Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

16 settembre 2014

Salerno, Vibo, Catania: 1500 sbarchi
Avvenire, 16-09-14
È arrivata stamattina nel porto commerciale di Salerno la nave "Virginio Fasan" della Marina militare italiana con abordo  837 migranti, tratti in salvo nel canale di Sicilia nel corso dell'operazione Mare Nostrum. A bordo della nave militare cittadini di nazionalità eritrea, somala, siriana, palestinese, sudanese, ghanese, ivoriana, congolese, senegalese e della Costa d'Avorio. Accolti dalle associazioni di volontariato, così come stabilito ieri dall'unità di crisi insediatasi in Prefettura, i migranti sono in maggior numero di sesso maschile, con circa 140 minorenni. Non sono stati segnalati gravi problemi di salute: ci sono 8 donne incinte e due minori con febbre alta, più un altro affetto da crisi asmatica. Segnalati alcuni casi di scabbia. Dall'1 luglio quello di stamani è il sesto sbarco di migranti a Salerno.
È in corso lo sbarco dei 507 migranti giunti la scorsa notte nel porto di Vibo Valentia a bordo del mercantile Blue Emerald, raggiunto domenica scorsa nel Canale di Sicilia da unità della Marina militare e della Guardia costiera. Nel porto di Vibo è stato attuato il piano di assistenza predisposto nel corso di una riunione che si è svolta ieri presieduta dal prefetto Giovanni Bruno. Le persone arrivate, tra cui ci sono 95 minori, saranno trasferite in un centro di accoglienza dove saranno effettuate le operazioni di identificazione e controllo sanitario. Lo sbarco si sta svolgendo senza particolari problemi, con la partecipazione degli attivisti delle associazioni di volontariato e di personale del 118 e sotto la vigilanza di Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza e Polizia locale. I migranti, secondo quanto è emerso dalle prime verifiche, sono tutti in buone condizioni di salute.
È giunta stamane poco dopo le 8.30 nel porto di Catania la nave d'altura Fiorillo della Guardia Costiera con a bordo 169 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia. Lo sbarco è coordinato dalla Prefettura. La Procura ha delegato indagini su eventuali scafisti alla squadra mobile della Questura.
È, infine, in arrivo alla banchina Todaro a Porto Empedocle (Agrigento), la motovedetta CP 267 della Guardia costiera con a bordo 103 migranti recuperati ieri nel Canale di Sicilia, tra cui 14 donne, 2 delle quali in stato di gravidanza, e 2 minori, di presunta nazionalità nigeriana, ugandese e marocchina.



In cinque giorni 800 migranti annegati
L`appello di Angelina Jolie da Malta: «Emergenza senza precedenti»
Corriere della sera, 16-09-14
FELICE CAVALLARO
PALERMO - Per arrivare al cuore delle cancellerie europee, per fare sentire la sua voce dalla Merkel a Rajoy, da Cameron a Valls e chiedere maggiore impegno dei governi nel sostengo ai migranti, Angelina Jolie, da inviata e da accompagnatrice speciale dell`Alto commissario delle Nazioni unite per i rifugiati Antonio Guterres, è volata a Malta visitando il quartier generale del soccorso navale e incontrando a La Valletta tre sopravvissuti a uno degli ultimi naufragi, pietrificata dai racconti di alcune famiglie di rifugiati siriani scampati a una delle tragedie del Mediterraneo.
Toccante sia l`incontro dell`attrice con una coppia di Damasco che ha perso tre figli durante la traversata, sia quello con un medico di Aleppo che ha visto annegare la moglie e la figlia di un anno. Drammi che inquietano la protagonista di tanti film, immersa in una tragedia dalle proporzioni bibliche. Convinta che, oltre ai flussi dei migranti a rischio vita nelle traversate, la questione vada ricondotta a un problema più ampio: «Il crescente numero di persone sfollate a causa di conflitti in tutto il mondo ha raggiunto e superato quota 51 milioni. A meno che non si affrontino le cause profonde di questi conflitti, il numero di rifugiati destinati a morire o a non trovare protezione continuerà ad aumentare». Un orrore per l`attrice di tante copertine, due Oscar, tre Golden Globe, tanti altri riconoscimenti, decisa a spendere se stessa in questa crociata accanto a Guterres, l`alto commissario rivolto alle cancellerie: «La risposta dell`Europa deve rappresentare uno sforzo veramente collettivo».
