Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

14 gennaio 2015

IL «COMUNE» DI PARIGI 
Il Manifesto, 14-01-2015
Luciana Castellina 
E stata bella la manifestazione di domenica a Parigi. Confesso che la prima, appena avvenuto l`eccidio nella redazione di Charlie Hebdo, mi aveva lasciata un po` perplessa: comprensibile, e positivo, il bisogno di ritrovarsi per rispondere collettivamente al tremendo omicidio. E però mi era parsa una riaffermazione orgogliosa della superiore civiltà della Francia, senza che affiorasse almeno qualche interrogativo sul perché di tanto odio verso il nostro Occidente, sulle ragioni che hanno a tal punto indebolito l`egemonia del nostro modello di democrazia nel mondo. Troppo facile dire che si è trattato di un manipolo di esaltati e criminali - quali certamente gli assassini di Parigi sono - senza tener in conto che essi non nascono per caso e dal nulla, ma sono il frutto di una crisi che sta destabilizzando sanguinosamente una larga parte del continente africano ed asiatico, con sinistra eco anche nelle nostre stesse città europee. 
Il grandissimo corteo di domenica, la partecipazione commossa e convinta di francesi e però fra loro diversissimi per razza e religione, così come quella - sia pure retorica e falsamente unanimista, ma non per questo simbolicamente meno importante - di tanti capi di stato, ha avuto un segno diverso. Perché è stato - così almeno mi è sembrato - l`espressione di un bisogno  autentico di ritrovarsi in un comune sentire, di aspirare ad un universale sistema di valori.
E tuttavia interrogarsi ancora è necessario. Non sul terrorismo in sé, che è aberrante e senza giustificazioni, ma su un problema più generale che ci deve preoccupare al di là dei gesti disperati come quello di cui è stato vittima Charlie Hebdo. Parlo dell`«universale sistema di valori»: siamo davvero sicuri che l`identificazione in quello che noi occidentali definiamo universalismo coinvolga tutta l`umanità, o non dobbiamo prendere atto che i valori della Rivoluzione Francese sono stati troppo logorati dalla storia reale per poter raccogliere un`adesione unanime? Colonialismo, guerra, diseguaglianze, esclusioni pesano e non potrebbe essere che così. 
Non per questo, naturalmente, si tratta di rinunciare all`ipotesi di costruire un «comune» reale, rifugiandosi in un pigro relativismo. 
L`universalismo è stato l`aspirazione sia delle rivoluzioni borghesi che di quelle proletarie dei secoli scorsi. 
L`universalismo non è un pranzo di gala  DALLA PRIMA
E però ha finito per essere, come era inevitabile, la pretesa di codificare come universale la cultura, l`etica, la visione del mondo, i comportamenti sociali dei vincitori. Nel concreto: dell`occidente capitalista democratico. Che non è cosa - intendiamoci 
 - da buttar via, basti pensare alle dittature di ogni genere. Ma che non può certo pretendere di rappresentare il solo modello di modernità possibile, il solo che possa definirsi civiltà. Non foss`altro perché a determinare tale modello è stata solo una minoranza dell`umanità. Tuttora largamente esclusa, anche perché esclusa dal potere di informazione, visto che il 90 per cento delle notizie su quanto accade sono in mano ai media occidentali. 
Il problema di definire l`universalismo non era così importante fin quando ognuno viveva a casa sua. Il colonialismo, certo, aveva  già creato non pochi problemi, cercando di imporre con la forza la cultura della metropoli, mal` usurpazione  era delocalizzata. Oggi, per effetto della globalizzazione, la diversità non è più dislocata geograficamente, l`incontriamo all`angolo della strada, al supermarket, nella scuola dei nostri bambini, fra i vicini di casa. Per questo il tema è diventato così scottante e gestito da tutti, non solo dalla Legione Straniera. 
E` stato affrontato in modi diversi nello stesso Occidente. La Francia è stata più generosa di altri paesi nell`accoglienza di coloro che  erano portatori di diversità culturali e religiose, perché ha aperto più degli altri le sue porte agli immigrati. 
