Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

13 ottobre 2010

Immigrazione La Suprema corte difende un africano senza permesso arrivato in Italia da un Paese in cui vige il trattato
«Non va espulso chi entra via Schengen»
Corriere della Sera, 13-10-2010
M.Antonietta Calabrò
Sentenza della Cassazione. Maroni: apprensione per l'ingresso della Romania
ROMA—Nello stesso giorno in cui il ministro dell'Interno, Roberto Maroni ha detto che «c'è apprensione per l'ingresso della Romania e della Bulgaria (da cui provengono molti rom, ndr) nell'area di Schengen, previsto per i primi mesi del prossimo anno», la Cassazione ha spiegato che è illegittima l'espulsione degli immigrati che sono entrati in Italia, provenendo da uno dei Paesi dell'area Schengen, senza sottoporsi ai controlli di frontiera e, dunque, senza visto italiano di ingresso.
Per capire la portata di questa sentenza bisogna considerare che la cosiddetta area Schengen è costituita dall'insieme dei Paesi che aderiscono al Trattato di circolazione. Fra i paesi dell'Unione tre (Cipro, Romania e Bulgaria) non ancora reso operativi i dispositivi tecnici (ad esempio informatici) necessari alla sicurezza e pertanto, in via provvisoria, hanno mantenuto finora i controlli alla frontiera.
Ma, adesso, secondo i supremi giudici italiani, il fatto stesso di possedere il visto Schengen esenta l'immigrato dal sottoporsi ai controlli italiani e gli consente di entrare nel nostro Paese. E non è neppure necessario un timbro della nostra frontiera che certifichi con certezza la sua data d'ingresso in Italia per calcolare che non siano scaduti i termini ai fini della concessione del permesso di soggiorno.
Questa decisione si applicherà sia agli immigrati comunitari sia extracomunitari (e in questo caso potrebbe avere effetti potenzialmente enormi dal punto di vista numerico). In base a queste motivazioni, ad esempio, la Suprema corte ha annullato l'espulsione di un africano fermato in Puglia perché trovato senza visto di ingresso in Italia. Per contestare l'espulsione decretata dal prefetto, l'uomo, Ndiaye Raki Souré, aveva fatto presente, senza successo, al giudice di pace di Lecce, di essere in possesso del visto Schengen in quanto entrato in Europa dalla Spagna. Il giudice di pace, gli aveva dato torto sottolineando che «anche ammettendo la sua provenienza dalla Spagna che è nazione aderente al Trattato Schengen, non per questo dovrebbe ritenersi esentato dagli adempimenti previsti (dall'articolo 4 del decreto 286 del 1998)» per il visto di ingresso. Pertanto l'immigrato aveva ricevuto la convalida del foglio di via per «essere entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera».
Questa tesi non è stata affatto condivisa dalla Cassazione. «Per il detentore del visto uniforme Schengen — spiegano i .giudici con la sentenza 21060 — non è esigibile altro onere all'atto dell'ingresso che non sia quello della disponibilità del predetto visto, potendosi poi fondare su prove documentali ed orali la valutazione della data di ingresso nello Stato ai fini del tempo decorso per la richiesta del titolo di soggiorno».
Quanto ai cittadini comunitari, il ministro dell'Interno ha annunciato che intende riproporre alla Commissione europea la richiesta di autorizzazione ad inserire nell'ordinamento italiano il provvedimento di espulsione degli immigrati che non ottemperano alle normative europee, per ovviare «ad alcune lacune» delle stesse direttive. E che in ogni caso «entro la metà» o «al massimo entro la fine del prossimo anno» apriranno quattro nuovi Cie (Centri di identificazione ed espulsione): nel Veneto, in Toscana, nelle Marche e in Campania.