Echeggia l`appello mentre Flavio Di Giacomo dal quartiere generale dell`Oim, l`Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e l`Unhcr (l`organizzazione Onu che si occupa dei rifugiati) conteggiano i morti degli ultimi giorni calcolando che da venerdì scorso ne siano annegati 700, forse 800. Agli operatori Oim due sopravvissuti palestinesi, due ragazzi fuggiti da Gaza e andati in Egitto a inizio settembre, salvati dal mercantile panamense «Pegasus», hanno raccontato di un barcone affondato dopo accese sfuriate dagli stessi scafisti che avrebbero voluto trasbordarli in un piccolo natante. E questa sarebbe la tragedia più grande del Mediterraneo, più grande di quella del 3 ottobre dello scorso anno, quando furono recuperati 366 cadaveri, dramma che nell`anniversario registra una astiosa spaccatura all`interno del comitato allora costituito.
Ma c`è chi non ha tempo di litigare, come i volontari di tante organizzazioni umanitarie, il personale della Croce Rossa e i medici dell`Ordine di Malta presenti a Lampedusa con il direttore Mauro Casighini, ovvero sugli elicotteri che corrono fra i naufraghi, come Giacomo Pellitteri, felíce di avere salvato un eritreo di 34 anni già in coma, Ah mad Idris Ali, raggiunto proprio sul «Pegasus».
Racconti incrociati quelli dei naufraghi e dei loro salvatori. Registrati da Angelina Jolie nell`appello all`Europa: «La portata di questa crisi impone a tutti noi di svegliarci. C`è un legame diretto tra i conflitti in corso in Siria e altrove, e l`aumento delle morti in mare nel Mediterraneo. Dobbiamo renderci conto che ciò che spinge le persone a prendere la terrificante decisione di rischiare la vita dei loro figli a bordo di navi insicure e sovraffollate è l`impellente desiderio di trovare protezione».



Strage di migranti, 800 morti in 5 giorni
La denuncia dell`agenzia dei rifugiati. Testimonianza choc: «Annegati a centinaia nel barcone affondato dai trafficanti»   
"Il racconto di un bambino egiziano, prima di morire:  «Sono fuggito per salvare la vita a mio padre malato»
Il Messaggero, 16-09-14
Lucio Galluzzo
LA TRAGEDIA
POZZALLO Cinque naufragi in acque libiche ed egiziane nel fine settimana con centinaia di vittime. Ottocento annegati secondo alcune Ong, tra 589 e 639 secondo l`Unhcr (Agenzia Onu): la cifra esatta non si conoscerà mai. Non ci sono liste di imbarco nel traffico degli esseri umani sul Canale di Sicilia. Le stime sul costo umano dei viaggi della disperazione verso una speranza che poi cola a picco si basano infatti sui racconti non sempre convergenti di chi riesce fortunosamente ad incrociare soccorritori italiani ed internazionali, magari dopo 36-48 ore in acqua.
Ma non solo: in questo bilancio, tra i più gravi di sempre, si inserisce la denuncia di due sopravvissuti palestinesi, sbarcati a Pozzallo dai soccorritori, secondo la quale il barcone sul quale viaggiavano sarebbe stato volontariamente speronato dai trafficanti, al termine di una furiosa rissa in mare tra passeggeri e traghettatorí che volevano imporre un pericoloso trasbordo. Una denuncia straziante, quella dei due palestinesi, ricca di particolari, raccolta dalla polizia e che sta alla base del fascicolo per strage già aperto dalla Procura di Catania.
L`ODISSEA
A rendere nota la testimonianza dei due giovani palestinesi è stata, a Roma, l`Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) il cui personale ha dato la prima assistenza ad un gruppo di superstiti sbarcato a Pozzallo. I due testimoni, ventenni fuggiti da Gaza ed entrati in Egitto due settimane fa, sono stati soccorsi in alto mare dal mercantile panamense "Pegasus" che li ha consegnati a Pozzallo alla polizia sabato scorso. «Se la loro storia - osserva l`Oim - sarà confermata dall`inchiesta ci troveremmo di fronte al naufragio più grave degli ultimi anni, in quanto non si tratterebbe di un incidente, ma di un omicidio di massa, perpetrato da criminali senza scrupoli». Secondo le testimonianze dei due giovani, siriani, palestinesi, egiziani e sudanesi, erano partiti in 500 da Damietta, in Egitto, sabato 6 settembre. Tra loro anche molte famiglie con bambini, e minori non accompagnati.
