Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

02 aprile 2013

Le stragi dimenticate nell'Italia post elettorale
il manifesto, 02-04-2013
Alessandro Dal lago
Un silenzio di tomba, è il caso di dire, è calato sui migranti di Lampedusa, sulle centinaia di persone approdate o salvate in mare in questi giorni. Sfogliando le pagine web dei quotidiani, le notizie al riguardo o non si trovano o sono scivolate in fondo, tra immagini di sfilate di moda e storie di orsetti polari. E che dice il governo? Nulla, assolutamente nulla. Come se lo shock post-elettorale e l'incertezza sulla crisi avessero cancellato non solo l'esistenza delle informazioni, ma quella degli esseri umani alla ventura nel canale di Sicilia. Salvati da una motovedetta, due stranieri sono morti assiderati tra decine di compagni. E perché? Perché a bordo non c'erano medici.
Non c'erano medici perché era scaduta dal 2011 la convenzione con l'associazione che forniva l'assistenza sanitaria sulle motovedette. La convenzione scaduta dal 2011? Come mai il governo Monti, o chi per lui nella catena burocratica (vero, ministri Cancellieri, Di Paola ecc.?) non si è preoccupato di rinnovarla, tanto più che ogni primavera ricominciano gli sbarchi o gli arrivi dei migranti? Forse per mancanza di fondi? E allora perché non imbarcare medici militari? I miliardi di dollari per comprare i caccia F-35, che ora persino il Pentagono vuole scartare, si sono trovati, ma poche decine o centinaia di migliaia di Euro per assistere in mare i migranti questo no. Cosi è la crisi, signori.
Nel frattempo si moltiplicano le segnalazioni sul rimpatrio coatto dei minori, una misura illegale da sempre praticata in Italia. Ci eravamo illusi che con il ritorno di Maroni ai suoi giochetti padani lo stato manifestasse un minimo di sollecitudine verso gente che scappa da paesi in fiamme, in piena guerra civile o oppressa dalla carestia o da una povertà ben più paurosa della nostra. Ma no, al razzismo dichiarato sono subentrati indifferenza e silenzio.
Un tempo, che migliaia di persone rischiassero la vita per avere una chance in questa maledetta Europa provocava l'ostilità aperta della Lega e del Pdl e quella a denti stretti di gran pare dell'arco politico. Beppe Grillo, oggi salutato da alcuni come vendicatore di una sinistra umiliata, scrisse qualche anno fa di «sacri confini della patria» violati da rumeni e orde di poveracci in marcia verso l'ltalia. Poi nulla. Nel non-programma del non-movimento a 5 stelle non si trovano tracce della questione. Forse per non creare ulteriori divisioni nelle diverse anime del popolo grillino. Eppure, nonostante la crisi politica abbia oscurato tutto - dalla situa- zíone delle carceri all'inesistenza politica dell'Italia sulla scena internazionale - la realtà è sempre li a gridare inascoltata.
C'è qualcosa di orrendo nel modo burocratico in cui l'umanità, in questo Paese, viene calpestata e la verità negata. Berlusconi è anda- to a bombardare Gheddafi, dicendo di non volerlo fare. Ce ne andiamo alla chetichella dall'Afghanistan, di cui nessuno parla più. La sorella di Giuseppe Uva, morto in ospedale dopo aver passato la notte in una caserma, viene indagata per diffamazione dei carabinieri. I responsabili della vergognosa piazzata sotto la finestra della madre di Aldrovandi vengono stigmatizzati da tutti - tranne che dal mitico Giovanardi -, ma «non verranno presi provvedimenti disciplinari nei loro confronti» (Cancellieri). Che dunque i migranti muoiano in mare per una convenzione non firmata non dovrebbe sorprendere nessuno. È l'ennesima manifestazione della tenebra in cui questo Paese è immerso.



Stranieri in Italia La guerra dei dati sulle presenze
Avvenire 02-04-2013
Paolo Lambruschi
Aiuto, non sappiamo più quanti sono gli immigrati. Secondo alcune testate, almeno 800mila mancano all’appello causa crisi, rimpatriati o migrati nei Paesi del nord a lavorare. Eppure, crisi o no – che certo ha toccato i migranti – a certificare un esodo annunciato manca la prova del nove.
