Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri
Uno sgombero dopo l’altro: “Uno schifo dopo l’altro”.
Alessia Gizzi
Uno sgombero dopo l’altro. Ruspe e uomini a lavoro per mettere fine all’emergenza rom. Un dispiegamento di forze e mezzi senza pari per spostare, trasferire, abbattere.
Niente può fermare l’esecuzione del piano nomadi del comune di Roma. A novembre è toccato all’ ex Casilino 700. Alle 7 di mattina, senza preavviso, oltre 300 persone che vivevano da anni nel parco di Centocelle con tanto di bagni chimici donati dal Comune, sono state mandate via. Destinazione non conosciuta. Per ore uomini, donne e bambini sono rimasti accampati per strada, in mezzo alla Casilina e in una villetta adiacente. Poi la polizia li ha cacciati di nuovo. “Nella villa non potete stare, se qualcuno si fa male – ha ordinato un uomo che si e’ identificato come autorità preposta al controllo delle aree verdi di Roma – ci vado di mezzo io”. E così alcuni si sono dispersi mentre le donne con i bambini, accompagnate anche dalle maestre del vicino istituto Iqbal Masih, da anni impegnate in un difficile lavoro di integrazione dei nomadi, sono tornate ad occupare una fabbrica abbandonata. La stessa da cui li avevano cacciati qualche tempo prima gli uomini del Comune. Un esodo penoso mentre le baracche ben costruite, ancora piene di tutti i poveri averi di questa gente venivano rase al suolo dalle ruspe a poche centinaia di metri di distanza. Poi, qualche settimana dopo è toccato al campo di Tor Pignattara, baracche e casupole in muratura. 72 persone in tutto. 26 di loro portate direttamente in questura perché accusate di reati ambientali. Le altre trasferite in un centro di accoglienza in attesa di chissà cosa. Ma ancora non basta e soprattutto bisogna accelerare i tempi perché il piano nomadi prevede che entro il primo semestre del 2010 tutti i campi abusivi, un centinaio circa, secondo le ultime stime, spariscano. I 7.177 nomadi che nel frattempo sono stati fotosegnalati dalla questura, anche quelli regolari, devono essere concentrati nei 14 “campi tollerati” (così li chiama il commissario straordinario per l’emergenza nomadi, Giuseppe Pecoraro) o nei 7 villaggi autorizzati. E allora inizia un’altra ondata di trasferimenti. Dall’insediamento autorizzato di Via di Salone, circa 130 persone sulle 500 che vi si trovano vengono letteralmente strappate dai container dove vivono per essere caricate sui pullman della Croce Rossa. Chiediamo come sono state scelte le persone da trasferire. Il prefetto Giuseppe Pecoraro, il vero regista del piano nomadi, dice: “Abbiamo distinto i buoni dai cattivi”. I cattivi sono serbi e bosniaci che in Italia ci stanno magari da 40 anni o che ci sono nati ma che sono senza permesso di soggiorno. Nessuno glielo ha mai chiesto. Dopo la schedatura, la questura li ha obbligati a fare richiesta di asilo. “Non ci avevano detto che avviando la pratica per lo status di rifugiato poi ci avrebbero deportato in un centro d’accoglienza – dicono alcuni di loro - Ci stavamo appena ambientando qui dove ci avevano messo un annetto fa. I nostri bambini vanno a scuola in zona e ora invece ci spostano di nuovo”. La destinazione questa volta c'è. E' un centro d'accoglienza a Castelnuovo di Porto. Secondo l'Opera Nomadi si realizza così il vero piano del Comune: sgomberare i campi di Roma per trasferire i nomadi in provincia, dove sono meno visibili. Il timore di chi viene portato via è di ritrovare la propria casetta occupata da altri o ancor peggio di essere rimandati nei paesi della ex Jugoslavia da cui sono fuggiti tanto tempo fa in cerca di un po’ di pace. Dopo ore di tensione, li obbligano a salire sui pullman e se li portano via. E chissà tra quanto tempo e se mai faranno ritorno alle loro cose. Nel campo liberato bisogna collocare i primi sgomberati del Casilino 900. E’ l’operazione più difficile ma anche quella di cui il commissario per l’emergenza nomadi va più fiero. Sgomberare quell’enorme insediamento, il più grande e antico d’Europa. Si inizia dalla zona bosniaca, nel punto più alto del campo. Alcuni sono d’accordo a spostarsi anche se confessano: “Siamo rassegnati. E’ tutta la vita che ci spostano da un campo all’altro. Uno schifo dopo l’altro. Non crediamo più a nessuno”. Altri invece urlano e si disperano: “Sembra di essere tornati a 40 anni fa quando ci caricavano sui treni e ci deportavano. Non e’ giusto io qui ci vivo da 30 anni, i miei bambini vanno a scuola qui. Ora ci spostano e bisogna ricominciare tutto da capo. Dicono che il nuovo campo è meglio ma chi ci crede”. Una donna arriva urlando: “Tutta l’Europa deve sapere quello che sta succedendo qui a Roma. Con il sindaco profeta che viene qui a declamare al microfono i suoi piani”. Ed e’ davvero così, dal piazzale dove sono pronti i pullman che porteranno via questa gente, Gianni Alemanno illustra trionfante il suo progetto di sistemazione dei rom romani. E mentre l’esodo forzato prosegue, Hajrija Husovic, 83 anni, bosniaca si barrica nella sua baracca. Da oltre 30 anni vive al Casilino 900. Non ci pensa neanche ad andarsene. Per ore i suoi 10 figli e i 60 nipotini cercano di convincerla. Lei si ribella… Lancia il bastone al marito, l’uomo con cui tanti anni prima è fuggita dall’orrore delle guerre. Le svuotano la casa poi la fanno uscire a forza. Pochi passi e alle sue spalle la ruspa investe e accartoccia tutto.

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