AGGRAPPATI AL SALVAGENTE
«Dopo aver già cambiato diverse imbarcazioni lungo la rotta, mercoledì scorso i trafficanti, a bordo di un altro natante, hanno chiesto ai migranti di "saltare" su un`ennesima nave più piccola e precaria - prosegue la testimonianza - ma comprendendo la pericolosità della situazione, molti si sono ribellati: ne è nato uno scontro con i trafficanti che, innervositi, hanno speronato il barcone dei migranti dalla poppa facendolo affondare».
La maggior parte delle 500 persone sono cadute in mare e affogate, altre sono riuscite a restare a galla aggrappandosi a mezzi di fortuna e tra queste i due palestinesi. Quasi tutti í loro compagni di viaggio sono affogati subito, pochi sono riusciti a galleggiare aggrappandosi a relitti o perché in possesso di salvagente. E proprio grazie a questi i palestinesi sono sopravvissuti. Uno dei due ha riferito di `avere condiviso una ciambella galleggiante con altre 7 persone, che però hanno via via ceduto per stanchezza lasciandosi andare. L`ultimo a mollare la presa è stato un bambino egiziano che aveva raccontato di essere partito per cercare di inviare a casa i soldi necessari a pagare le cure del padre gravemente malato di cuore.
Dopo circa un giorno e mezzo in balia delle correnti il ragazzo palestinese è stato avvistato da altri migranti che erano stati salvati dal mercantile "Pegasus", che stava portando in Sicilia 386 persone soccorse a bordo di un`altra imbarcazione intercettata in zona poco prima. Il secondo ragazzo palestinese, che era riuscito a restare a galla grazie al giubbotto di salvataggio che aveva addosso, è stato salvato poco dopo. I mezzi di soccorso maltesi e greci intervenuti nel frattempo nell`area avrebbero trovato e salvato altri 9 migranti facenti parte dello stesso gruppo.



L`INTERVISTA F CARLOTTA SAMI, PORTAVOCE UNHCR
"Subito i visti umanitari tre milioni di profughi in fuga verso l`Europa"
la Repubblica, 16-05-14
SALVO PALAZZOLO
«NON riesco neanche a immaginare quanti possano essere», ripete Carlotta Sami, portavoce in Italia dell`Unhcr, l`Alto commissariato per i
rifugiati dell`Onu, a proposito di questa strage continua e prolungata di migranti.«Fuggono verso l`Europa dai luoghi dove si combatte e si muore: dall`Ucraina, da Gaza, dalla Libia, dalla Siria, dall`Iraq. Un numero enorme di persone. Hanno diritto di essere accolti tutti, bisogna trovare il modo di farli arrivare in modo legale e sicuro. Perché fuggono dalla guerra e da violenze inaudite».
Qual è l`entità di questa crisi?
«È davvero difficile fare stime, soltanto i rifugiati siriani sono tre milioni. La maggior parte di loro si trova in Libano, Iraq, Giordania e Turchia. E dall`inizio dell`anno in Europa sono arrivate 130 mila persone, il doppio dell`armo scorso».
Cosa dovrebbe fare l`Europa?
«Intanto, tutti dovrebbero comprendere che dietro quei numeri allarmanti ci sono volti, storie di uomini e di donne, giovani e bambini.
A loro bisognerebbe offrire opportunità concrete per raggiungere l`Europa: per esempio, attraverso visti umanitari. Oppure, attraverso sponsorizzazioni che consentano ai più giovani di studiare nelle nostre scuole, nelle nostre università. Si potrebbero attivare anche progetti di reinserimento, o visti specifici per il lavoro».
Quanti sono i rifugiati che attraversano il Mediterraneo per raggiungere l`Europa?
«Rappresentano almeno il 5O per cento di quelli che salgono sui barconi della speranza, ecco perché bisogna attivarsi al più presto per evitare altre stragi del mare. L`Europa deve trovare una strategia politica di intervento».
Che ruolo può avere l`Italia inquesta nuova sfida per l`accoglienza dei rifugiati?
«L`Italia sta già facendo molto per il salvataggio in mare e per l`accoglienza dei migranti. L`esperienza maturata sarà di certo importante, soprattutto per vincere quell`indifferenza al problema che spesso diventa il principale ostacolo alla risoluzione dell`emergenza dei rifugiati. Perché i numeri e le statistiche continuano a prevalere sulle storie dei profughi. Per noi è una battaglia quotidiana, per cercare di accendere i riflettori sulle cause che portano così tante persone a fuggire dalla propria terra, in ogni modo, anche rischiando la vita in mare».



