Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

8 marzo 2010

Un capannone per pregare, viaggio nell'Islam toscano
In Toscana sono almeno una dozzina i centri islamici, per oltre 4mila fedeli. In alcuni casi le aperture hanno provocato polemiche politiche e proteste come sta accadendo a Grosseto. Anche a Cecina, dove il centro è stato aperto in un capannone, non sono mancate contestazioni. Intanto la Coop inizia a vendere carne halal, cioé ricavata da animali uccisi in modo rituale
Elidabetta Arrighi
CECINA. Si varca un portoncino verde e si sale una scala in ferro fino al primo piano del capannone industriale alla periferia di Cecina: si entra in un open space arredato con tende e tappeti orientali che ricoprono tutto il pavimento. E’ un Centro culturale islamico adibito anche a luogo di preghiera.

In Toscana sono almeno una dozzina, per oltre 4mila fedeli, i Centri sparsi nelle province di Massa Carrara, Siena, Firenze, Pisa, Livorno, Prato, Grosseto. In alcuni casi le aperture hanno provocato polemiche politiche e proteste. Anche a Cecina, dove il Centro è stato aperto in agosto e dove ancora non è tutto a posto dal punto di vista burocratico, c’è stata polemica: il centrodestra si è rivolto al sindaco Stefano Benedetti chiedendo chiarimenti, a partire dalla destinazione d’uso dell’immobile. «Il proprietario si è rivolto ad un geometra che ha in mano le carte per fare in Comune il cambio di destinazione: è questione di qualche settimana» spiega Hassan Filahi, 49 anni, presidente del Centro Cecina-Casablanca, sposato con tre figli, in Italia dall’  83, ex venditore ambulante oggi impiegato in una ditta di rottamazioni, abitante a Riparbella.

Nel grande open space - 145 metri quadrati e 850 euro di affitto mensile (si autotassano i fedeli, una quarantina di persone) - ci sono lungo la parete orientata evrso la Mecca una poltrona posizionata su un doppio scalino, un leggìo, una libreria con una ventina di copie del Corano, un quadro in metallo con incise le parole del Profeta e un altro con la scritta Allah. In cima alle scale è ricavato uno spazio destinato alle donne e dove, la domenica mattina, si possono seguire due ore di insegnamento dell’a rabo, la lingua che i figli degli immigrati conoscono poco anche se si parla in famiglia, perchè per chi è nato in Toscana e frequenta le scuole pubbliche la lingua corrente è diventata l’italiano. «Le lezioni sono aperte a tutti - sottolinea Slimani Asdellatif, 42 anni, marocchino, sposato con tre figli, residente a Cecina, corriere Tnt - Se vengono gli italiani, sono i benvenuti».


Venerdì scorso, dopo la preghiera con l’imam - «un ragazzo istruito che lo fa volontariamente» - il gruppo ha mangiato il cous cous: semola naturalmente, più carne di manzo e verdure cucinate secondo la ricetta marocchina.

«Volevamo avere un luogo dove salutare i nostri morti prima di riportarli in Marocco - racconta Hassan - eravamo sempre costretti a rivolgerci all’Arci. Abbiamo cominciato a pensare ad un Centro culturale, un luogo di ritrovo e anche di preghiera».
«In certe situazioni - prosegue Slimani - il ritrovo dei marocchini era diventato davanti la mia casa, con il rischio di dare noia ai vicini».

Sono una quarantina gli immigrati di religione musulmana che frequentano il Centro: arrivano da Cecina, Rosignano, Vada, Donoratico, Riparbella e altri paesi limitrofi. «Noi preghiamo cinque volte al giorno - raccontano - e una volta alla settimana, il venerdì, lo facciamo al Centro. Perchè la preghiera del venerdì è più complessa e l’imam ci spinge ad essere migliori».

