Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

15 febbraio 2011

Italia, è la solita storia. Impreparati davanti all'emergenza sbarchi
Osservatorio Italia-razzismo  15 febbraio 2011
“Emergenza umanitaria”, così il Governo italiano ha qualificato la situazione prodotta dal ritmo incessante degli sbarchi sull’isola di Lampedusa. Un’emergenza tale da dover invocare il sostegno dell’Unione Europea. La sensazione che si è avuta di fronte a questi arrivi è che non ci sia un codice di comportamento in grado di affrontarli. Sembra cioè che l’Italia, vivendo ogni sbarco come se fosse un fatto nuovo (e addirittura “biblico”), sia sempre impreparata a pianificare azioni di prima e di seconda accoglienza. E l’inerzia dell’Unione Europea a intervenire pare causata da una mancata comunicazione preventiva con gli Stati membri destinata a stabilire protocolli di azione di fronte a situazioni simili. Ma la mancanza di un automatismo è in realtà già un protocollo, come si legge bene nel libro “Shengenland” a cura di Isabella Peretti, (Ediesse edizioni, 2011). Un libro davvero importante, in cui la comparazione delle politiche sull'immigrazione degli Stati Shengen  fa emergere che proprio “l’abolizione delle frontiere interne ha proiettato la politica comunitaria verso la scelta della rigida disciplina degli ingressi e del soggiorno e del contrasto dell’immigrazione irregolare”. Ovvero che l’unico strumento per far fronte agli arrivi irregolari, in questo caso via mare, è il potenziamento dell’agenzia Frontex (organo la cui principale attività è quella del pattugliamento delle “frontiere esterne”). Ma, una volta che gli sbarchi sono avvenuti, non esiste un meccanismo di rete tra Stati che gestisca le richieste di quanti approdano. Un paese come l’Italia, dove non c’è ancora una legge organica sul diritto di asilo, come farà a farsi carico di migliaia di nuove domande, che corrispondono peraltro a un diritto fondamentale della persona?



Fuga dalla Tunisia - Dietro l’"emergenza umanitaria" ancora violazioni dello stato di diritto

