Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

Introduzione

“Solo l’assolutamente estraneo può istruirci”
E. Levinas

“Noi facciamo parte di innumerevoli “rècits”,
la nostra sola certezza è di essere narrati”
W. Shapp


Perché raccogliere le storie delle persone migranti?

L’alterità lontana ci incuriosisce da sempre, le storie “differenti” ci  fanno incontrare altri mondi, ci mettono in contatto con altre forme di pensiero e di interpretazione. Dalle storie impariamo, riflettiamo e cambiamo le nostre modalità di pensiero attraverso percorsi di meticciato .
Le storie ci rendono permeabili, la diversità dell’altro  ci consente di leggere in modo più comprensibile  le nostre caratteristiche identitarie. L’opera di chiarificazione è reciproca, avviene sia in chi la storia  l’ha raccontata  sia in chi la legge.
Raccogliamo storie di persone con percorsi migratori per comprendere meglio la diversità culturale, per capire come la nostra città è in grado di accogliere, quali sono le loro difficoltà di adattamento. Il pensiero dell’altro agisce da specchio per il nostro: parte dell’identità dell’altro si svela e ci svela la nostra. Ma l’identità è sempre in movimento, L’identità non è quel sé essenzializzato a cui ci ha abituati la psicologia di stampo positivista che qualcuno ha creduto di poter osservare con obiettività, bensì un’identità in trasformazione, un sé in racconto, quindi mobile e cangiante, di stampo Bruneriano.  Dice infatti Jerom Bruner che la riflessività, principio che costituisce il sé, “è  la nostra capacità di volgersi al passato e di modificare il presente alla luce di quel passato o anche di modificare il passato alla luce di quel presente” , l’identità, quindi, è storica e culturale ossia situata in un tempo ed in un luogo.
Quindi consideriamo le storie per ciò che sono: fotografie di un qui e ora, che possono mutare traiettoria dopo che sono state narrate.
Le storie raccolte e qui presentate sono  il frutto del percorso di formazione e ricerca narrativa  denominato “Memorie Meticce”.
Questo percorso, attivo da diversi anni  come proposta formativa all’interno del programma del Centro Interculturale della città di Torino, si prefigge di diffondere la cultura della narrazione e il superamento degli stereotipi nei confronti delle persone che hanno intrapreso percorsi migratori e sono approdati in città.
La ricerca narrativa attraverso la scrittura dell’altro favorisce da una parte la ricostruzione continua di senso e di identità individuale  e dall’altro stimola una funzione comunitaria, che influisce sui legami sociali.
Questo è fondamentale nel lavoro interculturale dove è importante creare legami e riconoscimenti reciproci senza perdere identità individuali e culturali.
In questo viaggio dall’individuale al comunitario, gli auto-biografi  non si pongono come semplici “raccoglitori di storie”, ma come mediatori tra storie, facilitando la creazione delle condizioni utili a promuovere un’ appartenenza collettiva salvaguardando le differenze.
D’altra parte la  narrazione è una necessità umana, una necessità che ha a che fare con il desiderio di conoscere l’altro e nello stesso tempo di capire meglio se stessi.
La capacità umana di narrare attraversa le culture e le generazioni;  la cultura stessa  è un’opera narrativa,  spesso, per superare le diffidenze e le differenze, l’uomo utilizza il racconto di sé, un racconto che avvicina l’altro in quanto umano e per questo simile al di là delle appartenenze etniche e culturali.
Nelle storie di migrazione si può cogliere la trasformazione dell’habitus  determinata dal mutamento contestuale; il racconto di questa trasformazione ci aiuta a comprendere quanto sa complesso il fenomeno migratorio, anche a livello individuale, poiché comporta uno sforzo di adattamento, sia cognitivo che emotivo, considerevole.
In queste storie possiamo intravedere i vari passaggi dell’adattamento: lo spaesamento, il non sentirsi più a casa propria, attorniati da realtà estranee; lo  spiazzamento, che promuove il far posto alla novità, a nuove attribuzioni di significato; il meticciato, la reinterpretazione culturale, che non significa perdita ma arricchimento.

