c’è scritto Cote d’Azur Alpes Maritimes, Francia, una tentazione. Un rapido scambio di occhiate, si potrebbe tentare. Forse. Troppi occhi che guardano, troppe divise, si rimanda a più tardi. E si torna vicino al muro, una sigaretta per smorzare fame e delusione. Dalla sala d’aspetto di seconda classe emerge un ragazzo passa una bottiglia di acqua al primo della fila e torna a sedersi. Dentro, ci si accomoda alla meno peggio sui sedili, fra borsoni e sacchetti di plastica. Una nuova giornata d’attesa ha inizio. Nell’atrio delle biglietterie altri carabinieri, altra polizia.E altri profughi. «Solo clandestini», sostiene il sindaco Gaetano Scullino, Pdl. Difficile capire la sottile differenza guardando i giacigli per la notte. Cartoni, vecchi giornali e poche coperte buttate sul marciapiede del piazzale, cercando fra gli angoli meno esposti al freddo e alla pioggia dei giorni scorsi. Un riparo dovrebbero fornirlo i locali dell’ex dogana francese prossimi all’apertura. Nel frattempo ci sono i cartoni. Dall’altra parte della piazza c’è Ventimiglia, bandiere tricolori ovunque. Una città che si fa trasportare dalla corrente. Che vive la sua emergenza con fastidio pensando all’immagine. Farli defluire prima che diventino troppi, è la speranza di tutti ma nessuno lo confessa apertamente. La Francia è a due passi. Seduti sopra i loro cartoni, guardano oltre i tetti, e raccontano di un sogno sospeso. Nouredine: «In Tunisia non c’è futuro, in Francia ho parenti e amici». Ali: «In Italia non ci vogliono e la Francia ci rimanda indietro appena ci vede, vai a vedere la frontiera è là!». «Perché i libici sì e i tunisini no? - chiede Rashid – Anche in Tunisia, c’è guerra e violenza. Io sono partito per avere una chance». «Sono sbarcato a Lampedusa - aggiunge – e di là mi hanno trasferito prima a Crotone, poi Torino. Ed ora eccomi qua, bloccato». Chiedo se hannosentito della possibilità di un rimpatrio volontario con in tasca dai 1500 ai 2000 euro. Ridono. «Per farci che cosa, in un paese dove non puoi stare in pace neanche a casa tua?», chiede Rashid. Apochimetridanoisi contrattaunpassaggio. Ancora improvvisati passeur, francesi di origine magrebina. «Vai a vedere, la frontiera è là», insiste. Gli lascio le mieGauloises, forse l’unico assaggio possibile di Francia. Il treno per Grasse è in partenza, prima fermata Menton-Garavan, minuscola stazione alla periferia est di Mentone. Questione di pochi metri ed è già Francia. Qui il controllo si fa capillare, quasi ossessivo. La banchina pare deserta. I quattro agenti della Gendarmerie che ora controllano il treno si sono materializzati dal nulla. Improvvisamente ce li siamo trovati davanti all’apertura delle porte. Guardano dentro gli scompartimenti, alzandosi sulle punte degli anfibi per arrivare all’altezza dei finestrini. Nulla da segnalare, nonci sono facce sospette,uncenno con la mano al capotreno e si riparte. A Menton, gare principal come annuncia l’altoparlante, i gendarmi sono sei. Qui c’è da controllare anche il sottopassaggio. La consegna è chiara: respingere tutti. E diventa ancora più chiara, quasi palpabile, quando si arriva al valico stradale di Ponte San Luigi. Le macchine sospette – troppo vecchie e anche nuove ma con troppi passeggeri a bordo, facce più scure del “normale”, abbigliamento trasandato, capelli ricci e neri – vengono ispezionate con attenzione. Poi si passa ai documenti. Procedure che si ripetono uguali a ogni altro valico. Pochi, pochissimi quelli che, nonostante tutto, riescono a passare oltre. Per gli altri c’è la riammissione in Italia. E la lotteria della speranza ricomincia.



IMMIGRAZIONE: NELLA NOTTE A VENTIMIGLIA ALTRI 80 TUNISINI
ARRIVATI SU TRENO DA ROMA. IL SINDACO, SITUAZIONE INSOSTENIBILE
(ANSA) - VENTIMIGLIA (IMPERIA), 30 MAR - Nuovo arrivo di tunisini, nella notte, a Ventimiglia.
Dal treno delle 23.31, proveniente da Roma, sono infatti scesi altri ottanta tunisini. Si aggiungono ai circa duecento della sera scorsa. Una situazione che si sta facendo ''insostenibile'', secondo Gaetano Scullino, il sindaco della cittadina ligure al confine con la Francia. E sempre nella notte una settantina di stranieri ha tentato, invano, di passare il confine a piedi. Bloccati dalla polizia francese, che prosegue nella politica dei respingimenti a oltranza, sono ora fermi al valico di San Ludovico.(ANSA).



IMMIGRATI: FRATTINI, EUROPA INERTE. TUNISIA BLOCCHI FLUSSI CLANDESTINI
(ASCA) - Roma, 30 mar - ''L'Europa e' assolutamente inerte.
Non si tratta di promettere limitatissimi fondi europei, ma prendere un'iniziativa prevista dalla legge europea''. Lo ha sottolineato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, intervenendo a Sky Tg24 sull'emergenza immigrati a Lampedusa.