Via i cittadini comunitari senza lavoro né reddito

la Padania, 13-10-2010
IVA GARIBALDI
Comitato Schengen, Maroni «preoccupato» da Romania e Bulgaria
ROMA - C'è «preoccupazione» per il prossimo ingresso di Romania e Bulgaria nell'area Schengen, a causa delle ripercussioni dei flussi migratori. E c'è la volontà di applicare la direttiva europea per i comunitari: «Noi vogliamo poter rimpatriare anche chi non rispetta i requisiti di un reddito e di un lavoro necessari per poter risiedere oltre tre mesi in Italia». Ma c'è anche soddisfazione perché gli sbarchi dei clandestini dall'inizio dell'anno sono crollati.
Roberto Maroni fa il punto sulle politiche sull'immigrazione di fronte al Comitato Schengen. L'audizione del ministro dell'Interno arriva in un momento surriscaldato dalle decisioni del governo francese sui rom. Il titolare del Viminale ha più volte sottolineato che le scelte dell'Italia sono state dirette a favorire l'integrazione, a cominciare dall'obbligo di frequenza scolastica per i bambini e dalla chiusura dei campi che hanno condizioni di vita inaccettabili, prevedendo l'espulsione degli immigrati irregolari. E proprio a proposito dei Paesi comunitari, Maroni ha sottolineato che «c'è apprensione per l'ingresso della Romania e della Bulgaria nell'area Schengen previsto per i primi mesi del prossimo anno».
«In Italia - ha spiegato Maroni - la comunità romena è una delle più numerose. La maggioranza è bene integrata, ma ci sono alcune frange, come i nomadi, che rappresentano un problema per la sicurezza pubblica». Maroni ha quindi sottolineato che nei primi nove mesi dell'anno «sono stati rintracciati 1.412 romeni in posizione irregolare; 327 sono stati rimpatriati coattivamente, 858 hanno lasciato volontariamente l'Italia e 227 non sono stati allontanati, perché la direttiva europea sulla libera circolazione non prevede sanzioni per chi viola le norme».
Il ministro ha quindi rilanciato la volontà di un'applicazione integrale della direttiva che prevede l'allontanamento dei cittadini comunitari che non dimostrino di poter badare al proprio sostentamento attraverso un lavoro regolare. «Noi - ha sottolineato Maroni - vogliamo colmare questa lacuna, non si può fare finta di niente. Finora abbiamo potuto allontanare i comunitari solo per "imperativi motivi di sicurezza pubblica". Noi vogliamo poter rimpatriare anche chi non rispetta i requisiti di un reddito e di un lavoro necessari per poter risiedere qui oltre tre mesi». Per questo, ha aggiunto, «si sta pensando ad un provvedimento di intimazione a lasciare l'Italia che, se non rispettato, possa portare all'allontanamento».
Sul fronte dell'immigrazione extracomunitaria, Maroni ha confermato la volontà di aprire quattro nuovi Cie entro il 2011 in Marche, Campania, Veneto e Toscana. «Queste strutture - ha osservato - sono utili e ora non sono sovraffollate, non c'è un'emergenza, ma vogliamo aprirne una in ogni regione». C'è, ha sottolineato, «un negoziato in corso con  gli Enti locali. Con Veneto e Campania siamo in fase avanzata, meno con Toscana e Marche». Quanto alla gestione dei Cie, il ministro ha parlato di un «sistema da modificare: bisogna assegnare la gestione a chi è in grado di garantire standard uniformi e personale adeguato: pensiamo quindi di affidarla alla Croce Rossa».
Maroni torna anche sulla Libia, sull'accordo stretto con Gheddafi che ha fermato gli sbarchi dei clandestini. Nel 2010 è proseguito il calo degli sbarchi: al 30 settembre sono stati 2.868, contro gli 8.292 dell'anno precedente. Nuove rotte, ha spiegato Maroni, «conducono migranti in Italia provenienti da Turchia e Grecia: sono soprattutto curdi e afgani, ma sono già state attivate le iniziative per fermare questi flussi».
Nel corso dell'audizione si parla anche del mitragliamento del peschereccio italiano da parte di una motovedetta donata dal nostro Paese alla Libia. Una vicenda che oltre ad un'inchiesta delle autorità di Tripoli, sta portando al cambiamento degli accordi per la permanenza degli uomini della Guardia di finanza con compiti di istruttori. Maroni ha ricordato che il compito assegnato ai nostri militari si limita a quello «tecnico» sulle motovedette per il solo pattugliamento in mare contro le tratte dei clandestini e «non per operazioni di altro tipo. Stiamo per definire una modifica dell'accordo per mantenere l'azione di assistenza tecnica per la durata dì dodici mesi, evitando così incidenti. I libici - ha concluso Maroni - si sono detti disponibili».



A breve i Flussi 2010: una sanatoria mascherata

immigrazione.aduc.it, 13-10-2010
Emmanuela Bertucci
A breve dovrebbe essere emanato il decreto flussi 2010 per lavoratori subordinati extracomunitari. E' iniziato difatti il tamtam (primo a dare la notizia Il Sole 24 Ore dell'11 settembre) di indiscrezioni che precedono l'annuncio ufficiale, e poi la pubblicazione in Gazzetta. Pare che con il prossimo decreto flussi verra' autorizzato l'ingresso di circa 150.000/170.000 cittadini extracomunitari e dovrebbe essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale a novembre. Le domande, come gia' accaduto negli anni passati, dovrebbero essere presentate dai datori di lavoro per via telematica.
Si tratta di un provvedimento molto atteso, a quasi tre anni dall'emanazione dell'ultimo decreto flussi, che risale al 2007. Nel 2008 non fu emanato alcun decreto che consentisse la presentazione di nuove domande, ma fu solo esteso il limite numerico del decreto precedente, cosi' autorizzando l'ingresso di 150.000 lavoratori “ripescati” dalla graduatoria dei flussi precedenti, “miracolati” dell'ultima ora. Niente flussi nemmeno per il 2009, anno della sanatoria per colf e badanti. Per il 2010 e' stato finora emanato solo un decreto flussi stagionale, che ha autorizzato l'ingresso di 80.000 ingressi per lavoro subordinato stagionale e 4.000 per lavoro autonomo.
Riparte quindi la “sanatoria mascherata” cui parteciperanno (tramite il loro datore di lavoro) altissime percentuali di stranieri gia' soggiornanti in Italia ma privi del permesso di soggiorno, e dunque impiegati a nero. E anche questa volta dovranno attendere mesi e mesi (a voler essere ottimisti) prima di ottenere l'auspicato nullaosta all'ingresso, con il quale uscire -clandestinamente, pena l'espulsione e l'invalidazione dell'intera procedura- dall'Italia, tornare nel proprio Paese per poi recarsi alla rappresentanza diplomatica italiana per il rilascio del visto di ingresso, e infine per tornare in Italia da “regolari”.
Una pantomima pietosa, e costosa, sia per gli stranieri che per la pubblica amministrazione. Ma si sa, la percezione del “polso duro” per la politica italiana passa anche da questi escamotages. Il sistema dei flussi di ingresso ha fallito, poiche' non e' riuscito ad arginare l'irregolarita' del soggiorno e la clandestinita', ne' a soddisfare il fabbisogno di manodopera del mercato italiano. A nostro avviso deve esser superato questo sistema, complice della clandestina'; devono esser abolite le quote pre-stabilite e occorre disporre durante tutto l'anno la possibilita' di lavorare regolarmente, previo esame dei presupposti (lavoro, casa ecc...). La clandestinita' che resterebbe non sarebbe piu' indotta, ma reale e quindi da combattere severamente.