"Gli scafisti hanno affondato il barcone poi sono rimasti a guardarci affogare"
la Repubblica, 16-09-14
FRANCESCO VIVIANO
POZZALLO. «Li hanno ammazzati, ci hanno affondato perché volevano trasferirci su un`altra barca più piccola. Eravamo oltre 500, uno sopra l`altro, e quando ci hanno detto che dovevamo andare su quell`altra barca ci siamo rifiutati perché saremmo sicuramente finiti in fondo al mare. A quel punto gli scafisti, quelli che ci avevano caricato nel porto di Damietta in Egitto, ci hanno speronato fracassando la prua e siamo finiti tutti in mare. Noi ci siamo salvati, ma gli altri, centinaia di persone, sono tutte annegate».
Quante? Hamed, 16 anni appena, palestinese e dimesso dall`ospedale di Pozzallo l`altro ieri adesso si trova con altre decine di coetanei nel reparto riservato ai minori del centro d`accoglienza di Pozzallo, ancora frastornato e parla con un altro suo connazionale, anche lui sopravvissuto alla carneficina di venerdì scorso nelle acque tra la costa maltese e quella ragusana. «Quelli come me che sono stati salvati dalla nave ( il mercantile "Pegasus", battende bandiera panamense, ndr) siamo stati in 9 o dieci. Tutti gli altri, centinaia di persone, intere famiglie con bambini sono Aloni, finiti in fondo al mare».
I responsabili di quell`omicidio di massa sulla quale ora sta indagando la Procura di Catania per il reato di "strage", sono fuggiti con quel barcone che era la "cabina di regia della morte" sono già probabilmente rientrati in Egitto pronti ad organizzare altre traversate. «Erano in tre o quattro racconta il ragazzo palestinese sopravvissuto alla tragedia - gli stessi che ci avevano prelevato il 6 settembre scorso dal capannone vicino a una spiaggia, in Egitto. Perché eravamo li, in attesa dipartire da alcune settimane. In 500, molti palestinesi, tanti siriani e sudanesi: tutti prigionieri in quel capannone vicino a Damietta. Quando siamo partiti il mare era per fortuna molto buono, ma su quel barcone eravamo tantissimi e avevamo paura di affondare. Durante la navigazione che è durata due o tre giorni, non ricordo bene, ci avevano fatti spostare da un barcone all`altro. Abbiamo cambiato barca almeno tre volte, poi i trafficanti dalla loro imbarcazione ci avevano ordinato di trasferirci su un`altra barca ancora, molto più piccola di quella sulla quale stavamo navigando a pelo d`acqua, rischiando di rovesciarci da un momento all`altro. Molti di noi si sono rifiutati perché saremmo sicuramente affondati. "Non possiamo andare su quella barca, come facciamo a entrarci tutti?", chiedevamo agli scafisti. A certo punto, dopo molti minuti gli scafisti si sono arrabbiati e ci hanno speronato facendoci cadere tutti in mare».
Molti sono annegati subito, altri hanno tentato di aggrapparsi a qualunque cosa galleggiasse. «Chiedevamo aiuto mentre stavamo per annegare e "loro" ( gli scafisti, ndr) ci guardavano come se fossero al cinema. Scomparivano uno dopo l`altro, il mare ci inghiottiva velocemente, molti di noi, compreso me, non sapevamo nuotare, io prima di allora non l`avevo mai visto il mare. In sette oppure otto ci siamo aggrappati a un salvagente ma con il passare delle ore molti non ce l`hanno fatta e siamo rimasti solo in due, io e un altro ragazzo, mio connazionale che indossava un giubbotto salvagente. Poi è sparito anche lui. Altri stavano aggrappati a dei piccoli pezzi di legno e la corrente se li portavavia. Per molte ore, non so quante, siamo rimasti in acqua in quelle condizioni».
Hamed e gli altri otto sopravvissuti sono stati salvati dal mercantile Pegasus che a bordo aveva già oltre 300 naufraghi raccolti in mare durante la navigazione. «Quando ho visto quella grande nave che avanzava lentamente ho alzato una mano per chiedere aiuto, non avevo più voce ne forza. Ho avuto paura perché pensavo che non mi vedessero. Invece, per fortuna, non è stato così. Hanno calato una piccola barca in mare e mi hanno salvato».
