Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

16 luglio 2014

Quel tragico contrappasso sui migranti 
Corriere della sera, 16-07-14
GOFFREDO BUCCINI 
Un doppio filo sembra collegare drammi e tensioni tra Castel Volturno e Lampedusa. Il primo legame pare molto materiale: numerosi migranti sbarcati nel nostro avamposto mediterraneo stringerebbero un foglietto su cui qualcuno ha scarabocchiato il nome del paesone casertano dove - mancando quasi del tutto il controllo dello Stato - sarebbe più facile scomparire nella folla di irregolari: lo racconta, proprio da Castel Volturno, il sindaco Russo che in queste ore sta avendo il suo da fare per evitare che le tensioni tra i suoi concittadini e la comunità africana finiscano in un nuovo bagno di sangue. Il secondo legame parrebbe invece di tipo ideale, quasi culturale. Nei confronti della tragedia ricorrente di Castel Volturno (strage di ghanesi e liberiani nel 2008 firmata dai casalesi, reazione degli immigrati con scontri di piazza, temporanea militarizzazione della zona, pace apparente per coprire spartizioni e successioni nel narcotraffico, infine l`altro ieri nuovi spari e altro sangue) lo Stato italiano ha un atteggiamento simile a quello che l`Unione Europea mantiene verso l`Italia sulla non meno ricorrente tragedia di Lampedusa (qui intesa come simbolo della nostra solitudine). 
In soldoni, ci si gira dall`altra parte, lieti che la rogna tocchi a qualcun altro. Il sindaco Russo ha spiegato ai cronisti che governa senza mezzi (zero vigili urbani, zero servizi sociali) una comunità di 25 mila cittadini censiti e di 15 mila neri quasi tutti irregolari. È persino superfluo dire che lo Stato, pur con le sue scarse risorse, deve correre di nuovo accanto a Russo come accanto ai sindaci di altre realtà locali a rischio (viene in mente Rosarno, gli scontri del 2010): con una risposta militare, certo, un censimento dei migranti, eventuali espulsioni, una più ragionevole distribuzione dei carichi cori le altre regioni; ma anche con regolarizzazioni, assistenza a chi ne ha diritto, emersione del lavoro clandestino, stop al caporalato e agli sceriffi alle vongole che proliferano in certi ambiti. 
Con uno sgangherato contrappasso, noi rendiamo alle nostre comunità locali ciò che l`Europa ci infligge. Ma, allo stesso modo, l`Europa non può continuare a girarsi dall`altra parte. Persino il Financial Times ha notato di recente che «l`Italia merita l`aiuto dell`Unione Europea per la crisi dei migranti». Le regole di Dublino sul diritto d`asilo penalizzano fortemente Paesi come il nostro, la Grecia o la Spagna, frontiere di mare dell`Europa meridionale. Il nostro semestre di presidenza è l`occasione per riaprire la partita. Ma la partita non può riaprirsi con la semplice chiusura di Mare Nostrum, come buona parte della destra italiana invoca. In nove mesi i nostri straordinari marinai hanno raccolto sulle navi di pattuglia nel Mediterraneo circa sessantamila migranti. I morti sarebbero stati migliaia, chi straparla dovrebbe ricordare i naufragi dell`ottobre 2013. Si dice: fermiamoli sulle loro spiagge. Già, ma in buona parte costoro sono profughi che fuggono da conflitti e carestie, dunque hanno pieno diritto alla protezione internazionale. Inoltre l`unico blocco efficace riuscì a operarlo un boia come Gheddafi che rinchiuse quest`umanità dolente nei lager e divenne, ricordiamolo, partner d`affari coccolato dall`Italia berlusconiana. 
Dunque? Si tratta forse di spostare più a sud l`asse dell`operazione Mare Nostrum, per aprire un corridoio umanitario e legale. I migranti vanno sottratti a scafisti e carrette del mare, e imbarcati sui nostri traghetti. Ma questo significa distinguere, in loco, tra profughi e no, bloccare laggiù delinquenti e (come dice Alfano) infiltrati terroristi. Coi rischi che comporta, in uno Stato dissolto come la Libia, si tratta di stabilire un avamposto di civiltà europea. Perché questo non può essere solo un fardello italiano, anche i pesi dell`accoglienza vanno riequilibrati. Questa migrazione epocale, se non gestita da tutti gli europei, marchierà la storia d`Europa come un secondo Olocausto. A una vicenda umana straordinaria non si risponde con gli angusti battibecchi di Frontex ma con una straordinaria visione del futuro comune e dell`eredità imposta dal nostro passato. Servono politici veri. Su quelle coste, l`Europa dei banchieri davvero non può arrivare. 
@GoffredoB 
 