La fonte del calo degli immigrati è ufficiale, il censimento Istat del 2011. Il problema è l’interpretazione dei dati. In primavera le persone straniere censite risultavano quasi 3,8 milioni, una differenza di quasi 800 mila persone, un quinto, sui 4,6 milioni di residenti registrati in anagrafe al 31 dicembre 2010 che ha fatto gridare agli immigrati “fantasma”. Dove sono finiti? Ragionevole pensare, come ha fatto l’Istat raccogliendo testimonianze porta a porta con i rilevatori, che si tratti per buona parte di trasferimenti o rimpatri volontari. Poi il dato ha assunto vita propria anche se un paletto temporale suggerisce cautela.
«Occorre aspettare i dati definitivi di fine 2013 – afferma Franco Pittau, coordinatore del dossier statistico Caritas-Migrantes, l’autorevole fonte di informazione sull’argomento – perché il censimento, operazione complessa, può non aver raggiunto tutta popolazione straniera per motivi logistici o per la reticenza di chi vive in ambienti disagiati o sovraffollati. Inoltre, sfuggire al censimento può apparire una tutela a chi perde il lavoro, soprattutto se ha intenzione di rimanere in Italia da irregolare. Senza il lavoro si perde dopo 12 mesi il diritto al soggiorno per sé e i famigliari, allora c’è chi decide di partire o rimpatria le famiglie. Il dubbio è se tutto ciò abbia riguardato 700mila persone o più. A noi sembrano troppe. Il 60% degli immigrati ha un permesso di lungo periodo a tempo indeterminato. Quindi anche se disoccupati perché dovrebbero andare in un altro paese europeo perdendo lo status acquisito?».
Lo scorso giugno, grazie all’aggiornamento dei dati di 12 comuni con oltre 100mila abitanti, l’Istat ha fornito una prima revisione, accrescendo di 90mila persone la popolazione straniera, aumentata a 3.865.000. Migliaia di “fantasmi” in meno. «La revisione definitiva – conferma Giuseppe Sindoni, responsabile dati del censimento Istat – per legge avverrà a fine 2013». Quindi dati certi si avranno circa tra 12 mesi. «Ma non credo si discosterà molto – prosegue Sindoni – perché abbiamo rilevato che molte persone si sono trasferite o sono rimpatriate. La differenza con i dati Caritas è che noi ci rivolgiamo ai regolarmente soggiornanti, la Caritas stima anche gli irregolari».
A spiegare in parte la differenza tra Istat e Caritas è l’anagrafe. Parte dei “fantasmi” sono immigrati trasferitisi dal 2001 al 2011 e mai cancellatisi dal registro comunale. I curatori del dossier Caritas hanno un altro dato incontrovertibile del ministero dellIinterno, sul quale lavorano in attesa dei risultati censuari definitivi: è l’archivio sui permessi di soggiorno che decadono automaticamente senza rinnovo. Il Viminale l’1 gennaio 2011 aveva rilasciato 3,7 milioni di permessi, un anno dopo erano aumentati a oltre 3,8.
«Merito di sanatorie piuttosto che di ricongiungimenti – spiega Pittau – che pareggiano le partenze». Caso esemplare, le badanti. Sono in fuga, come si dice?
«Non risulta – osserva Pittau – perché le regolarizzazioni per lavoro domestico sono state 400 mila nell’ultimo triennio. Certo più italiane si orientano sul settore, ma le straniere lavorano di più in nero».
Il Ministero del lavoro offre altre conferme, rilevando l’aumento di immigrati disoccupati, 318 mila nel terzo trimestre del 2012, 54 mila in più rispetto allo stesso periodo del 2011 e, contemporaneamente, degli stranieri occupati, più 81 mila rispetto al 2011. Perché?
«L’aumento degli immigrati disoccupati, contestuale alla costante anche se rallentata crescita degli occupati – spiega il sottosegretario Maria Cecilia Guerra – è dovuto all’aumento della popolazione straniera in Italia per ricongiungimenti e seconde generazioni». Stabilità, insomma.