Quelli che arrivano, ha aggiunto il ministro, ''non sono semplicemente immigrati economici e noi continuamo a chiedere che l'Europa si attivi, il commissario europeo per l'immigrazione si trova a Tunisi e spero riesca a mettere in cantiere un'azione forte europea per aiutare la Tunisia a non far partire''. E proprio sulla Tunisia Frattini spera che ''le promesse fatte a Maroni e a me si possano tradurre in realta' perche' nelle ultime 24 ore non ci sono stati barconi da Djerba e Zarzis e speriamo continui cosi'''.
Ci aspettiamo, ha concluso, ''una collaborazione piena dalla Tunisia. Noi ci impegneremo a portare sviluppo ma loro devono impegnarsi a bloccare quello che non e' flusso di sfollati, ma di persone che sono semplicemente clandestini''.



Qualche conto realistico sull'immigrazione, fUori dall'emergenza
il fOGLIO, 30-03-2011
Roberto Volpi
Roma. Sull'immigrazione ci rifiutiamo di pigliare dimestichezza con le cifre o, se ci proviamo, è per dire che in fondo, però, cosa volete che rappresentino un po' di milioni di immigrati al giorno d'oggi. A maggior ragione pensando ai milioni di emigrati italiani del tempo che fu e alla penuria di braccia e di giovani in una popolazione de-clinante qual è quella italiana. Tutto vero, tutto troppo approssimato. L'ltalia è uno dei grandi - se non "il" grande - paesi di immigrazione dei tempi che si preparano, e guardare a un tale fenomeno con superficialità e leggerezza, umanitarismo e volontarismo e niente del resto, è quantomeno sconsigliabile.
Ancora nel 2010 il saldo migratorio netto con l'estero è stato di 365 mila unità, grazie alle quali gli stranieri regolarmente residenti in Italia hanno raggiunto quota 4,6 milioni, pari al 7,5 per cento della popolazione complessiva. L'ltalia non cresce ma vola sulla strada deH'immigrazione come nessun altro paese al mondo. Al nord la proporzione è già oltre il 10 per cento. Tempo un altro anno o due, e le nascite da ma- dri straniere avranno superato quota venti per cento di tutte le nascite in Italia. Buona parte di questa immigrazione viene dall'Africa e presenta problemi in piü. Perché è in misura preponderante da quest'area che arrivano i clandestini - cosicché del milione stimato di non regolari nel nostro paese la grande maggioranza è africana. Perché è quasi tutta al maschile (mentre nel complesso si hanno ben 56 donne ogni 100 stranieri residenti) e dunque meno duttile nel mondo del lavoro, e a più alta propensione a delinquere. Perché è a forte maggioranza islamica e dunque con maggiori problemi di integrazione,
L'Africa non raggiungeva i 300 milioni di abitanti cinquant'anni fa, ne ha circa un miliardo oggi e arriverà a due miliardi nel 2050. Se qualcuno pensa che di fronte ai rivolgimenti geopolitici del nord Africa in queste ultime settimane sia possibile cavarsela con un po' di battute sull'Italia che non riesce a fronteggiare qualche migliaio d'immigrati, sbaglia. Da quelle terre oggi si fugge non tanto per la fame o per le guerre (credere che questo sia il fattore principale è uno dei classici errori in cui si incorre guardando il fenomeno migratorio esclusivamente da una angolazione umanitario- solidaristica), ma perché non si vede o s em- bra troppo lenta e lontana una transizione che porti liberté e diritti, benessere e consumi. Se non entrano in scena organicamente grandi attori, come l'Europa in quanto tale, e grandi programmi per aiutare economicamente e indirizzare in senso democrático la transizione, non ci sarà modo di uscirne. E l'Italia sarà messa alle strette ben più di quanto non lo sia già.
Anche le supposte virtù taumaturgiche deU'immigrazione vanno guardate un po' più a fondo. La popolazione italiana, nonostante la concessione della cittadinanza italiana riguardi tra i 50 e i 70 miía immigrati l'anno, non fa che diminuire (e invec- chiare) per effetto di un tasso di fecondità delle donne italiane che ha già esaurito la sua più che modesta ripresa per attestarsi a meno di 1,3 figli per donna. E questo mentre la stessa fecondità delle donne straniere scende a precipizio ed è oggi pari a 2,1 - dai 2,7 figli per donna di una decina di anni fa. Questo per dire, e bisognerà pur dirlo, che è un'illusione puntare pressoché tutte le carte sull'immigrazione per ridare spinta e vitalità alia popolazione dei nostro paese. L'immigrazione, anzi, può arrivare a esercitare un effetto perfino deprimente. Vedere al nord, terra d'immigrazione, dove il tasso di fecondità delle donne di cittadinanza italiana - nonostante un'occupazione femminile di livello europeo e servizi per l'infanzia al livello dei paesi più avanzati - ò tornato a 1,2 figli per donna: un livello da sparizione demografica.