 
 
Castel Volturno, il prete di frontiera "Scontri figli del degrado, non è razzismo" 
la Repubblica, 16-07-14
DARIO DEL PORTO 
CAsTEL VOLTURNO. È il ventre nero d`Italia, questa lingua di terra che oggi come vent`anni fa sembra sul punto di esplodere definitivamente come una santa barbara di conflitti sociali. Dopo il sangue e la rivolta, è tornata la calma a Pescopagano. Ma è una quiete solo apparente perché, nelle strade presidiate quasi ad ogni angolo da polizia e carabinieri, la tensione resta altissima «Da troppo tempo qui si vive in un clima dí coprifuoco coatto. Questa terra è abbandonata da più di trent`anni», avverte don Guido Cumerlato, da dodici anni parroco a Pescopagano, il quartiere diviso fra i comuni di Castel Volturno e Mondragone teatro della guerriglia esplosa dopo il ferimento a colpi di arma da fuoco di due cittadini ivoriani. I sindaci Dimitri Russo e Giovanni Schioppa saranno oggi al Viminale per incontrare il ministro dell`Interno Angelino Alfano. Più o meno nelle stesse ore il giudice deciderà sulla convalida del fermo di Pasquale Ciprimi e del figlio Cesare, accusati di tentato omicidio per aver sparato ai due immigrati ritenendo che avessero rubato una bombola di gas. Gianluca Petruzzo, portavoce dell`associazione antirazzista 3 Febbraio invita all`impegno «per la verità e la giustizia e perché questo ennesimo crimine razzista non rimanga impunito». Ma don Guido, veneto trapiantato a Gomorra come il fratello Vittorio, parroco nella vicina Casapesenna, invita alla cautela «Attenti alle semplificazioni. Non è una lotta fra bianchi e neri, non è una questione di razzismo». 
Ma allora come si spiega quanto accaduto domenica sera a Pescopagano, don Guido? 
«Gli atti di violenza non sono mai giustificabili né giustificati, sia chiaro. I fatti tragici di queste ore sono però un segno del male che sta divorando questa terra. Mancano fogne, luci, strade. Molte case sono abbandonate o dissestate. È in questo abbandono che proliferano la delinquenza e lo spaccio. Sa cosa mi dicono spesso i cittadini?». 
Cosa? 
«Non c`è casa che non sia stata visitata, svaligiata, derubata. Chi vive a Pescopagano è costretto notte e giorno a vegliare sui propri beni. Cosi le relazioni diventano sospettose, la convivenza difficile. I bambini restano chiusi nelle case. Le forze dell`ordine non riescono ad affrontare tutte le esigenze. Ecco perché il recupero di quest`area è un caso nazionale». 
Intanto due immigrati sono rimasti feriti e dueitaliani sono in carcere. 
«Conosco Cesare come tanti che erano in strada domenica, da una parte e dall`altra. Io stesso ho mediato fra le parti, come i comboniani che svolgono uno straordinario lavoro sul territorio. Ha compiuto un gesto riprovevole ma sono sicuro che ha capito subito di aver sbagliato». 
È così difficile l`integrazione fra bianchi e neri in questo territorio? 
«La popolazione, pur composta da etnie diverse, ha sempre accolto tutti. Non ci sono discriminazioni, ma solo la richiesta di una presenza e di un controllo costante da parte delle istituzioni. C`è una comunità ghanese, ad esempio, che lavora ogni giorno 
onestamente e non deve essere confusa con altre situazioni. Ma quando mancano i servizi e le risposte alle esigenze primarie della popolazione, chi ha voce grida, chi non sa gridare rischia di compiere qualche gesto sconsiderato. E poì sì è aggiuntala crisi economica. 
Molte famiglie non sanno come tirare avanti. Alla mensa della Caritas diamo assistenza a 900 persone, e solo un centinaio sono immigrati». 
Come si esce da questo tunnel, don Guido? 
«Pescopagano è ferita, ma non è ancora morta. E una terramalata, ma dove c`è vita. Il nostro vescovo, Francesco Piazza, è pronto ad organizzare una tavola rotonda con tutte le istituzioni. Il popolo deve agire, tutti però devono comprendere che il caso Pescopagano 
è il segnale fotte di un malessere che riguarda tutto il Paese». 
 
