Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

La pelle come una colpa Italia leader per violenze contro gli immigrati

 

FLORE MURARD-YOVANOVITCH
Secondo l’organizzazione non governativa European Network Against Racism (Enar), l’Italia nel 2009/10 è il secondo Paese d’Europa per il tasso di incidenza di maltrattamenti, aggressioni e violenze a sfondo razziale. Principali vittime, i cittadini di origine africana, i rom e sinti. L’“EnarShadow Report”, presentato nei giorni scorsi al Parlamento europeo, si basa sui dati non ufficiali che vengono forniti da studi e ricerche realizzati da associazioni e Ong che si dedicano alla lotta contro le discriminazioni. 
Questo rapporto continua ad essere la maggiore fonte di informazione per descrivere la violenza razzista in Europa
e colmare la scarsità dei dati per assenza di denunce, procedimenti giudiziari e condanne relative ad atti di discriminazione razziale: che non è prova di scarsa diffusione del razzismo, ma nasce anche dalla disinformazione delle vittime, dalla inconsapevolezza e difficoltà di accesso al sistema giudiziario.
Interessante notare che sul caso italiano, il rapporto dedichi pagine intere alla politica, sottolineando che il generale «clima anti-migranti» non è dissociabile dalla violenta «retorica xenofoba» delle massime cariche dello Stato, del potere della Lega nel Nord e della legge 94 che ha fatto della migrazione irregolare un «crimine», senza contare le altre norme che discriminano i migranti nell’accesso all’alloggio, servizi sanitari, ricongiungimento familiare e cittadinanza. Nell'Italia di Rosarno, cioè, le discriminazioni basate sull’appartenenza a un certo gruppo etnico, hanno in primis una matrice politica, quando non sono  direttamente «motivate» dalla stessa legge. Secondo il rapporto, «il “pacchetto sicurezza” ha reso i sindaci leghisti del Nord maggiormente indipendenti nell'approvare provvedimenti locali discriminatori verso i migranti in tutti campi della vita sociale». Inoltre, le operazioni di controllo dell’immigrazione irregolare stanno diventando un terreno fertile per comportamenti discrezionali finanche abusivi da parte delle forze di polizia. Definirepersone «sospette», e quindi passabili di un controllo, in base alla loro razza, tecnicamente si chiama «ethnic/racial profiling». Anche se ancora poco studiati in Italia, secondo il rapporto speciale dell'Enar dedicato all'Ethnic profiling nel nostro Paese, i casi di discriminazione in operazioni di polizia, nel 2009-10 hanno raggiunto livelli molto gravi.
Due i casi eclatanti che hanno avuto un'ampia eco nei media: il corpo speciale della polizia municipale di Milano che, dal settembre 2009, effettua controlli massicci solo per i non-italiani a bordo degli autobus, con chiusura  dei  senza - documenti  in «bus-prigioni» con tanto di grate; l’operazione “Natale Bianco” di Coccaglio, con i suoi raid notturni in 400 case di stranieri allo scopo di verificare i loro permessi di soggiorno e, entro il 25 dicembre, di «ripulire la città» (parole del sindaco). Tuttavia, entrambi gli episodi sono solo la punta dell’iceberg di quotidiani abusi a sfondo razziale in operazioni di polizia. Per fare qualche altro esempio, nelle città del Nordest, in Lombardia e Veneto, vari sindaci hanno approvato una norma locale sui requisiti «igienico-sanitari», dedicata esclusivamente alle abitazioni degli stranieri. A Montecchio maggiore, la polizia municipale ha fatto irruzione in 20 abitazioni di migranti, al fine di snidare eventuali ospiti connazionali non dichiarati. Ripetuti controlli di identificazione sono la realtà quotidiana per quelli dai «volti scuri», per strada e sui mezzi di trasporto. Vere e proprio retate sono avvenute sulla linea ferroviaria Pisa-Follonica, con blocco del treno e arresti selettivi dei soli venditori senegalesi. Operazione con uso sproporzionato della forza che, secondo l’Arci Toscana, oltre a maltrattare migranti, radica nella popolazione autoctona una loro immagine negativa. A Verona, ispezioni aggressive in kebab shops e call center sono state effettuate da tutti i corpi delle forze dell'ordine, più volte a settimana, causando danni economici ai proprietari. Al contrario, quando si tratta di intervenire in difesa o in favore di migranti, capita che la polizia  retroceda. Nel 2009, l’associazione di migranti del Sudest asiatico “Dhuumcatu” di Roma ha denunciato i carabinieri che, nonostante fossero sul posto, non sono intervenuti per fermare l’aggressione a un bengalese, perché «clandestino»! Per non menzionare i trattamenti riservati ai cittadini di origine rom o sinti nei campi, soggetti a sgomberi forzati, distruzioni di proprietà, espulsioni illegali, violenze e pressioni psicologiche. Dal rapporto dell'Enar emerge che in tutti i luoghi della vita pubblica, i migranti sono soggetti a violenti controlli selettivi di identità, in violazione dei diritti della persona. Quanto alla percezione negativa che i cittadini stranieri che vivono stabilmente in Italia hanno dei trattamenti subiti dai tutori della legge, il sondaggio dell’Eu Midis (European Union Minorities and Discrimination Survey) rivela che siamo ai primi posti in Europa. Per il 67% degli albanesi, il 45% dei rumeni e il 55% dei nordafricani, l’ultima volta che sono stati fermati dalla polizia era a causa della loro etnia. Ma, per queste vittime, cercare giustizia per gli abusi delle autorità può rivelarsi impresa ardua: per inconsapevolezza, difficoltà di accesso al sistema giudiziario, per paura di rappresaglie; inoltre in un contesto dove la violazione del codice di condotta da parte delle forze dell’ordine, anche nel caso di cittadini italiani, viene spesso insabbiata e raramente punita. L’Italia, malgrado i numerosi richiami internazionali, è l’unico Paese dove non si registrano prese di posizione politiche e tantomeno legislative volte a inserire questi episodi di ethnic profiling all’interno di un quadro normativo in grado di punirli.
 
l'Unità 26 aprile 2011
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