Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

09 febbraio 2015

Il Papa prega al campo nomadi
Avvenire, 09-02-2015
Nella Giornata di preghiera contro la tratta delle persone, Papa Francesco ha ricordato gli uomini, le donne e i bambini "schiavizzati, sfruttati, abusati come strumenti di lavoro o di piacere" e auspica "che quanti hanno responsabilità di governo si adoperino con decisione a rimuovere le cause di questa vergognosa piaga, indegna di una società civile".
E dopo aver lanciato il suo appello all'Angelus in Piazza San Pietro, nel pomeriggio, prima di arrivare in visita alla parrocchia romana di San Michele Arcangelo a Pietralata, ha voluto fermarsi a sorpresa a visitare un campo nomadi, una baraccopoli a poca distanza dalla chiesa, dove oggi trovano ospitalità anche gruppi di rifugiati.
L'attenzione agli ultimi, agli emarginati, ai più sofferenti è sempre la stella polare di Francesco, che lo ha confermato parlando all'Angelus anche della Giornata del Malato che si celebrerà mercoledì prossimo, festa della Vergine di Lourdes. "La Chiesa ha sempre considerato l'assistenza agli infermi parte integrante della sua missione - ha detto -. I poveri e i sofferenti li avrete sempre con voì, ammonisce Gesù, e la Chiesa continuamente li trova sulla sua strada, considerando le persone malate come una via privilegiata per incontrare Cristo, per accoglierlo e per servirlo. Curare un ammalato, accoglierlo, servirlo, è servire Cristo: il malato è la carne di Cristo".   
Poi, subito dopo la recita della preghiera mariana, ha ricordato che oggi, "memoria liturgica di santa Giuseppina, la suora sudanese che da bambina fece la drammatica esperienza di essere vittima della tratta, le Unioni delle Superiore e dei Superiori generale degli istituti religiosi hanno promosso la Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta di persone".
"Incoraggio - ha detto il Papa su un tema che è uno dei punti centrali del suo pontificato e a cui ha dedicato anche l'ultimo messaggio per la Giornata della pace - quanti sono impegnati ad aiutare uomini, donne e bambini schiavizzati, sfruttati, abusati come strumenti di lavoro o di piacere e spesso torturati e mutilati".
"Auspico - ha proseguito - che quanti hanno responsabilità di governo si adoperino con decisione a rimuovere le cause di questa vergognosa piaga, una piaga indegna di una società civile". "Ognuno di noi si senta impegnato ad essere voce di questi nostri fratelli e sorelle, umiliati nella loro dignità", ha aggiunto, invitando poi i fedeli a pregare con lui "per loro e per i loro familiari".
Nel pomeriggio, recandosi alla parrocchia di San Michele Arcangelo a Pietralata, la stessa dove il 25 dicembre 1963 papa Paolo VI volle celebrare la messa di Natale, Francesco ha fatto uno stop a sorpresa nel campo rom di Via delle Messi d'Oro, a 300 metri dalla piccola chiesa nella periferia di Roma, che ora accoglie anche profughi.
Qui, dove è stato molto festeggiato, accompagnato dal parroco mons. Aristide Sana, ha incontrato gruppi di varie nazionalità, tra cui uno di latino-americani con cui ha recitato il Padre Nostro in spagnolo, dando poi la sue benedizione.
"È stato un momento molto bello, molto commovente", hanno detto gli stessi uomini della vigilanza. Nella vicina chiesa, accolto festosamente dai fedeli, Bergoglio ha quindi incontrato i vari gruppi della comunità parrocchiale, cominciando dagli ammalati e dai senza fissa dimora assistiti dalla Comunità di Sant'Egidio, per poi proseguire con i bambini battezzati durante l'anno e i loro genitori, gli scout e i bambini e ragazzi del catechismo, con i quali si è intrattenuto per uno scambio di domande e risposte. In particolare, nel rispondere a un bambino, Francesco ha fatto una considerazione sulla guerra e su chi la suscita nel cuore umano.