Hamed adesso spera di lasciare Pozzallo per raggiungere alcuni parenti che si trovano in nord Europa. «Lì, in Norvegia, ho alcuni cugini che molti anni fa sono riusciti a partire dalla Palestina e vivono tranquilli e felici. Lavorano e mandano soldi a casa ed è quello che ho promesso di fare anch'io a mio padre e mia madre quando sono partito per raggiungere l`Europa. Spero di riuscirci».



E Frontex accusa Mare Nostrum
Avvenire, 16-09-14
Nello Scavo
Il ripetuto "no" dell’Europa alla sostituzione dell’operazione Mare Nostrum con un’analoga missione multilaterale non è solo un problema finanziario. Anzi, dall’agenzia europea per le Frontiere arriva un neanche troppo velato atto d’accusa al governo italiano. «La presenza dei mezzi navali di Mare Nostrum vicino alla costa libica può incoraggiare i migranti i cui Paesi i paesi non hanno accordi di riammissione con l’Italia».
La lettura di un recente rapporto riservato di Frontex, proprio nel giorno in cui arriva la conferma di tre naufragi con almeno 800 morti, stride con la realtà. Le tragedie avvenute in Libia sono accadute a poche miglia dalla costa, in un tratto a ridosso delle acque libiche e normalmente non pattugliato da Mare Nostrum, che normalmente agisce in uno specchio di mare più arretrato.
Secondo gli esperti di Frontex, «la presenza di navi da guerra (italiane, ndr) vicino alla costa libica ha cambiato la tendenza precedente e le dinamiche dei viaggi in mare», tanto che i barconi «vengono dotati di poco carburante, solo quanto basta per raggiungere la zona di copertura Mare Nostrum».
Un’analisi che lascia intendere che dal quartier generale di Varsavia, dove ha sede l’agenzia europea per le frontiere, non solo non vedono di buon occhio il dispositivo di ricerca e soccorso in mare italiano, ma che "Frontex Plus" - come già anticipato da Avvenire - non ne seguirà l’esempio, ridimensionando le forze e arretrando il pattugliamento. Secondo gli analisti dell’agenzia, le previsione dei flussi migratori «dipendono in larga misura» dalla permanenza del massiccio dispositivo di soccorso.
«Se le navi restano, è prevedibile un costante ed elevato numero di arrivi» anche durante «il periodo invernale, cioè quando i migranti normalmente non rischiano le traversate in acque agitate». Con la sospensione del pattugliamento in quell’area, «le tendenze degli anni precedenti dovrebbero riprendere».
Secondo lo schema di proposte formulato da Frontex, Mare Nostrum va dunque chiusa e sostituita con una missione a basso impatto. Affinché si riduca il rischio di naufragi, gli specialisti suggeriscono di «annunciare con largo anticipo» la chiusura di Mare Nostrum in modo da scoraggiare i profughi. In caso contrario ci sarebbe il rischio «di un maggior numero di incidenti mortali».



"Troppi immigrati", "Siete razzisti" Novoli spaccato a metà
Viaggio nel quartiere in cui ieri è morto un ragazzo di 18 anni che scappava dalla polizia perchè senza permesso di soggiorno
la Repubblica Firenze, 16-09-14
MASSIMO MUGNAINI
Questa tragedia si poteva evitare in un modo molto semplice. Bastava che i vicini, prima di chiamare la polizia, venissero a suonarmi il campanello. ‘Signora guardi che state facendo troppo rumore, potrebbe abbassare un po’ la musica?’ Se mi avessero detto questo, io avrei chiesto di fare più piano e quel povero ragazzo non sarebbe morto in questo modo atroce». Non si dà pace Edwige Jeanne Dansuo, 37 anni, originaria di Togo, proprietaria dell’appartamento in cui domenica sera si stava tenendo la festa di compleanno interrotta dalla polizia e trasformatasi in tragedia per la morte di Raphael. «Ma poi, cosa c’è di male a dare una festa di compleanno in casa propria? Eravamo in tutto neppure venti persone, abbiamo iniziato a festeggiare alle 19.30, poco prima delle 22.30 stavano già andando tutti a letto.... mi domando: sarebbe finita così se fossimo stati italiani?».