 
 
CASTEL VOLTURNO • Due comunità in rivolta e un comune in dissesto economico. Intervista al sindaco Dimitri Russo (Pd) 
«Abbandonati nel nostro inferno» 
il manifesto, 16-07-14
Adriana Pollice 
Oggi è a Roma con il sindaco di Mondragone, Giovanni Schiappa, per incontrare il ministro dell`Interno Angelino Alfano. Dimitri Russo è diventato primo cittadino di Castel Volturno a metà giugno, fa parte delle nuovissime leve del Pd e la sua maggioranza tiene dentro anche Sei e due Liste civiche. Ha ereditato un`amministrazione a pezzi, dopo due anni di commissariamento, e due comunità in rivolta: quella degli italiani e quella dei migranti. Lunedì si sono fronteggiate dalle opposte barricate dopo l`ennesimo atto di violenza contro due ragazzi ivoriani, gambizzati da Pasquale e Cesare Cipriani per un banale litigio. Ieri uno dei due feriti è stato dimesso dalla clinica Pineta Grande. I due italiani, padre e figlio, sono stati fermati per tentato omicidio, porto e detenzione d`arma da fuoco, mentre prosegue il lavoro di identificazione degli stranieri che domenica sera, in risposta al ferimento dei trentenni, hanno scatenato la rivolta a Pescopagano, dando fuoco a quattro auto e a un appartamento. La comunità africana era insorta anche nel 2008, dopo la 
«strage di San Gennaro» che lasciò a terra morti sei ghanesi ad opera del gruppo di fuoco di Giuseppe Setola, braccio armato dei Casalesi. Sia gli italiani che i migranti si sentono abbandonati in una terra di nessuno. 
Sindaco Russo, lei ha raccontato «questo è un territorio meraviglioso se visto dall`alto con Google Earth. Ma se si scende giù è un inferno`. Quando è Iniziata la trasformazione in inferno? 
Negli anni `70 era un posto bellissimo, ci venivano i ricchi borghesi da Napoli e provincia in vacanza: villette sorsero incontrollate come seconde case, abitate da aprile a settembre. La popolazione passava da circa 14mila abitanti a oltre 300mila. L`economia era florida 
perché i turisti trainavano anche la filiera bufalina con le rivendite di mozzarella. Negli anni `80 ci fu una prima ondata di sfollati del post terremoto. Ma soprattutto quello è il decennio in cui il mare è arrivato a punte di inquinamento tale da ammorbare l`aria. Addio ai turisti, si è innescata una progressiva decadenza. 
Cosa l`ha provocato? 
Centotre comuni senza fogne scaricano direttamente nel depuratore dei Regi Lagni che non ha mai funzionato davvero. Questo ha provocato 
lo sversamento in mare di acque inquinate da batteri fecali. A questo si aggiunge l`inquinamento del fiume Voltumo, in cui sversano 
illegalmente non solo alcuni paesi ma anche caseifici e industrie, immettendo in mare inquinanti chimici. Negli anni `90 la camorra ha 