E quelle che la Caritas chiama “partenze nascoste? Secondo il dossier Caritas- Migrantes, nel 2011 il numero degli stranieri cancellati dall’anagrafe per rientri o migrazioni era di poco aumentato rispetto al 2010, circa 33mila unità. Nessuno ha dati certi sul 2012. Sono in compenso aumentate le acquisizioni di cittadinanza italiana – nel 2011 70mila – e le “fughe” di irregolari perché non hanno nulla da perdere. Quanti sono, insomma i migranti? Per Caritas-Migrantes,sommando i comunitari (1,3 milioni con un milione di romeni) agli oltre 3,8 milioni di regolari non comunitari si arriva a circa cinque milioni. La fuga di massa degli immigrati pare non esserci ancora stata, né ci sono alibi per depennare dall’agenda la questione dell’integrazione.



Fondo europeo rimpatri: dal Viminale una procedura di selezione per progetti.
Stanziati 70 mila euro, domande a partire dal 3 aprile.
Immigrazioneoggi, 02-04-2013
Il Ministero dell’interno ha stanziato 70 mila euro per progetti di rimpatrio volontario assistito. La Direzione centrale dei Servizi civili per l’immigrazione e l’asilo ha lanciato la procedura di selezione di progetti per l’attuazione dell’azione 7 del Programma annuale 2012 del Fondo europeo per i rimpatri.
A partire dal 3 aprile – si legge sul sito del Viminale – e fino alle ore 18 del 3 maggio 2013, sarà possibile presentare le proposte progettuali usando la procedura telematica predisposta dal Ministero dell’interno nel sito www.fondisolid.interno.it.
Il decreto di adozione dell’avviso sarà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale.



Rimpatriati minori non accompagnati l'allarme delle Ong
il manifesto 02-04-2013
Raffaele K. Salinari*
Lo stato di eccezione permanente in cui è entrata la politica italiana agisce come una cortina di ferro dietro la quale sono permesse procedure che violano totalmente alcune leggi del Paese, specialmente quando sono a protezione di quei deboli che non hanno la possibilità di farsi sentire oltre la cacofonia delle voci istituzionali che affollano i media mainstream. Nello specifico parliamo della situazione cui versano decine di minori stranieri non accompagnati che in questi giorni sono giunti nel nostro territorio con l'intensificarsi degli sbarchi in Sicilia. Le notizie trapelate ci dicono di una «velocizzazione» delle procedure di accertamento della minore età in assenza degli operatori di Presidium, cioè della struttura che assicura l'accoglienza ed il sostegno ai richiedenti asilo, come pure nel vuoto di organizzazioni come la scrivente che si occupa del sostegno giuridico ai minori stranieri non accompagnati.
Gli accertamenti sui minori dunque non vengono sostenuti dalle dovute informazioni sui loro diritti e desta allarme la concreta possibilità che ci fossero minori tra le persone espulse in questi giorni. In particolare va denunciata come illegittima la pratica di considerare maggiorenni i ragazzi egiziani che abbiano compiuto 18 anni, in quanto nel loro Paese la maggiore età si raggiunge al compimento del 21esimo anno. Secondo la normativa italiana, infatti, la maggiore età deve essere stabilita in base alla legge dello Stato di cui hanno la cittadinanza (vedi art. 42 della legge 218/95).
Dato il riconosciuto clima di violenza che vive l'Egitto in questo periodo, in particolare nei confronti della comunità cristiana copta, è particolarmente importante che i migranti fuggiti da quel Paese, minori compresi, possano eventualmente accedere alle procedure di protezione internazionale, e non essere trattati al di fuori delle stesse leggi italiane. Per questo, in attesa che la querelle istituzionale si chiarisca, e che un nuovo ministro degli Esteri venga nominato, chiediamo al ministro degli Interni Cancellieri, al presidente del Senato Grasso e alla presidente della Camera Boldrini di esercitare le loro prerogative affinché almeno le leggi italiane sull'accoglienza vengano rispettate. In questo momento di vacanza governativa, o almeno di un esecutivo con un mandato pieno, temiamo vuoti di attenzione che potrebbero ulteriormente compromettere l'immagine dell'Italia riguardo al rispetto della Convenzione Onu sui Diritti dell'Infanzia, ed auspichiamo quindi che la voce delle più alte cariche dello Stato si levi per presidiare la legalità delle norme di accoglienza dovute a quanti fuggono da un reale pericolo per la propria vita e chiedono asilo nel nostro Paese.
