Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

01 febbraio 2012

Lettera aperta da Tunisi al governo italiano
Un gesto per i «senza nome» di Lampedusa
il manifesto, 01-02-2012
Omeyya Seddik
Un vero stato democratico è uno stato che protegge la vita e i diritti di tutte le sue cittadine e i suoi Cittadini ovunque essi si trovino, e che protegge la vita e i diritti di tutti quelli che si trovano sul proprio territorio. È questo uno dei principi che ha animato la rivoluzione tunisina, che ha dato il via alle cosiddette Primavere arabe.
Ed è lo stesso motivo che motivato la creazione di un nuovo ministero in seno al primo governo eletto della storia del paese: il ministero alle Migrazioni e dei Tunisini all'estero.
La Tunísia è un paese di emigrazione, più del 10% della sua popolazione vive all'estero, ma è anche diventato un paese di immigrazione e di transito. Non può più permettersi di non avere una politica indipendente, democratica e equilibrata sulle migrazioni, né delle Strategie coerenti per metterla in pratica.
In effetti, una politica indipendente è una politica che non è dettata dalle pressioni subite in ambiti confldenziali a sca- pito di valutazioni necessarie dell'interesse nazionale. Una politica democratica è quella che si elabora attraverso una concertazione tra istituzioni legittime e che tenga conto delle aspirazioni dei Cittadini. E una politica delle migrazioni che si possa definire equilibrata è quella che non ignora gü interessi né dei paesi di accoglienza né di quelli di origine, né gii interessi dei migrati steSsi, La nuova Tunísia punta sul fatto che una politica dl questo tipo non solo è possibile, ma necessaria e ínevitabile.
L'Italia, con la Francia, è uno dei primi due partner economici della Tunisia e uno dei due paesi più importanti per l'emigrazione tunlsina. I comuni interessi tra Italia é Tunisia, siano essi legati alla produzione e agli investimenti, al turismo, all'energia, alla vicinanza geografica e o culturale o alle affinità storiche plurimillenarie non hanno bisogno di prove. Nonostante questo, la storia condivisa degli Ultimi decenni è stata caratterizzata da rapporti che non possono essere definiti equilibrati, e da avvenimenti e drammi che non sono degni di due paesi che si dicono democratici : Alcune cause di questa realtà drammatica sono, secondo noi, attribuibili a delle politiche irresponsabili attuate da dirigenti il cui principale interesse è stato il mantenimento di un potere anti-popolare e anti-democratico da parte tunisina, e la ricerca di risultati elettorali e populisti di breve termine da parte italiana. Lo spettacolo indegno di cui è stata teatro l'isola di Lampedusa, suo malgrado, la questione dei vari centri che hanno ricoperto tutti il territorio italiano, le tragedie che hanno fatto dei Canale di Sicília un enorme cimitero e infine le condizloni di vita di numerosi migranti nelle città e nelle campagne ítaliane, sono la dimostrazione più impressionante di questa deriva. Le altre cause, più profonde, di questo fiasco vanno ricercate in una doxa che si è rivelata dannosa e inefficace: quella che si basa sulla criminalizzazione delle migrazioni e sulla gestione securitaria della mobilità della manodopera a scapito dei diritti umani e delle realtà economiche e social (se non nell'interesse di qualche categorie di trafficanti di esseri umani e di sfruttatori di lavoro al nero). Qualsiasi bilancio delle politiche migratorie messe in atto dall'Europa nel corso di circa trent'anni sulla base di questa dottrina ne stabilisce gli efletti nefasti e il carattere pregiudizievole nei confronti di tutte le società coinvolte, oltre alle conseguenze in termini di violazione di massa dei diritti fondamentali.