Ma a una condizione: che accettassero di diventare francesi fino in fondo, di essere integrati sènza riserve nella Repubblica. La vicenda del chador dichiarato illegale non è che un esempio. 
Diverso l`approccio della Gran Bretagna, che ha concesso grande autonomia nel privato a chiunque arrivasse dall`Africa o dall`Asia, bastandogli la disciplina sul piano pubblico. Non per liberalità, ma, come ebbe a dire con ironia il fondatore dei post colonial studies, Stuart Hull, perché razzisticamente convinti che tanto quei neri e quei gialli non sarebbero mai stati  capaci di diventare inglesi. 
In epoche più recenti i «buoni» hanno riconosciuto íl diritto alla diversità culturale, e in proposito si è persino strappata, nel 2005, una Convenzione dell`Unesco. In nome della quale si è proclamato il diritto per ogni comunità di preservare la propria cultura e di ottenerne il rispetto. I nostri migliori sindaci si sono adoperati a costruire moschee e centri culturali in cui ognuno potesse coltivare per il proprio autoconsumo i propri valori. (Mai però si sono impegnati a far sì che noi apprendessimo almeno qualche rudimento delle culture di chi è venuto ad abitarci vicino!). Meglio che la prevaricazione, o peggio l`oppressione e la persecuzione. 
Ma un mondo arlecchino, con ognuno chiuso nel proprio ghetto, rappresenta la rinuncia all`universalismo. Le culture non sono sementi che vanno conservate in nome della biodiversità, se non cambiano, non si innestano reciprocamente, perdono il dinamismo indispensabile alla-loro funzione antropologica. Un relativismo estremo non è tolleranza, è sordità. 
Io non credo si debba rinunciare all`obiettivo di costruire un comune sistema di valori, sia pure conservando la ricchezza delle diversità. E allora non servono i ghetti, sia pure immaginati come protezione, così come li vive il chiusissimo e rigidissimo comunitarismo americano. Edward Said, il grande intellettuale palestinese, diceva: «Le culture dell`altro sono preziose per noi, per dinamizzare le nostre società. Non sí tratta di tollerarle, facendo del multiculturalismo un feticcio, ma di assumerle come risorsa critica di noi stessi.» 
Ecco, proprio questa frase di Said mi è venuta in mente in questa tragica occasione dell`eccidio di Parigi. Non voglio certo mettere in discussione quanto in termini di libertà individuale abbiamo conquistato con la rivoluzione francese, ma spingere a riflettere su aspetti della cultura araba e islamica - non ovviamente dell`Isis - che dovremmo assumere come utile critica alla nostra cultura occidentale. Penso alla critica all`individualismo esasperato, ai diritti intesi come prerogativa assoluta dell`individuo, innanzitutto. E alla competitività anche brutale eletta a rango di regola essenziale, tanto è vero che questo principio è iscritto negli articoli fondanti del Trattato dell`Unione Europea, cui sempre più si sacrifica ogni forma di solidarismo, sì da aver generato la più mostruosa disuguaglianza mai conosciuta nella storia. 
Non c`è forse materia per riflettere anche autocriticamente sul «moderno» che abbiamo creato, anziché riaffermare con fastidiosa baldanza la nostra superiorità, in nome di un canone occidentale altamente fossilizzato? La costruzione di un universale comune, insomma, è obiettivo storico da perseguire, ma nella consapevolezza che si tratta di un lungo e difficile processo dialogico che potrà aver successo solo nella misura in cui tutti saranno stati posti in grado di contribuire a definirlo, perché dotati dello stesso potere di informazione, di formazione, di conoscenze. 
Attrezzarsi a rendere questo processo possibile mi sembra il solo modo per evitare le ossessioni prodotte dal contatto stretto fra culture diverse che la globalizzazione ha generato. 