Abbiamo detto più volte che la credibilità internazionale del Paese si misura anche dalla coerenza tra pratiche interne e rispetto delle Convenzioni internazionali, in questo caso sull'accoglienza, il diritto d'asilo, i diritti dell'infanzia e la lotta alla povertà ed all'esclusione sociale. Respingere in mare dei minori che fuggono da una situazione che mette a rischio la loro vita significa infine, non solo violare norme internazionali ma mostrare quanto l'imbarbarimento etico sia penetrato a fondo nelle istituzione che dovrebbero garantirlo.
* Presidente Terre Des Hommes



Per entrare da clandestini si vendevano reni e neonati
Libero, 02-04-2013
Rita Cavallaro
L’orrore si è fermato a Genova. È all’aeroporto Cristoforo Colombo che una spietata organizzazione criminale dedita alla tratta umana sbarca clandestini afghani in fuga dalla guerra, su lussuosi jet privati. Ma l’evolutivo «viaggio della speranza» ha un prezzo troppo alto: la banda pretende dai 10 ai 15mila dollari e, alla maggior parte di immigrati che non possono pagare, asporta organi o chiede vite umane, neonati da vendere a buon mercato. A scoprire l’orrendo traffico, che va avanti da almeno due anni, è stata l’Interpol. Le indagini sono scattate a seguito di un’intercettazione telefonica, quando quello che fino ad allora era solo un incredibile dispaccio della polizia ellenica s’è trasformato in una cruda realtà. La conversazione tra due soggetti dell’organizzazione viene captata dalla Squadra Mobile di Ragusa, che nei mesi scorsi aveva messo sotto la lente una rete di somali che spediva centroafricani irregolari in Italia attraverso la Grecia. I due trafficanti parlavano di un’altra banda ellenica e facevano riferimento a voli privati, a posti da affittare su aerei e a organi umani. I poliziotti hanno quindi trasmesso l’informati – va ai colleghi dell’Interpol, i quali, dopo una serie di ricerche nelle banche dati, hanno risolto il rebus e dimostrato che le storie riportate nelle relazioni di operatori di sperduti scali ellenici ai confini con la Bulgaria e l’Albania erano vere. A rafforzare quelle che in un primo momento erano solo orrende ipotesi e a smascherare l’esistenza dell’organizzazione che forniva passaporti falsi e passaggi sui jet privati ai disperati sono stati due episodi chiave. Un primo tassello è avvenuto a Kavala, una cittadina nel nord est della Grecia, dove una pattuglia della Dogana ha intercettato 15 stranieri in procinto di imbarcarsi su due voli diretti a Genova. Tra que sti, anche una donna incinta, al nono mese di gravidanza. I loro passaporti indicavano che si trattava di danesi, ma il nervosismo dimostrato dai turisti durante il controllo e i loro tratti somatici, ben lontani da quelli scandinavi, hanno insospettito gli agenti, che hanno proceduto ad accertamenti approfonditi. Così, dopo aver incrociato i dati, è emerso che i documenti era falsi e che i 15 passeggeri erano in realtà afghani. Per tutti è scattato l’arresto. Nel frattempo, dopo solo pochi giorni dall’episodio di Kavala, ecco che la scena si ripete a Ioannina, un piccolo aeroporto nel nord ovest della Grecia. Sei i clandestini che stavolta finiscono in manette: due coppie, un neonato e un trentenne, anche loro alla volta di Genova su un efficiente Learjet. I poliziotti hanno accertato il coinvolgimento di due piloti italiani e di due donne dipendenti di un’agenzia viaggi, compiacenti coi trafficanti e finiti in cella. La svolta quando gli immigrati arrestati trovano il coraggio di parlare e mettono in scena l’orrore. Alla polizia alcuni afghani con le cicatrici ancora fresche raccontano di essersi sottoposti a interventi chirurgici per l’asportazione di un rene, altri hanno detto d’aver pagato il viaggio in cambio del loro bimbo, che sarebbe nato a Genova, dove l’organizzazione si occupava di far partorire le donne e prendeva i neonati. «Arrivata a destinazione avrei dovuto far nascere il bimbo e lasciarlo. Questo era il prezzo da pagare: un figlio, un organo o dai 10 ai 15mila dollari in contanti», ha detto la gestante. Le indagini sono tuttora in corso. Dalle verifiche sui piani di volo e le carte d’imbarco dei Learjet è emerso che i velivoli sono stati affittati da una società «fantasma» francese riconducibile a una compagnia con base a Milano. La tratta era sempre la stessa: Grecia-Genova. Inoltre l’organizzazione può contare su una rete di soggetti che fornisce assistenza ai clandestini. I poliziotti stanno cercando nelle immagini delle telecamere dello scalo ligure per individuare la banda. Impresa ardua, vista la moltitudine di persone che transitano ogni giorno in aeroporto. Tra queste, gli immigrati costretti a vendere gli organi in cambio di un posto sul volo della speranza.