Noi, tunisine e tunisini del dopo dittatura, vorremmo proporre agli italiani di intraprendere un'esperienza che porti alla costruzione di un prototipo di rapporti virtuosi sulle migrazioni. Intendiamo con rapporti virtuosi una politica che rompa immediatamente con le politiche nefaste e estremamente costose che sono tutt'ora in corso, in un momento in cui sforzi cosi enormi dovrebbero essere impiegati per trovare una soluzione alla crisi delle condizioni di vita e di lavoro, Intendiamo per virtuosi dei rapporti basati sul rispetto, sulla presa in carico degli interessi reciproci e sulla difesa dei diritti di tutti. Recentemente abbiamo conosciuto una lingua nuova mostrata da alcuni responsabili italiani che ci sembra avere dei caratteri di realismo e di coraggio sulle politiche migratorie, in particolare in bocca del vostro ministro alla Cooperazioné e all'integrazione Andrea Riccardi. Speriamo di poter approfondire quei temi, è tempo di aprire questo cantiere,
Vorremmo infine mettervi a parte di una questione che per noi è altamente prioritaria per il suo carattere umanitario e tragico: quella dei migranti scomparsi e quelli che noi chiamiamo i tunisini di Lampedusa,
Come sapete, qualche migliaio di giovani migranti hanno preso il mare diretti sulle coste europee durante le insurrezioní tunisine, egiziane e libiche. Si tratta, per loro, di andare alla ricerca di condizioni di vita degne e libere, aspirazioni che sono le stesse della rivoluzione.
Per molti di loro è stato un brusco risveglio, e si sono ritrovati nelle condizioni spesso indecorose che sapete. Alcuni sono morti, annegati in questo Mare nostrum che da troppo tempo è diventato proprietà esclusiva di alcuni che possono circolare come vogliono, e solo un cimitero o un calvario per altri.
E poi ci sono i dispersi: sono quelli che da più di un anno non danno più notizie di sé al loro cari, ma dei quali  non esiste alcun elemento noto che stabilisca che siano annegati; sono, secondo gli elementi a nostra disposizionec, cerca trecento ragazzi. Tra questi, alcuni casi suscitano piu perplessità degli altri, visto che diversi elementi più o meno solidi indicano che essi sono arrivati sulle coste italiane.
Questi dispersi hanno lamiglie e amici che hanno ancora la speranza di ritrovarli e che non possono trovare pace senza aver rivisto i propri figli vivi o senza poter portare il lutto. Queste famiglie non capisçono perché non gli vengano fornite risposte chiare, che gli Stati non rispondano mentre sono in grado di dispiegare mezzi enormi di sorveglianza e di controllo. Hanno l'impressione che la vota dei loro flgli non conti quanto quella degli altri, e non possono accettarlo.
Facciamo di questa questione una nostra priorità perché dobbiamo stabilire che la loro vita conta quanto quella di tutti gli altri, e che non possiamo essere una democrazia senza mettere a disposizione tutti i nostri mezzi per stabilirlo. Chiediamo ale autorità italiane di fornire tutta la collaborazione necessaria per fere luce sulla sorte di questi cittadini tunisini scomparsi, poiché oggi si tratta di cominciare ristabilire una fiducia senza la quale non si possono avere rapporti dl amicizia. E nessuno può dare fiducia a chi considera che la vita dei propri figli conta poco.
* Sottosegretario presso il ministro alle Migrazioni e ai Tunisini all'estero della Repubblica tunisina.



Desaparecidos 500 tunisini, le famiglie in patria reclamano ricerche?Associazione italo-tunisina le appoggia, un’interrogazione di Livia Turco
Onu, la strage del Mediterraneo 1.500 dispersi in mare nel 2011
Sono 1.500 i migranti dispersi nel Mediterraneo nel 2011, l’anno delle Primavere arabe. Lo calcola l’Unhcr. Circa 500 erano tunisini diretti in Italia. I parenti chiedono ricerche ed è nata una associazione italo-tunisina.
l'Unità, 01-02-2012
Rachele Gonnelli
Sono i nuovi desaparecidos. Anche se non è la mano guantata di nero di una dittatura ad aver cancellato le loro tracce, anche se la loro sparizione è oggi nel Mediterraneo e non nell’America Latina degli anni Settanta. Lo stesso si somigliano le madri tunisime che tutti i giorni da mesi si riuniscono a drappelli sotto il ministero degli Esteri a Tunisi portando al petto le loro foto. Dispersi, spariti, dimenticati. Sono oltre 1.500 i migranti, quasi tutti giovani e giovanissimi, partiti dalla Libia e dalla Tunisia, forse annegati cercando di attraversare il Mediterraneo nel 2011, anno della «primavera araba», per raggiungere l'Europa o meglio l’Italia, almeno come prima tappa. La conta ma è ancora una stima viene dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, l’Unhcr. La portavoce, Sybella Wilkes, sottolinea come si tratti del bilancio più pesante di sempre e come questo numero di 1.500 sia stato calcolato per difetto, «potrebbe essere più alto».