Giovani e meno giovani, «credo abbastanza bene integrati» sottolinea Slimani. «Intolleranza? C’è gente brava e altra che lo è di meno, accade in Italia come in Marocco. Ma grossi problemi non li ho mai avuti». Anche se la diffidenza di molti italiani, al Centro, viene percepita: «Ma qui siamo tutte brave persone. Vogliamo solo pregare e ritrovarci per non perdere le nostre radici».
(07 marzo 2010) Il Tirreno

II padre lavora a Trento: «È una questione delicata»
CORRIERE DELLA SERA, 08-03-2010
Falsi permessi ai clandestini Arrestato il figlio di un questore
Avvocato a Reggio Emilia. Coinvolto anche un ex vigile urbano
REGGIO EMILIA— Suo pa-dre, questore a Trento, non si sottrae, ma chiede tempo: «È una questione delicata — è l'unica comunicazione che tra¬pela dai vertici della questura —: stiamo ancora cercando di capire i contorni dell'inchie¬sta, magari più avanti avremo qualcosa da dire...». Lui, il fi¬glio, giovane avvocato con aspirazioni politiche (si è candidato alle ultime amministra¬tive per una lista civica), è ir-raggiungibile: è agli arresti do¬miciliari nella sua abitazione alle porte di Reggio Emilia, coinvolto in una maxi inchie¬sta della Procura di Brescia su un presunto giro di permessi di soggiorno falsi ad extraco-munitari.
Giuseppe Caldarola, 31 an-

ni, figlio di Angelo, attualmen¬te questore a Trento, dopo es¬sere stato vice a Piacenza e a Brescia, oltre che comandan¬te della polizia stradale a Reg¬gio Emilia, sarà interrogato oggi dai giudici.
Ancora piuttosto generici, stando almeno a quel poco trapelato, i contorni dell'inda¬gine condotta dalla squadra mobile bresciana. Si sa che, as¬sieme a Caldarola, molto co¬nosciuto a Reggio Emilia, è coinvolto nell'inchiesta an¬che un ex vigile urbano, pure lui della città emiliana, al qua¬le è stato notificato l'obbligo della firma. Il lavoro degli in¬vestigatori avrebbe preso ori¬gine mesi fa dall'attività a dir poco sospetta di un gruppo di pachistani, specializzati nel traffico di permessi di sog¬giorno.

Una compravendita piutto¬sto intensa che avrebbe coin¬ciso temporalmente con il de-creto sui flussi del 2007 e che, stando a quanto filtra dagli ambienti investigativi brescia¬ni, avrebbe portato alla luce anomalie relative a numerose pratiche di regolarizzazione.
Non è ancora chiaro quale sia la portata degli addebiti ri¬volti al giovane avvocato. Si sa che buona parte dell'attivi¬tà professionale di Caldarola era orientata nel settore del-l'immigrazione, in particolare nella tutela degli extracomuni-tari. «Lo si vedeva spesso in questura per sbrigare prati¬che e ottenere documentazio-ne...» raccontano i colleghi. E proprio in questura, a Reggio Emilia, gli è stato notificato sabato il provvedimento di ar¬resti domiciliari deciso dal

gip di Brescia su richiesta del¬la Procura. L'ipotesi più pro¬babile, ma non c'è ancora al¬cuna ufficialità, è che nei con¬fronti del giovane professioni¬sta reggiano sia stata formula¬ta l'accusa di favoreggiamen¬to dell'immigrazione clande-stina e uso di atto falso. Ma il suo avvocato, il professore modenese Giulio Garuti, tie-ne per ora le carte coperte: «Dobbiamo ancora studiare gli atti, solo dopo l'interroga-torio potremo avere un'idea del quadro investigativo». Un'indagine ancora tutta da sfogliare e con ramificazioni in numerose città del Nord. Caldarola, che esercita la pro¬fessione da 4 anni, si è candi¬dato nel 2008 al consiglio co¬munale di Reggio Emilia nelle lista civica capeggiata da un ex poliziotto. Senza successo. Francesco Alberti