utilizzato il territorio per gli sversamenti illegali di rifiuti, soprattutto industriali, dal nord. A poca distanza da dove è scoppiata la rivolta domenica ci sono due discariche, Bortolotto e Sogeri, il percolato scende in falla e inquina l`acqua. Io abito a 200 metri, da ragazzino vedevo arrivare í camion con le targhe Milano o Torino e mi domandavo cosa ci facessero da noi. Oggi una villa con piscina vale appena 40mila euro ma nessuno compra. 
Per decenni nessuno ha fatto rispettare la legalità 
In venti anni Castel Volturno è stato sciolto tre volte per infiltrazioni camorristiche. La mia amministrazione ha ereditato un comune 
in dissesto con un debito di 55milioni. Italiani e stranieri, quasi nessuno paga le tasse comunali e neppure i servizi. La raccolta e lo smaltimento erano gestite da personale assunto con il favore dei Casalesi, non facevano praticamente nulla. Se volevi che raccogliessero i rifiuti del tuo lido dovevi dargli la mazzetta. Poi ci sono gli abusi edilizi, di cui il Villaggio Coppola, edificato senza alcun permesso dall`omonima famiglia, è il maggior esempio. Nelle aree demaniali, riservate all`uso comune per pasèolo e legna, sono sorte senza alcuna regola case su case. I sindaci dagli anni `70 in poi, con la sola eccezione di Mario Luise, sono stati tutti graditi ai Coppola o ai clan, lo stesso vale per assessori e tecnici comunali. Così Castel Volturno non ha un piano regolatore e neppure un piano 
commercio. Un territorio di 72 chilometri quadrati, con 30 di costa, e 15 vigili urbani senza auto e senza divise: lo stato qui semplicemente non c`è. Ho solo quattro compattatori per pulire il territorio: rimossi i rifiuti, dopo un`ora nello stesso posto è già ricresciuta una piccola discarica. Fare la differenziata è un`utopia. 
Dagli anni `90 sono arrivati i migranti 
I proprietari, difronte a spese come l`Imu o la tassa sui rifiuti, hanno cominciato a fittare ai migranti, 50 euro in nero a posto letto. Ma spesso si sistemano in case abbandonate. A giudicare dalla quantità di rifiuti che smaltiamo, c`è una popolazione non censita tra le 10 e le 15mila persone. Spendiamo 10milioni all`anno per lo smaltimento ma ne incassiamo tra i 3 e i 5milioni. Sanno che qui non ci sono forze dell`ordine e quindi niente controlli. Il comune non offre alcun servizio di integrazione, di mediazione culturale o di assistenza. Quello che riusciamo a fare, ad esempio per i minori, ha comunque un costo difficile da reggere. 
Cosa chiederà al ministro Alfano? 
Innanzitutto niente esercito come nel 2008, le parate militari non servono a niente. Più forze dell`ordine, un ritorno economico per lo sforzo che il comune sostiene e un accordo quadro con tutte le strutture coinvolte, come Asl e terzo settore, per entrare casa per casa a controllare le condizioni e intervenire. Potremmo diventare un luogo dove sperimentare dei modelli efficaci di socialità, abbiamo già realtà che fanno un ottimo lavoro. Poi, certo, basterebbe ridarci il mare pulito e la zona potrebbe ridiventare un paradiso. 
 