«I figli degli stranieri subito italiani!»
Cittadinanza, finiani e Pd "coppia di fatto"

la Padania, 13-10-2010
PAOLO BASSI
MILÀN - L'inedita (ma non troppo) "coppia di fatto" Fli e Pd torna a chiedere una modifica della legge sulla concessione della cittadinanza. La concomitanza è davvero interessante. Mentre l'Assemblea Nazionale accende il semaforo verde al piano del presidente Nicolas Sarkozy che prevede fra le altre cose la revoca della cittadinanza per gli stranieri naturalizzati che si siano macchiati di gravi crimini e l'espulsione dei Rom anche se comunitari, a Roma si riaccende il dibattito sulla riforma del sistema per diventare cittadini italiani.
L'occasione questa volta è stata offerta dalla pubblicazione dell'indagine Istat sulla popolazione straniera in Italia relativa all'anno 2009. Pur essendo una realtà fortemente impattante sulla nostra società, i numeri segnano una diminuzione considerevole rispetto al 2008, ma nonostante ciò il finiano Fabio Granata e il democrat, Andrea Sarubbi, sono tornati a chiedere l'introduzione in Italia dello "ius soli", ossia della possibilità che i figli degli stranieri nati in Italia acquisiscano da subito la cittadinanza del Belpaese. «L'anno prossimo - osservano i due parlamentari - arriveremo probabilmente a quota un milione di immigrati. Una cifra impressionante, in una ricorrenza particolarmente simbolica: quella dei 150 anni dall'Unità, che invita il Paese a riflettere sul significato stesso dell'essere italiani. Sull'importanza della riforma si sono già espressi gli enti locali, l'associazionismo laico e cattolico, la stessa Conferenza episcopale italiana; ora anche i dati dell'Istat ribadiscono un quadro inequivocabile, che rende l'inerzia su questo tema oramai una colpevole omissione. Nessuno scoglio - concludono - potrà comunque arginare il mare: neppure quello di una legge ormai obsoleta come quella attuale, concepita quando arrivavano in Italia meno di 7 mila immigrati all'anno. Perchè la società cambia, per fortuna, senza chiedere il permesso alla politica».
La stessa richiesta è stata prontamente rilanciata a gran voce dall'ex ministro prodiano, sempre del Pd, Livia Turco.
«L'aumento di minori figli di stranieri - sostiene - è un dato che ci obbliga a non avere più nessun indugio: bisogna cambiare la legge sulla cittadinanza per affermare che chi nasce e cresce in Italia è italiano. Basta tentennamenti, rivolgiamo un appello tutte le forze di opposizione e maggioranza, a Fini, a Casini, affinché tutti ci impegniamo perchè la legge sulla cittadinanza sia approvata entro l'anno. Una misura di civiltà e sicurezza non più rinviabile». Insomma, a giudicare da queste affermazioni, su un tema "strategico" come quello dell'immigrazione, sembra davvero che Futuro e libertà e Partito democratico più che antagonisti, siano alleati. Che siano le prove tecniche per un futuro accordo elettorale o di governo...?



Moschea a Piacenza, Lega "accerchiata" «Pd e Pdl la pensano come noi ma tacciono»

la Padania, 13-10-2010
- «Sulla possibilità del vìa libera ad una moschea a Piacenza, la Lega Nord ha il coraggio di dire quello che gli altri partiti pensano ma tacciono: Questo il pensiero del consigliere Paolo Mancioppi e del segretario Guido Gulieri, dopo aver appreso quanto discusso in Consiglio comunale.
I due esponenti del Carroccio hanno poi ribadito come anche su altri temi il Movimento sia stato seguito da tutti gli schieramenti, come il Federalismo, sul quale si trova ora d'accordo anche  il Pd o da ultimo il permesso a punti per gli immigrati clandestini in Italia. «Nonostante lo scetticismo delle anime candide e di chi si dimostra generoso con il portafoglio degli altri, noi rimaniamo fermi sulle nostre posizioni, che in materia di moschee sono quelle di un italiano su due». Così Mancioppi e Gulieri, i quali sottolineano la loro contrarietà, non tanto all'apertura di luoghi di culto per la religione musulmana, quanto al via libera ad una moschea «nella quale non si pratica solo l'esercizio della propria religione, ma si effettuano veri e propri indottrinamenti politico-militari. In questi luoghi è all'ordine del giorno la pratica della Sharia, che non vorremmo fosse messa in atto con soldi dei contribuenti.».
Nell'ultima seduta del Consiglio la Lega Nord piacentina si è sentita l'unica a difendere certe idee, non sostenuta neppure dai compagni di coalizione del Pdl Per Mancioppi e Gulieri «mentre il  ministro La Russa propone più, stringenti controlli sull'apertura di moschee, dispiace vedere il Pdl piacentino non sostenere la Lega in una difesa della sicurezza e dell'identità nazionale. Come il Pd, che sostiene certi temi solo dopo che la Lega li ha portati all'attenzione con forza, forse anche il Pdl a Piacenza capirà la nostra scelta, favorevole all'apertura di centri per la preghiera, ma intransigente nei confronti degli equivoci rappresentati dalla costruzione di una moschea nella nostra città».