Non si tratta di un discorso teorico. Si tratta molto concretamente di ripensare alla cittadinanza europea, che non può più esser fondata sulla comunità di sangue ma non può nemmeno più esser fondata sul solo legame col suolo. Le culture sono infatti sempre più transnazionali e il loro rapporto col territorio è sempre più soggetto a temporalità. Dentro l`Europa stessa e per chi viene da fuori. Il «noi» e il «voi», e i confini che lo definivano, sono ormai rimessi in discussione. Prendendo atto delle  proporzioni ormai assunte dai processi migratori, e di come questi esigessero una ridefinizione del paradigma di cittadinanza, Jaques Attali, consigliere di Mitterand, diceva: «È il nomade il cittadino del futuro, non lo zappatore sedentario». E tenendo conto, per di più, 
che ogni cultura, in ogni parte del globo, è ormai attraversata da un immenso processo di riesame, autodefinizione, autoanalisi, in relazione al presente e al passato. Blindare l`immaginario dentro confini stabiliti appare sempre più esercizio degno di Salvini. 
Non è facile, né ci si può accontentare del tentativo unificatore della potenza egemone, così come del superficiale «democratico sguardo cosmopolita» mitizzato da Ulrich Sede La diversità culturale non è un termine indolore, non ci parla di «varietà» ma di contraddizioni dure; e di conflitti. 
Per questo costruire un universalismo vero non è un pranzo di gala. Anche solo per raggiungere la definizione che ne dava Francesco De Martino in «Fine del mondo»: «Quel fondo universalmente umano in cui il proprio e l`alieno sono soppressi come due possibilità storiche di essere uomo». 
Un opuscolo che conteneva saggi e proposte su questo tema, redatto nel 2006 da Kevin Robins, un funzionario del Consiglio d`Europa 
(sempre assai più coraggioso dell`Unione Europea, anche perché l`organismo non ha poteri deliberanti), concludeva con scetticismo: 
«Tutto questo non sarà facile da parte di governi che suonano la tromba per esaltare le virtù della globalizzazione e della diversità, ma che poi blindano le frontiere dei loro paesi e rafforzano le misure di vigilanza contro l`ingresso dei migranti». 
Esattamente quanto si sono affrettati a decidere i ministri europei nel corso stesso della manifestazione di Parigi (una volta tanto non da quelli italiani). La sicurezza contro il terrorismo va bene, ma se si pensa che saremo sicuri grazie a droni, truppe d`assalto e migranti che affogano nel Mediterraneo, anziché affidarci alla politica, non andremo lontano. 
 
 
 
Montenegro: “Dopo Parigi, i nigeriani trattati come morti di serie B”
Per l’arcivescovo di Agrigento i grandi del mondo dovevano andare in Africa il giorno dopo le stragi: “Davanti a duemila morti non si può far finta di niente, abbiamo diviso il mondo in due”. E denuncia possibili ripercussioni sull’immigrazione in Italia Perego: “Chiudere Schengen una follia economica, politica e sociale”.
Redattore sociale, 13-01-2015
ROMA “Ogni morto dovrebbe far pensare: se muore soltanto un uomo dovremmo fermarci tutti a riflettere, se ne muoiono dodici dovremmo ugualmente riflettere, ma se ne muoiono duemila non possiamo far finta di niente. E’ strano che solo Parigi sia diventata il centro del mondo. Il giorno dopo si doveva andare, invece, tutti in Africa perché duemila persone hanno subito la stessa violenza di Parigi, ma ancora una volta abbiamo diviso il mondo nella sofferenza: noi quelli di serie A, messi tutti insieme a dire non è giusto, mentre i duemila morti della Nigeria non li abbiamo visti, sono morti di serie B”. A sottolinearlo, a margine della presentazione oggi a Roma, della giornata del Migrante è stato l’arcivescovo di Agrigento Francesco Montenegro, che sarà nominato cardinale nel prossimo Concistoro di febbraio. Secondo Montenegro i grandi della terra, così come hanno sfilato nella capitale francese, dovevano andare anche in Africa a rendere omaggio alle vittime degli attentati di Boko Haram.