Fulvio Vassallo Paleologo, Università di Palermo
14 febbraio 2011 Melting Pot
Come si doveva prevedere, dopo le pressioni italiane sulle autorità tunisine, è stata respinta la proposta di Maroni che voleva inviare militari italiani anche in quel paese per impedire le partenze, una proposta rinviata al mittente con la dichiarazione che la Tunisia respinge «qualunque ingerenza nei suoi affari interni». Ed oggi il ministro degli esteri Frattini sarà a Tunisi. Intanto l’esercito e la marina tunisina hanno tentano di riprendere il controllo delle coste e le conseguenze non sono mancate. Secondo una fonte araba proveniente dal web, confermata adesso da Al Jazeera che ha intervistato due superstiti, circa trenta morti, nella notte tra sabato e domenica, ma secondo altre fonti tra giovedì e venerdì, per uno speronamento da parte di una motovedetta tunisina che ha cercato di bloccare un imbarcazione che stava facendo rotta verso l’Italia. Un altro speronamento, da parte di una motovedetta tunisina, camuffato da incidente, si era verificato nei giorni scorsi, con un morto ed un disperso nel golfo di Gabes. E quattro cadaveri trovati su un gommone alla deriva al largo di Sfax, città vicina al confine con la Libia erano stati annunciati domenica. Non si sa ancora nulla intanto di altri due barconi avvistati nella giornata di domenica, poco prima che facesse buio, che sono ancora alla deriva nel Canale di Sicilia, se non sono affondati. E il tempo sta peggiorando rapidamente. Se continuano le pressioni per impedire le partenze dalla Tunisia, o peggio per bloccare i barconi in alto mare, sarà strage. Occorre aprire canali umanitari per coloro che richiedono protezione internazionale e garantire il pieno rispetto delle convenzioni internazionali che salvaguardano la vita in mare. Basta con i respingimenti collettivi ed i pattugliamenti congiunti. Ma soprattutto occorre riattivare il circuito delle reti di assistenza ed accoglienza, colpevolmente abbandonate, riaprire canali di ingresso legale per lavoro, evitare la criminalizzazione dei tunisni che stanno per essere internati nei CIE italiani, applicare la direttiva comunitaria sui rimpatri volontari senza divieto di reingresso, e regolarizzare coloro che sono costretti da anni al lavoro nero ed allo sfruttamento servile. Bisogna sottrarre la mobilità umana al controllo delle organizzazioni criminali, per aiutare veramente i paesi di emigrazione, e garantire sicurezza e coesione sociale in Italia ed in Europa.
Continuano nelle isole siciliane, seppure a ritmo più lento, gli arrivi di migranti in fuga dalla Tunisia e non è facile prevedere quando questa nuova ondata di “sbarchi” avrà fine. Dopo anni di blocco di qualsiasi possibilità di partenza da quel paese, anche per la chiusura di tutti i canali di ingresso legale in Italia, migliaia di tunisini attendevano la possibilità di lasciare il loro paese, un paese che le democrazie occidentali hanno lasciato per decenni nelle mani di un regime dittatoriale e corrotto, che ha impoverito la popolazione ed ha fatto prosperare soltanto gli affari della cricca di Ben Ali e dei suoi amici, italiani e francesi in testa.
Le migliaia di migranti arrivati in questi giorni in Sicilia costituiscono la prova inconfutabile del fallimento delle politiche di esternalizzazione dei controlli di frontiera con le quali l’Italia si è proposta all’Europa come mediatrice, anche con i peggiori dittatori africani, per bloccare i migranti, e tra questi anche molti potenziali richiedenti asilo, prima che potessero raggiungere le nostre coste. Non appena sono caduti i fidati alleati che contribuivano ad arrestare ed a internare i migranti nei paesi del Maghreb, le partenze sono riprese, e non è stato più possibile nasconderle come si era tentato di fare nei mesi scorsi, quando si avvertivano già le prime avvisaglie dell’attenuazione dei controlli di frontiera. Se i tentativi di instaurare la democrazia in quei paesi falliranno, e le responsabilità potrebbero essere in gran parte europee, allora veramente ci troveremmo di fronte ad un “esodo biblico”. In Tunisia esiste ancora il reato di immigrazione clandestina e sarebbero centinaia i migranti arrestati in questi giorni prima della loro partenza verso la Sicilia. La loro sorte e quella di coloro che potrebbero essere rimpatriati dall’Italia è legata ai fragili equilibri tra governo, esercito e polizia in quel paese.
Dopo i primi tentativi di negare l’evidenza, gli sbarchi erano ripresi già nel mese di gennaio, Maroni ha prontamente evocato l’emergenza terrorismo, senza avere neppure lo straccio di una prova in mano, ma al chiaro fine di allarmare l’opinione pubblica per giustificare misure ancora più drastiche, come quelle già annunciate, la proliferazione dei centri di detenzione amministrativa.
Il ministro ha annunciato anche un decreto legge per neutralizzare quei giudici che applicano ancora la Costituzione, e rispettano le normative comunitarie, come la Direttiva sui rimpatri, che dovrebbero garantire quei diritti fondamentali che la legge Bossi-Fini e le prassi delle autorità di polizia negano ogni giorno di più. Adesso è stato costretto a parlare di “emergenza umanitaria”, ma la sostanza non cambia, quando gli si offre un palcoscenico ed un giornalista ossequioso, conviene fare pratica di buonismo, anche al ministro della paura. Intanto le vittime di questa emergenza umanitaria stanno finendo tutti nei centri di detenzione amministrativa, in condizioni disumane, persino in tende montate all’ultimo momento.
Ancora una volta l’accoglienza dietro le sbarre ma all’aperto, in pieno inverno. In queste condizioni i CIE italiani che già da mesi sono caratterizzati da tentativi di fuga ed atti di autolesionismo, rischiano di diventare una polveriera. I più “fortunati”, vengono rimessi in libertà alla chetichella, nei CIE italiani non c’entra più nessuno, e proseguono il loro viaggio verso l’Europa, condannati alla clandestinità, verso la Francia in particolare, dove molti hanno parenti ed amici.
L’Italia, che reclama oggi gli aiuti comunitari, è stata alla guida dei paesi europei che hanno spinto maggiormente per politiche di sbarramento nei confronti dei migranti e per la riduzione sostanziale delle possibilità di ingresso per i richiedenti asilo. Nulla è stato fatto dal governo italiano, come dal resto dell’Unione Europea, per aprire canali di ingresso legale, favorire la mobilità delle persone ed aiutare la transizione verso la democrazia nei paesi maghrebini. Tutti hanno guardato soltanto ai propri interessi di bottega. Adesso non ci si deve stupire che nessuno in Europa, come in Italia, conosca più il termine solidarietà e che la “suddivisione degli oneri” derivanti dagli ultimi arrivi di massa, e dai tanti che richiedono protezione internazionale, ottenga soltanto risposte burocratiche come quelle che Maroni ha ricevuto dalla Commissaria agli affari interni dell’UE Cecilia Malmstrom.
Si è giunti al punto che l’Italia sta ancora proponendo, anche con la Tunisia, la politica dei respingimenti collettivi che è stata attuata nelle acque del Canale di Sicilia dopo gli accordi del 2007 e del 2008 con la Libia.
Lunedì 14 febbraio Frattini è in missione a Tunisi anche per questo. Maroni addirittura vorrebbe voluto attribuire a Frontex, l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne, il pattugliamento delle coste tunisine per respingere i migranti che cercano di raggiungere la Sicilia, proprio mentre Malta intanto ha fatto sapere che non intende partecipare più alle operazioni congiunte delle pattuglie miste europee né fornire ai mezzi militari dell’Unione Europea le sue basi navali, come in passato. ’’L’Italia – secondo una nota del minstro - chiede il dispiego immediato di una missione Frontex per le attivita’di pattugliamento e intercettazione nell’area al largo delle coste della Tunisia per il controllo dei flussi”. Maroni dovrebbe sapere, e far sapere all’opinione pubblica che il Parlamento Europeo e la Commissione Europea, proprio dopo lo scandalo dei respingimenti collettivi effettuati nel 2009 dall’Italia verso la Libia, hanno stabilito nuove regole di ingaggio per i pattugliamenti di Frontex che, anche in acque internazionali, devono garantire il rispetto dei diritti fondamentali della persona umana, regole che escludono i respingimenti collettivi in mare soprattutto nel caso di potenziali richiedenti asilo, o soggetti vulnerabili come donne e bambini.
L’ultima proposta, quella più oscena che è venuta alla mente del ministro della paura, consiste nell’invio di militari italiani in Tunisia per impedire le partenze dei migranti dalle spiagge di quel paese. Un idea che dà la misura della pericolosità di un ministro che pensa soltanto al ventre grasso della sua base elettorale e che ha già dimostrato in innumerevoli occasioni di avere uno sprezzo totale per la dignità e la vita dei migranti.
«Chiederò al ministro degli Esteri tunisino l’autorizzazione per i nostri contingenti a intervenire in Tunisia per bloccare i flussi: il sistema tunisino è al collasso», ha sostenuto Maroni. Peccato per Maroni che il ministro degli Esteri tunisino Ahmed Ounaies, uno dei più fidati compari di Ben Alì abbia rassegnato le dimissioni. Ounaies era assente dal ministero dallo scorso 7 febbraio, quando alcuni funzionari avevano manifestato davanti alle sede del ministero chiedendo le sue dimissioni dopo la sua visita in Francia su un aereo presidenziale, proprio nel periodo nel quale le proteste si stavano avvicinando alla capitale. E non è mancata la risposta tranciante di un rappresentante del governo tunisino che ha respinto «qualunque ingerenza negli affari interni del suo paese». Domenica, sul canale satellitare Al-Arabiya, Taïeb Baccouche, portavoce del governo tunisino ha giudicato "inacceptable" l’idea di Maroni di impegnare in Tunisia militari italiani per bloccare le partenze dei migranti . "Le peuple tunisien refuse le déploiement de soldats étrangers sur son territoire", ha replicato Baccouche, aggiungendo che il controllo delle coste tunisine "relève de la compétence des autorités tunisiennes". Non solo, ma il rappresentante tunisino ha deplorato le proposte di Maroni, aggiungendo che non sono certo inattese, proveniendo da un ministro che appartiene a "l’extrême droite raciste".
Maroni ha riaperto anche il fronte interno della guerra ai migranti. «Quanto alle decisioni di alcune procure, che stanno applicando una direttiva Ue che rende di fatto inefficaci i fermi dei clandestini da parte delle forze dell’ordine - osserva il ministro - ne penso tutto il male possibile. Per questo sto preparando un provvedimento urgente per dare interpretazione corretta a questa direttiva che - sottolinea Maroni - non è quella che stanno dando alcune procure». Evviva la indipendenza della magistratura e la separazione dei poteri, principi cardine di uno stato di diritto. Evidentemente il ministro vuole sfruttare la nuova emergenza - che le scelte di sbarramento ed i ritardi del suo governo hanno contribuito a produrre- per intervenire con decreti d’urgenza contro i numerosi provvedimenti dei magistrati che, dopo la scadenza del termine di attuazione della Direttiva sui rimpatri e le ultime sentenze della Corte Costituzionale, stanno disapplicando il reato di immigrazione clandestina. In questo modo sta per essere fortemente ridimensionato l’apparato processual-penalistico di stampo apertamente discriminatorio che a partire dalla Bossi-Fini, malgrado ripetuti interventi della corte costituzionale, era stato ritenuto – come i fatti dimostrano a torto- un utile deterrente contro l’immigrazione “clandestina”. Ma si sa, per il ministro, come per Berlusconi, anche i giudici della Corte costituzionale sono dei pericolosi sovversivi. Ormai il governo italiano ha ampiamente dimostrato in tutti i campi di non tenere alcun conto della Costituzione e delle Direttive Comunitarie, quando queste riconoscono i diritti fondamentali delle persone e non forniscono comodi alibi per sdoganare le peggiori pratiche di allontanamento forzato e di detenzione amministrativa.
L’Italia di Berlusconi ha appoggiato fino all’ultimo la dittatura di Ben Alì ed il suo sistema di potere e di corruzione, che non è stato ancora smantellato del tutto, e dal quale probabilmente fuggono coloro che per anni ne sono stati vittima. Sino a pochi giorni fa autorevoli rappresentanti del governo italiano hanno auspicato la prosecuzione del regime tunisino e di quello egiziano, anche se per “favorire la transizione”. Con quali interlocutori si pensa oggi di stabilire nuove relazioni internazionali? E adesso si vorrebbero mandare i militari italiani a ristabilire l’ordine sulle coste tunisine. Con quali poteri, con quale armamento? L’ennesima proposta demagogica di un governo che non sa più cosa inventare per respingere i migranti, ma sa benissimo come sollecitare i peggiori istinti della popolazione per salvaguardare il consenso elettorale. E quanto sia valutata l’Italia di Berlusconi, Frattini e Maroni in ambito europeo sul piano del rispetto dei diritti fondamentali dei migranti lo confermano numerose sentenze di condanna subite dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, ed altre condanne potrebbero arrivare, per i respingimenti collettivi del 2008 verso la Libia e per i respingimenti altrettanto collettivi di migranti alle frontiere portuali dell’Adriatico verso la Grecia, respingimenti che continuano ancora oggi.
In Germania altri giudici, sui quali Maroni ed Alfano non potranno certo intervenire, hanno recentemente dichiarato che l’Italia non è un paese sicuro per i richiedenti asilo ed hanno sospeso i trasferimenti verso il nostro paese, in base alla Convenzione di Dublino, di quei migranti che erano già transitati sul nostro territorio, prima di fuggire verso altri paesi più ospitali. Esattamente come si propongono di fare molti dei tunisini giunti in questi giorni sulle nostre coste. Se l’Italia e l’Europa proseguiranno con la loro politica di sostegno di tutti le dittature che nel mondo si impegnano a sbarrare la strada ai migranti in fuga, come hanno fatto così bene con Gheddafi e con Moubarak, potranno certo conseguire successi immediati, come si è verificato con il blocco degli arrivi dalla Libia, ma nel medio periodo potranno andare incontro ad una serie di “esodi biblici” che faranno dimenticare persino gli ultimi arrivi di questi giorni a Lampedusa.
La politica dell’egoismo e della chiusura non produce convivenza, legalità, rispetto reciproco, il proibizionismo delle migrazioni arricchisce le organizzazioni criminali che lucrano sulla pelle dei migranti. Anche se Maroni lo ha negato per opportunismo politico, le organizzazioni criminali hanno già fiutato il business dei viaggi della speranza dalla Tunisia verso l’Italia. Le reti criminali ancora assai ramificate e riescono ad inserirsi anche nei meccanismi, sempre più complicati, delle regolarizzazioni e dei decreti flussi.
Dopo la “quasi accoglienza” all’addiaccio, sulla banchina di un molo o all’interno di un campo di calcio, a Lampedusa in questi giorni, una volta completate le procedure di identificazione nei CIE e nelle tante strutture temporanee utilizzate dopo la dichiarazione dello stato di emergenza, potrebbe succedere di tutto. La situazione nel CIE di Lampedusa, perchè di questo si tratta, appena riaperto è al limite della sommossa. E’ ancora forte il rischio di respingimenti collettivi, di espulsioni in contrasto con la direttiva comunitaria sui rimpatri, e soprattutto di detenzione amministrativa senza difesa legale ed in condizioni disumane o degradanti. Su tutte queste vicende occorrerà dispiegare la massima capacità di intervento, con l’accelerazione dei trasferimenti dei tunisini appena arrivati in veri centri di accoglienza, a partire dalla richiesta che tutti coloro che arrivano oggi in Italia siano destinatari di procedure individuali, e che tutti possano fare valere le loro ragioni. Se i giovani che oggi arrivano dalla Tunisia, dopo avere sperimentato i primi spiragli della democrazia, fossero rinchiusi nei CIE e trattati come i loro connazionali che nel dicembre del 2008 arrivavano da quel paese dopo la repressione della rivolta di Redeyef, tutti o quasi respinti nei mani dei loro torturatori, allora la situazione nei centri di detenzione amministrativa italiani, come il centro di Torino in via Brunelleschi, dove sono stati già trasferiti i primi 50 tunisini provenienti da Lampedusa, potrebbe diventare davvero incontrollabile. Nessuno di loro avrebbe fatto richiesta di asilo politico.
Lo scorso anno abbiamo visto a Rosarno come il governo ha rapidamente mutato atteggiamento, trasformando le vittime della pulizia etnica in clandestini e sottoponendoli a pratiche di espulsione collettiva, e poi a lunghi mesi di detenzione amministrativa, che fortunatamente i giudici di Bari hanno saputo bloccare. Oggi bisogna impedire che l’emergenza “umanitaria” proclamata dal governo, in poche settimane, possa trasformarsi in una gigantesca espulsione di massa. Anche se appare evidente che gli accordi di riammissione andranno tutti rinegoziati. Le rimesse degli emigrati costituiranno ancora per lungo tempo un importante fonte di integrazione dei bilanci delle famiglie tunisine ed egiziane. E saranno in tanti che, una volta assaporato il gusto della libertà, vorranno provare a venire in Europa, magari per un breve periodo, per rientrare poi in patria. Anche se non in modo massiccio come in questi giorni, i movimenti di migranti attraverso il Mediterraneo non potranno che aumentare. Non si può continuare ad affrontare questa nuova situazione limitandosi a misure meramente repressive o a pratiche di respingimento collettivo.
La criminalizzazione “a tempo” degli immigrati, imposta dalle nostre leggi e da prassi amministrative orientate sempre in senso restrittivo, al limite di negare la dignità delle persone, malgrado gli interventi della giurisprudenza, avranno effetti devastanti sull’intero tessuto sociale. Ogni giorno che passa con questi uomini al governo in Italia, con questi ministri della paura, si tradurrà in anni di conflitto che non sarà facile sradicare dalle nostre società. Di questo dovremmo avere tutti veramente paura anche se oggi, in televisione, Maroni ha fatto sfoggio di buonismo.