 
 
Apartheid Castel Volturno: bianchi e neri, stesso ghetto
Il sindaco: “Siamo una grande discarica sociale con il consenso dello Stato”
il Fatto, 16-07-14
Enrico Fierro
inviato a Castel Volturno. Dimitri Russo, giovane sindaco di Castel Volturno, sta elaborando grafici, tabelle, numeri che porterà all’incontro di oggi col ministro dell’Interno. E forse, finalmente, Angelino Alfano, titolare del Vi-minale a tempo perso, capirà che tra Roma e Napoli lungo l’antica via Domitiana, tra villette sgarrupate, cumuli di monnezza e coste bagnate da un mare fetente, c’è una bomba pronta a esplodere. Un Sudafrica d’altri tempi che si ripropone qui: i bianchi da una parte, i neri dall’altra, facce feroci che si guardano con odio. Il rancore che impedisce a tutti di vedere lo schifo in cui sono stati precipitati. La scintilla c’è già stata domenica sera, quando due ivoriani sono stati gambizzati da due bianchi, Pasquale Cipriani e suo figlio Cesare. Due vigilantes che hanno fermato i neri accusandoli del furto di una bombola di gas. Quelli, due trentenni, uno dei quali richiedente asilo politico, hanno reagito aggredendo il più anziano. “Tenevano i bastoni in mano, volevano uccidere. Hanno fatto bene a sparargli rint’e cosce”, ti racconta chi c’era e ha visto.
LA SPARATORIA fa scattare la reazione. In un colpo esplode la rivolta degli africani. Cattiva, rabbiosa, feroce , senza limiti. Tre auto bruciate, l’assalto alla casa del vigilantes, il fuoco che ha rischiato di uccidere una ragazza di quindici anni. Il giorno dopo, è la controrivolta dei “bianchi”. Un inferno, fiamme sulle quali sono in tanti a soffiare. Anche la camorra, o quel che resta di clan allo sbando. Perché basta chiedere in giro e ti raccontano che qui, tra Castel Volturno e Mondragone, la ‘guardianìa’ delle villette e dei parchi abitativi è un vero affare, da anni nelle mani della famiglia Cipriani, con Lorenzo, fratello di Pasquale, nei guai per associazione camorristica perché ritenuto vicino al clan La Torre. Ma anche i neri non scherzano. In mezzo alla massa di gente onesta che tira avanti la vita spaccandosi la schiena raccogliendo pomodori nei campi, o arrampicandosi sulle impalcature nei cantieri edili senza alcuna tutela e per quattro soldi, ci sono i boss. Quelli che gestiscono le piazze di spaccio della droga e quelli che sono padroni del fiorente business della prostituzione. La Domitiana è il più grande bordello a cielo aperto d’Italia: di giorno carne bianca e dell’Est, di notte carni nere. “Quanti immigrati ci sono? Impossibile dare un numero esatto”. Il sindaco di Castel Volturno fa due conti. “Siamo 25 mila residenti ma produciamo monnezza come se fossimo in 80 mila, la media in Campania di produzione pro capite di spazzatura è di 150 chili, da noi di 900. Penso che qui ci siano non meno di 15mila immigrati, tra regolari e irregolari. Questa zona è diventata una sorta di grande discarica sociale con il consenso dello Stato. I neri non sono la causa del degrado, ma l’effetto dell’abbandono di queste terre”. Fino agli anni Novanta qui si viveva di turismo, almeno 300 mila presenze l’anno, una villetta ad agosto costava sui 5 milioni di lire. Poi il degrado, la grande truffa del risanamento dei Regi Lagni (i vecchi canali di scolo borbonici) che oggi scaricano liquami e fetenzie direttamente a mare, le illusioni del villaggio Coppola Pinetamare, il porto turistico e la nuova darsena. Ora le seconde case sono abbandonate , i proprietari le affittano in nero: cento euro per un posto letto. Le altre vengono occupate, non c’è acqua, né elettricità, ma ci vivono centinaia di immigrati. “Lo Stato non c’è, dove sono i progetti, le politiche di integrazione? Se il governo mi propone altri poliziotti o addirittura i militari mi infurio. Amministriamo un comune che ha una estensione di 72 chilometri quadrati con 15 vigili urbani e non abbiamo neppure le divise, per non parlare delle macchine, ormai ridotte a rottami ambulanti”. “Lunedì – ci dice Rosalba Scafuro, insegnante e vicesindaco – ho visto la foto della nostra solitudine. I bianchi da una parte, i neri dall’altra pronti a scannarsi. In mezzo noi e le forze dell’ordine”.
QUI È UNA GUERRA senza fine, il nemico è subdolo, ha mille volti e radici antiche. Il suo nome è degrado, brutture, schifo partorito dall’abbandono e da una politica che ha disegnato e promesso piani di rinascita, risanamento e ritorno al turismo, ma solo per depredare risorse pubbliche. E come nelle zone di guerra c’è l’ospedale di Emergency. Un bus granturismo rosso fuoco è parcheggiato a pochi metri dall’ingresso di uno stabilimento balneare. È un clinica mobile, rinfrescata bene e attrezzata meglio: l’unico punto di bellezza in questa grande bruttezza. “Qui facciamo medicina di prossimità – ci racconta Michele Iacoviello, il coordinatore – vengono immigrati ma anche italiani, tutta gente esclusa dal diritto alle cure”. “Arrivano giovani immigrati ipertesi, vittime di alimentazioni approssimative, pieni di dolori articolari, distrutti dallo stress e dalla fatica. Ma la maggior parte ti confessa di avere il dolore dell’anima, chiedono pasticche, ma la vera cura sarebbe l’ascolto”.
La dottoressa Susanna Mai-netti ha poco tempo da sprecare con noi. Fuori, sotto il sole, c’è già la fila di gente che ha bisogno di un dottore. E sono bianchi e neri.
 