L’arcivescovo di Agrigento, da sempre impegnato in prima linea nella tutela dei migranti, ha espresso preoccupazione per il clima che si potrebbe creare dopo i fatti di Parigi, anche nel nostro paese. “Il timore di ripercussioni sugli stranieri in Italia c’è  perché si sta portando avanti una politica della paura che fa comodo ad alcuni, gli stessi che poi fanno interessi sugli immigrati – aggiunge – . A furia di gridare ‘dai all’untore’, diventano tutti untori. Ma bisogna pensare che anche noi abbiamo esportato violenza nelle migrazioni. C siamo difesi dicendo che non tutti siamo mafiosi, allo stesso modo dovremmo parlare dei nostri fratelli stranieri. Serve, dunque, una riflessione matura da parte di tutti”. Montenegro è anche critico sulla possibilità di una limitazione di Schengen. “E’ come se improvvisamente volessimo fermare il vento e chiudere un continente – sottolinea –, invece c’è un male alla base a cui non vogliamo guardare: l’ingiustizia a causa della quale questi popoli si spostano. Guardare in modo diverso a questa realtà ci permetterà un’accoglienza diversa e più serena”.  
Sulla stessa scia anche monsignor Giancarlo Perego che ha definito l'ipotesi di una possibile abolizione di Schengen “una follia politica, economica e sociale”. “Potrebbe venire la tentazione di un ritorno alla frontiera alimentato da elementi di paura – sottolinea -  forse è arrivato, invece, il momento di investire finalmente in relazioni e integrazione.Una restrizione di Schengen penalizzerebbe innanzitutto l’Italia, pensiamo ai nostri giovani che lavorano all’estero o ai lavoratori frontalieri in Svizzera. La paura e la chiusura – conclude – sono solo un motivo di involuzione”. Durante il suo intervento, monsignor Perego ha reso noti i numeri aggiornati dell’immigrazione in Italia. “Il 2014 in Italia è stato l’anno del forte calo dei migranti economici, che in alcune città è diventato anche il calo del numero degli immigrati – spiega -. Lo scorso anno è stato segnato dalle numerose partenze di giovani italiani, di disoccupati per altri Paesi europei”.
La Giornata del migrante si celebrerà in tutta Italia domenica prossima, 18 gennaio. La regione scelta quest’anno è la Basilicata dove i numeri dell’emigrazione italiana sono dieci volte maggiori di quelli dell’immigrazione. Il messaggio scelto da Papa Francesco per la giornata è quello di una “Chiesa senza frontiere: madre di tutti”. “Alla globalizzazione del fenomeno migratorio occorre rispondere con la globalizzazione della carità e della cooperazione, in modo da umanizzare le condizioni dei migranti – sottolinea il pontefice - Nel medesimo tempo, occorre intensificare gli sforzi per creare le condizioni atte a garantire una progressiva diminuzione delle ragioni che spingono interi popoli a lasciare la loro terra natale a motivo di guerre e carestie, spesso l’una causa delle altre”. (ec)
 
 
 
Migrantes: 3.500 minori "scomparsi nel nulla" 
Avvenire, 14-01-2015 
L’auspicio che “nelle nostre comunità” la 101ma Giornata mondiale del migrante e del rifugiato “possa contribuire a diffondere una nuova cultura dell’incontro, una politica capace di mettere sempre al centro la povera gente, un’economia che sappia intrepretare l’esigenza della gratuità e della condivisione”. Ad esprimerlo questa mattina a Roma è monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e della Fondazione Migrantes, intervenuto, presso la sede della Radio vaticana, alla conferenza stampa di presentazione delle iniziative della Chiesa italiana per la celebrazione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, in programma domenica 18 gennaio su “Chiesa senza frontiere: madre di tutti”.
Mons. Montenegro, che verrà creato cardinale nel Concistoro del prossimo 14 febbraio, ha osservato che “a cinquant’anni dal Concilio Vaticano II il tema della Chiesa madre è richiamato da Papa Francesco”. Alle nostre Chiese, ha sottolineato, questo chiede “di condividere il viaggio di molti migranti in cerca di condizioni di vita più umane”. Invece nelle nostre comunità “assistiamo ancora a gesti di diffidenza e ostilità”. “Affermare la maternità della Chiesa - secondo il presule - chiede anche la capacità di condividere le risorse con i più poveri, e tra essi oggi certamente i migranti forzati”. 