Maroni: "In arrivo 80 mila tunisini Chiedo 200 militari e 100 milioni Ue"
La Stampa, 15-02-2011
ROMA -«Attendiamo l'arrivo di 80 mila tunisini in Sicilia». E' un numero da emergenza totale, quello che ha stimato il ministro degli Interni Roberto Maroni, che rilancia l'allarme-immigrati a Lampedusa e che oggi sarà sull'isola con il premier Silvio Berlusconi. «Abbiamo deciso di chiedere al governo un contingente di 200 militari in più che potrebbero servire a controllare le strutture in cui sono ospitati i cinquemila clandestini arrivati nell’ultimo mese a Lampedusa» ha aggiunto Maroni, secondo il quale l'ondata di arrivi gli sbarchi di nordafricani sulle coste italiane potrebbero avere l’effetto deflagrante della caduta del muro di Berlino per l’Unione Europea.
I numeri nell’ultimo mese sono quelli di un vero e proprio esodo: 5278 tunisini arrivati da metà gennaio a oggi a Lampedusa. E tra le pieghe di un flusso così consistente, Al Quaeda potrebbe tentare di far entrare in Europa «agenti e terroristi». Oggi Maroni volerà in Sicilia, insieme al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, per visitare una struttura vicino Catania da utilizzare per l’accoglienza. Intanto il ministro è tornato a chiedere l’intervento dell’Unione Europea, per un fenomeno che può avere «conseguenze devastanti per i Paesi della Ue» con un «contributo straordinario iniziale di almeno 100 mln di euro», sottolineando polemicamente come «finora, le nostre richieste non sono state accolte».
E la risposta dell’Unione Europea non si è fatta attendere: «Nonostante la mancata richiesta di aiuto da parte delle autorità italiane, ho chiesto a Frontex e all’agenzia europea per l’asilo come la Commissione europea possa offrire il suo sostegno all’Italia», ha dichiarato la commissaria Ue per gli affari interni Cecilia Malmstroem per bocca del suo portavoce Michele Cercone.
Sul fronte delle relazioni diplomatiche con la Tunisia, il ministro degli Esteri Franco Frattini è in Tunisia doveè a colloquio con il premier del governo transitorio Moahmed Ghannouci per affrontare la questione. L’Italia vuole «ripristinare quel meccanismo» di pattugliamento delle coste nordafricane, «che fino a qualche mese fa aveva portato a zero l’immigrazione clandestina», ha detto Frattini. Mentre dal portavoce del governo tunisino è già arrivato il rifiuto a «qualsiasi ipotesi di presenza di forze di polizia straniere lungo le nostre coste e sul nostro territorio per fermare la partenza dei clandestini».