Oggi ha ricordato il Papa, ci sono guerre in Ucraina, in Africa perché, ha detto "c'è l'odio. E chi semina l'odio? Gesù? No, Gesù semina la pace, l'amore. Quando voi sentite nel cuore odio, gelosie, invidie, state attenti, perché questo viene dal diavolo". Dopo aver confessato alcuni fedeli ha infine celebrato la messa. E nell'invitare a "lasciarsi predicare da Gesù e lasciar guarire le nostre ferite", nell'omelia ha chiesto scherzosamente:
"Su quale canale della tv parla Gesù?. Ma ti parla nel Vangelo. E questa è un'abitudine che noi ancora non abbiamo. Andare a cercare la parola di Gesù nel Vangelo". "D'accordo? Firmiamo? - ha concluso, ancora con una battuta - Facciamolo perché ci farà bene a tutti".



«Mamma, è il Papa» Bergoglio tra i poveri  della baraccopoli
Visita a sorpresa. E agli ucraini: «Prego per voi»
Corriere della sera, 09-02-2015
Gian Guido Vecchi
ROMA Jhonatan ha sei anni, l`aria sveglia («non così, si scrive con la "h" dopo la "j"») e gli occhi neri che brillano d`intelligenza mentre racconta che ieri gironzolava sulla sua moto di plastica, spingendola deciso con le scarpe da tennis, quando il cancello in fondo al vialetto sterrato si è aperto ed è entrato quel signore vestito di bianco.
Ha sbarrato gli occhi, è sceso ed è corso verso casa: «Mammaaa! C`è Papa Francesco!». La madre ancora sorride, «ma cosa stai dicendo, gli dicevamo, nessuno poteva crederci». I primi a fidarsi sono stati gli altri bambini, poi le donne e gli uomini, «es Francisco el Papa Francisco!», tutti a circondare il pontefice che sorrideva, «chi parla spagnolo?», seguito da un coro: «Tutti!».
In quella porzione di campo profughi in via delle Messi d`oro, alla periferia est di Roma, vivono sei famiglie ecuadoregne  che una staccionata separa da un altro gruppo di baracche in legno e lamiera dove sono accatastati africani, afghani e pakistani, ucraini. Caritas, parrocchie e volontari conoscono bene la situazione, quest`estate il campo si era riempito di eritrei sbarcati in Sicilia, ciascuno aveva un biglietto con scritto «Roma metrò Ponte Mammolo». Così lo hanno detto a Francesco che andava in visita nella parrocchia vicina di San Michele Arcangelo e a sorpresa si è fatto indicare la strada dal parroco don Aristide Sana, ha fatto fermare la macchina di fronte alla baraccopoli, è sceso ed è entrato per primo da solo.
La gente che gli si fa incontro, il Papa che bacia i bambini, sorride per le foto, abbraccia ciascuno e recita con tutti il Padre Nostro, prima della benedizione. Come quando, a Buenos Aires, se ne andava la sera nella favela Villa 21 a trovare i  poveri, lo chiamavano «padre» e molti non sospettavano neppure che fosse il cardinale.
Il caso ha voluto che ieri ci fossero decine di ecuadoregni, anche parenti e amici arrivati da fuori per fare una colletta in aiuto di una donna del campo malata di tumore. «Siamo poveri ma dignitosi», spiega Marco, il primo a arrivare dodici anni fa: «Qui c`era solo una discarica, abbiamo portato via l`immondizia e sistemato tutto». La baracca di legno è pulita e accogliente, hanno collegato luce e acqua, da fuori arriva il profumo di bucato dei panni stesi, i bambini sono tornati a  giocare. La tavola apparecchiata con la cerata a fiori, gli strumenti musicali - chitarra, flauti, rondandor - appesi al  muro, un grande Cristo crocifisso disegnato a matita sulla parete di fondo. Marco sorride: «L`ho fatto io, noi siamo cattolici, il Santo Padre in casa mia è un miracolo, gli abbiamo detto: grazie, Papa, perché sei una persona umile come noi. E Francesco ci ha chiesto di pregare per lui».