Alla presentazione monsignor Perego, direttore generale di Migrantes, ha sottolineato che "la proposta, in seguito ai tragici eventi di Parigi, di modificare o abolire il trattato di Schengen ritornando alle frontiere è una follia politica economica e culturale”. 
I dati
Delle oltre 170mila persone (migranti forzati) sbarcate sul nostro territorio nel 2014, al 1° gennaio 2015 quelle accolte e rimaste nelle diverse strutture di prima e seconda accoglienza sono poco meno di 66.000, cioè poco più di 1/3, ha spiegato monsignor Perego, precisando che non si può parlare di “invasione” e che, se non governata correttamente, la paura che ha portato alla nascita di partiti nazionalisti in Europa “può diventare un motore di involuzione sociale ed economica”. 
Tre le priorità evidenziate dal responsabile di Migrantes per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati. Anzitutto “la necessità di estendere almeno in tutti i 3mila Comuni sopra i 5mila abitanti almeno un’unità di accoglienza dei richiedenti asilo, attraverso progetti che estendano il progetto di strutture di seconda accoglienza (Sprar) almeno a 50mila, con una partecipazione adeguata anche dei Comuni del Nord Italia”. 
Al tempo stesso, ha proseguito monsignor Perego, occorre “consolidare una rete di prima accoglienza strutturata sul territorio nazionale, attraverso il mondo dell’associazionismo e della cooperazione sociale, della realtà ecclesiale, almeno per 100mila persone”. In relazione alla tutela dei minori non accompagnati, monsignor Perego ha segnalato gravi carenze nell’accoglienza, soprattutto nelle famiglie, nonostante le indicazioni normative vigenti. Necessarie, secondo Perego, “alcune precise e puntuali indicazioni applicative della legge a tutela dei minori non accompagnati, perché da subito sia garantita la tutela di chi arriva in Italia” per “evitare anche che 3.500 minori scompaiano nel nulla, come è successo nel 2014”. 
Infine, dalla “nota positiva” secondo la quale “nel 2014 i 10 Cie in Italia, di cui metà chiusi, vedono oggi la presenza solo di 276 persone a fronte di 1.748 posti”, l’auspicio che “presto si arrivi finalmente alla chiusura di strumenti di una stagione ideologica e costosissima di trattenimento dei migranti”. Serve, insomma, “uno sforzo maggiore non per presidiare le frontiere, ma per superarle a tutela della dignità della persona umana”. Quest’anno, ha concluso, la Regione prescelta per celebrare la Giornata è la Basilicata da cui provengono 117mila emigranti italiani e che attualmente accoglie 17 mila immigrati.                      
Il messaggio di Napolitano
"È indispensabile compiere ogni sforzo per garantire i diritti inalienabili delle persone e il rispetto della loro dignità. Sono certo che gli italiani, memori di una loro antica, dolorosa odissea di migranti, continueranno
ad esprimere concreta vicinanza al dramma di quanti fuggono da
condizioni di grave pericolo e di estrema indigenza". Lo ha sottolineato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato alla Fondazione Migrantes in occasione della Giornata mondiale del Migrante del Rifugiato. Napolitano ha sottolineato la "preziosa attività svolta dalla fondazione e dal volontariato laico" che costituisce "un importante supporto all'azione dello Stato e degli enti territoriali, in nome dei comuni valori della solidarietà e dell'accoglienza, specie nelle
drammatiche situazioni di emergenza che il nostro Paese ha
conosciuto nel corso della sua storia".