Milano, scatoloni pieni di piantine acquistate all'ortomercato E gruppi di cingalesi e bengalesi che confezionano i mazzetti

CORRIERE DELLA SERA 08-03-2010
Andrea Galli
La «fabbrica» delle mimose nel palazzo degli immigrati
Nel condominio vicino a via Padova che (per due giorni) rifornisce la città

MILANO — Gli ombrelli quando piove, se c'è il sole le rose, ieri e oggi le mimose. Qui i traffici degli immi-grati seguono il tempo, le stagioni, le ricorrenze. E a questa ricorrenza, chi lo dirà con i fiorellini gialli sappia che, quasi di sicuro, arriveranno dal civico 10 di via Pietro Crespi. Il palaz¬zo delle mimose, la fabbrica delle mi¬mose. Dove le mimose, nei giorni scorsi comprate all'ortomercato, vengono pulite, confezionate, infiocchet¬tate. È tutta una frenesia, negli appar¬tamenti dormitorio, le piantine diste¬se e contate sulle brande dei letti a castello, i cingalesi e i bengalesi che manovrano nastrini e forbici, che spingono in un angolo gli scatoloni pieni di ombrelli, che ripongono le rose sotto i tavoli; ombrelli e rose tor¬neranno utili da domani.
Via Crespi io più che un civico è un documénto di cos'è Milano, è un documentario su chi sono e cosa sa¬ranno i milanesi. Dei 48 alloggi del palazzo, 10 appena sono occupati da italiani. Negli altri, asiatici e nordafri¬cani. Tanti non pagano le spese con¬dominiali: il buco di bilancio ha su¬perato i 130 mila euro. Vogliono an-darsene e sono costretti a svendere anche gli immigrati II sudamericano signor V. (accontentiamoci dell'ini¬ziale, in questo posto bisogna farsi i fatti propri), vuol disfarsi dei suoi 60 metri quadrati, ma non ci riesce. È già sceso a 1.500 euro al metro qua¬drato, e non basta. «Le vede quelle scale? C'è sempre un tunisino, spac¬cia droga. Lo vede il secchio accanto al portone? Serve per la spazzatura, gli ubriaconi, di notte, lo utilizzano come gabinetto» dice il signor V., che racconta di quando, mesi fa, con l'amministratore volle vederci chia¬ro in un monolocale. «Scoprimmo che dentro dormivano in dodici! Do¬dici marocchini».
Anche dalle parti del bilocale di Hasan, Nipon e gli altri, c'è un appa

tamento di marocchini. Nell'arco di sei minuti, li contiamo, escono in no-ve ed entrano in quattro. Quanti sa¬ranno? Ad Hasan, Nipon e gli altri non interessa domandarlo e men che meno saperlo. Sono bengalesi, regolari, giovani, tra i 20 e i 30 anni, che, spiegano, «in Bangladesh è la principale fascia d'età di chi emi¬gra». Hasan, Nipon e gli altri sono cir¬condati da mimose, divise in scatolo¬ni, scatole, scatolette. Un'invasione. Nella vita fanno e vorrebbero fare al¬tro. Male mimose, per l'economia in¬dividuale e comune—insieme paga¬no l'affitto a un connazionale, casa comprata nel Duemila, i tempi dei mutui al cento per cento e senza ri¬chiesta di garanzie —, dicevamo, le mimose toccano a tutti.
Oggi Nipon, disoccupato, la fabbri-chetta, era in Veneto, ha chiuso, ar¬mato dei fiorellini si metterà in metrò e ai semafori nelle pause tra un'agenzia interinale e l'altra, visto che è in cerca di un impiego. Quanto ad Hasan, pizzaiolo e simpatico im-branato nel maneggiare l'iPhone re¬galatogli dal datore di lavoro («Un premio»), dice che prima di andar a fare margherite, nell'attesa, venderà un po' di mimose. Per arrotondare lo stipendio.
Un mazzetto sarà venduto a uno, due, tre euro. Dipende da chi com¬prerà. «Qualcuno ci dà di più». Qual¬che altro cliente, in auto, deruba: prende i fiori e scappa. Loro non li inseguiranno. Non si lamenteranno. Son fatti così. Dice Nipon, che in Ban¬gladesh faceva il contabile: «È un pe¬riodo difficile. Non riusciamo, a fine mese, a mandare a casa più un euro. Non avanziamo nulla. Se c'è la crisi per voi, pensa per noi».
Via Crespi è a lato di viale Monza e non è lontana da via Padova. Viale Monza, ora ripulita dalla Questura con i ragazzi del commissariato Villa