L'Italia in fuga
il manifesto, 15-02-2011
Tommaso Di Francesco
Dopo un mese di disprezzo da parte dei governi europei verso le rivolte sociali di massa del Nordafrica, contrassegnato solo dalla preoccupazione perla fine dei regimi alleati e corrotti dell'Ue e degli Usa, ora scatta l'allarme invasione «biblica» per i nuovi rifugiati.
Se c'è qualcosa che può spiegare il fallimento dell'Unione europea, la cancellazione di ogni principio di socialità-umanità e la sua riduzione ad essere solo una moneta, è proprio questo scaricabarile di responsabilità che si riduce al «chi paga?». Con l'Italia che chiama a soccorso l'Ue e Bruxelles che rivendica il suo ruolo strategico, mai esercitato con-cretamente. Salvo le politiche economiche di rapina e delocalizzazione dei vari governi europei in tutto il Mediterraneo.
Solo adesso si precipitano a Tunisi, ad Algeri, al Cairo annunciando improbabili «Piani Marshall». Alla gara partecipa il governo italiano che proclama per questo lo stato d'emergenza, come per una guerra. Il gommoso ministro degli esteri Frattìni, già solidale con Ben Ali e con Mubarak, ha un modello per questa nuova "immigrazione". E avverte: «Abbiamo garantito calma all'Europa perché gli accordi con Libia, Egitto e Tunisia funzionavano; ma ora il sistema ha collassato, i meccanismi non tengono più». Già, i meccanismi della subalternità che permettevano di sostenere i regimi locali almeno per il momento sono saltati grazie alla rabbia sociale e ai giovani protagonisti della rivolta. Così Frattini evoca il recente passato e invita le autorità tunisine ad accettare il «modello Albania», da dove ricorda «arrivarono 15mila persone in una settimana e l'emergenza si risolse col pattugliamento italiano dentro le acque albanesi». Pattugliammo così bene, con tanto di missione militare, che nel 1997 speronammo con una fregata una carretta di disperati uccidendo 106 persone. E ora apriamo Cie e luoghi di detenzione pronti a ricacciarli indietro. Loro che hanno trasformato la storia del Mediterraneo.



Immigrati,  allarme di Maroni "In arrivo 80 mila persone" e sugli sbarchi scontro Ue-Italia
"Nessuna richiesta di aiuto". "Falso". Berlusconi: vertice europeo
la Repubblica, 15-02-2011
ALBERTO CUSTODERO
ROMA—«Abbiamo chiesto aiuto alla Commissione Europea, ma non ci ha ascoltati», attacca Roberto Maroni, ministro dell'Interno. «Abbiamo offerto il nostro aiuto all'Italia, ma ci hanno risposto "no grazie"», replica Cecilia Malmstroem, commissaria Ue responsabile per le questioni di  immigrazione. E Frontex , Agenzia europea per il controllo congiunto delle frontiere, precisa di non aver «ricevuto alcuna richiesta formale di assistenza dal governo italiano».
È scontro tra Viminale e Europa sugli aiuti per far fronte all'emergenza  immigrazione.  Berlusconi ha telefonato ieri al presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, che ha convenuto sull'opportunità che «al più presto» sia convocato un vertice dei capi di Stato e di Governo dei 22. Nelle prossime ore contatterà anche il presidente della Commissione europea, José Manuel Durào Barroso.
Male previsioni di Maroni sono «da nuovo '89, da caduta del muro di Berlino del Maghreb». «In un mese — dice il ministro leghista—sono sbarcati più di 5 mila immigrati, di questi, molti sono intenzionati a raggiungere la Francia, pochissimi presentano la richiesta per ottenere lo status di migranti. Se si va avanti così, ne arriveranno 80 mila. E non è possibile "respingerli", come si fa per quelli che partono dalle coste libiche, senza la collaborazione della Tunisia. Ecco perché è urgente convocare un Consiglio d'Europa». Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, appoggerà «questa richiesta di maggiore condivisione europea di fronte all'emergenza in Nord Africa».
Maroni offre le nostre motovedette alla Tunisia per pattugliare le coste, la Francia dice "no" alla  «tolleranza dell'immigrazione  clandestina». Ma l'Ue, incalza Angela Maraventano, senatrice del Carroccio e vice-sindaco di Lampedusa, «ha fatto orecchie da mercante, fingendo di non ascoltare l'allarme che l'Italia ha lanciato il 15 gennaio, un mese fa». Il Viminale ha convocato ieri una riunione tecnica"perl'emergenza umanitaria" e il "comitato per l'ordine e la sicurezza per le misure di contrasto e di controllo degli sbarchi". Ma per affrontare «lo scenario nuovo che si sta profilando—dice Maroni—ci vuole una strategia a livello di capi di Stato e di governo dei Ventisette». E così la polemica con Bruxelles contìnua: «Le nostre richieste— ribatte il titolare del Viminale— l'Ue le conosce già dal 2008. Chiedono una lettera formale? Bene: la lettera è pronta ed è già partita con l'elenco di ciò di cui abbiamo bisogno. Cento mìlioni per fronteggiare l'emergenza immigrazione. La trasformazione di Frontex in struttura operativa.. La gestìone di identificazioni e rimpatri nei Paesi d'origine. Il coinvolgimento di tutti i Paesi nel coordinamento. La realizzazione entro il 2012 di un sistema di asilo europeo. Il coinvolgimento di Europol per prevenire le infiltrazioni del terrorismo e della criminalità».
Oggi Maroni si recherà con Berlusconi in provincia di Catania, a Mineo, a ispezionare case di proprietà degli Stati Uniti utilizzate dai familiari dei militari della base Usa di Sigonella, ora in disuso, che potrebbe aiutare a risolvere i problemi di ospitalità dei migranti. Quindi il titolare del Viminale, rilanciando l'emergenza terrorismo a causa della presenza di evasi dalle prigioni tunisine fra gli sbarcati, ha chiesto l'impiego di altri 200 militari per il pattugliamento delle strutture nelle quali sono ospitati i 5 mila migranti. Il ministro della Difesa La Russa s'è detto favorevole, ma la decisione finale spetterà al Consiglio dei ministri.
Sul nuovo " '89" del Maghreb, per dirla con Maroni, è intervenuta anche la Chiesa. Per il quotidiano vaticano Osservatore Romano, «l'emergenza a volte diventa tragedia», mentre Avvenire invita «a fare i conti con questo pezzo di storia contemporanea con realismo e senso di umanità».



L'Ue ci lascia da soli a fronteggiare i clandestini

il Giornale, 15-02-2011
Ida Magli
Quale lingua adoperano quando parlano fra loro la Commissaria Ue Cecilia Malstrom e il ministro Maroni? Fra le 27 lingue riconosciute nell’Unione europea c’è una grande scelta, ma evidentemente il nostro ministro non riesce a farsi comprendere visto che la signora Malstrom afferma una cosa del tutto incredibile: che l’Italia ha rifiutato l’aiuto offertole per far fronte all’ondata immigratoria.
Suvvia, gentile signora! L’Italia ha sicuramente chiesto almeno quel­lo che l’Ue sarebbe stata tenuta a fare subito senza alcuna richiesta visto che i confini dell’Italia sono anche i confini dell’Unione. Ma si tratta con tutta evidenza di un’Europa che esiste soltanto sulla carta e nei trattati; e fa quasi ridere il viaggio in Africa del vaporoso «ministro degli esteri » dell'Ue, debole rappresentante di uno Stato che non esiste e che per giunta, essendo donna, è la persona meno adatta a farsi prendere sul serio da un governante musulmano che non le tocca la mano per non contaminarsi e che la considera in base al Corano «di un grado inferiore».
Detto questo, però, veniamo alla realtà, una realtà gravissima e che dobbiamo affrontare senza illusioni. Il progetto di inclusione nell’Europa dei cosiddetti «Paesi mediterranei » è saltato prima ancora che si fosse cominciato a realizzarlo perché era, come tutti i progetti dell’Unione, un sogno di potenza fatto sulla carta, in omaggio a quella geopo-litica che ha dimostrato, fino dai tempi di Hitler, di condurre soltanto al fallimento. Alla geopolitica, e di conseguenza ai progetti dell’Unione europea, mancano i popoli. Che siano Paesi «bagnati dal Mediterraneo » non cambia nulla al fatto che i popoli non ci somigliano per niente perché sono africani, musulmani, organizzati in forma tribale, sempre in guerra tanto fra loro quanto con i propri pseudo governi. L’Italia deve quindi per prima cosa abbandonare l’atteggiamento inclusivo e protettivo dell’Ue e ripristinare immediatamente i propri confini e le dogane con relativo severissimo controllo, sospendendo lo sciagurato trattato di Schengen, un trattato che un Paese come l’Italia, aperto a tutti gli approdi, non avrebbe mai dovuto firmare.
Naturalmente i confini vanno protetti adeguatamente sul mare con pattugliamenti e navi apposite, nella nostra area e quindi senza bisogno di consenso della Tunisia o di qualsiasi altro Paese, visto che questi hanno già dichiarato che non accettano interferenze nella loro zona. Sembra evidente che non ha senso lasciare che la Tunisia proclami l’orgoglio del proprio territorio e l’Italia non faccia altrettanto. A questo punto si alzeranno come al solito le mille voci che reclamano la solidarietà con i «poveracci», con i «disperati» che scappano, il dovere di accogliere i rifugiati e tutta la sequela di norme che l’Europa si è data per affermarsi come la più perfetta e la più generosa delle democrazie. Il governo italiano non deve ascoltarle in base al suo primo dovere: proteggere, salvaguardare la vita e i beni degli italiani. Cosa che, anche mettendo in atto il massimo rigore, sarà difficilissimo fare. Detto questo, però, bisogna anche prospettare la situazione nei suoi veri termini: quello che succede in Africa, nell’Est europeo, in Medio Oriente, solo apparentemente è dovuto a ribellioni contingenti, a moti terroristici, a faide tribali o a lotte di potere militari.
La vera causa si trova dietro a questi fatti, anche se nessuno raccoglie le analisi degli storici, le denunce di economisti, di politici, di giornalisti che da anni provano questa realtà. I sommovimenti che si sono susseguiti ininterrottamente nell’ex Jugoslavia, in Albania, in Romania, in Grecia, in Somalia, in Tunisia, in Algeria fino a quello odierno in Egitto, il più drammatico perché in un certo senso segna una specie di crisi finale, sono stati preparati e fatti scoppiare di proposito affinché l’Europa venisse invasa, sconvolta e infine distrutta nella sua realtà culturale e politica. Questo significa che l’unificazione europea aveva questo scopo: con la distruzione degli Stati rendere più facile l’immigrazione di massa e l’annientamento dell’europeità.