Immigrati a punti ovvero vestire i panni della destra

Liberazione, 13-10-2010
Annamaria Rivera
L'uso strumentale del tema immigrazione è una costante della politica, italiana e non solo, da almeno un ventennio. Gli immigrati sono utili a gettare fumo negli occhi, a placare le ansie popolari indicando falsi bersagli, a mostrare i muscoli, solo verso i deboli, per dissimulare l'inettitudine colpevole di una politica che ignora i diritti e i bisogni dei cittadini non benestanti. Ma servono anche, sul versante della "opposizione", a risolvere meschine questioni inteme di egemonia e potere, e a coltivare l'illusione che indossare i panni logori degli avversari valga a conquistare l'elettorato. E' il caso dell'ultima sortita della corrente veltroniana, un lungo testo allegato al documento finale sull'immigrazione approvato all'assemblea nazionale del Pd. Vi si propone, in sostanza, l'immigrazione a punteggio, cioè una selezione degli aspiranti-immigrati in base a punti corrispondenti a variabili quali età, sesso, stato civile, istruzione, specializzazione, conoscenza della lingua, della cultura e dell'ordinamento del Paese. Oltre tutto, i "promossi" dovrebbero pagarsi il munifico welfare state all'italiana contribuendo a un Fondo Impatto Immigrazione (si noti il linguaggio). Qual è dunque, nella testa dei veltroniani, il candidato-migrante ideale? Un maschio giovane, celibe, meglio se di bell'aspetto, ad-dottorato in ingegneria o in informatica al Mit di Cambridge, e con un master in lingua, letteratura e istituzioni italiane? E dove si troverebbero poi i braccianti, i manovali e gli operai nonché le colf e le "badanti" che reggono rispettivamente il sistema produttivo italiano e lo spaghetri-welfare?
Insomma, nient'altro che una variante del vecchio mito reazionario dell'immigration choisie/intégration réussie, rispolverato a suo tempo da quel campione di perspicacia e buongoverno che è Nicolas Sarkozy. Una tale illusione dirigista applicata non alla Francia, ma a un paese ove tutto quel che è pubblico è alla deriva (e il privato non brilla per moralità e nobiltà di atti e sentimenti), ove si impiegano fino a due anni per rilasciare un normale permesso di soggiorno, farebbe ancor più ridere se non facesse piangere calde lacrime sullo stato della "opposizione". E a tal proposito torniamo al documento piddino approvato all'unanimità, insieme con l'allegato veltroniano. Vi si precisa che quel che accomuna tutti, veltroniani e non, "è la necessità di prendere in carico le paure degli italiani, di selezionare l'immigrazione secondo criteri di qualità, introducendo anche in Italia il sistema della selezione a punti".
Che non vi venga in mente che a preoccuparci, dicono implicitamente i nostri, sia la difesa dei diritti di tutti, nativi e migranti, o la lotta contro lo sfruttamento schiavile dei lavoratori immigrati e contro il dilagare del razzismo! Questa è roba sovversiva, ohibò, che non si addice punto alla svolta perbenista e rassicurante (per chi, poi?) che abbiamo intrapreso. Un ipotetico osservatore, estraneo alle vicende del trasformismo italiano, potrebbe trovare stupefacente che a ispirare una proposta tanto crudele quanto irrealistica sia stato il buon Veltroni, il filo-africano che esordì come sindaco di Roma compiendo il nobile gesto di accogliere e onorare con esequie pubbliche solenni le salme dei profughi somali rifiutate dal sindaco di Lampedusa. A quell'osservatore si dovrebbe rivelare che da allora molta acqua è passata sotto i ponti: quel che resta oggi è il rivolo putrescente che va dalle costanti vessazioni, sgomberi, persecuzioni dei rom della Capitale alla cinica strumentalizzazione dell'omicidio Reggiani, quando il Nostro pretese e ottenne dal governo centrosinistro la convocazione urgente di un Consiglio dei ministri onde varare un decreto-legge per l'espulsione dei rumeni. A stupire noi, invece, e ancor più a dispiacerci, è il fatto che quell'infelice proposta sia stata sottoscritta anche da Jean-Leonard Touadi e Paola Concia, le cui biografie e i cui interessi dovrebbero ispirare loro più generosità politica ed umana verso i dannati della terra e maggiore lungimiranza: e se un giorno qualche mente perversa proponesse che il sacro suolo patrio può essere calpestato solo da bianchi eterosessuali?