 
 
 
L'angolo di Granzotto
La grande differenza che corre tra emigrati e clandestini
il Giornale, 30-03-2011
Caríssimo Granzotto, tutti ormai conosciamo la tragedia degli immigrati e le problematiche di Lampedusa. Io avrei molto piacere di conoscere il suo pensiero su quello che viene detto, purtroppo, da molti eminenti personaggi italiani, compreso il nostro emerito Presidente delia Repubblica, nel ricordarci che anche noi siamo stato un popolo di emigranti. Io che ho ormai ho... qualche anno ricordo quale era lo spirito delia nostr a emigrazione e non riesco a trovare somiglianze con quello che attualmente si verifica. Lei è in grado di placare il mio disappunto?
Carlo Mallegni
e-mail
Placare no, caro Mallegni. Mi verrebbe bene, però, esacerbarlo. Le manfrine terzo mondiste e multietniche, multicultu- rali, multireligiose eccetera pivottano su due assunti: L'emergenza umanitaria el'«anche noi, caro lei, siamo stati popolo di emigranti». Quest'ultimo assunto, il piü fesso dei due, non significa e non giustifica niente. E questo perché noi fummo emigranti. Questi sono clandestini. C'è dunque una bella differenza. Gli Stati Uniti, terra di emigrazione se ce n'è statauna, per dissuadere i clandestini a intrufolarsi illegittimamente sono arrivati a erigere, al confine con il Messico, un vallo lungo 3mila 143 chilometri. La Spagna dei compagno Zapatero va piü per le spicce: spara. La Francia di Sarkozy li blocca fisicamente - e rudemente - ai valichi alpini. Per tutti, meno che per noi, vale il principio: o in regola, o fuori. L'altro assunto è il trionfo dell'ipocrisia. I massimi fornitori, al mOmento, di clandestini sono nazioni che grazie alia piazza hanno guadagnato - cosi è stato stabilito dalle supreme istanze internazionali - libertà e democrazia. Le migliaia di tunisini e egiziani che si riversano a Lampedusa non fuggono una oppressiva dittatura, non un regime liberticida che vieta- massima delle infamie - di chattare su Facebook o Twitter. Macché. Manca dunque a loro lo status di rifugiati, che spetta a chi è fuggito o è stato espulso dal proprio Paese a cau¬sa di discriminazioni politiche, religiose o razziali. Punto. Mancando quello, viene a mancare la condizione umanitaria dell'accoglimento.Che potrebbe riaffacciarsi prepotentemente se L'esodo fosse provocato da una micidiale carestia o da una guerra guerreggiata con pioggia di bombe e raffiche di Kalashnikov, tali da mettere a repentaglio la sicurezza dei civili. Ma non è il nostro caso. Terza causa dell'esodo potrebbe essere che a migliaia e migliaia di nordafricani i quali fino a ieri e ancorché sotto il tallone del dispotismo non ne avevano awertito 1'esigen- za, s'è acceso il prepotente desiderio di andare a cercare fortuna all'estero. Aspirazione più che mai legittima e anche a elevato tenore civile, alla quale nessuno e noi per primi potrebbe opporre obiezioni. E che diamine, «anche noi, caro lei, siamo statipopolo di emigranti». Bene, lo facciano, allora. Facciano gli emi¬granti. Attenendosi alLe regole, alie di- sposizioni, alie leggi e alie opportunité che regolano il flusso migratorio. In caso contrario, dietrofront. Abbiamo una flotta più che attrezzata per far rispettare le nostre leggi. Se poi ai porti d'arrivo dovessero fare storie, non li volessero indietro, i clandestini, bé, basta imitare Sarkozy. Mica ha chiesto il permesso, il presidente francese, per usare la forza in Libia. Mica si fa mettere i piedi in testa, lui. Né dagli States, né dall'Onu e né dal coro pacifista e umanitarista. Va e bombarda. Non dico di arrivare a tanto, per carità. Sarebbe infatti sufficiente un approccio amuso duro per non farseli mettere, i piedi in testa (dove, attualmente, di riffa o di raffa ce li ritroviamo...).



Napolitano: le Regioni facciano la loro parte, la situazione di Lampedusa è inaccettabile
il Sole, 29-03-2011
Mario Platero

Nella foto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso della visita a Ellis Island (Ansa)Nella foto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso della visita a Ellis Island (Ansa)
NEW YORK - Giorgio Napolitano ha lanciato un appello alle regioni italiane perchè si assumano ciascuna le proprie responsabilità, accogliendo i nuovi immigrati da Lampedusa. E ha lanciato lo stesso appello all'Europa, perchè esprima, soprattutto per se stessa, maggiore solidarietà con questo nostro problema italiano: quello di essere la prima sponda per rifugiati politici, clandestini, disperati in fuga da una guerra o dalla fame che attraversano il Mediterraneo cercando la speranza europea. Il messaggio del presidente della Repubblica è chiaro, il problema dell'immigrazione non può essere limitato alle sponde che per casualità geografica si trovano sulle rotte di barconi carichi di immigrati illegali. Il problema è più vasto: «L'Italia, le singole regioni italiane, non possono dare uno spettacolo di incertezza e divisioni che purtroppo si rischia di dare. Non ci può essere una regione che accetta di accogliere una parte degli immigrati e un'altra regione che dice di no. Faccio appello allo spirito di coesione e solidarietà che non deve mancare in questo momento». Lo stesso messaggio vale per l'Europa, ci vogliono ha detto Napolitano «politiche univoche sia sull'immigrazione che sull'asilo politico… Speriamo in un progresso possibile nelle prossime settimane».