Sbarchi, Maroni alla Ue: «Lentezze burocratiche»

Avvenire, 15-02-2011
Non poche migliaia. Siamo solo all’inizio. L’ondata di migranti dal Nordafrica potrebbe arrivare facilmente a 80mila persone. Sono le parole allarmate del ministro dell’Interno, Roberto Maroni. E giungono al termine di una giornata caratterizzata da un botta e risposta proprio tra il responsabile del Viminale e la Ue, accusata di lentezze burocratiche. E di mancate risposte alla richiesta di collaborazione da parte dell’Italia per fronteggiare l’esodo degli immigrati maghrebini.
Maroni snocciola i numeri dell’emergenza. «Dal 15 gennaio sono sbarcati in Italia 5.278 immigrati di cui 66 minori. Si sono dichiarati tutti tunisini. Sono stati arrestati 26 scafisti e 41 natanti sono stati sequestrati. Al momento non ci sono stime. Ma se va avanti così rischiamo di superare gli 80mila arrivi. È per questo che l’intervento è necessario e urgente. Questa crisi è come il terremoto d’Abruzzo, per questo abbiamo mobilitato la Protezione Civile». È questo il motivo per cui l’Italia ha chiesto uno stanziamento di 100 milioni di euro alla Ue e ha ipotizzato un nuovo ruolo, operativo, di Frontex, l’Agenzia europea delle frontiere.
Questo in serata. Ma già dal mattino Maroni aveva chiesto «una convocazione urgente» del Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo per «darsi una strategia» nel contrasto all’immigrazione. Ma erano anche partite le durissime critiche alla Ue, alle quali il commissario europeo per gli Affari interni, Cecilia Malmstrom, tramite un portavoce, aveva replicato con sorpresa, sostenendo di aver offerto aiuto, non ottenendo risposta. «L’Europa – aveva detto Maroni – non sta facendo nulla. Sono molto preoccupato. Noi siamo come al solito lasciati soli». Secca la risposta della commissaria europea: «Sabato ho chiesto alle autorità italiane se avessero bisogno di aiuto per affrontare la situazione eccezionale a proposito degli sbarchi dalla Tunisia. Abbiamo ricevuto una risposta chiara: "No grazie, non abbiamo bisogno di assistenza"». Anche se «Maroni ha rifiutato il nostro aiuto – ribadisce la Malmstrom – la Ue è sempre disponibile a sostenere l’Italia». Netta la replica del ministro, anche lui attraverso la portavoce, Isabella Votino: «Non è vero che l’Italia ha rifiutato l’aiuto offerto dalla Commissione europea». Invece, è la precisazione, «Maroni e Malmstrom si sono sentiti sabato scorso e il ministro ha avanzato alcune richieste, peraltro non nuove: l’intervento di Frontex per controllare il Mediterraneo, gestire i centri per gli immigrati e rimpatriare i clandestini, nonché il rispetto del principio del "burden sharing", che cioè siano tutti i Paesi dell’Unione a farsi carico di rifugiati e clandestini. Rispetto a queste richieste – insiste il Viminale – per ora non abbiamo avuto risposta». Controreplica da parte di Frontex che fa sapere con una una nota di non aver «ricevuto una richiesta formale di assistenza dal governo italiano», ma anche di essere pronto ad agire «qualora arrivasse una richiesta di assistenza».
Tocca poi a Maroni buttare acqua sul fuoco. «Ho parlato con la Malmstrom sabato e mi spiace che ci sia stata questa polemica. La mia critica non era rivolta a lei ma all’Europa nel suo insieme che non ha detto finora una parola forte e ha lasciato l’Italia gestire questo problema da sola». E spiega il motivo della sua insistenza. «Se non si interviene sul piano dei rapporti politici rischiamo una crisi che non è prevedibile. Non si deve intervenire sul piano della forza pubblica, ma sul piano politico. Per questo ho sollecitato l’intervento della Ue».
In serata la telefonata di Berlusconi al presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy per illustrare, come spiega una nota di Palazzo Chigi, «la criticità della situazione, sottolineando che si tratta di un’emergenza che riguarda l’intera Unione europea e, quindi, come tale dev’essere affrontata». Sullo stesso argomento aggiunge la nota, il Berlusconi sentirà anche il presidente della Commissione, José Barroso.



"Speronati da una motovedetta" Quaranta dispersi, poche speranze

La Stampa, 15-02-2011
RICCARDO ARENA
PALERMO - I dispersi sono 40 e le speranze di ritrovarli vivi sono scarsissime. Speronati da una motovedetta tunisina, sarebbero finiti in mare e quasi tutti sarebbero morti, in un naufragio avvenuto venerdì pomeriggio, intorno alle 15, quando la loro imbarcazione di fortuna era a un paio d'ore di navigazione dalla Sicilia. Il comandante della motovedetta, secondo quanto riferito da un sopravvissuto, sarebbe stato arrestato al rientro in porto, a Zarzis. Ma la sua versione non è facile da verificare.
Ricostruita e smentita una prima volta, questa ennesima tragedia della disperazione ha ripreso consistenza ieri, grazie alle testimonianze di alcuni superstiti. E altri cinque migranti erano già stati uccisi dal mare fra sabato e domenica, mentre altri diciassette risultano dispersi. È un bollettino di guerra, quello dei viaggi della speranza degli extracomunitari che in questi giorni si spostano dai Paesi del Nordafrica in fiamme, verso la Sicilia e le isole come Lampedusa, Linosa e anche Pantelleria, isola che è più a nord e che è normalmente fuori dalle rotte dell'immigrazione clandestina, ma raggiunta, fra domenica e ieri, da 29 uomini a bordo di carrette del mare. Sbarchi sono stati registrati anche nelle coste della-provincia di Ragusa, dunque in Sicilia e non nelle isole minori.
Il naufragio risale a quattro giorni fa, ma soltanto ieri, grazie alle testimonianze di alcuni sopravvissuti, è stato possibile ricostruirlo: erano partiti da Zarzis, sul motopesca Oogla, in cui erano stipati in 125, di tutte le età e di tutte le nazionalità. Avevano navigato per 16 ore, ne mancavano un paio all'arrivo in Sicilia. «Ci ha raggiunti una grande nave - racconta Rais Gan-tri, 29 anni - e da lì ci hanno chiesto di fermarci, cosa che abbiamo fatto, perché pensavamo che fosse una nave italiana». Invece era la motovedetta tunisina Horiya 302, che ha speronato e fatto naufragare la carretta. «È stata una tragedia. Io mi sono salvato aggrappandomi alle funi. Ho detto ai marinai di salvare la gente, ma mi hanno detto di stare zitto, altrimenti mi avrebbero ributtato in acqua». Nella tragedia Gantri ha perso il cognato, un meccanico padre di cinque figlie di età compresa fra 4 e 18 anni. «Io non proverò più a partire», dice il superstite, al quale fanno eco due connazionali, la cui testimonianza è stata raccolta dalla tv satellitare araba Al Jazeera. «I soccorsi sono scattati in ritardo: gli ufficiali ridevano, perché vedevano che molti di noi non sapevamo nuotare. In tanti non sono stati ritrovati. Dalla motovedetta ci hanno trasferiti su un'altra nave tunisina. Da lì ci hanno sbarcati a Zarzis, portati in caserma e infine rilasciati».