Il precedente primato risaliva al 2007, quando le vittime e i dispersi furono 630. Poi i controlli alle frontiere e i pattugliamenti marittimi in Grecia e in Italia, i «contenimenti» in Libia, aveva ridotto o almeno spostato le rotte. Invece il 2011, l’anno delle grandi speranze e delle grandi libertà in Medioriente, i viaggi della speranza sulle carrette del mare sono ripresi in forza. Inclusi anche i profughi imbarcati nella Libia dell’ultimo Gheddafi come «bombe umane» contro l’Europa.
Il problema è che nessuno li cerca, questi giovani dispersi. Sono almeno 400 solo quelli tunisini. Le fragili democrazie arabe non sembrano finora aver trovato la forza per affrontare i costi delle ricerche chieste a gran voce dai familiari, caricati dalla polizia a Tunisi una settimana fa. E l’Italia, la Francia, la Grecia, Malta non sembrano più sensibili. Per i parenti rimasti senza notizie, è un calvario tra lutto e speranza che il congiunto sia ancora vivo e magari, clandestino in un Cie, non riesca a comunicare con la famiglia.
DA UNA SPONDA ALL’ALTRA
Come Faouzi Hadeji, fruttivendolo a Genova, fratello di Lamjed, partito il 29 marzo, come molti, da Sfax. È convinto di aver riconosciuto il fratello in un servizio televisivo. «Sto diventando pazzo perché l’ho visto, era a Lampedusa, ma sono nove mesi che non lo sento e non so nulla di lui». Una delle molte storie documentate dalla campagna italo-tunisina «Da una sponda all’altra: vite che contano» e dall’associazione e Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. che ha avviato una petizione online e una raccolta di nomi. Su questi casi la parlamentare del Pd Livia Turco ha chiesto in una recente interrogazione una risposta urgente della ministra dell’Interno Cancellieri.



CANALE DI SICILIA
Un cimitero in fondo al mare
Avvenire, 01-02-2012
? Cinque vittime al giorno. Risucchiate nell’abisso di un sogno mancato. Per loro il 2011 è stato il peggiore degli anni: oltre 1.500 persone annegate o disperse nel tentativo di attraversare il Mediterraneo e raggiungere l’Europa.
Le stime dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (Acnur) sono le più nere da quando, nel 2006, l’agenzia delle Nazioni Unite ha cominciato a elaborare le statistiche delle vite a perdere. Fino ad ora il periodo più allarmante era stato il 2007, quando tra morti e dispersi si contarono 630 nomi.
«Non ci aspettavamo che si potesse andare anche oltre quei numeri – commenta Laura Boldrini, portavoce dell’Acnur –. Sempre più spesso riceviamo telefonate con richieste d’aiuto addirittura dai barconi in avaria». Sono le voci disperate di chi si vede il mare addosso. L’ultima volta è successo il 14 gennaio. La barca, con a bordo almeno 55 persone, ha dato l’allarme segnalando un’avaria. Poi più nulla. «La guardia costiera libica ci ha poi informato che la scorsa settimana 15 cadaveri (12 donne, 2 uomini e una bambina, tutti identificati come somali) sono stati trovati sulla spiaggia», riferisce Boldrini. Domenica scorsa sono stati recuperati altri 3 corpi. Tutte le persone morte per annegamento erano residenti somali di un malconcio insediamento di Tripoli.
Il 2011 si è chiuso con il record degli arrivi attraverso il Mediterraneo: 58mila. Una cifra che ha superato il precedente picco del 2008, quando 54mila persone raggiunsero la Grecia, l’Italia e Malta. Negli anni 2009 e 2010, le misure di controllo alle frontiere avevano improvvisamente ridotto l’afflusso di immigrati non comunitari, mentre all’inizio del 2011 «l’arrivo di imbarcazioni si è nuovamente intensificato – spiega da Ginevra una nota dell’Acnur – a seguito del collasso dei regimi in Tunisia e Libia».
Le statistiche non dicono tutto. «Il numero reale di persone che hanno perso la vita in mare potrebbe essere anche maggiore», mettono in guardia i team dell’Alto commissariato operativi in Grecia, Italia, Libia e Malta. Le stime dell’agenzia si basano su testimonianze raccolte dai sopravvissuti, molto dei quali costretti a imbarcarsi da guardie armate, in particolare in aprile e maggio dalla Libia.