San Giovanni, era la strada degli spacciatori. Decine, centinaia. Via Pa-dova è invece la strada delle cin-quanta nazionalità, degli errori e del¬le dimenticanze istituzionali, del fu¬turo. Ci sono palazzi in rovina e bam-bini sanguemisti, italiani presi pri¬gionieri ed emozionanti storie d'in¬tegrazione, incroci di vite, amori e amicizie che nascono. Di recente, in via Padova, c'è stato
un omicidio, ci sono state polemiche e qualche politico ha speculato sopra. Ma per mesi, per dire, da via Cre-spi 10 hanno scritto in Comune, di¬cendo che basta, non ce la facciamo più, intervenite. Avevano risposto che, certo, tranquilli, la situazione ci è nota, e morta lì.
Nel cortile vengono accumulati i sacchi della spazzatura pieni di mi¬mose malate, appassite. Vanno e ven¬gono giovanotti con sacchetti della spesa dai quali spuntano rametti di mimose. Sono i galoppini-interme¬diari. Fino all'anno scorso, le mimo¬se erano depositate nel grosso corri¬doio dell'atrio e da lì via via preleva¬te. Quest'anno, meglio agire sotto-traccia. Girano agenti e carabinieri, dopo quell'omicidio ci sono continui controlli. Così i galoppini si trasferi¬scono qualche via più lontano, per la consegna ai venditori. A un piano c'è un appartamento che, si vede dalle fi¬nestre, all'interno è tutto giallo. Bus¬siamo alla porta, si affaccia un signo¬re, cingalese, dietro di lui altri cinga¬lesi, due, tre, quattro, che confeziona¬no mazzetti di mimose con un rit¬mo, una cadenza, da catena di mon-taggio. «Non potete rimanere», urla il primo. «Sono clandestini», dice un vicino di ballatoio che assiste alla sce¬na, «capisca, hanno paura». Nell'ap-partamento c'era una bimba, forse fi¬glia d'un clandestino, guardava incu¬riosita la preparazione dell'8 marzo di Milano in questa colorata tana di trafficanti di mimose.




NELL' AGRO-ALIMENTARE, TRA DIGNITA' E LEGALITA'   IN COLLABORAZIONE CON ALCUNE ASSOCIAZIONI
TERRITORIO LATINA E PROVINCIA, 8 marzo 2010
All'appuntamento ha partecipato il segretario nazionale del sindacato Raffaele Bonanni
Rita Alla
L'integrazione inizia dal posto di lavoro. La chiave di lettura del convegno "Immigrazione" e lavoro" su iniziativa della Fai Cisl, della Cisl di Latina e dell'Anolf Cisl e in collaborazio¬ne con l'idos e la Caritas Migrantes. In Provincia di Latina, perché non è fenomeno che riguarda solo il Mezzogiorno. Sebbene nascosto tra dati e cifre, il fenomeno dell'immigrazione arriva tutti i gior¬ni sulla nostra tavola. Gran parte di quello che mangiamo, lo dob¬biamo all'esercito degli invisibili che lavorano nell'agroalimenta-re. Invisibili, non solo sulle stra-de. Braccianti - fantasmi che lavorano anche per 14 ore al giorno per 3 euro l'ora, invece