Bergoglio ne aveva parlato l`altro giorno: «Sembra che ogni città abbia la capacità di generare dentro di sé una oscura  "anti-città". Che insieme ai cittadini esistano anche i noncittadini: persone invisibili, povere di mezzi e di calore umano, che abitano "non-luoghi", vivono delle "non-relazioni". Individui a cui nessuno rivolge uno sguardo, un`attenzione. Non sono solo gli "anonimi", sono gli "anti-uomini". Ed è terribile». All`Angelus ha ricordato la tratta di esseri umani, «una piaga vergognosa, indegna di una società civile».
Mentre usciva, dalle baracche accanto gli è andata incontro una famiglia di profughi ucraini: «Prego ogni giorno per voi». In parrocchia Francesco si è rivolto ai bambini: «Il padre della guerra è il diavolo, perché è il padre dell`odio». E ai clochard, cui ha donato un centinaio di sacchi a pelo: «Che la gente non sappia il vostro nome e vi chiami i "senzatetto", e voi lo sopportate: è la vostra croce e pazienza. Ma nel cuore di tutti voi, vi prego di esserne sicuri, c`è lo Spirito Santo».



Sbarchi: 105 persone salvate a largo delle coste libiche
I militari hanno proceduto al trasbordo dei migranti per poi dirigere verso il porto di Lampedusa dove arriveranno questa mattina
stranieriinitalia, 09-02-2015
Roma, 9 febbraio 2015 - Sono 105 i migranti salvati nel corso della notte. A renderlo noto e' la Guardia costiera italiana, che e' stata chiamata in soccorso per un barcone alla deriva a largo delle acque libiche.
L'intervento era stato chiesto - si sottolinea - nel primo pomeriggio al Centro nazionale di Soccorso della Guardia costiera di Roma, tramite telefono satellitare. Dopo aver effettuato la localizzazione del cellulare sono stati dirottati sul punto i mercantili Bourbon/Argos e Saint Rock che navigavano in zona.
Nell'area sono sono state inviate le motovedette CP 302 e la CP 305 da Lampedusa. Arrivati sul punto intorno alle 22, i militari hanno proceduto al trasbordo dei migranti per poi dirigere verso il porto di Lampedusa dove arriveranno questa mattina.
 


Immigrazione, ragazzo di 25 anni muore per malore nel Cie di Bari
la Repubblica, 07-02-2015
La tragedia nel Centro identificazione espulsione. Per la questura, il decesso è dovuto a un "arresto cardiorespiratorio irreversibile"
Un cittadino egiziano di 26 anni è morto dopo essere stato colto da malore nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Bari dov'era ospitato. La tragedia è avvenuta alle 13.45 circa. Secondo i primi accertamenti della polizia, si tratterebbe di un decesso per cause naturali. In una nota della Questura di Bari si parla di "arresto cardiorespiratorio irreversibile".



Frontex riprende i rimpatri sommari verso la Nigeria
Comunicato della campagna LasciateCIEntrare
Melting Pot Europa, 05-02-2015
“Nell’agosto dello scorso anno Frontex, l’agenzia dell’Unione europea per la gestione delle frontiere, ha deciso di sospendere fino a nuova decisione i voli di rimpatrio in Nigeria degli immigrati colpiti da un provvedimento di espulsione a causa dell’epidemia da virus Ebola, che sta flagellando l’Africa occidentale, Nigeria compresa” lo ha dichiarato la portavoce Ewa Moncure da Varsavia, sede di Frontex, che cofinanzia il 2% di tutti i voli di rimpatrio dall’Ue. «Alcuni Paesi, fra cui l’Austria, hanno preso una decisione simile», ha aggiunto Moncure.
Eppure i voli di rimpatrio di migrati senza documenti regolari presenti negli stati europei non sono mai cessati del tutto e si sono ripetuti fino ai giorni scorsi.
Il 19 dicembre 2014, la parlamentare europea Barbara Spinelli entrava nel CIE di Roma, Ponte Galeria insieme ad una delegazione della campagna LasciateCIEntrare.