Dichiarazioni corredate da un forte significato simbolico e da una certa emozione. Il presidente parla da Ellis Island, un isolotto nel porto di New York, subito prima di Liberty Island, dove si vede la Statua della libertà. Napolitano è venuto a sua volta in barca su quest'isola in una giornata tanto fredda quanto tersa e luminosa per rendere omaggio ai 4 milioni di immigrati italiani che fra il 1892 e il 1952 dovettero transitare per questi palazzi, per questi cortili squadrati, come tappa prima di poter varcare i cancelli del sogno americano. Come loro altri 8 milioni di immigrati di altre nazioni sono passati per Ellis Island, dove oggi c'è il più importante museo sull'immigrazione d'America con un programma informatico che ricostruisce legami famigliari, provenienza, destinazioni di un secolo fa. E dunque i suoi commenti, quando rivolge il pensiero a Lampedusa e al problema dell'immigrazione illegale, non sono casuali. Il tono è fermo, l'appello a tutti, Governo incluso a fare qualcosa subito, perchè «La situazione a Lampedusa è inaccettabile… si deve intensificare, come già si sarebbe dovuto fare nei giorni scorsi, l'afflusso dei mezzi necessari per portare via gran parte delle persone sbarcate».
Proprio di questi problemi avevamo parlato qualche settimana fa con Demetrios Papademetriou, il cofondatore e presidente del Migration Policy Institute, un think tank a Washington dedicato alla prevenzione dei problemi migratori. La sua conclusione: «L'Europa è ferma. Non riesce a esprimere, come dovrebbe, un approccio coerente. E il pericolo aumenta visto che se la rivoluzione democratica nel mondo arabo allargherà il suo contagio, la situazione non potrà che peggiorare». Il pericolo più grave? Quello di un esodo massiccio, non di migliaia ma di centiania di migliaia di persone. Per questo il messaggio di Napolitano sale da Lampedusa alle regioni e all'Europa. Guai a perdere tempo. Napolitano ha anche concesso un'intervsita a Maria Bartiromo della Cnbc. Ne ha approfittato per rassicurare un pubblico di esperti: l'Italia dal punto di vista della crisi debitoria è al sicuro. Infine di nuovo un messaggio a Gheddafi: «Il Colonnello è deligittimato». Prima se andrà meglio sarà per tutti: si potrà ricominciare a costruire più in fretta la nuova Libia.



Bossi: "Immigrati föra da i ball" Berlusconi arriva sull'isola
Il Senatur ribadisce, ma in vernacolo, che i migranti devono essere rimpatriati. E insiste: no a profughi e clandestini all'ombra delle Alpi, "troppi chilometri". Lombardo: "Si vergogni". Bersani: "Se è così, il governo faccia da solo". Il capo dello Stato dagli Usa: "Problema anche europeo". Maroni conferma l'invio di sei navi, in allestimetno centri d'accoglienza
la Repubblica, 29-03-2011
ROMA - Ribadisce i concetti già espressi più volte - e ieri per l'ennesima volta dal ministro dell'Interno Roberto Maroni. Ma lo fa alla sua maniera. "Immigrati? Föra da i ball", dice Umberto Bossi parlando della crisi a Lampedusa, ovvero i clandestini vanno rimpatriati, l'Europa deve condividere il peso dell'emergenza con l'Italia, le partenze vanno bloccate all'origine. Parole che fanno infuriare il governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, mentre dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano arriva un nuovo appello: le Regioni aiutino l'isola. Dove domani è atteso il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ha convocato a Palazzo Grazioli i ministri competenti per discutere dell'emergenza. Maroni conferma l'arrivo di sei navi per il trasferimento dei clandestini e dice: "La situazione si risolverà". Il Viminale sta allestendo centri di accoglienza, in attesa di rimandare a casa i cittadini tunisini, in base all'accordo firmato con Tunisi.
"Föra da i ball". Bossi si discosta dal linguaggio pacato e istituzionale del "suo" ministro Maroni e riassume il tutto con una delle espressioni in "lumbard" con cui da sempre sa come accendere l'animo del popolo padano. "Föra da i ball", dice parlando degli immigrati con i cronisti a Montecitorio che
gli chiedono quale possa essere la soluzione all'emergenza. Motto preceduto da un fischio e da un chiaro gesto della mano, come a dire "bisogna di mandarli via". Vernacolo a parte, per il Senatùr gli immigrati è meglio "prenderli dall'isola e rimandarli a casa loro". La strada è quella degli accordi con i paesi del Mediterraneo per il rimpatrio, a partire dalla Tunisia, dove Maroni è volato la settimana scorsa ma da cui non arrivano segnali di una inversione di tendenza, tanto che ieri il ministro dell'Interno ha aperto anche alla possibilità del rimpatrio forzato. "Troveremo una soluzione se troviamo qualcuno con cui parlare - commenta oggi Bossi - in Tunisia hanno appena cambiato il ministro degli Interni".
"Meglio tenerli a casa loro". Quanto alla possibilità che gli immigrati e i profughi siano ospitati anche nelle regioni del Nord, l'analisi del leader della Lega è "meglio tenerli vicini a casa loro (in Sicilia e, in generale, a Sud, ndr). Per portarli sulle Alpi devi fare migliaia di chilometri...". E comunque "nessuna Regione è contenta di prendersi gli immigrati. La prima cosa da fare è portarli a casa loro. Ma queste sono cose che Maroni conosce a menadito". Bossi, infine, rinnova l'appello all'Unione europea: "Deve intervenire presto".