Abbiamo bloccato i mercanti di uomini

la Padania, 13-10-2010
ANDREA ACCORSI
I dati dell'agenzia Frontex confermano: il nostro Paese primo in Europa nel contrasto al traffico di clandestini
Dietrofront clandestini in Europa. E il merito è in buona parte del contrasto agli sbarchi sulle coste della Penisola reso possibile dagli accordi internazionali stretti dal ministro Roberto Maroni. A certificarlo è Frontex, l'agenzia comunitaria che coordina i controlli ai confini dell'Unione.
Nel primo semestre di quest'anno l'arrivo di irregolari nella Ue ha registrato un netto calo, come pure le permanenze illegali - quelle cioè prive di residenza autorizzata - e le richieste di asilo. È quanto si desume dal rapporto di settembre di Frontex. Per gli analisti dell'agenzia Ue, la contrazione degli ingressi di clandestini «è l'effetto combinato della crisi economica e della stretta delle strategie nazionali», ovvero delle nuove politiche di contenimento intraprese dai "Paesi di frontiera" come l'Italia.
Frontex non manca di sottolineare il buon funzio-namento degli accordi bilaterali stretti nel Mediterraneo, come quello in vigore tra il nostro Paese e la Libia. La "stretta" sui flussi tra il Nord Africa e le coste meridionali italiane ha prodotto anche un altro effetto: lo spostamento a Est dei traffici di clandestini. La "porta" illegale del continente, ora, è diventata la Grecia, anche per la sua posizione di confine con la Turchia. La maggior parte degli immigrati che vi transitano si dichiarano afghani e somali: come tali, provengono da Paesi in guerra e chiedono quindi asilo.
Nei primi sei mesi di quest'anno il numero dei clandestini entrati nel perimetro dei Ventisette è diminuito del 23,6 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009, passando da 53.674 a 40.977. Identica percentuale si registra per
gli illegali, quelle persone che trasformano un permesso di soggiorno o di studio in una residenza non autorizzata: nel secondo trimestre del 2010 ne sono stati calcolati 83.215, ben 24.304 in meno rispetto a un anno prima.
L'unico dato in controtendenza è l'aumento dei migranti che si servono di documenti falsi. I trafficanti di clandestini insomma, viste le difficoltà nel far approdare a destinazione gli irregolari come facevano in passato, preferiscono servirsi di nuove vie e munirli di passaporti e permessi contraffatti. Il maggior numero (184 casi) si è registrato in Polonia. L'Italia è al terzo posto con 110, preceduta dalla Francia.
Mentre gli accordi firmati dall'Italia con la Libia hanno ridotto fortemente gli sbarchi nella Penisola, quelli sottoscritti dalla Spagna con altri Paesi africani, come Senegal e Mauritania, hanno contribuito a ridurre sensibilmente i traffici nelle acque del Mediterraneo occidentale. Il risultato è che la metà dei clandestini che tentano di entrare nell'Unione passano via terra dalla Grecia. Si tratta, come accennato, di profughi afgani e somali ma ci sono anche albanesi assunti come stagionali e che poi non fanno ritorno nel loro Paese.
Al pari delle intese bilaterali che hanno visto protagonista il nostro Governo, decisive nel calo di ingressi si dimostrano altre politiche adottate in materia da alcuni Paesi. Ad esempio nel Regno Unito, dove il numero dei richiedenti asilo si è ridotto in maniera significativa: 42.724 nel secondo trimestre, -21% in un anno.
L'Italia vanta un altro primato nel contrasto all'immigrazione clandestina", è il Paese europeo che ha fermato il maggior numero di trafficanti di esseri umani, 702 (contro i 552 della Francia e i 419 della Grecia). Di essi, il 43% (pari a 301 soggetti) era "di casa", cioè erano italiani: anche questa è la percentuale più alta in Europa.
Sul piano socio-economico, infine, l'analisi di Frontex mette in evidenza come «nonostante i segnali di ripresa, in alcuni Stati c'è poco movimento nei settori dove in genere crescono i posti per i migranti», quali l'edilizia e le manifatture. L'incertezza alimentata dalla recessione, insomma, con¬tribuisce a frenare i] sogno di rifarsi una vita da noi. Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.



L'invasione non si ferma ma ora rallenta

il sole, 13-10-2010
Igor Iezzi
E straniero il 7 per cento della popolazione. Sono soprattutto al Nord. Tanti i rumeni
MILÀN- Continua a crescere, anche se a ritmi meno sostenuti. La presenza di stranieri nel nostro Paese ha oramai assunto i connotati di una vera e propria invasione. Gli immigrati presenti nel nostro Paese sono oltre 4 milioni raggiungendo il 7% dell'intera popolazione. Per la precisione i cittadini stranieri residenti in Italia al primo gennaio 2010 sono 4.235.059 pari al 7% del totale dei residenti, mentre al primo gennaio 2009 essi rappresentavano il 6,5%. Secondo l'Istat nel corso del 2009 il numero di stranieri è aumentato di 343.764 unità (+8,8%), un incremento inferiore a quello dei due anni precedenti (494mila nel 2007 e 459mila nel 2008, rispettivamente +16,8% e + 13,4%), principalmente per effetto della diminuzione degli ingressi dalla Romania. Circa la metà dei residenti stranieri (2 milioni 86mila individui, pari al 49,3% del totale) proviene dai paesi dell'Est europeo: in particolare, circa un quarto proviene dai Paesi Ue di nuova adesione (1 milione 71 mila, escludendo Cipro e Malta, fra cui 888mila dalla sola Romania); un altro quarto ( 1milione 15mila) è rappresentato dai cittadini -  dei paesi est-europei non appartenenti all'Ue. I cittadini dei paesi asiatici sono complessivamente cresciuti di 71mila unità, con un incremento relativo del 11,6%. Nel corso dell'ultimo anno i paesi che hanno mostrato l'incremento più rapido appartengono all'Europa dell'est e al subcontinente indiano: tra i principali, nell'ordine, +18,1% la Moldova, +17,1% il Pakistan, + 15,3% l'India e +13,1% l'Ucraina. Da sottolineare, infine, l'incremento del 13% dei cittadini del Perù, dovuto probabilmente alla regolarizzazione in corso dedicata al lavoro domestico (che spiega anche il notevole aumento dei cittadini della Moldova). L'invasione ha direttrici ben precise. Oltre il 60% dei cittadini stranieri residenti in Italia risiede nelle regioni del Nord, il 25,3 per cento in quelle del Centro e il restante 13,1 per cento in quelle del Mezzogiorno, anche se nel 2009 la popolazione straniera è cresciuta più intensamente nelle regioni del Mezzogiorno rispetto a quelle del Centro-nord.
Ciò è dovuto soprattutto ai cittadini rumeni e bulgari, che nel Mezzogiorno hanno fatto registrare incrementi doppi (intorno al 20%) rispetto a quelli registrati nel Centro-nord (10%), ma anche ai cittadini marocchini e a quelli dello Sri Lanka, il cui incremento nel Mezzogiorno è dai 3 ai 5 punti percentuali superiore a quello registrato nel Centro-nord.
I dati sul movimento migratorio degli stranieri nel 2009 evidenziano che in molti casi il Mezzogiorno rappresenta l'area del primo ingresso, il punto di partenza di un percorso che vedrà molti immigrati trasferirsi successivamente verso le regioni del Nord, nelle quali è possibile trovare maggiori opportunità di lavoro. Più in dettaglio quasi un decimo risiede nella sola provincia di Milano, una quota non molto inferiore a quella dell'intero Mezzogiorno d'Italia. In Veneto risiede l'11,3% in l'Emilia-Romagna il 10,9%, in Lazio (11,8%). Da rilevare che in quest'ultima regione la grande maggioranza degli stranieri si concentra nella provincia di Roma, 9,6% del totale, quota pari a quella della provincia di Milano. Alta è poi l'incidenza di stranieri in alcune province come Brescia (12,9%), Piacenza, Reggio nell'Emilia, Mantova, Modena (tutte province con valori intorno al 12%), Parma, Verona, Treviso, Pordenone (per le quali i valori superano l'11%).