Quello che le statistiche non possono censire è il numero di bambini spariti tra le onde. «Sono numerosi i piccoli e i minorenni morti o dispersi in mare, ne abbiamo certezza e molti riscontri», spiega ancora Laura Boldrini, tra l’altro autrice di "Tutti Indietro", un saggio denuncia sulla politica e la cultura dei "respingimenti".
Qualcosa per fortuna è cambiato. Tanto che oggi l’Acnur "accoglie con favore il perdurante impegno delle autorità italiane, maltesi e libiche nel soccorrere le imbarcazioni nel Mediterraneo".
Tra le persone arrivate lo scorso anno, la maggioranza è sbarcata in Italia (56.000, delle quali 28.000 provenienti dalla Tunisia). A Malta e in Grecia sono giunti rispettivamente 1.574 e 1.030 migranti. La grande maggioranza è è però sbarcata nella prima metà dell’anno. Da metà agosto fino alla fine dell’anno sono arrivate solo tre imbarcazioni.
C’è poco da tirare il fiato. Il 2012 è cominciato con un barcone sparito e due avvistati prima di inabissarsi. In 140 si sono salvati, degli altri 55 si aspetta che il mare restituisca i corpi.

 

Cancellieri: sulla cittadinanza “non un’apertura incondizionata”. La concessione va legata a “un processo di reale integrazione” anche per i nati in Italia.
Audizione del ministro dell’Interno al Senato. Nel 2011 sono stati 47 mila gli immigrati illegali rintracciati, 25 mila quelli rimpatriati effettivamente.
ImmigrazioneOggi, 01-02-2012
“Rispetto alla prospettiva di passare da una visione culturale che àncora lo status civitatis al sangue, ad una prospettiva in cui prevale la presenza sul territorio (ius soli), non abbiamo alcuno spirito di chiusura, ma neppure un’apertura incondizionata, davanti a un orizzonte che muterà la struttura socio-culturale del Paese”.
È quanto ha dichiarato il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri nel corso di una audizione alla Commissione affari costituzionali del Senato che si è svolta ieri.
La responsabile del Viminale ha ricordato l’esigenza di “dare una risposta a quanti vivono da tempo nel nostro Paese e i cui discendenti stanno maturando un concreto progetto di vita nel nostro Paese”. “La mia valutazione è quella – ha detto il ministro – di considerare questo fenomeno con grande realismo politico, avendo ben fermo il principio che la concessione della cittadinanza a coloro che sono nati in Italia non possa avvenire per mero automatismo ma debba essere inserita in un processo di reale integrazione e, quindi, derivare da una serie di fattori”.
Tra questi, “la residenza da un certo periodo di tempo del nucleo familiare in Italia e il completamento di una parte degli studi nel nostro Paese”.
Cancellieri si è, quindi, detta certa che “insieme, Governo e Parlamento, possano trovare un giusto punto di equilibrio e di sintesi” su questa importante questione.
Il ministro, rispondendo ad un quesito, ha poi affermato che nel 2011 gli stranieri “rintracciati in posizione illegale sul territorio nazionale sono stati 47.152” e “quelli rimpatriati effettivamente sono stati 25.163”, mentre erano “1.238 quelli detenuti per reato di immigrazione clandestina” alla data del 31 dicembre scorso.



Quando e quanto ti senti italiano?" Il censimento Istat assieme alla Rete G2
Domande, speranze, sogni di ragazze e ragazzi italiani, nati nel nostro Paese o da famiglie straniere, ma che qui hanno ormai le loro radici. "Noi+10" è il progetto promosso dall'Istat in occasione del censimento generale, assieme al movimento delle Seconde Generazioni. Partecipate al concorso: c'è tempo fino al 29 febbraio
la Repubblica, 31-01-2012
ROMA - Come saremo tra 10 anni? Quale sarà la nostra professione? Dove realizzeremo i nostri sogni? Dove costruiremo il nostro futuro? Questi i quesiti rivolti ai ragazzi e alle ragazze partecipanti a "NOI+10", il progetto promosso da Istat in occasione del 15° Censimento generale della popolazione e delle abitazioni, in collaborazione con la Rete G2 - Seconde Generazioni 1. NOI+10 nasce come un'iniziativa culturale a corollario del Censimento, con l'ambizione di fotografare e provare a raccontare l'Italia che è e che sarà, attraverso le testimonianze delle seconde generazioni. Un racconto a più voci di giovani, nati e/o cresciuti in Italia e figli di stranieri, che sono chiamati a immaginarsi da qui a 10 anni, costruendo uno spaccato sui sogni e sui progetti dei primi veri cittadini cosmopoliti italiani. Con la rilevazione censuaria l'Istat 2 fotografa l'Italia, con NOI+10 prova a immaginare l'Italia del futuro dal punto di vista delle seconde generazioni: ora siamo qui, ma tra 10 anni lo scenario potrebbe essere diverso.