Dansuo è in Italia da 20 anni, ha acquistato casa a Firenze nel 2004 e dice di aver sempre «respirato aria di razzismo in questa città». Vedova, ha tre figli  due maschi e una femmina  il più grande dei quali ha 12 anni. «Lavoro per un’impresa di pulizie, guadagno 400 euro al mese, i soldi non bastano e non riesco più a pagare il mutuo: per questo ho affittato una stanza a una connazionale. Il compleanno di domenica sera era il suo, mi ha chiesto il permesso di invitare qualche amico a casa e io le ho detto di sì». La festeggiata, una 25enne nigeriana, è agli arresti domiciliari per falsa attestazione. «Io quel ragazzo non lo conoscevo neppure. Certo, chi festeggiava aveva bevuto un po’, magari qualcuno era su di giri, ma sono cose normali tra giovani. Nessuno comunque aveva ‘passato il segno’» sostiene. Secondo lei è il vicinato, troppo zelante, ad aver indirettamente causato il dramma. Lo stesso vicinato che «ha sempre da ridire qualsiasi cosa facciamo noi africani». Di tutt’altro avviso i vicini che si dicono «esasperati dalla situazione di perenne illegalità che sta distruggendo il quartiere». Ludovica, 60 anni, abita nel palazzo davanti a quello di Dansuo.
«C’era un baccano infernale domenica sera... gente che entrava, gente che usciva dal palazzo, urla, musica a tutto volume... per forza alla fine hanno chiamato la polizia!». Affacciata alla finestra, la donna ha assistito ai disordini in strada provocati dagli amici della vittima. «Gli africani urlavano di tutto a medici e infermieri. Poi hanno circondato l’ambulanza e cominciato a spaccare tutto». «Di sicuro a Novoli ci sono troppi immigrati, l’integrazione è fallita» sentenzia Carlo, un altro vicino. «Metà italiani e metà stranieri.... è una proporzione sostenibile? Finirà che stranieri diventeremo noi, a casa nostra... Proprio dalla terrazza di quell’appartamento la scorsa settimana, a metà pomeriggio, è caduto un coltellaccio nel cortile. Non una tovaglia o una molletta.. un coltello! L’ho raccolto e portato all’amministratore di condominio, chiedendogli: ‘ma se qui sotto fosse passato qualcuno, che sarebbe successo?’ La verità è che in questo pezzo di periferia dimenticata da tutti, gli appartamenti affittati agli immigrati sono troppi e spesso si trasformano in porti di mare da cui entra ed esce chiunque, senza alcun controllo... gli immigrati fanno casino a tutte le ore, persino quando cucinano bisogna chiudere le finestre per non far entrare il puzzo in casa». Mentre Carlo parla, un altro anziano residente del palazzo gli passa accanto, lo saluta con un cenno e mormora: «E’ per quei negri di m....?». Carlo annuisce, facendogli segno di smorzare i toni e allontanarsi. Chi invece non smette di urlare è una signora romena di mezza età che abita allo stesso civico di Dansuo. «Era mia l’auto che gli amici della nigeriana hanno sfasciato ieri (domenica, ndr) notte. Io ci vado a lavorare con la macchina... adesso come faccio? Chi me la ripaga?». La 37enne di Togo la sente, scende le scale e la raggiunge. «Capisco l’auto, capisco il puzzo per la cucina africana, capisco tutto... ma uno di voi che mi abbia detto di essere dispiacuto per la morte di un ragazzo di 18 anni, ancora non l’ho trovato».



Crotone, i migranti come formiche nel deserto di creta
Reportage. Nel Cara di Crotone, il più grande d'Europa, che attualmente accoglie 1550 persone, molte più di quante ne possa ospitare. Approdano in una città di per sé con uno tra i più alti tassi di disoccupazione del paese (22,6%, Istat 2013). La città calabrese vede circolare migranti come zombies tra il "mare africano" (scriveva Pirandello),  in attesa di avere, o di rinnovare, il permesso di soggiorno. Questa la realtà che si vive qui, con i continui sbarchi, al di là delle intenzioni di Frontex Plus e dell'impegno del progetto Praesidium
la Repubblica.it, 15-09-14
MARTA RIZZO  foto  di  GREGORIO PATANE'  
CROTONE - Dalla fine di novembre, con il progetto Frontex Plus l'Unione Europea (Ue) s'impegnerà a collaborare con l'Italia nella lotta allo sciacallaggio dei migranti del Mediterraneo in fuga da guerre, carestie e morte. Ma se le buone intenzioni lastricano la strada del progetto (sostenuto, per ora, da Spagna e Germania), la realtà italiana è sempre più disarmante. Crotone, uno dei porti d'arrivo di intere popolazioni, scoppia e i migranti sono come "formiche" (così li definiscono i crotonesi) che popolano le colline d'argilla tra Isola Capo Rizzuto e la città. Solo alcuni progetti si occupano in modo trasparente di queste persone, mentre appare ben più nebbioso il sottobosco di organizzazioni del Terzo Settore che gestiscono i finanziamenti dell'Ue.