Lombardo: "Si vergogni". Le parole di Bossi fanno infuriare il governatore siciliano. "Si vergogni per quello che ha detto, se se avesse visto qual è la situazione si dovrebbe vergognare ancora di più". Replica immediata anche dal Pd. "Se il governo dice föra da i ball, faccia da solo" dichiara il segretario Pier Luigi Bersani, che poi evidenzia una divergenza di vedute nell'esecutivo: "Maroni dice alle Regioni: prendeteli. Bossi dice föra da i ball, adesso si mettano d'accordo. Noi siamo disponibili per un'operazione organizzata e seria a condizione che il governo dica una parola chiara al Paese. Il piede in due scarpe non lo può tenere".
Maroni: "Da domani la situazione si risolverà". Il titolare del Viminale conferma l'arrivo, domani a Lampedusa, di sei navi, per un totale di diecimila posti, per il trasferimento dei clandestini. Spiega che saranno rimpatriati i tunisini, perché sono "clandestini, non profughi", mentre non saranno rimpatriati i profughi - ad esempio - libici, somali, eritrei. Gli immigrati tunisini verranno trasferiti nei vari centri allestiti sul territorio nazionale in attesa di essere rimpatriati come previsto dall'accordo Italia-Tunisia. Quanto al contributo dell'Europa, "è zero virgola..." dice il ministro dell'Interno, "nell'emergenza di questi giorni va tutto a spese dell'Italia, gli altri paese dicono: 'cara Italia il problema è tuo, ti arrangi". E aggiunge: il presidente del Consiglio annuncerà per i lampedusani "misure risarcitorie e compensative".
L'appello di Napolitano. Se Bossi chiude agli immigrati al Nord, dagli Usa giunge invece l'appello che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, rivolge a tutte le Regioni d'Italia. "Accolgano parte degli immigrati sbarcati nei giorni scorsi sull'isola in nome di un spirito di coesione e solidarieta", afferma il capo dello Stato in un'intervista rilasciata alla CMBC, in cui definisce "inaccettabile" la situazione a Lampedusa. Il problema, precisa, "non è solamente nostro, ma dell'intera Europa", per questo "abbiamo bisogno di politiche univoche sia sull'immigrazione che sull'asilo politico, e speriamo che tutto ciò sia possibile nelle prossime settimane". "Fino a due giorni fa - racconta ancora Napolitano - una delegazione del governo italiano era in missione in Tunisia. Ed è stato raggiunto un accordo che sarà sottoposto al Consiglio dei Ministri del governo italiano per aiutare la Tunisia e risolvere i suoi problemi economici e darle assistenza allo scopo di gestire le partenze verso la Sicilia di immigrati che non hanno titolo per entrare in Italia".
Schifani preme sulla Ue. "La logica che vorrebbe delegare solo a chi è in prima linea, come l'Italia, la gestione della questione dell'immigrazione dall'Africa, non è condivisibile e non è accettabile" afferma il presidente del Senato chiedendo all'Europa di fare la sua parte e "non limitarsi ad assistere all'emergenza". La questione dell'immigrazione, la questione di Lampedusa, "appartiene all'intera Europa", ma l'isola va anche "restituita ai lampedusani" aggiunge Schifani. "Il Paese tutto e unito sta cercando di dare risposte efficaci e solidali. Non sono consentiti egoismi e rivendicazioni di parte. Così come le nostre Regioni hanno già dato la loro disponibilità, anche l'Europa deve muoversi senza incertezze e senza ritardi. Deve essere protagonista insieme agli Stati nazionali, di un piano organico in grado di guardare lontano".



MA I SINDACI ROSSI AMANO I CLANDESTINI SOLO DA LONTANO
Libero, 30-03-2011
MAURIZIO BELPIETRO
Poteva mancare l'alto richiamo dei presidente dela Repubblica a proposito dei continui sbarchi di immigrati? Ovvio che no. E dunque anche Giorgio Napolitano si è voluto distrarre, impegnato com'è a bocciare le leggi dei Cava-liere, dicendo la sua sul tema. Le parole sono state forti e chiare. Per il capo dello stato è inaccettabile ciò che sta accadendo, per questo si è appellato al buon cuore delle Regioni afSnché aiutino la Sicilia e si becchino pure loro un po' degli immigrati giunti a Lampedusa, dimostrando spirito di coesione e solidarietà.
Sicché da Livorno, Pisa, Reggio Emilia e Rimini - luoghi amministrati dal centrosinistra - hanno subito risposto con entusiasmo all'appello e alla sola idea che qualche gruppo di clandestini fosse sistemato dalle loro parti, i sindaci hanno minacciato barricate. Naturalmente non per difidenza nei confronti di tunisini, libici ed egiziani. No, anzi, i primi Cittadini delle località indicate, essendo progressiste hanno moti di fratellanza nei confronti dei nordafricani in genere. (...)
(...) Pero ritengono che da loro non ci sarebbero le condizioni ideali per ospitare persone bisognose di aiuto. Dunque, per puro spirito di assistenza, suggeriscono di accoglierli altrove. Non speciiicano bene dove, ma è importante che la località prescelta sia il più possibile lontano dallaloro.