 
 
Pisapia: emergenza profughi va coinvolto tutto il territorio 
la Repubblica, 16-07-14
Zita Dazzi
PER gestire l`accoglienza dei profughi siriani ed eritrei arrivati a Milano «è fondamentale un coordinamento a livello nazionale o regionale, anche perché dall`Europa non è ancora arrivata una risposta positiva per affrontare l`emergenza». Lo ha ribadito il sindaco Giuliano Pisapia, a Roma, al Comitato parlamentare sull`attuazione dell`accordo di Shengen. I dati del dossier presentato sono impressionanti: a Milano dall`ottobre scorso sono stati accolti oltre 14mila profughi siriani e 615 eritrei, a cui si aggiungono circa 200 minori non accompagnati provenienti da diversi Paesi. «Non si può pensare che solo pochi Comuni possano affrontare questa situazione -dice Pisapia- ci deve essere un impegno di tutti che coinvolga sia i Comuni dove arrivano i profughi sia le città dove i profughi arrivano con l`obiettivo di partire in seguito per le destinazioni finali, spesso nel Nord Europa». Ormai da mesi, il mezzanino della stazione Centrale è diventato una sorta di centro di smistamento dei profughi siriani -quasi tutti nuclei famigliari con numerosi bambini- verso i dieci centri di accoglienza creati dal Comune con la collaborazione del terzo settore, per un totale di circa mille posti letto a notte. Pisapia, che diverse volte è stato in Centrale a verificare la situazione, chiede maggiore collaborazione dai «Comuni della futura Città Metropolitana, che hanno già dato dei segnali positivi accogliendo alcune fami--glie. Ci vuole coordinamento che non può essere fatto dal Comune di Milano». 
Il deputato e coordinatore provinciale di Forza Italia, Luca Squeri, attacca: «Interi quartieri di Milano sono assediati da profughi e clandestini che non sanno dove andare e che vivono lungo i marciapiedi. È una situazione inaccettabile per Milano e per i milanesi, ma anche per gli stessi immigrati e profughi tra cui molti bambini». 
L`università Cattolica invece guarda l`emergenza con altri occhi e, con un progetto di solidarietà fatto con l`Albero della Vita e il Cesi, manda gli studenti come volontari - fra loro diversi che parlano l`arabo iscritti in Largo Gemelli e in altri atenei - ad aiutare i bambini siriani nei centri di accoglienza di via Aldini e via Salerio, gestiti da Arca e dalla Caritas. 
 