 
 
 
Migranti irregolari, fuori dai "radar" dell'assistenza e da ogni altro diritto
L'Associazione di volontariato Naga da oltre 30 anni offre supporto sanitario gratuito ai cittadini stranieri che non hanno accesso al Servizio Sanitario Nazionale. I dati raccolto con una sua ricerca permettono di documentare l'evolversi nel tempo di una popolazione che sfugge alle statistiche ufficiali. Una squadra di ricercatori ha incontrato oltre 15mila utenti fra il 2009 e il 2013: ne è uscita una fotografia approfondita sullo stato dell'immigrazione irregolare in Italia
la Repubblica.it, 13-01-2015
MAURIZIO BONGIOANNI
ROMA - Lunghe permanenze, altissimi tassi di istruzione, ma un drammatico calo dell'occupazione e un aumento della marginalità. Queste in sintesi le conclusioni a cui è giunta l'Associazione di volontariato Naga che da oltre trent'anni offre assistenza sanitaria gratuita ai cittadini stranieri che non hanno accesso al Servizio Sanitario Nazionale. Data la peculiarità dell'utenza del Naga, i dati permettono di documentare l'evolversi nel tempo di una popolazione che normalmente sfugge alle statistiche ufficiali: grazie infatti agli oltre 15mila utenti che ha incontrato tra il 2009 e il 2013, l'associazione ha ricostruito, per mezzo di una squadra di ricercatori, una fotografia approfondita sullo stato dell'immigrazione cosiddetta irregolare in Italia. I risultati di questa lunga indagine sono pubblicati all'interno del rapporto - il terzo prodotto dall'associazione - intitolato "Stanno tutti bene".
La crisi ha avuto effetti pesantissimi. La percentuale di occupati è passata dal 63% del 2008 al 36% nel 2013 e la riduzione è stata di oltre 30 punti percentuali per la componente femminile. "Al crollo degli occupati relativamente stabili, corrisponde un aumento dell'occupazione saltuaria (dal 47% del 2008 a circa il 69% del 2013) e degli ambulanti", affermano i curatori della ricerca Simone Cremaschi (European University Institute), Carlo Devillanova (Università Bocconi), Francesco Fasani (Queen Mary University London) e Tommaso Frattini (Università degli Studi di Milano). "È inoltre sensibilmente peggiorata la condizione abitativa del campione, con un preoccupante aumento dei senza fissa dimora". Il crollo dell'occupazione a seguito della crisi economica è stato più forte tra i migranti provenienti da Paesi europei e tra quelli con un'istruzione universitaria: "mentre in Italia la quasi totalità dei migranti occupati svolge lavori non qualificati, nel Paese di origine molti erano impiegati in occupazioni con elevato livello di specializzazione", continuano i ricercatori. "I risultati dello studio suggeriscono l'urgenza di appropriati interventi pubblici e un ripensamento generale della legislazione sull'immigrazione, slegando il permesso di soggiorno dal contratto di lavoro".
La verità sugli "irregolari". "Per la prima volta quest'anno, presentiamo un rapporto dove raccontiamo una realtà recessiva", afferma Luca Cusani, presidente del Naga. "Abbiamo una normativa insensata, criminalizzante e che crea irregolarità. Attraverso questa ricerca vogliamo restituire una fotografia inedita dell'immigrazione irregolare: una popolazione che sente più fortemente di tutti gli altri i morsi della crisi, che non "ruba" il lavoro agli italiani, ma che anzi lo perde più facilmente, che scivola senza rumore nell'indigenza e spesso nella vita di strada e che sempre più spesso, infine, decide di abbandonare il Paese".  Quindi il timore che l'immigrazione irregolare - capace di spingere il mercato del lavoro verso una concorrenza sleale "al ribasso" - stia penalizzando i lavoratori italiani non trova riscontro empirico nei dati. La riduzione del tasso di occupazione fra italiani non corrisponde a un aumento dello stesso tra immigrati irregolari. Anzi, quest'ultimi sono stati maggiormente colpiti e per loro non sono previsti interventi pubblici di alcun tipo. "Questi  dati" conclude Cusani "raccontano che stanno tutti peggio. O meglio, che stiamo tutti peggio".
 
 
 
Immigrazione, Schulz: senza un sistema legale europeo costringiamo le persone sui barconi
Public Policy, agenzia di stampa politica e parlamentare, 14-01-2015
ROMA (Public Policy) - "Dobbiamo essere onesti, nè Mare Nostrum nè Triton sono sufficienti, serve un quadro legale per l'immigrazione in Europa, un compromesso europeo per avere un sistema legale, il mezzo migliore per evitare il traffico di essere umani. Noi spingiamo le persone nelle braccia dei trafficanti proprio perchè non abbiamo questo sistema legale, come ce l'hanno invece gli Usa, il Canada, l'America latina". 