Reportage del quotidiano americano sui provvedimenti adottati a Milano e Roma
Sgomberi e espulsioni, «caso rom» sul Washington Post
Corriere della Sera, 13-10-2010
Andrea Galli
Riportata una frase di De Corato: «Sono europei con la pelle scura, non europei come me e te». Lui smentisce
MILANO - Se «l'Italia chiude la porta ai rom» («Italy closes the door on Gypsies»), questo il titolo del reportage, allora Milano serra le finestre, blinda il cancello, mette il filo spinato sulla cinta, installa i radar sui tetti: del resto l'obiettivo finale è avere «zero campi nomadi» e dunque zero nomadi, spiega il vicesindaco Riccardo De Corato alla squadra del Washington Post guidata dal corrispondente Antony Faiola. Sull'antico e prestigioso quotidiano americano è uscito un servizio incentrato su di noi, da Milano a Roma: noi nel senso di rom, immigrazione, politiche, scenari, espulsioni. E, sempre con De Corato, anche nel senso di distinguo: leggiamo che il vicesindaco ha definito diversi i nomadi, «sono europei con la pelle scura, non europei come me e te».
Il diretto interessato smentisce: «Mai pensato e pronunciato una cosa simile, può darsi che l'interprete abbia capito male». Per la cronaca l'interprete è un professionista noto sulla piazza, molto utilizzato dai cronisti stranieri. Andiamo avanti. A questi rom, si legge nell'articolo, «è addebitato l'aumento del crimine» con la conseguenza che «si legittimano le autorità locali a smantellare il più grande campo nomadi autorizzato, il Triboniano». Nel frattempo «il Comune sta abbattendo con i bulldozer centinaia di piccoli campi improvvisati, abitati dagli ultimi arrivati».
I reporter sono stati pure a Roma. E lì hanno colto delle differenze: «La linea adottata contrasta nettamente. A Roma le autorità stanno ricollocando i nomadi in campi con maggiore sicurezza e sorveglianza video». Eppure son stati clementi, 'sti americani. Non hanno approfondito il motivo dello sfratto di Triboniano: trattasi di terreni destinati all'Expo; ma certamente, quell'Expo in tremendo ritardo.



Il giro di vite sui rom in Italia riflette l’ondata xenofoba europea?