Aspetti metodologici

La ricerca narrativa si colloca all’interno del pensiero narrativo in contrapposizione al pensiero paradigmatico, linguaggio tipico della scienza, che definisce e spiega attraverso l’utilizzo di strutture schematiche. Il pensiero narrativo privilegia invece la costruzione di storie come modelli interpretativi della realtà.
Attraverso la narrazione, la mente procede per attribuzione di significati valorizzando gli aspetti semantici e trasformando l’esperienza in una storia coerente.
Nella costruzione della storia la mente collega gli elementi in rapporto ad una azione, all’intenzionalità, agli strumenti e alle motivazioni, secondo una rete che enfatizza la coerenza della storia cercando di ricostruire i rapporti fra parte e tutto.
Nel progetto Memorie meticce, realizzato in collaborazione con la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari (AR), sono state utilizzate le metodologie autobiografiche.
L’approccio autobiografico pone al centro l’interesse per le storie di vita, le condizioni e i processi cognitivi che consentono il racconto in una prospettiva formativa e educativa: un processo autopoietico in cui si dà ordine e si attribuisce senso a eventi, decisioni, sentimenti, un percorso di apprendimento legato al nesso centrale esperienza-conoscenza, e al tempo stesso, contestualmente, di rilancio della propria progettualità e di apertura e curiosità  verso la soggettività dell’ “altro”.
L’approccio autobiografico considera la ricerca un percorso di co-costruzione di significati in cui tutti i soggetti coinvolti diventano attori: ricercatori e interlocutori, esperti e “cittadini”.
Il percorso ha le caratteristiche della Ricerca/azione ossia un tipo di ricerca che intende farsi promotrice di trasformazioni nel momento stesso in cui si svolge. Caratteristica fondamentale della R/A , infatti,  è quella di tenere insieme l’acquisizione di conoscenza (utilizzando prevalentemente strumenti qualitativi quali interviste  narrative, focus group, ecc.) con la messa in opera di azioni che vanno a incidere contestualmente sulla realtà sociale oggetto/soggetto dell’indagine.
La ricerca autobiografica si caratterizza quindi  per il coinvolgimento attivo di tutti gli attori presenti nel percorso.
Le diverse fasi sono così articolate:
Azioni di diffusione del progetto.
Formazione dei raccoglitori di storie suddivisa in due livelli:
Un primo livello più strutturato sul sé e sulla propria storia
Un secondo livello incentrato sulla raccolta della storia dell’altro
Monitoraggio della raccolta di storie:
I  partecipanti, al termine  del percorso di formazione, sono invitati ad individuare gli interlocutori per raccogliere le loro storie e restituirle, in forma scritta, attraverso i diversi colloqui narrativi.
Durante tutto il percorso sono seguiti da un esperto in metodologie autobiografiche.  
Pubblicazione:
La raccolta di storie viene analizzata e resa fruibile attraverso una pubblicazione messa a disposizione di quanti vogliono comprendere il significato dell’esperienza , nonché attraverso altri strumenti e linguaggi per consentire alla collettività di appropriarsi delle conoscenze emerse dalla ricerca (performance teatrali, mostre fotografiche  che affiancano i testi, siti internet).

Il percorso del progetto “Memorie Meticce“
Il progetto memorie meticce è iniziato nell’ottobre del 2004 e ha coinvolto nella  di fase di formazione trenta persone, di queste otto hanno intrapreso il percorso di raccolta di storie attraverso l’intervista narrativa.
Gli interlocutori sono stati scelti  in base ad alcune caratteristiche ossia la diversa provenienza culturale, diverse attività lavorative, diverso genere, diverse età.
Ogni raccoglitore ha trovato il proprio interlocutore attraverso la conoscenza diretta o il passaparola.
La traccia del colloquio era la seguente:
Presentazione
Perché hai deciso di partire?
Mi racconti un episodio del tuo viaggio?
Cosa ti ricordi del tuo arrivo?
Come e perché sei arrivato a Torino?
Qual è stato il primo impatto con la città? Che sensazione hai avuto?
Ti ricordi un episodio dei primo tempi in città?
Che aspettative avevi quando sei arrivato?
Quale ostacoli hai incontrato?
Cosa fai?
Che significato ha avuto per te intraprendere questa attività?
Hai usufruito di agevolazioni?
Hai avuto problemi burocratici?
Mi descrivi una tua giornata ?
La tua famiglia è qui con te?
Hai rapporti significativi? Con chi?
Mi descrivi una figura significativa?
Mi descrivi come eri quando sei partito?
Come ti vedi ora?
Il tuo sogno nel cassetto
Cosa vedi nel tuo futuro?
C’è qualcosa che vuoi aggiungere?

Il percorso di colloqui narrativi, tutti effettuati con il registratore e trascritti e restituiti all’interlocutore è terminato con la stesura della monografia narrativa, anch’essa restituita all’interlocutore per la validazione. La monografia narrativa,o racconto finale, è quindi un prodotto a quattro mani: di chi racconta e di chi raccoglie il racconto.
Le difficoltà linguistiche non sono state poche, la comprensione e la trascrizione  di un italiano non proprio esatto, quale è quello di chi deve imparare una lingua diversa dalla propria in età adulta,   e la scrittura della monografia hanno comportato problemi, interrogativi e riflessioni: quanto sistemare le sequenze narrative secondo una concezione grammaticale e sintattica esatta, rischiando di perdere autenticità e freschezza, e quanto invece non correggere per far intravedere forme linguistiche diverse e interessanti che rispecchiano anche nell’uso della lingua acquisita la provenienza culturale, rischiando però a volte l’incomprensione?
Abbiamo provato a mediare fra le diverse esigenze cercando di far intravedere le diversità linguistiche senza alterare troppo la struttura semantica,
E’ vero che le lingue sono diverse, le interpretazioni del mondo anche ma l’emozione dell’incontro è simile,.
Le storie sono emozionanti, raccontano con semplicità e incredibile impatto emotivo fatti che leggiamo spesso sui giornali, ma che non ci trasmettono quella autenticità e drammaticità che le storie di vita ci trasmettono.


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