La visita, come quella successiva al CIE di Torino effettuata insieme all’europarlamentare Cecile Kyenge, si inscrive nell’ambito delle visite nei centri di tutta Europa per la campagna OPEN ACCESS NOW CLOSE THE CAMPS.
Scopo principale della visita era la verifica delle condizioni dei migranti dopo l’inizio dell’applicazione della riduzione dei termini di trattenimento (da 18 mesi a 3 mesi) e delle condizioni di ingresso del nuovo ente gestore, GEPSA/Aquarinto, nuovo soggetto che in Italia sta operando nella gestione dei centri, dopo il CARA di Castelnuovo di
Porto, scaduto il contratto ora passato alla cooperativa AUXILIUM, l’ATI associazione temporanea di impresa gestisce ora il CIE di Roma e quello di Torino, e l’ex CIE di Milano, ora centro di accoglienza straordinaria.
Il 6 gennaio veniva trasferito a Ponte Galeria un cittadino nigeriano dopo essere stato trattenuto per tre giorni nella Questura di Vicenza. Il cittadino ha quindi iniziato uno sciopero della fame dichiarando una serie di violazioni subite, e condizioni fisiche tali da chiedere sostegno e aiuto sia agli altri “ospiti” del centro, sia alle associazioni che hanno accesso al centro.
Durante una successiva visita del 27 gennaio questa stessa persona ha ripetuto, davanti a testimoni, ciò che già aveva detto per telefono ribadendo di essere in sciopero della fame perché chiedeva cibo adeguato alla sua precaria condizione di salute, conseguente alle violenze che avrebbe subito presso la Questura di Vicenza. Tuttavia - come apprendevamo solo successivamente - il mattino dopo la visita, dunque il 28 gennaio, nel CIE ha fatto ingresso il console nigeriano, che ha identificato i trattenuti ai fini del rimpatrio in Nigeria. Tra questi veniva identificato dal console lo stesso migrante nigeriano incontrato dall’On Spinelli e dalla campagna LasciateCIEntrare, il quale evidentemente non avrebbe dovuto essere considerato soggetto espellibile, non solo per la sua precaria condizione di salute, ma anche perché ancora in attesa di risposta alla domanda di asilo politico presentata alla Commissione territoriale di Roma.
Il 29 gennaio scorso si apprendeva che diciannove cittadini nigeriani presenti a Ponte Galeria, tra cui lo stesso richiedente asilo, erano stati prelevati e scortati all’aeroporto di Fiumicino, dove sarebbero stati imbarcati coattivamente per la Nigeria.
Si apprendeva dalla Polizia di Frontiera di Fiumicino, che il volo - un aereo charter operato dall’Agenzia Frontex con scali effettuati in altri paesi del Nord Europa per raccogliere nigeriani da rimpatriare - era decollato dall’aeroporto di Fiumicino fra le 12.30 e le 13 di quello stesso giorno.
Anche le richieste di intervento e la denuncia da parte del suo avvocato circa la procedura totalmente irregolare del rimpatrio stesso sono state inefficaci ad impedire il rimpatrio.
Il cittadino di origine nigeriana in particolare aveva lo status di richiedente asilo; la precarietà delle sue condizioni di salute era ben documentata nella cartella clinica redatta nel CIE, in cui è registrato anche un ricovero presso il pronto soccorso dell’Ospedale Grassi; l’indagine effettuata nel CIE ha riscontrato atti di persecuzione dovuti a motivi rientranti negli articoli 9 e 10 della Direttiva qualifiche. Risulta chiaro pertanto che egli non avrebbe potuto essere espulso senza contravvenire agli articoli 5, 9, 13 e 14 della Direttiva rimpatri (2008/115/CE), gli articoli 7, 34, 39 della Direttiva "procedure" (2005/85/CE), nonché degli articoli 2, 3, 6 e 13 CEDU e i corrispondenti articoli 1,3 e 18 della Carta dei Diritti dell’Unione Europea e, infine, all’articolo 10 della Costituzione Italiana.