 
 
Cittadinanza. "18 anni… in Comune!" Tutti i passi da fare
Ecco come possono diventare italiani i ragazzi nati e cresciuti in Italia. ANCI, Save the children e Rete G2 aggiornano la loro guida
stranieriinitalia 16-07-14
Roma – 16 luglio 2014 -  Uno straccio di ius soli, in Italia, esiste già. I figli degli immigrati nati e cresciuti in Italia possono chiedere la cittadinanza quando raggiungono i 18 anni. Basta una domanda in Comune, ma hanno solo un anno per presentarla. Come si fa? È tutto spiegato in "18 anni… in COMUNE! – I tuoi passi verso la cittadinanza italiana", guida realizzata da ANCI, Save the children e Rete G2 e appena aggiornata con le ultime novità normative.
"Diventare cittadini italiani vuol dire essere riconosciuti parte integrante del tessuto sociale nel quale si e’ nati e cresciuti: senza questo riconoscimento non possiamo realizzare politiche sociali volte all’inclusione” ricorda il delegato ANCI all’Immigrazione, Giorgio Pighi. “La nostra societa’ multiculturale, multietnica e multilinguistica chiede coerenza da parte delle istituzioni e cio’ a partire dalla modifica della legge sulla cittadinanza, proprio in considerazione di questa nuova composizione della comunita’. Ci auguriamo che la fruttuosa collaborazione, avviata con Save the Children e Rete G2, possa proseguire per insistere nel cammino intrapreso: sollecitare le istituzioni ad essere piu’ consapevoli della realta’ dei territori, a partire dal tema della cittadinanza’’.
‘’Sono piu’ di 800 mila i bambini e i ragazzi di origine straniera nelle scuole italiane – dichiara Raffaela Milano, Direttrice Programmi Italia Europa di Save the Children Italia – si tratta di una presenza significativa di studenti considerati ‘stranieri’ solo a causa della nazionalita’ estera dei genitori, mentre sono una parte importante dell’identita’ del nostro paese. Con ANCI e Rete G2 abbiamo verificato l’impegno di moltissimi Comuni - di piccoli e grandi centri, al nord come al sud – volto a valorizzare la loro presenza nelle comunita’ locali. Auspichiamo che questo impegno venga assunto anche dal Parlamento, con il varo di una nuova legge sulla cittadinanza che finalmente promuova l’integrazione’‘.
‘‘La campagna  18 anni in Comune – dichiara Mohamed Tailmoun, portavoce della Rete G2 Seconde Generazioni - ha rappresentato un’opportunita’ straordinaria di collaborazione con due realta’ molto impegnate in iniziative volte a favorire  la promozione dei diritti di cittadinanza per le seconde generazioni. Il percorso che oggi si conclude, oltre ad aver  favorito  importanti  semplificazioni, ha prima di tutto  promosso una relazione di forte vicinanza  tra il Comune e ragazzi che diventeranno cittadini. L’auspicio e’ di poter contare sul fondamentale supporto dei nostri Sindaci  anche nella battaglia di civilta’ per una legge sulla cittadinanza piu’ aperta verso i figli dell’immigrazione’‘.
 
 
 