Migranti in Calabria: numeri aggiornati. A fine agosto, 1.400 persone sono arrivate a Crotone e dislocate nel Cara di Sant'Anna e in altri centri d'Italia. Il 3 settembre ne sono arrivate altre: 230 siriani, egiziani, somali, eritrei, palestinesi, per lo più. Il 9 settembre sono sbarcati in 600. Ogni settimana è così. Gli ospiti del Cara di Crotone sono attualmente sono 1550, di cui 50 donne, 30 minori accompagnati e 20 famiglie; per lo più, gli ospiti provengono da Pakistan, Afghanistan, Nigeria, Mali e Gambia. Le persone sbarcate in Calabria, dal 1° gennaio alla fine di luglio, sono circa 4.846 (dati Ministero dell'Interno). Nell'intera regione, solo nel mese d'agosto, sono giunti circa 6.000 migranti, la maggior parte provenienti da navi Mare Nostrum. Come in tutti i nostri porti predisposti, qui sbarcano donne stuprate durante il viaggio, bambini disidratati, minori non accompagnati e anziani sradicati per sempre dalla terra d'appartenenza.
Le Ong per i migranti di Crotone. Questi sono gli zombies, che si muovono tra crotonesi che hanno fame quasi quanto loro, perché non c'è lavoro davvero per nessuno in una fetta d'Italia che muore di tumore per l'inquinamento ambientale delle ex fabbriche chimiche. I migranti qui si grattano la scabbia, dormendo dietro e sui i binari della stazione (di treni non ne passano quasi più), nel porto, nei pressi dei bar periferici, dietro il Cara di Isola Capo Rizzuto, ai bordi delle strade. Niente dimora, niente servizi, poco cibo e medicine. Sono le cooperative Agorà Kroton e Kroton Community, l'Unhcr, la Croce Rossa, Intersos, Arci e Save the Children, a fornire un pasto caldo, l'assistenza medica, la consulenza legale e logistica. La popolazione locale è preoccupata per presunti focolai infettivi; gli stranieri chiedono dove possono farsi curare dalla scabbia, e fanno domande alle quali non si sa bene come rispondere, perché le associazioni sociali locali qui, pur aiutando i migranti, gestiscono i fondi dell'Ue senza chiarire precisamente il motivo per cui queste persone non abbiano la possibilità di vivere con un minimo di dignità.
I migranti a Crotone: un'occasione mancata. "Da oltre 15 anni - dice Filippo Sestito, Presidente dell'Arci di Crotone - Crotone è luogo di accoglienza di migliaia di migranti. La stragrande maggioranza di loro vanno lontano da qui, verso il nord Italia e l'Europa. In tutti questi anni la città non ha saputo arricchirsi dei loro saperi, non ha voluto trasformare la propria cultura interagendo con la loro. Ha rinunciato alla contaminazione tra saperi, che invece avrebbe potuto generare una nuova forma di cultura e una nuova dimensione economica, in una città incapace, da decenni, di immaginare il proprio futuro. Molte sono oggi le realtà del Terzo Settore che qui si occupano di migranti e che lavorano per superare i pregiudizi e le diffidenze. Tuttavia, poche sono ancora quelle che rivolgono lo sguardo all'uomo e alla sua dignità. Le altre, preferiscono diventare strabiche e guardare esclusivamente i propri bilanci, contribuendo, così, a rendere Crotone sempre più chiusa e provinciale. Il fallimento più evidente di questo modello di accoglienza sta nella pressoché totale assenza di associazioni di migranti. Dato, questo, che mette in risalto la scarsa volontà dei migranti di investire sul nostro territorio e l'incapacità delle istituzioni e dei corpi intermedi di valorizzare la ricchezza rappresentata da migliaia di donne, uomini e ragazzi che abitano per molto tempo i nostri luoghi".