Giornalettismo. com, 13-10-2010
Teresa Scherillo (makia)
Il W.P. fa un’analisi impietosa delle politiche anti-immigrazione italiane, a partire dallo sgombero del Triboniano a Milano, che sarebbero niente altro che il riflesso di quello che accade anche in Europa.
Questa città venerabile, molto conosciuta per il risotto allo zafferano o i modelli Leggy della settimana della moda, si sta muovendo per creare una zona di tolleranza zero per gli zingari. Si PH2010101106572 Il giro di vite sui rom in Italia riflette londata xenofoba europea?riferisce a Milano il W.P. con grande ironia e spiega l’origine del giro di vite sui rom che sembra aver affascinato anche il nostro paese.
LA MILANO SPAVALDA - Le campagne anti-zingari nella vicina Francia hanno suscitato critiche internazionali, con i funzionari di stato che negli ultimi mesi hanno deportato oltre 1.000 persone di etnia rom - un popolo nomade in gran parte proveniente dall’Europa dell’Est. Ma con grande spavalderia, Milano è in prima linea nel rispondere da parte dell’Italia con la propria “emergenza rom”. Dando la colpa della criminalità in aumento alle nuove ondate di immigrati rom, le autorità si stanno muovendo per smantellare il più grande campo rom autorizzato di Milano, il Triboniano, una baraccopoli brulicante di musicisti di strada e lavoratori a giornata che i funzionari denunciano essere un covo di ladri. Allo stesso tempo, stanno radendo al suolo centinaia di piccoli accampamenti improvvisati abitati dai nuovi arrivati e hanno emesso avvisi di sfratto di massa per tutte le famiglie rom che vivono in un altro campo nel più grande quartiere di immigrati della città.
LA PAURA GENERA XENOFOBIA - “Queste sono persone di pelle scura, non europee come voi e me“, ha detto Riccardo De Corato, che è vice sindaco di Milano, che fa parte del partito del primo ministro Silvio Berlusconi e che ha il compito di gestire i campi. Ha poi aggiunto: “Il nostro obiettivo finale è quello di avere zero campi nomadi a Milano“. La campagna in corso qui è parte di ciò che gli osservatori pensano sia la più intensa ondata di xenofobia che ha investito l’Europa occidentale negli ultimi anni. Il dibattito sull’immigrazione in Europa, così come negli Stati Uniti, si è drammaticamente intensificato in seguito alla Grande Recessione, con i cittadini che accusano gli immigrati come i rom di  togliere posti di lavoro, spingendo al rialzo i tassi di criminalità.
LE POLITICHE POPULISTE DELL’ULTRADESTRA - In tutto il continente, i governi  5075909505 1abe1553d7 b Il giro di vite sui rom in Italia riflette londata xenofoba europea?alzano nuove barriere all’immigrazione e anche in alcune delle nazioni più avanzate come la Svezia, gli elettori mostrano di gradire i politici dell’ ultra-destra che hanno una linea più dura sull’immigrazione. In Francia, una proposta di legge potrebbe cancellare la cittadinanza di stranieri naturalizzati da meno di 10 anni se commettono reati violenti contro la polizia o i funzionari del governo. Nuovi centri di detenzione sarebbero stati istituiti per rendere più facile la deportazione degli immigrati illegali. I cittadini di altri paesi dell’Unione europea – che in teoria godono della libertà di movimento in tutte le 27 nazioni – avrebbero più difficoltà a restare in Francia se non sono rispettosi della legge. Una nuova legge, sempre in Francia, vieta alle donne musulmane di indossare veli islamici in pubblico, con leggi simili in corso nei Paesi Bassi e in Spagna e la Svizzera ha vietato la costruzione di minareti. “C’è una tendenza preoccupante in Europa che abbraccia politiche populiste“, ha detto Benjamin Ward, vice direttore per l’Europa di Human Rights Watch a Londra. “Stanno creando un nuovo clima di intolleranza in Europa, con i movimenti di alcuni paesi, ora apertamente ostili alle minoranze etniche e ai migranti“.
IL GOVERNO BERLUSCONI E LA SICUREZZA - Dal momento che Berlusconi è stato rieletto nel 2008, la sua fragile coalizione conservatrice ha fatto dell’immigrazione e della sicurezza interna una priorità. L’anno scorso, l’Italia ha praticamente smesso di rilasciare permessi di lavoro per i nuovi immigrati non europei dell’Unione e ha definito una politica volta a prevenire gli ingressi di rifugiati nel paese via mare dal Nord Africa. Il risultato, secondo l’agenzia ONU per i rifugiati, è stato un calo drammatico di barconi che viaggiavano in tutto il Mediterraneo provenienti dalla Libia che era diventata una via di transito importante non solo per migliaia di migranti, ma anche per i richiedenti asilo provenienti da Somalia, Sudan e altri paesi africani.
EMERGENZA ZINGARI - All’interno del campo fatiscente del Triboniano nell’area nord di 5075909383 a23cab2935 b Il giro di vite sui rom in Italia riflette londata xenofoba europea?Milano, Vladimiro Ilie, un rom proveniente dalla Romania, riempie scatole piene di vestiti, pentole e padelle nel trailer di due stanze che divide con la moglie e i due figli. “La mia famiglia sta imballando le nostre cose negli ultimi giorni“, ha detto Ilie. “Siamo stati avvertiti dalla città che in qualsiasi momento, essi si presentano e ci dicono di andare via”. In origine, i rom vennero perseguitati dai nazisti durante l’Olocausto. Hanno vissuto in Italia per generazioni, ma il loro numero è salito dopo che la  Romania è stata ammessa nella UE nel 2007. Da allora, il numero dei romeni in Italia  è quasi triplicato, a 800.000. Essi sono stati a lungo associati con la criminalità. Dopo lo stupro e l’omicidio di una donna italiana da parte di un rom, il governo nazionale ha dichiarato una “emergenza zingari” nel 2008 – molto prima della campagna francese di questa estate.
A ROMA VA MEGLIO - In nessun luogo la campagna anti-rom è stata così forte e veloce come a Milano, centro della ricchezza industriale d’Italia, che è dominata dal partito di Berlusconi e dall’ultra-nazionalista Lega Nord. Negli ultimi due anni, i funzionari milanesi hanno espulso 7.000 rom e cancellato 346 insediamenti illegali. Ora la città punta su alcuni campi precedentemente autorizzati. Anche se i funzionari hanno inizialmente detto che il Triboniano deve fare spazio a una nuova autostrada, De Corato ha descritto la mossa come una decisione sociale. “Molti di loro sono criminali“, ha affermato il vice sindaco in un’intervista. “Fanno prostituire le loro donne e i loro bambini“,”non c’è motivo per il campo di restare“. La linea dura adottata a Milano è in netto contrasto con quella di Roma. Lì, il governo locale sta trasferendo gli zingari nei campi con maggiore sicurezza e video sorveglianza costante, ma anche con migliori condizioni igienico-sanitarie, compresa l’acqua corrente e l’ elettricità. Ai rom immigrati provenienti dall’Europa dell’Est sarà data la possibilità di trovare un lavoro ed educare i figli in quattro anni. Coloro che lo faranno avranno accesso agli alloggi pubblici. Quelli che che non lo faranno, invece, si troveranno ad affrontare la deportazione. “L’Italia - ha detto Giuseppe Pecoraro, rappresentante speciale di Roma sulle questioni rom – è ancora un paese tollerante“.