Come già avevamo avuto modo di segnalare, la sinistra è straordinariamente abile in questo doppio gioco. Da un lato predica buoni sentimenti nei confronti di chiunque bussi alle nostre frontiere, commuovendosi di fronte a ogni clande-stino e accusando il governo di essere insensibile alle sofferenze di chi attraversa il mare su un barcone in cerca di fortuna. Dall'altro però nessuno dei suoi amministratori ne vuole sapere di accogliere quelle stesse persone per cui essa si batte in nome dell'accoglienza e della tolleranza. Facile dimostrarsi generosi a parole, ma una volta assistiti, rifocillati e rivestiti, di questi disperati che ne facciamo? Come li sistemiamo tutti quei giovani che cercano lavoro e una vita migliore,
magari in Francia o nei resto d'Europa e
che la Francia e l'Europa non vogliono e respingono alle nostre frontiere? Dove li facciamo dormire quei ragazzi che, bloc- cati a Ventimiglia, appena prima di arrivare in Costa Azzurra, bivaccano nei giardini pubblici? Certo, ci si sente piü buoni se si fa il samaritano anziché il gendarme, ma poi? Dopo aver pianto lacrime per la nascita di un bambino su una vecchia carretta del mare, come Concita De Gregorio, che si fa? Bisogna accogliere chi ha diritto di essere accolto e respingere chi non ne ha titolo, replica saccente la direttora deli' Unità dopo essersi commossa. Già. E secondo voi sei- mila disperati che hanno pagato una fortuna e rischiato la vita pur di arrivare in Italia si fanno docilmente tradurre su una nave per essere riaccompagnati in Tunisia? Se scoppia una rivolta, o anche un parapiglia generale dove volano cazzotti e manganellate, vi immaginate che tragedia ne farebbero i giornali cari alia sinistra e per quanto andrebbero avanti a parlare di deportazione e di metodi nazisti?
II doppio gioco progressista è dimostrato anche dalle reazioni al foeura di bali di Bossi, traduzione lombarda e un po' colorita di ciò che Concita suggerisce
dicendo che chi non ha titolo deve essere respinto. Ma avendolo il capo della Lega detto chiaro e non con il nasino all'insü di Concita, súbito sono partite le proteste. Un'anima Candida come la presidentessa dei senatori Pd, Anna Finocchiaro, ha reagito dicendo che quelle di Umberto non sono dichiarazioni degne di un ministro e nascondono solo l'incapacità dei governo di gestire l'emergenza. Evitando di specificare che l'emergenza non ci sarebbe se le Regioni rosse non rifiutassero sul loro territorio i centri di accoglienza. Tutti bravi a fare i generosi con i centri degli altri.
mai
Comunque, io un'idea per risolvere il problema l'avrei. Visto che il capo dello Stato invita alia coesione e alia solidarietà, i clandestini mandiamoli al Quirinale. Non solo perche in fondo sarebbe un segno di unità nazionale e di grande altruismo. Ma in quanto - come spiega il nostro Franco Bechis a pagina 6 - fu Napolitano quattordici anni fa a firmare l'accordo con la Francia grazie al quale Sarkozy ferma i tunisini a Ventimiglia e ce li rimanda indietro. E poi, in fondo, sul Colle di spazio ce n'è tanto. E ci sono anche i giardini.



Scarica barili e confusione, governo in tilt sui profughi
Liberazione 29 marzo 2011
Stefano Galieni
“Li rimpatriamo, anzi no li sistemiamo temporaneamente in altre due aree militari dismesse entro mercoledì” Il ministro Maroni non sembra assolutamente in grado di gestire una situazione complessa ma affrontabile senza ricorrere a soluzioni estreme.