Si può partecipare fino al 20 febbraio. I giovani che vogliono partecipare dovranno produrre video, testi, sms, materiali fotografici o audio su come immaginano il loro futuro da qui a 10 anni, quali sono le loro aspirazioni e dove pensano di realizzarle. C'è tempo fino al 29 febbraio per inviare le proprie testimonianze attraverso i seguenti canali:- indirizzo email Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.
- sms al numero 340/1047473 - wetransfer.com per i file superiori a 10 mega, indicando come indirizzo del destinatario Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. . Le informazioni relative al progetto e la modulistica relativa sono disponibili sul sito 3 nella pagina dedicata a NOI+10 nella sezione Giovani. Al termine della raccolta, gli elaborati saranno pubblicati sul canale YouTube del Censimento e tramite i canali in rete di Rete G2 - Seconde Generazioni.
Il progetto. E' realizzato in collaborazione con la Rete G2 - Seconde Generazioni, l'associazione di ragazzi e ragazze nati e cresciuti in Italia da genitori stranieri, ma che ancora oggi scontano un deficit di cittadinanza. Per informazioni: Segreteria organizzativa; telefono: 06.441640307- 306; 340.1047473. Email: noipiudieci@istat.    
Cos'è la La Rete G2. E' un'organizzazione nazionale apartitica fondata da figli di immigrati e rifugiati nati e/o cresciuti in Italia. Chi fa parte della Rete G2 si autodefinisce come "figlio di immigrato" e non come "immigrato": i nati in Italia non hanno compiuto alcuna migrazione, e chi è nato all'estero ma cresciuto in Italia non è emigrato volontariamente, ma è stato portato in Italia da genitori o altri parenti. "G2" quindi non sta "per seconde generazioni di immigrati" ma per "seconde generazioni dell'immigrazione", intendendo l'immigrazione come un processo che trasforma l'Italia, di generazione in generazione. E' un network di "cittadini del mondo", originari di Asia, Africa, Europa e America Latina, che lavorano insieme su due punti fondamentali: i diritti negati alle seconde generazioni senza cittadinanza italiana e l'identità come incontro di più culture.
Il radicamento in molte città. G2 nasce a Roma nel 2005 e oggi ne fanno parte anche seconde generazioni di altre città italiane: Milano, Prato, Genova, Mantova, Arezzo, Padova, Imola, Bologna, Bergamo e Ferrara. Complessivamente la Rete nazionale oggi riunisce ragazzi/e dai 18 ai 35 anni, originari di diversi Paesi: Filippine, Etiopia, Eritrea, Perù, Cina, Cile, Marocco, Libia, Argentina, Bangladesh, Capoverde, Iran, Srilanka, Senegal, Albania, Egitto, Brasile, India, Somalia, Ecuador e altri. Sul Blog G2, finora raggiunto da più di 140mila visitatori, di cui visitatori unici 75mila per un totale di circa 1 milione di pagine visualizzate e discute sul Forum G2 4 dove sono registrati circa 800 utenti.
Il premio ai loro video. Nel 2006 sono stati realizzati i Video G2. Il primo ha vinto il Premio nazionale Mostafà Souhir "per l'originalità dello spunto e per essere espressione riuscita del protagonismo nel mondo della comunicazione da parte delle giovani generazioni". Mentre il Ministero della Solidarietà Sociale ha commissionato alla Rete G2 uno spot audiovisivo basato sul suo secondo video, "G2: Forte e Chiaro", realizzato in collaborazione con l'artista Maria Rosa Jijòn. La Rete G2 ha partecipato, tra il 2006 e il 2007, su invito del Ministro dell'Interno e del Ministro della Solidarietà Sociale agli incontri convocati sulla riforma del Testo Unico sull'immigrazione (leggi n. 189 del 2002 e n. 286 del 1998) ed è stata ricevuta in commissione Affari costituzionali della Camera per esprimere un proprio parere sia sulla riforma della legge sulla cittadinanza (legge n. 91 del 1992) che sul Testo Unico.