Così lo ius soli ha aiutato la Germania a vincere
il sole, 16-07-14
Maria Luisa Colledani
Chissà che cosa avrà pensato Helmut Kohl domenica sera davanti alla tv quando Philipp Lahm ha alzato al cielo di Rio la quarta coppa del mondo nella storia della Germania. Il cancelliere della Germania unita, sulle macerie del Muro di Berlino, perentoriamente aveva affermato: «Il nostro Paese non è e non potrà più essere in futuro terra di immigrazione».
Mai sentenza fu più fuori luogo, dopo il successo della squadra di Joachim Löw, in cui il calcio è sinfonia di un'orchestra - i giocatori - con lingue e provenienze diverse. Ci sono turchi (Mesut Özil), tunisini (Sami Khedira), ghanesi (Jérôme Boateng), polacchi (Miroslav Klose e Lukas Podolski, e lo è anche il cancelliere Merkel alla lontana), albanesi (Shkodran Mustafi), tutti vestiti di giallo-rosso-nero e tutti nati in Germania intorno al 1990, così giovani da aprire un'era calcistica. È vero, non tutti cantano l'inno, ma questa nazionale è come quei palazzi di Potsdamer Platz che, fasciati di vetri ovunque, sono specchio fedele delle strade della capitale. Un mondo, quello tedesco, che ha lasciato il patriottismo e ha elaborato una storia drammatica per farsi modernità, frontiera del vivere globalizzato: a Berlino, la Grande Mela d'Europa, si parlano decine di lingue, la Germania nel 2013 è diventata la seconda destinazione al mondo per immigrati permanenti (dati Ocse: 400mila i nuovi arrivi soprattutto dai Paesi periferici della Ue, una persona su cinque viene da un qualche altrove). E il Paese, come da Dna, non si è fatto trovare impreparato. Conscio dell'invecchiamento della propria popolazione (entro il 2050 spariranno 12-14 milioni di persone) si è dotato, dopo decenni trascinati fra accordi bilaterali, di una legge sull'immigrazione d'avanguardia. In vigore dal 2005, la norma prevede che per qualsiasi tipo di permesso si deve dimostrare di essere in regola con il passaporto, di possedere mezzi di sussistenza, una situazione abitativa adeguata, di avere contributi pensionistici per almeno 60 mesi e di non avere subito condanne. Poche regole, ben chiare, che si affiancano alla possibilità per i bambini nati dopo il 1° gennaio 2000 su suolo tedesco da genitori non tedeschi di acquisire la nazionalità se almeno uno dei due genitori ha il permesso di soggiorno permanente da tre anni (è lo ius soli, grande sogno del presidente Napolitano).
Anche nelle pieghe delle norme volute dal Bundestag nasce la Germania multietnica e vincente di Löw. Certo, la Federcalcio tedesca ci ha messo del suo: esaurita la leva calcistica di Brehme, Klinsmann e Matthäus, si è ristrutturata dall'interno: prima ha cavalcato il Mondiale in casa per ammodernare gli stadi, poi ha costruito venti centri federali e investito 600 milioni di euro in dieci anni nei vivai. Il risultato, prima o dopo, doveva arrivare, d'altra parte la Germania, nel 2009, aveva vinto tre Europei: Under 21, Under 19 e Under 17. E in quelle squadre giocavano già i vari Özil, Boateng e Khedira. Dopo tanti tiri in porta, Rio è solo il gol vincente, il risultato di un progetto, giocato di sponda fra calcio e politica, cogliendo tutte le occasioni, compresa la fame di successo, di conquista sociale che possono avere occhi non proprio teutonici.
I tempi dei Gastarbeiter, i "lavoratori ospiti" che la Germania accolse a partire dagli anni 50, sono finiti, e pure quel tipo di immigrazione. Ora a Berlino, Monaco, Francoforte e Amburgo arrivano ingegneri, web designer, artisti, attratti dai posti di lavoro, da un'economia in movimento, dalla certezza delle regole e da un melting pot avviato al successo. Che in un Paese senza passato coloniale è un triplo salto carpiato riuscito di cui i calciatori sono la fotografia che la Germania ha mostrato al mondo nella notte di Rio.
Una Nazionale non si giudica da un calcio di rigore, non ne ha neppure avuto bisogno contro un'Argentina senza troppa fame. Una Nazionale si giudica dalla fantasia, che è anche scegliere come campo per l'ultimo allenamento prima della finale non il Maracanã ma il Sâo Januário, lo stadio del Vasco da Gama, primo club brasiliano a reclutare i giocatori senza distinzione di razza e di ceto sociale. Un piccolo particolare, solo un particolare; la grandezza e la storia si costruiscono anche così. E Löw lo sa meglio di chiunque altro.
 
 
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