 Venerdì scorso il colloqui con le autorità tunisine non sembra aver prodotto l’effetto voluto, dai porti del Paese, anche se con intensità leggermente minore, si continua a partire, destinazione obbligata Lampedusa o al massimo la ancor più piccola Linosa. Volutamente non si accompagnano le imbarcazioni nei porti della Sicilia meridionale, si preferisce prefigurare tragitti spola dalle Pelagie ai luoghi di accoglienza e di trattenimento. Ora a fuggire non sono più solo i tunisini, sono arrivate già domenica le prime imbarcazioni provenienti da Bengasi e da Misurata, a bordo soprattutto somali ed eritrei, molte le donne e i bambini. Sono quelli rimasti fra tre fuochi, quello dei rivoluzionari, che li scambiano per mercenari, quello dei governativi che se ne vogliono liberare e in più i missili che piovono dal cielo e che non  distinguono. Arrivano sfiniti dal viaggio, molte donne raccontano di aver subito violenza in Libia, da datori di lavoro o da poliziotti, numerose sono in avanzato stato di gravidanza, per una che è riuscita a partorire in mare chiamando il figlio “Dono di dio”, altre non ce l’hanno fatta. E arrivano anche notizie ancora non verificabili di una nave di cui si sarebbe persa ogni traccia da giorni, a bordo si dice almeno 150 persone.  Circa 540 di coloro che sono giunti dalla Libia, prevalentemente a Linosa, sono già stati trasferiti a Mineo, nei pressi di Catania, durante la notte fra domenica e lunedì. Un viaggio infernale, prima il trasferimento a Porto Empedocle poi in pulman senza mangiare, bere  né potersi togliere i vestiti bagnati, solo per alcuni, in evidente stato di spossatezza si sono aperte le porte di una struttura sanitaria ad Agrigento. Gli operatori di “Borderline Sicilia” hanno seguiti nella notte tutta la trafila senza poter intervenire.  La struttura di Mineo è tarata per 2000 persone, ne porta già 2500. Alla fine di una controversia che ha portato una parte della popolazione dei paesi del Calatino a manifestare domenica, Maroni ha firmato un patto di sicurezza che definisce finalmente in maniera chiara lo status giuridico del centro. Sarà un CARA, (accoglienza centro per richiedenti asilo), si dovrebbe insediare a breve una commissione per verificare le richieste e verificarne la fondatezza. Dei 420 cittadini tunisini presenti ieri a Mineo, in 408 hanno fatto richiesta di asilo, difficilmente la potranno ottenere dati i rapporti fra i due governi. Maroni sembra ignorare  la possibilità di ricorrere all’articolo 20 del Testo Unico sull’immigrazione che permette la protezione temporanea per chi proviene da zone ad altro rischio – la stessa norma che venne applicata per i profughi del Kosovo – e minaccia apertamente il governo tunisino.:«O controllano le coste e si riprendono con velocità quelli che sono fuggiti o li rimandiamo direttamente noi, con navi civili e con un rimpatrio coatto e collettivo». Saltano anche le direttive europee che del resto l’Italia non ha ancora ratificato. Il ministro è riuscito a scontrarsi con il presidente della Regione Sicilia, in uno scaricabarile di responsabilità e non riesce a utilizzare la disponibilità dell’Anci, (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) che potrebbe mettere in moto in maniera duratura il sistema di asilo. Ma non è solo a Mineo il problema: a Manduria, paese in provincia di Taranto, una zona militare è stata adibita a tendopoli:«Si tratta di una spianata – racconta Gianluca Nigro, di Finis Terrae – che per ora è occupata solo per un quarto da tende». Dovevano restarci soltanto 700 persone ma sono già più del doppio e sembra si stiano facendo i lavori per portare a 5000 posti la capienza della tendopoli. Secondo il sottosegretario Alfredo Mantovano, intervenuto per calmare l’amministrazione locale, “Si tratta di una estensione (?) di Lampedusa” e la permanenza in quel posto che non può diventare un Cie è soltanto temporanea. A pretendere invece di sapere lo status giuridico della tendopoli sono oltre a Finis Terrae, il Prc, la Cgil e la stessa amministrazione regionale. Nichi Vendola ha per l’ennesima volta chiesto che ai tunisini venga accordato un permesso temporaneo, non ricevendo risposta. «La situazione nella tendopoli, gestita dal consorzio Connecting People, per ora è calma – continua Nigro – il problema è fuori fra la gente di Manduria, di Aria e di Francavilla Fontana. Nonostante un immenso dispiegamento di forze, dai vigili del fuoco alla guardia di finanza ai carabinieri alla polizia, almeno in 150 sono già fuggiti scavalcando la recinzione di 2 metri. Quanto basta per scatenare la caccia all’uomo e la paura. Qui si è innescata una vera e propria bomba ad orologeria». Alcuni comitati cittadini hanno messo in piedi vere e proprie ronde per riprendere i fuggitivi. Maroni e La Russa hanno garantito che , anche se gli enti locali non collaboreranno, entro stanotte saranno pronti gli insediamenti militari per svuotare , forse, Lampedusa. Dove saranno questi posti e che funzione svolgeranno non è dato saperlo, serviranno per rimpatriare o per assistere e selezionare chi può ottenere protezione? Sta di fatto che in Puglia ci sono ancora posti nei Cara, che molti fra coloro che sono a Manduria abbiano già fatto richiesta di asilo ma che nessuno ancora abbia ottenuto il trasferimento.



CONSIGLIO EPISCOPALE PERMANENTE
La Cei: riconoscere gli immigrati come cittadini, con diritti e doveri
Avvenire, 29-03-2011
Il riconoscimento degli immigrati come "cittadini", portatori "di diritti e di doveri", è un traguardo che non può essere "ulteriormente dilazionato". Lo sostengono i vescovi italiani riuniti a Roma nel Consiglio Episcopale Permanente, che oggi hanno dedicato la loro giornata di lavori alla discussione sui temi proposti dalla prolusioni di ieri del cardinale presidente Angelo Bagnasco.
"Sulla delicata questione dell'immigrazione, la pace e l'accoglienza risultano strettamente collegate - si legge in una nota diffusa da monsignor Domenico Pompili -: ci si apre all'una, solo se si è aperti anche all'altra. La necessità di una nuova stagione di inclusione sociale che porti al riconoscimento degli immigrati come cittadini, soggetti di diritti e di doveri, è un obiettivo che non potrà essere ulteriormente dilazionato".
Della prolusione di Bagnasco, nei molti interventi di oggi è stato apprezzato l'approccio generale e, in particolare, la trattazione di alcuni temi come lo specifico contributo della Chiesa al nostro Paese e "la richiesta di abbandono delle armi con l'avvio di una soluzione diplomatica per la questione libica".