Pisanu: "Italia ed Europa miopi e ciniche Era tutto prevedibile"
"La nostra politica si è fermata a buoni rapporti con Tripoli"
La Stampa, 15-02-2011
GUIDO RUOTOLO
ROMA -E  molto preoccupato Beppe Pisanu, per quello che può accadere. Ed è anche polemico l'ex ministro dell'Interno («e dei diritti civili» amava aggiungere) perché, sostiene ora, la crisi del Maghreb era prevedibile e noi - Italia e Unione Europea - siamo stati miopi e anche cinici nel non volerla vedere. «Ci siamo lasciati prendere troppo dall'ossessione della sicu¬rezza - dice il presidente dell'Antimafia - come spesso accade quando si parla di immigrazione clandestina, e abbiamo perso di vista il rischio gravissimo di un traboccamento demorafico delle coste nordafricane». Presidente Pisanu, prima di chiederle della Tunisia e dell'Europa, un commento sulla decisione di riaprire il Centro di accoglienza di Lampedusa voluto da lei quand'era ministro dell'Interno. «E' un'ottima struttura e bisognava aprirla subito. Chi ha pensato di tenerla chiusa per scoraggiare le partenze dalla Tunisia rendendo più disagevoli gli arrivi ha capito ben poco ciò che stava accadendo e forse ha dato prova di inutile cattiveria».
Cosa sta succedendo nel Maghreb? Siamo all'emergenza umanitaria? «Che sia in atto una grave emergenza umanitaria è fuori discussione. Mi meraviglio di chi si meraviglia. Quei sommovimenti, quelle scosse politiche erano largamente prevedibili in quell'area. Se oggi arrivano in migliaia dalla Tunisia, cosa dobbiamo aspettarci dall'Egitto, che ha una popolazione otto volte più grande?».
La transizione egiziana è pilotata dai militari. Lì lo Stato sembra reggere l'ondata d'urto della rivoluzione, del cambio di regime. «E' vero, ma la crisi sociale è maggiore e nell'incertezza politica possono determinarsi sommovimenti e spinte formidabili a emigrare».
Presidente Pisanu, lei è un profondo conoscitore della Libia. Tutti si chiedono cosa può succedere a Tripoli. Qual è la sua opinione? «La Libia finora ha saputo controllare le sue frontiere marittime e mantenere lealmente gli impegni presi con l'Italia. Ma fino a quando potrebbe tenere se lungo i 4500 chilometri delle sue frontiere terrestri si riversassero ondate di egiziani a Est, subsahariani da Sud, da Ovest algerini e perfino marocchini?».
Gli oppositori hanno indetto via Internet proteste in Libia per giovedì prossimo...
«Certamente risposte emulative sono possibili anche in Libia, ma bisogna tener conto che lì la situazione sociale è più stabile perché c'è un Welfare del petrolio e del gas che garantisce un certo grado di stabilità sociale. Aggiungo che il sistema politico e istituzionale è più articolato e capace di dare spazio a una certa dialettica interna».
La   ricetta   anti-immigrazione clandestina del governo Berlusconi si è tradotta nell'intesa con Tripoli. E poi? «Effettivamente la politica italiana per  l'immigrazione in questi anni si è ristretta nell'ottica dei buoni rapporti con la Libia, e invece doveva e deve guardare a un orizzonte molto più vasto. Se come tutti ci auguriamo l'economia italiana si riprenderà,   avremo   bisogno   di   almeno 200.000 lavoratori immigrati all'anno per mantenere nei prossimi 30-50 anni il tasso attuale di popolazione attiva. In pratica, il nostro futuro benessere dipenderà dalla no¬stra capacità di attrarre e integrare gli emigranti nel nostro tessuto economico e sociale».
Ma di fronte all'emergenza di questi giorni, in attesa di interventi di lungo periodo, occorrono anche risposte concrete e immediate?
«Naturalmente. Per dirne una, si dovrebbero realizzare le strutture e i centri di accoglienza tanto al Sud quanto al Nord dell'Italia».
Pisanu, cosa dobbiamo fare a partire dalle prossime ore? «Purtroppo dobbiamo prevalentemente fare affidamento sulle nostre risorse e, se posso dirlo, approfittare della situazione per costringere l'Europa a prendersi formalmente le sue responsabilità e a onorarle. Oggi, purtroppo, in molte stanze di Bruxelles contano più le mucche da latte che gli immigrati».
Quali responsabilità? «Intanto di politica estera verso il confine mediterraneo e quindi l'Africa e il Medi Oriente. O l'Europa riesce a giocare un ruolo determinante nella transizione in atto, o rischia di ridursi a pallida comparsa politica sulla scena internazionale».
E concretamente cosa dobbiamo   chiedere all'Europa? «Di contribuire in maniera adeguata alle spese che l'Italia sta sostenendo da sola; di mobilitare subito la fantomatica Agenzia per le frontiere, Frontex, per la vigilanza e il soccorso in mare degli immigrati se vogliamo evitare che al dramma degli sbarchi si aggiunga la tragedia dei naufragi. Infine, la Ue deve aprire suoi sportelli in tutti i nostri centri di accoglienza, di identificazione ed espulsione, per consentire ai richiedenti asilo di indicare la loro destinazione preferita».



Immigrazione/ Lampedusa, ordinanza per stop alcol a migranti

Affaritaliani.it ,15 Febbraio 2011
Il sindaco di Lampedusa, Bernardino De Rubeis, emanera' oggi un'ordinanza per vietare la vendita di alcolici agli immigrati sbarcati nei giorni scorsi e presenti sull'isola. Lo ha detto lo stesso sindaco, che la scorsa notte ha fatto un sopralluogo presso il centro di accoglienza e gli uffici dell'Area marina protetta dove sono ospitati i circa 2.000 tunisini che ancora si trovano a Lampedusa. 'A differenza degli extracomunitari che sbarcavano in passato sull'isola, quasi tutti con pochissimi soldi in tasca - ha affermato De Rubeis - questa volta siamo in presenza di giovani che, in diversi casi, sono ben riforniti di denaro. Purtroppo alcuni di loro lo spendono abusando in alcolici ed almeno una cinquantina di persone sono rientrate nel centro ubriache. Questo naturalmente non puo' essere tollerato'. Il sindaco ha sottolineato tuttavia di aver trovato una situazione complessivamente tranquilla, anche se auspica la ripresa del ponte aereo - 'almeno due voli al giorno' - per trasferire altrove in Italia gli extracomunitari e decongestionare l'isola.