dei 7 a cui hanno diritto. Eppure raccogliendo frutta, ortaggi, pomodori e accudendo il bestiame sono indispensabili per l'economia pontina. Ma vivono ai margini, in comunità poco inte¬grate, difficili da contattare. E da raggiungere senza un mediatore. Per paura. Arrivano in Italia, attirati dal sogno della terra promes¬sa. E dalla promessa di un posto di lavoro. Un lavoro che, quando arriva, per averlo devono sottostare ad un ricatto dopo l'altro. Un lavoro che non rubano a noi, ma che nessuno vuole fare più. Segnato dal degrado e dallo sfruttamento. Esasperati e raggi¬rati da "faccendieri", il più delle volte della stessa etnia, i "caporali": personaggi senza scrupoli che privano le persone ed il lavoro di dignità e legalità. «Una situazione al limite dell'umano

possibile su cui la politica - per Tiziana Priori, segretaria generale Fai Cisl - deve aprire gli occhi. Una politica che deve puntare sul settore agricolo, la "cenerentola" della Provincia». Unica via d'uscita, l'integrazione, un cammino a due voci : dignità e legalità. Per tutti, da parte di tutti. Perché dietro ogni lavoratore, c'è una persona. Dietro ogni immigrato, c'è una persona. Una persona che non è solo braccia da lavoro. Ma ogni immigrato è una finestra sul mondo. Una risorsa culturale, strutturale e sociale. Una diversità, una ricchezza e un valore. l'immigrazione non è un fenomeno passeggero. Ma in costante aumento. Da regolarizzare. Senza generalizzare e senza stru-mentalizzare. Per non far cadere nel dimenticatoio la lezione di Rosarno.



L'ultimo strappo:
Marchetto sui richiedenti asilo

F.GIA.
Il Messaggero, 8 marzo 2010
CITTA' DEL VATICANO - Non è la prima volta che la libertà di espressione manifestata da un vescovo finisce per creare imbarazzi tra la Chiesa e Palazzo Chigi. Solitamente se ci sono di mezzo argomenti che spaccano per via di differenti approcci ideologici, la dichiarazione di questo o di quel prelato, fatta spesso a titolo personale. si trasforma in nitroglicerina pura infiam¬mando lo scontro politico con un evidente effetto collaterale, l'increspatura delle acque del Tevere.
Ieri è stato il turno di monsignor Mogavero. Esprimendo una valutazione sul decreto salva-liste, in qualità di rappresentante dell'ufficio giuridico della Cei, ha sollevato un putiferio. Anche in campo ecclesiale. Ha creato talmente problemi che il testo è stato levato in fretta e furia dal sito della Radio Vaticana dove solitamente gli ascoltatori possono collegarsi per riascoltare o leggere quello che è andato in onda. Ma la lista degli argomenti spinosi che la Cei e il Vaticano approcciano con prudenza e di¬plomazia per non avvelenare ulteriormente il clima, è lunga e facilmente immaginabile, si va dai fondi (pochi) in Finanziaria a favore della famiglia, agli interventi in materia di bioetica, di difesa alla vita, la parità alle coppie gay, il divorzio breve, agli effetti negativi della crisi economica, ai tagli sul welfare. alla questione morale, Recentemente uno dei casi più eclatanti, che ha alimentato uno scontro aperto tra ministri leghisti e la Santa Sede, ha avuto come protagonista la questionedell'immigrazione

Monsignor Marchetto, segretario del Pontifìcio Consiglio per la pastorale delle migrazioni, sempre attraverso una intervista alla Radio Vaticana, si era scagliato contro le norme restrittive sui ricongiungimenti familiari e sui richiedenti asilo, dicendo che il nostro Paese «si allontanava sempre di più dallo spirito dei quei diritti umani». A dar man forte all'arcivescovo era intervenuto anche un altro illustre prela-to, monsignor Vegliò che concordava sul fatto che vi fosse, da parte del Governo, la tendenza è al «ribasso rispetto agli impegni intemazionali a suo tempo assunti in favore della protezione di persone perseguitate».






Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links