Da molti vescovi è stata valorizzata l'immagine delle parrocchie "come palestre dello Spirito", dove  "avvengono miracoli perché si cerca il Signore". L'attività pastorale, dunque, non è "una distesa polverosa di fatti burocratici che si ripetono", ma "una serie provvidenziale di eventi che aiutano le persone ad uscire dall'individualismo", ripartendo dalla realtà. Per far questo - è stato sottolineato - si richiede anche uno sforzo di pensiero che tragga spunto dalla rivelazione cristiana. "Solo un discernimento attento che faccia perno sulle categorie cristiane di fondo evita di andare a rimorchio dei luoghi comuni o dei pregiudizi più diffusi, facendosi interpreti di un giudizio originale e controcorrente", spiega mons. Pompili.
Così, ad esempio, "il problema demografico è un segno dell'erosione antropologica che dovrà mettere in conto non solo politiche familiari più attente, ma anche una cultura della vita più diffusa".
Secondo i vescovi, inoltre, il decennio appena avviato sarà l'occasione non tanto per riflessioni accademiche sull'educare quanto piuttosto per concrete esperienze educative "che sappiano valorizzare l'ordinarietà della vita ecclesiale per una rinnovata stagione di evangelizzazione".



Banane in campo
Mauro Valeri
Considerare una frutta razzista è ridicolo. Ma a volte il razzismo impone riflessioni anche su questo tema. Da diversi anni i razzisti, specie quelli che frequentano gli stadi di calcio, si divertono a insultare le persone con la pelle scura, lanciandogli - o più mellifluamente offrendogli - una banana.
Un modo “scherzoso” per dirgli che non sono esseri umani ma scimmie. E’ accaduto anche pochi giorni fa nella partita Scozia-Brasile, giocata all’Emirates Stadium di Londra. Il nuovo talento carioca, Neymar, mentre usciva dal campo, è stato fatto bersaglio di alcune banane lanciate, presumibilmente, dai tifosi scozzesi. Un analogo episodio era accaduto una settimana fa anche in Russia, dove un tifoso dello Zenit San Pietroburgo, aveva “offerto” una banana, volutamente sbucciata per metà, al brasiliano Roberto Carlos, che milita nell’Anzhi Makhachkala, sempre del campionato russo. Non è la prima volta che i tifosi dello Zenit si “divertono” in questo modo. Lo avevano già fatto nell’incontro di Coppa Uefa del 12 marzo 2008 contro i giocatori neri dell’Olympique di Marsiglia. Altre testimonianze, confermano che quella del lancio della banana in campo è una pratica piuttosto diffusa soprattutto negli stadi dell’Europa dell’Est, a volte anche per “incoraggiare” un proprio giocatore (in questo caso, al lancio della banana fa seguito un “Forza scimmia!”). C’è stato anche chi si è ribellato. Nel 2007 fece invece un certo clamore il caso del congolese Zola Matumona, che giocava in Belgio con una squadra di Brussels. Per aver sbagliato un rigore, il presidente del club si era sentito in diritto di dire: “Dovrebbe giocare meglio invece che pensare ad alberi e banane”. Per tutta risposta il calciatore congolese aveva rescisso il contratto. Non solo. Anche la KIA, principale sponsor della squadra, aveva deciso di rescinderlo. A volte le banane sono state sostituite dalle noccioline, altro alimento caro alle scimmie. E’ capitato anche al camerunese Samuel Eto’o, che bel febbraio 2006, quando indossava la maglia del Barcellona, venne bersagliato dai tifosi del Real Saragozza con il lancio, appunto di noccioline, ogni qual volta toccava il pallone. E’ in quella occasione che, anche per altri insulti, Eto’o aveva deciso di abbandonare clamorosamente il campo di calcio (ma non lo fece solo per l’intervento dei suoi compagni di squadra).
Anche in Italia non sono mancati episodi simili. Nel 2009 tifosi romanisti hanno lanciato banane contro Mario Balotelli, mentre beveva qualcosa in un bar romano, durante il ritiro con la Nazionale Under 18. Nel 2008 il senegalese Cheikh Beacaye Cissé, in forza all’Atletico Erba, è stato insultato con un “Torna in Africa a mangiare le banane” da un calciatore del Novedrate. A dimostrazione di un altro uso della banana ci ha pensato un anonimo tifoso italiano che, nella partita Italia-Ghana dei Mondiali 2006, pensando di essere spiritoso, si era presentato sugli spalti dello stadio di Hannover indossando il costume di un enorme banana di gomma, come quella che si vede nelle pubblicità. Era stato fermato e costretto a togliersi quel costume così poco “politicamente corretto”. D’altra parte, secondo diversi annali, forse il primo episodio che vede coinvolte le banane in uno stadio italiano sarebbe avvenuto nel campionato di serie A nei primi anni Ottanta, quando, a Verona, il peruviano Julio Cesar Uribe, detto “il diamante nero” e in forza al Cagliari, era stato accolto dalla tifoseria locale con un lancio di banane.
Ritenendo ridicolo vietare banane e noccioline allo stadio, ma preoccupati che qualche giornalista sportivo affermi che la banana starebbe ad indicare il tipo di piede del calciatore insultato (il famoso “piede a banana”), è importante continuare ad indignarsi, a denunciare e a continuare a riflettere sulla stupidità umana.
 29 marzo 2011

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