Praesidium per i migranti in Calabria. Qui, la maggiore compagine che funzioni davvero con le istituzioni è quella del progetto Praesidium, attivo da 9 anni e portato avanti da Ministero degli Interni, Unhcr, Save the Children, Croce Rossa e Organizzazione internazionale dell'Immigrazione (Oim). Gli inviati e i volontari di Praesidium vivono frustrazioni burocratiche, tortuosi percorsi legislativi, silenzi di una cittadinanza che non sa dove mettere queste nuove facce di migranti disorientati, perché ricordano troppo quelle dei loro parenti in fuga dalla Calabria, dagli anni '50 fino a oggi e a domani (migliaia di crotonesi continuano a emigrare).
Un rapimento tra disperati. Tra i migranti della città che vorrebbero ma che non hanno i mezzi per lasciare l'Italia, è scoppiata una guerra paradossale e avvilente, qualche giorno fa: 2 eritrei hanno sequestrato 15 somali, dichiarando che non li libereranno fino a che non avranno almeno 150 euro per ciascun sequestrato. Da chi, non si sa, ma quei soldi servono per un biglietto che li porti in Germania, Francia, Inghilterra, perché il 90% dei migranti  non vuole restare in Italia. La vicenda si conosce in città, ma nessuno fa nulla. L'unica maniera pensabile per scappare da Crotone è quella di comprare un biglietto di autobus a cifre ragionevoli,  per fuggire a Napoli, Roma, Milano, Venezia, qualsiasi posto purché non sia Crotone.
Le diverse forme di permesso di soggiorno. Il problema maggiore dei migranti a Crotone è quello dei permessi di soggiorno." Esistono 3 forme di permessi nel nostro paese - spiega Sergio Trolio, avvocato per il diritto di immigrazione e asilo, da 20 anni a Crotone - il primo attesta lo "Status di rifugiati" , è il più sicuro e si rinnova automaticamente ogni 5 anni, previa richiesta del kit di soggiorno (un modulo di semplice compilazione); gli altri due tipi sono sottoposti a trafile burocratiche lunghissime e riguardano la maggior parte dei migranti nel crotonese: il "Permesso di soggiorno per protezione sussidiaria", che col decreto legislativo n.18 del 2014 è stato equiparato a quello dello "Status di rifugiati" (prima valeva solo 3 anni) e la "Protezione umanitaria", che scade dopo 1 anno.
 La trafila infinita per i migranti. Nel caso di questi due permessi non esiste un kit e, soprattutto, il migrante, al momento della richiesta di rinnovo, deve presentarsi in Questura. Non per forza nel luogo di sbarco, ma il più delle volte le Questure di altre città lo rimandano al mittente, usando richieste di documentazioni impossibili da ottenere per uno straniero (il contratto di affitto di una casa, per esempio). Il migrante è così obbligato a tornare alla Questura di Crotone, nel caso specifico. Qui, gli vengono chiesti ugualmente documenti che attestino la convalida del rinnovo, ma molte formalità vengono superate attraverso formule più accessibili: la "residenza senza fissa dimora", molto usata a Isola Capo Rizzuto e solo in minima parte a Crotone; una lettera di ospitalità di residenti connazionali sul territorio; la presa in carico di associazioni del Terzo Settore".
Perché i migranti restano forzatamente. Così, aspettano prostituendosi, facendo gli ambulanti, o i parcheggiatori e la trafila burocratica cui sono sottoposti non finisce: la richiesta del "rinnovo di permesso di soggiorno per la protezione internazionale" (per la protezione sussidiaria, o quella umanitaria) è rilasciata dalla Commissione territoriale di Crotone. Per dare a ciascun migrante uno dei due permessi ufficiali, la Commissione deve riunirsi al fine di verificare se vi siano le condizioni per il rinnovo. I tempi della trafila (dalla richiesta, alla riunione della Commissione, fino all'attestato di permesso rilasciato dalla Questura) vanno dai 3 ai 5 mesi. Ciò comporta che i "protetti" siano costretti a vagare nel crotonese, pur volendo invece andarsene: "Si tratta di almeno 200-300 persone che si aggirano ciclicamente - conclude Trolio -  perché il flusso è continuo a causa dei costanti sbarchi, che mai come quest'anno sono stati tanto frequenti: i barconi sono arrivati anche 2-3 volte a settimana, per un totale di oltre 100.000 migranti".

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