Lo ha detto il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, durante la conferenza stampa, a Strasburgo, di chiusura del semestre di presidenza italiana. L'esponente dell'Spd tedesca, con il premier Renzi al suo fianco, ha poi difeso le politiche italiane: "È inaccettabile criticare l'Italia sull'immigrazione". (Public Policy) 
 
 
 
Mozione shock in Comune: "Schedate gli immigrati e dite dove vanno a scuola i figli"
A Guanzate (Como) l'interpellanza dei consiglieri di una lista civica vicina alla Lega Nord, che chiede anche di verificare le condizioni di salute. Il sindaco. "Documento di chiara matrice razzista"
la Repubblica, 13-01-2015
DAVIDE CANTONI
COMO - Una schedatura degli immigrati. La richiesta di un rapporto dettagliato che chiarisca quanti siano fra regolari e irregolari, come si chiamano, dove abitano, se hanno un lavoro e dei figli e, nel caso, quali siano scuole e classi frequentate dai bambini. E c'è anche l'invito a verificare periodicamente le condizioni di salute degli stranieri a fronte di spostamenti nei Paesi d'origine: controlli che andrebbero estesi a "prostitute e ambulanti". Tutto nero su bianco in un documento ufficiale, un'interpellanza depositata in Comune a Guanzate, provincia di Como, da due consiglieri comunali - Alberto Sampietro e Gabriele Pagani - della lista Guanzate Viva, emanazione della Lega Nord, sulla cui carta intestata è stato vergato l'atto.
L'elenco di richieste, che inquadrano una sorta censimento etnico, ha un incipit preciso (oltre ad alcune incertezze grammaticali e sintattiche): "A fronte dei continui furti, vandali locali, il diffondersi della prostituzione incontrollata e del continuo spargersi di drogati, di immigrazione clandestina e la possibile diffusione di malattie pericolose, chiediamo a questa amministrazione e all'assessore competente un rapporto il più possibile dettagliato". Segue una lunga lista in cui, oltre ai dettagli anagrafici, residenziali, sanitari, lavorativi e relativi ai figli, i due consiglieri chiedono di accertare che gli immigrati paghino le tasse ("e quanto pagano") e che siano in regola con le rette scolastiche.
Inoltre invocano un accertamento sulle spese del Comune sia sul fronte dei servizi sociali sia "per le mense degli alunni della scuola primaria e dell'asilo". Infine i due consiglieri, denunciando un clima vessatorio in ambito fiscale a carico dei cittadini (altro lungo elenco in cui si lamentano anche per la "revisione dei fumi delle caldaie") fanno sapere di essere "al limite della sopportazione". Sampietro e Pagani rimarcano come la richiesta non dovrebbe essere presa come "atto discriminatorio" perché, sostengono, "se c'è qualcuno che sta subendo gravissimi torti siamo noi cittadini guanzatesi, comuni e onesti, che siamo abituati purtroppo a subire e tacere".
Il sindaco del paese, Flora Carnio, eletta con una lista civica vicina al Pd, bolla l'interpellanza senza mezzi termini: "E' un documento di chiara matrice razzista che rifiuta una coesione civile e pacifica - accusa - Si tratta di un testo superficiale, grammaticalmente scorretto, che indica bene la via che i consiglieri vorrebbero percorrere. Siamo una società multietnica, piaccia o meno si deve vivere in modo democratico".
Un durissima presa di posizione è arrivata anche da Chiara Braga e Mauro Guerra, deputati comaschi del Pd. I due definiscono l'interpellanza "pretestuosa e insinuante, un atto che contiene richieste fortemente discriminatorie che vanno ben al di là del normale "controllo" previsto dalla legge a tutela dei cittadini". I deputati denunciano "una schedatura in piena regola degli immigrati". Iniziative del genere, concludono i democratici, "non fanno altro che caricare il clima sociale di tensione" e spingono "alla caccia al nemico".
TagsArgomenti:provincia di ComoGuanzateleg
Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links