Integrazione, nasce la "città del dialogo".

Italia-razzismo
Il 24 settembre, a Roma, è stato siglato l'accordo che sancisce il rapporto di cooperazione tra il network “Le città del dialogo” e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Si tratta di un supporto che il ministero darà alla rete di ventitre comuni italiani (Arezzo, Bari, Campi Bisenzio, Capannori, Casalecchio di Reno, Castelvetro di Modena, Fermo, Forlì, Fucecchio, Genova, Lodi, Milano, Olbia, Palermo, Pizzo, Pompei, Ravenna, San Giuliano Terme, Senigallia, Torino, Unione dei comuni del Rubicone, Venezia) che hanno deciso di  investire maggiormente nelle politiche di integrazione nei loro territori.

Sono città in cui la presenza di persone straniere è significativa, e che hanno deciso di operare in rete per mettere a punto dei sistemi di governance efficienti. Non è da sottovalutare l'importanza data allo scambio di esperienze, prassi, idee, politiche tra territori diversi che permette di vivacizzare il sistema di integrazione, ormai da troppo tempo bloccato. Il fatto è che sembra che su questo piano ci siano delle difficoltà ad attuare progetti nuovi e che tengano conto della reale situazione e composizione della società italiana. È per questo che le cene multiculturali, le feste etniche o i corsi di danza popolare non sono più sufficienti - e forse mai lo sono state - a rispondere all'esigenza di integrazione delle quasi cinque milioni di persone straniere in Italia. È il momento di pianificare interventi che siano lungimiranti e non solo emergenziali o mirati a obiettivi a breve termine. Servono politiche che comunichino maggiormente con le comunità etniche locali e che agiscano in sinergia con esse, per mettere a punto progetti più attenti alle loro esigenze e alle loro risorse. A questo proposito, per esempio, potrebbe risultare utile censire in maniera completa le associazioni e le organizzazioni esistenti nei territori. Nel Lazio da qualche anno esiste il Registro regionale delle associazioni, degli enti e degli organismi che operano a favore dei cittadini stranieri immigrati (l'art. 27 della LR 10/2008). Lo scopo del registro è sia quello di riconoscere e sostenere le attività proposte dagli iscritti, che quello di diventare un mezzo di aggregazione tra le comunità di cittadini stranieri immigrati. Ma  l’elenco attuale risulta parziale perché non tutte le associazioni si sono iscritte. Questa carenza non permette di avere una visione completa del fenomeno associativo, perdendo così la possibilità di valorizzare e sostenere le buone pratiche. Un’occasione in meno di comunicare l’importante vivacità dell’immigrazione.
L'accordo tra il Network e il ministero del Lavoro è già di per sé una buona pratica che, però, potrebbe essere ancor più efficace se venisse modificata la Legge Bossi-Fini. Per questa normativa, infatti, l'immigrato è solo un lavoratore che non ha necessità di integrarsi. Un principio, questo, che non considera il fatto che quelle lavoratrici e quei lavoratori, ora, sono qui assieme alle loro famiglie.     
l'Unità, 26-09-2013

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