C'è del razzismo in Danimarca

il Sole, 13-10-2010
Angela Manganaro
Il partito del popolo si batte per limitare i benefìci sociali agli immigrati
COPENHAGEN.- Morten Messerschmidt cammina svelto e sicuro di sé lungo il corridoio dalle pareti rosa confet-to del parlamento danese. Cappello a falde larghe, cappotto scuro, vestito grigio chiaro è la giovane stella del Dansk folkeparti (Df), partito del popolo danese anti-immigrati nato nel '95, da nove anni alleato del governo conservatore. Morten è cresciuto con il Df: si iscrive a 17 anni, diventa deputato a 25, oggi a 30 è parlamentare europeo, eletto con 284mila voti. È lo stesso ragazzo finito tre anni fa sul tabloid B.T. mentre ubriaco fa il saluto nazista e canta canzoni del Terzo Reich. Bufera a cui sopravvive: ammette di aver cantato ma nega l'Heil Hitler! Porta il tabloid in tribunale, vince la causa.
Ora parla con scioltezza da euroscettico moderato, si irrigidisce quando indica la priorità del partito inpatria: «Senza dubbio l'immigrazione. Vogliamo aumentare le possibilità di ingresso per gli stranieri che lavorano e limitare le chance di chi non partecipa alla produzione di ricchezza. Il tema centrale alle elezioni 2on sarà chi e come può usufruire dei benefici sociali».
Oggi gli immigrati sono il 7%, i musulmani il 34%, molti i rifugiati. «Meno del 7%, forse il 5%» ribatte. «In alcune zone la densità è più alta, lì ci sono grandi problemi nei meccanismi di integrazione. Non è un contrasto di quantità ma di qualità con la cultura danese. È anche una questione dipercezione». Negli anni 70 il partito del progresso, padre
dell'attuale Df, ha fatto la rivolta contro le tasse. Morten guarda come chi, proiettato verso il futuro, è annoiato dal passato. «Non è argomento dell'agenda politica adesso». Le vignette di Maometto con il turbante a forma di bomba pubblicate sul JyllandPosten nel 2005, causa di crisi internazionale con il mondo musulmano, sono invece «un punto di forza della società danese». Spiega che il Df va bene «nelle aree rurali e nei sobborghi». Ne elenca quattro: Rodovre, Golstrup, Brondby. L'ultima è Hvidovre, 20 minuti di treno da Copenhagen, dove nell'83 Pia Kjaersgaard, madre e leader del Df, muove i primi passi. Case marroni tutte uguali, una chiesa bianca circondata da piccole tombe grigie su cui ricorrono tre cognomi: Jespersen, Christiansen, Rassmussen Nessuna bandiera dipartito. Il barista del Cafe Claudio è arrivato dalla Turchia nell'84: parla danese ma non capisce l'inglese, seconda lingua del paese. Al bancone, Niels, 20 passati a stimare violini nelle aste, chiede un altro caffè. «A Hvidovre molta gente è contro gli immigrati E sì, sono razzisti perché hanno paura ma non sono fanatici: hanno i loro valori, credono nel welfare state, inteso come comunità in ci si aiuta. Chi non si integra e non è uguale a loro rompe lo schema». La differenza con gli immigrati arrivati 25-3oannifa?«Quelli sono stati invitati dallo Stato, serviva il loro lavoro». Il barista continua ad asciugare le tazze. «I nuovi arrivati hanno un'istruzione bassa, molti delinquono: non sono d'accordo con chi la pensa così ma non li condanno. Se inviti qualcuno a casa tua vuoi sapere chi è. Stai però attenta alle etichette: votano Df anche impiegati e piccoli imprenditori, la middle class».
Il ceto medio che vuol rimanere «sotto il tappeto» sorride Sixten Kai Nilsen. Ha 32 anni, una laurea in lettere, fa l'artista: passa la pezza sul tavolo da ping pong usato come scrivania, prima di appoggiare un faldone con ritagli di giornale su Df e vignette. Assieme al socio Martin Rosengaard, Sixten ha promosso la campagna "In difesa della Danimarca". «Siamo stati all'estero alcuni anni, siamo tornati nel 2005. Il Df nel frattempo era cresciuto. La Danimarca per noi era sinonimo di democrazia, tolleranza, welfare state. Ci siamo chiesti: come è possibile cambiare così un paese?» Era cambiata «la percezione», la stessa parola usata da Messerschmidt il  politico e Sixten l'artista: il primo l'asseconda, il secondo ne resta stupito. Un anno dopo il caos vignette, Martin passa 18 mesi fra i giovani del Df. «Il mio collega è libero di girare con la telecamera - dice Sixten - i ragazzi sono orgogliosi della loro cultura Lifotografa vestiti con divise militari ai raduni, documenta storie di figli di autisti di bus, infermieri, pochi privilegi, pochi viaggi. Sono molto razzisti ma solo nei confronti dei musulmani». L"'infiltrato" scopre i giochi dei suoi coetanei: «In cerchio, fanno la gara afare croci su immagini di Maometto».
Sixten dice che Flemming Rose, giornalista del «Jylland» che ha avuto l'idea delle vignette e in questi giorni presenta il libro "La tirannia del silenzio" «aveva buone intenzioni». Non è prevenuto «Messerschmidt è intelligente, il più interessante fra loro» ma vede nero «Il Df fa ora parte dell'establishment, la xenofobia è normalità, i discorsi di Pia sono uguali a quelli di partiti simili in tutta Europa». Non così pessimista è Ulf Hedetoft, direttore del Saxo Institute dell'università di Copenhagen, esperto di migrazioni. «Credo che si assisterà a un declino del Df». L'immigrazione «non è più un'emergenza. Ora si parla di crisi, sicurezza interna, ritiro dall'Afghanistan». Il populismo ha sfondato «perché in Danimarca il monoculturalismo è una storia di successo: i primi immigrati sono ora danesi. Ha avuto successo tra chi aveva meno contatti fisici con i nuovi arrivati». E ancora la stessa spiegazione: percezione.
In certi casi poi nessuno ricorda da dove vieni: «Chieda a un danese se sa che il portiere Peter Schmeichel porta il cognome polacco del padre» sorride. Il professore spiega come l'allarme-immigrati abbia attecchito quando l'economia andava bene, orale cose sono cambiate ma il Df «usa sempre la stessa strategia». Martella. Quando però agiugno, si è votata la riforma fiscale, il partito di Mortenha chiesto tagli che danneggiano più i suoi elettori che gli immigrati: i sondaggi hanno registrato un calo del governo, l'Economist ha parlato di «insolito passo falso di Pia».



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