C'è anche un fotoromanzo. Nel 2007 G2 ha ideato e realizzato un originale strumento di comunicazione: il Fotoromanzo G2 5, per promuovere una modifica della legge sulla cittadinanza italiana (legge n. 91 del 1992) che sia più aperta nei confronti dei figli di immigrati nati e/o scolarizzati in Italia. Nel novembre 2007 alcuni rappresentanti della Rete G2 hanno consegnato nelle mani del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, una copia del Fotoromanzo e una lettera. Il Presidente ha accolto con favore le parole e l'appello della Rete G2 dichiarando che "la legge è troppo restrittiva, bisogna aprire canali nuovi di accesso alla cittadinanza italiana per tanti ragazzi e tanti giovani, figli di immigrati".
E una trasmissione radio. Nel 2008 la Rete G2 ha ideato e curato la trasmissione radiofonica "OndeG2 6", in onda dal 15 febbraio su Radio Popolare Milano 7 e a livello nazionale su Popolare Network 8, e ha promosso la raccolta musicale "Straniero a chi 9? Tracce e parole dei figli dell'immigrazione" in collaborazione con il ministero della Solidarietà sociale e con la casa discografica Gridalo forte records.



Immigrati, aumentano le tasse ma non i diritti
Il ministro Riccardi: «Per la cittadinanza nascere in Italia non basta, diamola ai ragazzi già integrati». Da ieri i permessi di soggiorno costano di più
l'Unità, 31-01-2012
Alessandra Rubenni
Ottanta euro per poter stare in Italia per un periodo massimo di un anno, 100 per due anni, 200 per il lungo periodo. Mentre Lega e Pdl minacciavano barricate contro l’abrograzione della nuova tassa sul permesso di soggiorno, nei giorni scorsi il governo aveva già chiarito di non avere nessuna intenzione di cancellarla. Semmai, l’avrebbe “modulata”, in base a reddito e composizione del nucleo familiare degli immigrati. Stranieri che evidentemente nel momento in cui richiedono il permesso di soggiorno già lavorano e pagano le tasse nel nostro Paese. Ma anche gli «sconti» sono stati rinviati e nel frattempo il balzello aggiuntivo sul rinnovo dei permessi è entrato in vigore.
Da ieri, grazie al decreto Maroni-Tremonti, varato agli sgoccioli del governo Berlusconi, si paga anche un’altra tassa, oltre i 72 euro che gli immigrati dovevano già versare per le spese relative al permesso elettronico, al servizio postale e marca da bollo. Contro la quale annunciano battaglia la Cgil («presenteremo ricorso contro un ingiusto provvedimento»), il Pd, sindacati e associazioni, con Sel già da ieri a protestare sotto Montecitorio e, tra tanti, una Emma Bonino in rivolta contro un governo che «ha annunciato che forse sospenderà la tassa, con un successivo provvedimento: un’altra goccia di incertezza legislativa, in cui migliaia di persone, immigrate, si chiederanno se la devono pagare o no, e cosa devono fare».
E per un balzello in più che arriva a carico di chi sia alle prese con la trafila per evitare di finire in clandestinità, ecco che si avvicina forse a un giro di boa il dibattito sulla proposta caldeggiata anche dal Presidente Napolitano come un passo necessario e ineludibile in un Paese civile di riconoscere la cittadinanza italiana ai figli di immigrati che nascano o crescano nel nostro Paese. Quei ragazzi che a scuola sono compagni di banco di bambini italiani, che giocano e diventano grandi insieme a loro ma che per legge restano degli stranieri. «Se un bambino è nato in Italia da genitori immigrati e ha studiato anche qui per un certo periodo, è inserito nella nazione ed è giusto che abbia la cittadinanza. Ma non si può pensare di ricorrere solo al criterio dello ius soli. Questo porterebbe a far nascere qui bambini da tutto il mondo», è l’obiezione arrivata l’altra sera dal ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, intervistata da Fabio Fazio.
