Né indiano né italiano e il piccolo Beg resta senza tachipirina

Italia-razzismo
Un vero racconto di Natale, quello che stiamo per narrarvi. Parla di un bambino, Beg, nato in Italia nemmeno un anno fa. Il piccolo Beg ha due genitori indiani, ma di lui non conosciamo ancora la nazionalità, perché l’ambasciata indiana non gli ha rilasciato il passaporto.

Quel che è certo è che il bambino non è italiano. La sua mamma e il suo papà sono in attesa di sapere se il loro permesso di soggiorno sarà rinnovato e in India non possono tornare perché rischiano la vita. Qualche giorno fa il piccolo Beg è stato accompagnato alla Asl per fare la terza vaccinazione prevista. Allo sportello, però, si sono sentiti rispondere: «Voi non siete italiani, per gli immigrati che non hanno permesso di soggiorno la Asl di Milano non dà nessuna assistenza». Povero bambino, così piccolo, e già costretto a caricarsi degli errori dei più grandi. In questo caso dei suoi stessi genitori, colpevoli – colpevolissimi – del deprecabile reato di clandestinità. Ma tant’è. Mica perché uno ha solo undici mesi si deve aspettare di essere assistito dalla sanità pubblica. E infatti la seconda scena del racconto inizia con il papà di Beg che va in farmacia per comprare della tachipirina perché al bimbo, con questo freddo, è venuta la febbre. Il farmacista, ligio al dovere, ha confermato quanto la famiglia sospettava: per la tachipirina ci vuole la ricetta rossa e i clandestini, questa benedetta ricetta, non c’è proprio modo che la ottengano. L’associazione Dhuumcatu, che segue la vicenda, ha scritto una lettera pubblicata sul blog di Paolo Brogi, in cui chiede che almeno Babbo Natale porti con la sua slitta le medicine per i figli dei clandestini. E, aggiungiamo noi in calce alla letterina, anche un po’ di buon senso.
l'Unità, 24-12-2011

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