Il 30 gennaio si apprendeva che altri cittadini nigeriani erano stati trasferiti dal CIE di Bari e dalla Sicilia, ma anche da Torino e da altre città del Nord Italia. Informazione confermata dal funzionario della Polizia di Frontiera di stanza a Fiumicino.
Il caso specifico con una lettera con richiesta di chiarimenti è stata inviata dall’On Spinelli alle istituzioni italiane e agli organismi preposti a seguito delle visite, dei colloqui intercorsi con il cittadino ed il suo avvocato, e i referenti di Questura e Prefettura di Roma.
É evidente la volontà di effettuare molto a breve un altro volo di rimpatrio in accordo con le intese di polizia maturate nei vertici del Processo di Khartoum - di persone da riconsegnare a un paese devastato al Nord da Boko Haram e al Sud dalle guerre locali e nel quale è pure presente il rischio di contagio del virus Ebola.
E’ di qualche giorno fa la notizia rilasciata dal Tribunale della Libertà che ha dichiarato “immorale il rimpatrio in un paese a rischio come la Nigeria” per il caso di un cittadino nigeriano difeso dall’Avv Salvatore Fachile, ASGI.
Lo scorso 16 Gennaio l’Alto Commissariato dell’ONU ha chiesto la sospensione dei rinvii di richiedenti asilo verso la Nigeria e che, come si legge sul sito Viaggiare Sicuri del Ministero degli Affari Esteri, in Nigeria "la situazione della sicurezza è caratterizzata, in generale, da diffusi atti di criminalità ed è concreto, presente ed attuale il rischio di atti di terrorismo e di violente sommosse in varie aree del Paese. Si raccomanda pertanto di tenere strettamente conto della situazione della sicurezza in loco nel prendere decisioni relative agli alloggiamenti e agli spostamenti".
Evidentemente quelle cautele che valgono per i cittadini italiani che dovessero recarsi in Nigeria non sono riconosciute per gli immigrati originari di quel paese che sono sottoposti alle procedure di rimpatrio forzato.
In questo momento, rimpatriare coattivamente con misure di allontanamento forzato che assumono obiettivamente il carattere di espulsioni di massa - vietate dall’art. 4 protocollo IV CEDU e dall’articolo 19 della Carta dei diritti dell’Unione Europea - cittadini stranieri verso la Nigeria costituisce un’evidente violazione dei loro diritti fondamentali. Per tali ragioni si chiede di sospendere immediatamente qualsiasi rimpatrio coatto verso la Nigeria e di conoscere le modalità, la pianificazione e i responsabili dell’esecuzione dei provvedimenti di allontanamento forzato attuati in data 29 gennaio 2015, nonché i relativi costi.
La Corte Europea dei diritti dell’Uomo ha ritenuto che per espulsione collettiva si deve intendere, ai sensi dell’articolo 4 del Protocollo n. 4, qualsiasi misura che costringa degli stranieri, in quanto gruppo, a lasciare un Paese, salvi i casi in cui tale misura venga adottata all’esito e sulla base di un esame ragionevole e obiettivo della situazione particolare di ciascuno degli stranieri che formano il gruppo (Andric c. Svezia (dec.), n. 45917/99, 23 febbraio 1999 e ?onka c. Belgio, n. 51564/99, § 59, CEDU 2002 I).
In presenza di riconoscimenti tanto sommari effettuati dalle autorità consolari nigeriane prima del decollo verso la Nigeria, probabilmente con la mera attribuzione della nazionalità, come è richiesto dai vigenti accordi bilaterali di riammissione tra Italia e Nigeria, l’esecuzione immediata del volo di rimpatrio congiunto integra gli estremi della violazione del divieto di espulsione collettiva perché non consente una procedura individuale nell’ambito della quale, al di là della eventuale ricorrenza di provvedimenti di espulsione o di respingimento adottati dalle autorità italiane, gli interessati possano fare valere cause di non espellibilità previste dall’art. 19 del T.U. n. 286 del 1998, quali le condizioni personali di salute, rapporti familiari o la situazione sanitaria o politico-militare nel paese di origine.

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