Sulla stessa linea, il ministro dell’Integrazione, Andrea Riccardi, convinto che «tra fautori dello ius soli e dello ius sanguinis (il diritto alla cittadinanza per chi è figlio di italiani, ndr), si possa trovare una strada intermedia, che ho definito ius culturae». Quindi, pensiamo alla cittadinanza per i ragazzi già integrati, è il ragionamento di Riccardi, per «i figli dei lavoratori stranieri nati in Italia e che risiedono qui da tanti anni», quelli «che hanno frequentato le stesse scuole dei nostri figli, parlano italiano e spesso non conoscono se non per accenni la lingua originaria dei loro genitori e non sono mai tornati nei Paesi d’origine».
Chi sostiene la campagna per l’estensione del diritto di cittadinanza, però, mette in guardia proprio sulla difficile applicazione delle norme già esistenti: già oggi infatti è previsto che a 18 anni chi è nato in Italia possa chiedere la cittadinanza ma dimostrando di aver vissuto qui ininterrottamente. Anche delle vacanze nel paese d’origine o la semplice mancata notifica di un cambio di residenza possono compromettere il rilascio della cittadinanza.
Il numero degli stranieri residenti in Italia intanto continua a crescere: 4 milioni di stranieri residenti il 7% della popolazione tra i quali 572.000 minori nati nel Belpaese. Ma in otto anni, dal 2002 al 2010, meno di una persona straniera residente su 100 ha acquisito la cittadinanza italiana. Dati nettamente inferiori alla media europea, certifica Eurostat con una classifica su questo particolare “indicatore di civiltà”.



Dal 4 febbraio al 3 marzo a Roma il mese della cultura albanese.
Musica, film, mostre fotografiche, esposizioni di importanti documenti per raccontare e fare conoscere, in occasione dei 100 anni dell’Indipendenza, il “Paese di fronte”.
Immigrazione Oggi, 01-02-2012
L’Ambasciata della Repubblica d’Albania, il giornale Bota Shqiptare e la Consulta cittadina per l’immigrazione di Roma Capitale organizzano a Roma il mese della cultura albanese.
Dal 4 febbraio al 3 marzo 2012, in un mosaico culturale fatto di mostre fotografiche e di pittura, di un’esposizione di importanti documenti e stampe dell’Archivio Centrale, che hanno segnato i 100 anni dello Stato, di convegni e proiezione di film e tanto altro ancora, verrà presentata nella città eterna l’Albania, il “Paese di fronte”. Gli eventi si svolgeranno presso il Museo della Civiltà Romana a Piazza Giovanni Agnelli, 10. Rappresentanti di istituzioni, intellettuali, scrittori, registi, musicisti, pittori e fotografi, studenti e giovani albanesi, arbëreshë e italiani, racconteranno i momenti più importanti dei cent’anni dello Stato albanese e vari aspetti della vita degli albanesi e degli arbëreshe in Italia.



“Start It Up”: anche a Roma prendono il via le iscrizioni per il progetto promosso da Ministero del lavoro e Camere di commercio.
Si selezionano 400 aspiranti imprenditori extracomunitari, domande fino al 15 marzo.
ImmigrazioneOggi, 01-02-2012
Anche alla Camera di commercio di Roma sono aperte le iscrizioni per il “Start It Up” rivolto a “400 cittadini extracomunitari maggiorenni, occupati o disoccupati, con regolare permesso di soggiorno valido per almeno sei mesi”.
Il progetto ha come obiettivo principale quello di fornire le competenze basilari per lo start-up d’impresa e di lavoro autonomo mediante un percorso strutturato di orientamento, informazione, formazione e affiancamento, fornendo poi assistenza nella redazione del business plan.
La Camera di commercio di Roma, con il supporto organizzativo di Asset Camera e sotto il patrocinio del Ministero del lavoro, mette a disposizione dei cittadini stranieri alcuni servizi di supporto alla creazione d’impresa e all’avvio di attività di lavoro autonomo attraverso: un colloquio orientativo per la verifica dei requisiti di ammissibilità dell’aspirante imprenditore e per la valutazione delle attitudini imprenditoriale del candidato e della proposta di idea imprenditoriale; seminari di informativi e di formazione imprenditoriale; assistenza all’elaborazione del business plan.
Il progetto coinvolge anche le province di Ancona, Bari, Bergamo, Catania, Milano, Torino, Udine, Verona e Vicenza. La domanda di partecipazione va inviata entro il 15 marzo 2012. Per ulteriori informazioni e per scaricare il modulo di partecipazione è possibile consultare il portale della Cciaa di Roma.

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