Genova, senzatetto romeno muore in un capannone
Stroncato in una rimessa delle Ferrovie a Pontedecimo. L'allarme lanciato dai connazionali che dividevano il rifugio. La crisi aumenta il numero degli homeless. Secondo la Comunità Sant'Egidio a Genova sono almeno 200: "Molti sono stranieri che prima riuscivano a sopravvivere con qualche lavoro saltuario. E gli italiani aumentano rapidamente"
la Repubblica, 01-04-2013
Un senzatetto romeno è morto all'interno di una rimessa delle Ferrovie vicino alla stazione di Pontedecimo. Secondo quanto ricostruito dalla Polfer, l'uomo sarebbe stato stroncato da un malore.
A dare l'allarme sono stati i connazionali dell'uomo che condividevano il rifugio. I medici del 118 hanno potuto solo constatare la morte. Il magistrato di turno ha disposto l'autopsia.
Sono circa 200, secondo la Comunità di Sant'Egidio, i senzatetto che dormono per strada a Genova. La situazione dei clochard è peggiorata a causa delle difficoltà economiche determinate dalla crisi. "Lo scorso anno - spiega Maurizio Scala, della Comunità - sono finiti per strada molti stranieri, che prima riuscivano a sopravvivere con qualche lavoro saltuario, in nero. E gli italiani aumentano rapidamente a causa della crisi".
Quando fa molto freddo, il Comune affianca ai servizi offerti dai volontari, posti letto nella palestra di via delle Fontane e al Massoero. "Ma tutto questo non è sufficiente", commenta Paolo Cremonesi, primario del pronto soccorso del Galliera, ma anche volontario che, insieme ai colleghi di reparto ed agli infermieri, dopo l'orario di lavoro, distribuisce coperte e bevande calde ai senzatetto del Centro storico.
E poi ci sono alcune situazioni nuove: "Da alcuni mesi - spiegano i volontari della Comunità di Sant'Egidio - vivono per strada in centro città alcuni anziani, 70enni, una decina in tutto, arrivati dell'est europeo per chiedere l'elemosina e aiutare così i figli e nipoti rimasti in patria".



Tunisini scomparsi in mare Il silenzio di fronte al dolore
"Questo è mio figlio, lo vedi? E' vivo. Ma né le autorità italiane, né quelle tunisine stanno facendo nulla per trovarlo". Al Forum mondiale sociale di Tunisi le famiglie delle centinaia di persone dichiarate disperse, nel tentativo di attraversare il Canale di Sicilia per approdare  in Europa, hanno voluto riportare all'attenzione di tutti il loro dramma
la Repubblica, 01-04-2013
VALERIA BRIGIDA
TUNISI - "Eccolo qui. Lo vedi? Questo in primo piano è Bilal, è mio figlio. Questa immagine è la prova che Bilal non è morto in mare ma è arrivato vivo in Italia. Ma né l'Italia né la Tunsia stanno facendo qualcosa per trovarlo". Abdelaziz mostra il fotogramma di un video in cui un ragazzo, con un'espressione spaesata, si stringe in una coperta e guarda dritto nell'obiettivo. Alle spalle di questo ragazzo c'è uno schieramento di forze dell'ordine italiane e, sullo sfondo, un traghetto che riporta la scritta "Palladio". Il traghetto "Palladio" fa parte della compagnia Siremar e viaggia sulla rotta che va da Porto Empedocle a Lampedusa. Bilal aveva 27 anni quando all'inizio di settembre 2012 ha lasciato la Tunisia con una piccola imbarcazione. Da allora il padre Abdelaziz non ha più sue notizie. Le autorità italiane e tunisine gli hanno detto che suo figlio risulta "disperso" in mare. Ma Bilal non ci sta. Secondo lui il figlio è sopravvissuto al naufragio del 6 settembre 2012 e in questo momento potrebbe trovarsi in Italia rinchiuso in un CIE (Centro di Indentificzione ed Espulsione). L'unica prova in suo possesso è quell'immagine diffusa sul sito di "Al Karama", la radio locale di Sidi Bouzid, e che ora non smette di stringere tra le mani.