APPELLO
LEGALITÀ CONTRO LA NUOVA SCHIAVITÙ

il manifesto, 13-02-2011
Noi sottoscritti, donne e uomini diversi per provenienza, religione, storia, cultura, rivolgiamo un appello a tutti gli uomini e a tutte le donne di buona volontà, al Ministro dell'Interno, ai movimenti dei migranti nelle loro diverse responsabilità, perché, superando per un momento le diverse opposte visioni, pongano la loro attenzione e l'azione dei prossimi giorni per una soluzione ragionevole, quanto possibile, del flagello del lavoro nero degli immigrati; nonché della condizione di clandestinità in cui sono costretti. In Italia sono 700 mila gli immigrati costretti a lavorare in nero, di questi almeno 500 mila, non avendo il permesso di soggiorno, sono sotto ricatto e senza alcun diritto,
L'articolo 18 del Testo unico sull'immigrazione.  prevede il rilascio del permesso di soggiorno provvisorio per motivi umanitari e di protezione sociale, ovvero per quegli stranieri che si trovino in «una situazione di violenza o di grave sfruttamento». Una procedura che può essere azionata non solo nei casi di contrasto dello sfruttamento della prostituzione, bensì anche -come ha chiarito la circolare del Ministero dell'Interno del 4 agosto 2007- in ambito lavorativo. Eppure l'articolo 18 è disapplicato se non addirittura violato dalle Questure, poiché il permesso di soggiorno provvisorio non viene quasi mai concesso per situazioni di sfruttamento in ambito lavorativo. Nel 2009 sono stati solo 810 i permessi rilasciati per motivi umanitari, e hanno riguardato esclusivamente vicende collegate a reati di sfruttamento della prostituzione, riduzione in schiavitù e tratta di essere umani. Questa applicazione cantra legem, oltre a delegittimare l'autorevolezza dello Stato, impedisce a migliaia di persone sfruttate e spinte verso la clandestinità di emanciparsi da una criminalità senza scrupoli. L'Italia per altro sta già violando gli obblighi derivanti dall'Ue per non aver attuato la direttiva rimpatri 115 del 2008 che doveva essere recepita entro il 24 dicembre 2010.
Per questo riteniamo di enorme importanza e urgenza che il Ministero dell'Interno adotti tutti i provvedimenti necessari ad una corretta attuazione dell'articolo 18 del Testo unico sull'immigrazione affinché le questure concedano il permesso di soggiorno temporaneo alle vittime di sfruttamento lavorativo, disponendo se necessario un'indagine amministrativa per comprendere i motivi di quanto accaduto sino ad oggi; convochi un tavolo istituzionale sul tema delle truffe commesse in danno degli immigrati nell'ambito della procedura di regolarizzazione prevista dal decreto legge n. 78 del 2009, promuovendo in tempi brevi l'introduzione di una normativa che permetta a questi stranieri di denunciare la truffa subita senza il pericolo di essere espulsi dal territorio italiano; emani una nuova circolare e, tramite essa, inviti le questure a concedere agli immigrati truffati in occasione della procedura di regolarizzazione prevista dal decreto -legge n. 78 del 2009 un permesso di soggiorno per attesa occupazione o per protezione sociale ex art. 18 del ddl n. 286 del 1998. Invitiamo il Parlamento a recepire con urgenza la direttiva europea 2009/52/CE, la quale prevede, tra l'altro, un intervento del governo italiano affinché venga rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo ai lavoratori extracomunitari che denuncino la loro posizione irregolare alle autorità competenti oltre alla non applicazione di sanzioni ai datori di lavoro che, autodenunciandosi, provvedano alla regolarizzazione dei dipendenti extracomunitari clandestini. Lo invitiamo anche a recepire la direttiva europea 115/2008 sui rimpatri che ha creato un vuoto normativo colmato in parte da alcune procure che han¬no ordinato il non arresto degli immigrati irregolari. Ci appelliamo ai movimenti antirazzisti presenti in Italia e già impegnati su queste tematiche ad unirsi in una comune campagna nonviolenta che possa mobilitare le coscienze di molti italiani e degli individui che nelle istituzioni sono delegate a prendere i provvedimenti in questi giorni alla portata di Governo e Parlamento.
Promuovono l'appello: Emma Bonino, Movimento dei rifugiati e dei migranti dì Caserta e Castelvolturno, Francesca Terzoni, Daniele Segre, Mario Staderini,  Khalid Chaouki, Seconde generazioni Pd, Luigi Manconi, Gaoussou Ouattarà, Anselmo Botte, Marco Perduca,  Alberto Buttaglieri, Rita Bernardini,  Shukri Said, Felicita. Tornelli, Csa Ex Canapificio Caserta, Ravenna Solidarietà, Rosa Taschin, Angelo Marini, Marcello Pesarmi.



Ancora non ufficializzate le aree definitive, ma crescono i malumori. Domani vertice al Viminale
Tendopoli rom, rivolta nei municipi
Gli abitanti dei quartieri individuati dalla Prefettura già sul piede di guerra
Leggo, 15-02-2011
Valeria Arnaldi
«Adesso diciamo veramente basta. Non possiamo subire ancora una volta la mala amministrazione». Parte dal Comitato di quartiere di Torre Spaccata la protesta dei residenti nelle zone che sarebbero state individuate dalla Prefettura per le tendopoli che ospiteranno i rom sgomberati dai campi abusivi.
Da ieri, il quartiere è mobilitato e la protesta si estende nelle altre aree al vaglio: La Rustica, Massimina, Tor Tre Teste. Di quartiere in quartiere dilaga la sindrome tendopoli, ansia collettiva di chi teme una difficile convivenza. La decisione definitiva, per spazi e tempi di intervento, dovrebbe arrivare domani nel corso di una riunione al Ministero dell'Interno cui patteciperà il prefetto Pecoraro, commissario straordinario per l'emergenza nomadi. «Auspico che già mercoledì o giovedì si possa avere un quadro più preciso - dice il sindaco Alemanno -ogni giorno che passa può essere molto pericoloso». Intanto, oggi è fissata la riunione congiunta delle commissioni Sicurezza e Politiche Sociali per rilanciare il piano nomadi, che proprio in queste ore è oggetto di pesanti critiche.
In un'intervista, il sottosegretario ai Beni Culturali Francesco Maria Giro, avrebbe colpito duro: «Veltroni prima e Alemanno adesso hanno fatto poco o nulla, un disastro». Pronta la risposta del Campidoglio: «Sul versante del piano nomadi l'onorevole Giro non sa di cosa parla - risponde Alemanno -l'ho sentito questa mattina e mi ha detto che la sua intervista è stata travisata. Adesso vedremo se specificherà le sue parole. Quanto ha detto non corrisponde minimamente alla realtà». Il Comune continua, quindi, a puntare sul Piano, attualmente bloccato dalla mancanza di fondi e strutture. Ma il Sindaco pro¬
mette sgomberi già dalla prossima settimana.   



Domani vertice  al Viminale per il nuovo piano

Il Tempo, 15-02-2011
II consiglio comunale straordinario sui nomadi si terrà il 2 marzo. «Troppo tardi» per un'opposizione che sembra non accontentarsi mai e che continua a battere il ferro finché è caldo. Aiutata in questo da una maggioranza, che ogni giorno riserva qualche sorpresa. L'atteggiamento sembra lo stesso dell'opposizione: cavalcare il problema dei nomadi per ottenere consensi o mandare messaggi più o meno interni. Il fine comunque è unico: attaccare il sindaco. Accade così che il sottosegretario ai Beni Culturali, Francesco Giro dalle pagine del Corriere della Séra, sferri un attacco durissimo ad Alemanno, definendo la sua gestione dei nomadi «dilettantesca». Non la prende bene Alemanno: «Giro non sa cosa di parla», mentre l'intervento di Fabrizio Cicchitto riporta a un clima quasi «normale». Dopo poco, infatti, arrivano le scuse pubbliche di Giro. Un altro giorno di ordinaria follia, verrebbe da dire, trascorso a suon di note stampa tra maggioranza e opposizione, tra maggioranza e maggioranza, tra opposizione e opposizione. Intanto il direttore della Caritas diocesana, Enrico Feroci ha constatato di persona lo stato dei micro campi abusivi: «Sono rimasto sconcertato dall'ambiente in cui vivono i rom. Bisogna togliere le persone da questo degrado impressionante. Serve mettersi attorno ad un tavolo per capire che fare di queste 7 mila persone e quale dovrà essere il loro futuro tra 15 anni. Serve una progettualità per far sì che non accada quello che è successo nei giorni scorsi». Consapevole Alemanno che ribadisce: «Ogni giorno che passa può essere pericoloso per chi ancora vive nei campi abusivi e quindi la nostra richiesta è quella di operare più rapidamente per creare le tendopoli provvisorie dove alloggiare i rom sgomberati dai micro-accampamenti». E quasi come i giorni che precedono un esame importante, si attende il vertice di domani al Viminale. «La riunione sarà decisiva - dice il sindaco ricordando che andrà solo il prefetto Pecoraro - noi stiamo elaborando un progetto che gli consegneremo. L'ultima parola rispetto a questa emergenza spetta soltanto al prefetto».
Difficile dire se basterà a sancire una svolta attesa da anni.



Campi rom abusivi "impressionanti"

City, 15-02-2011
Nei microcampi rom abusivi c'è un "degrado impressionante" se-condo il direttore della Caritas romana Enrico Feroci. "Ho fatto un giro per i microcampi abusivi a Roma e sono rimasto sconcertato dall'ambiente in cui vivono i rom" ha detto il monsignore. "Bisogna togliere le persone da questo degrado impressionante - ha aggiunto - e questo deve essere fatto quanto prima perché non è possibile che esseri umani vivano in un ambiente così degradato".
Polemica Giro-Alemanno
Nel frattempo è polemica tra il sottosegretario ai beni culturali Francesco Maria Giro e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. In un'intervista pubblicata sulla cronaca locale del Corriere della Sera, sul come evitare tragedie come quelle di Tor Fiscale il sottosegretario aveva detto: "Basterebbe un'amministrazione che decida, che si assuma responsabilità. Invece, Veltroni prima e Alemanno adesso hanno fatto poco o nulla, un disastro". E poi aveva aggiunto parlando di "un modo di fare dilettantesco" da parte dell'amministrazione. Secca la replica di Alemanno: "Sul versante del piano nomadi l'onorevole Giro non sa di cosa parla". A stretta distanza sono seguite le scuse del sottosegretario.
Bimbi morti per asfissia
Riguardo l'incendio avvenuto domenica 6 lungo l'Appia Nuova, l'autopsia che si è svolta sui corpi dei quattro fratelli ha rivelato che i bambini sono morti nel sonno. In base a quanto accertato non si sarebbero resi conti di quanto stava accadendo: la morte è avvenuta per asfissia da monossido di carbonio. Gli inquirenti hanno, intanto, ricevuto anche il rapporto della Scientifica e dei Vigili del fuoco. In base ai primi accertamenti le fiamme sarebbero divampate a causa di una candela lasciata accesa. Le forze dell'ordine avrebbero, inoltre, accertato che la porta della baracca sarebbe stata chiusa dall'esterno. Nell'indagine, affidata al pm Cristina Palaia, risultano indagati i genitori per abbandono di minori.



Rom, i bimbi erano stati identificati  «È stata una tragedia annunciata»

I piccoli morti nel rogo della loro baracca erano stati censiti dai vigili urbani lo scorso dicembre. Fantino (IX Municipio): «Ma nessuno li ha portati via di lì»
Corriere della Sera, 15-02-2011 
Paolo Brogi
ROMA - Nella favela del rogo la polizia municipale del IX gruppo aveva identificato a metà dicembre sette bambini, tra i quali ci sono le quattro vittime dell’incendio di pochi giorni fa. Il censimento risale al 15 dicembre ed è registrato su alcuni moduli con su scritto ora a matita «Campo incendiato».
CONTROLLI E FOTO - In quella occasione le persone identificate nel campo di Tor Fiscale erano 21, furono scattate anche fotografie, rappresentano una delle ultime immagini delle piccole vittime. Il 15 dicembre a conclusione dei sopralluoghi iniziati in ottobre l’Ama abbatté anche un «manufatto risultato libero abitato presumibilmente da 13 soggetti». «Questo è quanto è stato fatto e che risulta dalle carte -. spiega la presidente del IX Municipio Susi Fantino (Sinistra e Libertà) che appena riaperti gli uffici dopo la pausa domenicale ha chiesto una ricostruzione degli interventi effettuati a Tor Fiscale -. Non c’è stato nessun spostamento di persone, solo l’abbattimento di un unico manufatto, il resto con i bambini è rimasto lì, in un posto in cui prima o poi qualcuno avrebbe potuto rimetterci la vita. Non lo dice solo quello che poi è purtroppo successo, lo avevano anticipato già mesi prima i carabinieri con un verbale d’intervento inviato in Comune e rimasto sostanziamente inascoltato».
CENSIMENTO - Il censimento della polizia municipale è stato avviato il 20 ottobre, quando su richiesta del Campidoglio si è tornati ad occuparsi di questa favela già segnalata da maggio dai carabinieri e nota da tempo perché il perimetro ex Cotral sull’Appia in cui nascono e rinascono le baracche è così da anni. Dagli incartamenti di cui dispone il IX Municipio il primo intervento si riduce a un rilievo fotografico. Passano poi una ventina di giorni e l’11 novembre inizia il censimento vero e proprio che si conclude il 15 dicembre. Prima però, il 9 dicembre, la municipale scrive al gabinetto del sindaco e al comando del corpo per dire che dal sopralluogo risulta un insediamento libero da persone, con segni inequivocabili di presenza di soggetti anche minorenni, recenti resti di cibo, indumenti e scarpe, valige, giocattoli usati, varie vettovaglie e bevande a uso alimentare. Per identificare insomma gli abitanti bisogna aspettare il 15 dicembre.
«INSEDIAMENTO NOTO» - Quel giorno la Municipale prende i nomi di 21 persone di cui 7 minori. “Che vuol dire tutto ciò? – si chiede Susi Fantino -. Significa solo che questo insediamento, ritenuto pericoloso per chi lo usava, è così da molto tempo. Possono anche essere cambiate le persone, ma la struttura è quella. Un posto così, precario, abbandonato a se stesso, pericoloso. Che senso ha dire, come fa ora il delegato del sindaco per la sicurezza, che la famiglia colpita così terribilmente era arrivata da poco? A dicembre era già sicuramente lì, in precedenza non c’è modo di saperlo, forse già c’era. Ma ripeto: anche se fossero solo due i mesi della loro permanenza cosa cambia? Lì prima o poi questa disgrazia era annunciata. E il fatto che almeno otto mesi fa fosse stato detto in modo molto chiaro dai militari dell’arma che vi si poteva svilupparsi un pericoloso incendio inchioda ognuno alle sue responsabilità. Questa è stata una morte annunciata».



Il piano nomadi Dalle indagini è emerso che la baracca dove sono morti i fratellini era chiusa dall'esterno
Rom,  ecco le aree per i nuovi campi
Corriere della Sera, 15-02-2011
A Massimina una delle zone prescelte. I residenti: no, lo impediremo
Il Piano nomadi è pronto per entrare nella seconda fase, ma gli abitanti delle aree scelte per le tendopoli sono sul piede di guerra. In zona Massimina, fra Aurelio e Pisana, i residenti protestano per la possibilità che uno dei tre campi nomadi previsti sorga nei pressi della Regione Lazio. Situazione tesa anche con i presidenti del VII e dell'VIII Municipio, mentre dalle indagini sul rogo nel quale hanno perso la vita i 4 bimbi rom emerge che la baracca era chiusa dall'esterno. E mentre il sottosegretario ai Beni Culturali Francesco Giro chiede scusa al sindaco Alemanno per le critiche mosse nei suoi confronti, il capogruppo Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto cerca di chiudere le polemiche: «Non è tempo di dare interviste ai giornali», spiega.

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