Una lunga lista di dispersi. La storia di Bilal è solo uno dei tanti tasselli che vanno a comporre l'intricata storia dei tunisini dispersi nel Canale di Sicilia, nel tentativo di raggiungere l'Italia. Solo dal 2010 ad oggi si contano 250 dispersi. Ma se si prendono in considerazione anche tutte le scomparse di migranti "irregolari" non formalmente denunciate alle autorità, i numeri aumentano vertiginosamente, arrivando a circa 2,500 casi. Da due anni le famiglie dei dispersi chiedono verità sulla sorte dei loro cari. Ma né l'Italia né la Tunisia forniscono risposte soddisfacenti. In Italia è stata anche aperta un'indagine che, tuttavia, rischia l'archiviazione per insufficienza di prove. Per questo motivo le famiglie dei dispersi hanno approfittato dell'attenzione mediatica internazionale dovuta al Forum mondiale sociale di Tunisi per tornare a denunciare come le restrittive politiche migratorie europee abbiano trasformato il Mediterraneo in un cimitero silenzioso.
Il diritto delle famiglie di conoscere. Stavolta però lo hanno fatto presentando un appello ufficiale all'UE. Chiedono di formare e partecipare a una commissione speciale d'inchiesta in cui Europa, Italia e Tunisia mettano "a disposizione i loro saperi". In particolare, le famiglie rivendicano il diritto a conoscere tutte le informazioni raccolte dalle autorità attraverso i mezzi tecnologici di controllo del mare, come la localizzazione delle imbarcazioni attraverso il tracciato delle telefonate che i loro cari facevano durante il viaggio. Chiedono poi un'approfondita ricerca nominale dei dispersi sui database europei perché, spesso, i nomi dei tunisini arrivati sono registrati in modo diverso per un problema di traslitterazione dall'arabo all'italiano. Inoltre, un confronto tecnico sulle immagini televisive degli "sbarchi" a Lampedusa e dei trasferimenti a Mineo, in cui i genitori riconoscono i loro figli. Infine, il recupero dei corpi delle persone morte durante i naufragi e il recupero dei relitti.
Il dossier delle famiglie dei dispersi. Negli ultimi mesi, con l'aiuto di volontari e associazioni che lavorano sulle due sponde del Mediterraneo, le famiglie dei dispersi hanno raccolto informazioni arrivando a elaborare un vero e proprio dossier in cui si ricostruisce quando e su quale imbarcazione i parenti sono partiti. Da quali luoghi della Tunisia e attraverso quale rotta. Ma anche da quali numeri di telefono hanno chiamato a casa durante il loro viaggio, l'ora delle telefonate, la compagnia telefonica da cui chiamavano. "Questo è il nostro sapere" - si legge nell'appello - ma sappiamo anche che quel tratto di mare è continuamente osservato dagli innumerevoli mezzi tecnologici che l'UE con i suoi stati membri e la sua Agenzia Frontex dispiega tra le due sponde del Mediterraneo per il controllo delle migrazioni. Radar, satelliti, motovedette, aerei, elicotteri, e, dopo l'arrivo, impronte digitali. Sappiamo che tutte queste informazioni vengono archiviate. Sappiamo che oltre ai mezzi dell'UE ci sono anche quelli della Nato". Per questo ora "esigiamo i vostri saperi".
"Il nostro dolore non è meno importante del vostro?" Di fronte alla sordità del governo italiano e tunisino la madre di un disperso si rivolge alla stampa internazionale presente al forum di Tunisi: "Siamo madri, padri, sorelle e fratelli nello stesso modo in cui lo si è in Europa. Perché dunque il nostro affetto e il nostro dolore non hanno lo stesso valore degli affetti che, in un caso simile, verrebbero riconosciuti ai familiari di giovani europei?" Quest'anno il social forum accende un grande riflettore sulla questione dei dispersi nel Canale di Sicilia. Ed è per questo che, difficilmente, questo appello potrà rimanere inascoltato.

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