Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

16 aprile 2015

Immigrati, 10 mila arrivi in 5 giorni
- Soccorsi senza sosta nel canale di Sicilia, interviene l'Onu: - Polemica sullo smistamento, il no di Lombardia e Veneto «L'Italia sta portando un peso enorme per conto dell'Europa» «Non ci stiamo a subire questa invasione, quindi zero posti»
il Messaggero, 16-04-2015
Valentina Errante
L'EMERGENZA
R0MA Un esodo biblico: tra venerdì e martedì sono arrivati in diecimila sulle nostre coste. Non è finita con la "chiusura" dell'operazione umanitaria Mare nostrum, come prevedeva l'Europa e auspicava l'Italia. E mentre infuria la polemica politica, le previsioni per i prossimi mesi, con la bella stagione, lasciano pochi margini di dubbio. Una crescita esponenziale di barconi colmi di disperati. Il progetto di massima del Viminale, che si era rivolto ai prefetti per distribuire sul territorio 6.500 migranti, non è stato attuato nella misura prevista. Veneto e Lombardia hanno chiuso le porte. «Non ci stiamo a subire questa invasione, quindi zero posti in Lombardia finché continuerà l'atteggiamento irresponsabile da parte del governo», ha tuonato Roberto Maroni e sulla stessa linea si è collocato il governatore del Veneto, Luca Zaia. Alla vigilia delle elezioni, pugno di ferro. Attualmente sono 70mila i richiedenti asilo distribuiti sul territorio: la linea Maginot, che divide in due l'Italia, è a nord dell'Emilia Romagna, con la sola eccezione del Piemonte. I centri Caritas, le associazioni cattoliche, i piccoli comuni che hanno messo a disposizione i siti: le prefetture sono impegnate a trovare una sistemazione ai migranti, soprattutto in Calabria e in Sardegna.
L'ORGANIZZAZIONE
Per il resto, il progetto del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, che prevedeva di collocare 700 migranti in Lombardia e altrettanti in Veneto non è stato attuato. Mentre Chiamparino, governatore del Piemonte e presidente della Conferenza Stato-regioni, dopo l'incontro di ieri con Alfano, ha commentato: «L'obiettivo è di non lasciare le regioni rivierasche del sud ad affrontare da sole questo fenomeno». Per la prima accoglienza ai migranti il ministero sta lavorando al progetto di creare "hub" regionali, come il villaggio di San Giuliano di Puglia (Campobasso) che potrebbe ospitare almeno un migliaio di stranieri, in attesa che vengano verificati i requisiti dei richiedenti asilo. Si lavora anche a caserme dismesse dalla Difesa. E l'Italia torna poi a bussare a Bruxelles.
LE REAZIONI
«L'Italia sta portando un fardello enorme per conto dell'Europa sul problema dell'immigrazione»: è il portavoce Onu, Stephane Dujarric, a raccontare l'emergenza, ricordando che l'Alto Commissariato per i rifugiati «sta lavorando a livello europeo e in stretto contatto con l'Italia e la Grecia». La prossima settimana Alfano vedrà a Roma il commissario Ue all'immigrazione, Dimitris Avramopoulos. Chiederà ancora un sostegno all'Italia. «L'impegno - sottolinea il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni - è al 90 per cento sulle spalle della Marina, ma l'emergenza non riguarda solo l'Italia. Bisogna dare più soldi all'operazione europea (Triton). Abbiamo il dovere di salvare vite e accogliere le persone in modo civile, ma abbiamo anche il dovere di chiedere alla comunità internazionale di impegnarsi». Anche L'Alto rappresentante per la politica estera europea, Federica Mogherini, auspica «una maggiore e migliore solidarietà dell'Ue e annuncia la convocazione dei ministri degli Esteri e dell'Interno insieme «per coordinare le politiche in modo più europeo». Una soluzione sembra però lontana senza la stabilizzazione della Libia. Anche di questo si parlerà martedì prossimo al Consiglio supremo di Difesa, presieduto dal capo dello Stato Sergio Mattarella.
GLI SBARCHI
Perché l'esodo si riduce in cifre: sono 1.511 i migranti salvati martedì in dodici diverse operazioni coordinate dal Centro nazionale di soccorso della Guardia Costiera. Altri 8.480 erano stati salvati nei giorni scorsi. Martedì la nave Dattilo della Guardia costiera ne ha raccolti 503, altre 131 persone sono state recuperate da una motovedetta, altri 88 sono dalla Guardia costiera. E ancora 86 dalla motonave Shah, dirottata per il soccorso. «Significativo», viene sottolineato, il contributo prestato dal naviglio mercantile alle operazioni: anche la Norman Corona ha collaborato con la Guardia costiera per il salvataggio di 95 persone.



Il muro delle grandi Regioni sull’accoglienza dei profughi
Maglia nera a Lombardia, Veneto e Toscana. La Valle d’Aosta: solo un posto
Corriere della Sera, 16-04-2015
Fiorenza Sarzanini
ROMA Il record è certamente quello della Valle d’Aosta che a fronte di una richiesta di 50 posti ha accettato di ospitare soltanto «una persona». Ma sono molte altre le Regioni che fanno muro e rifiutano categoricamente di accogliere i migranti.
In quattro giorni sono arrivate 10 mila persone, le strutture sono ormai al collasso dovendo assistere circa 70 mila stranieri. E la battaglia tra Viminale e governatori diventa sempre più aspra.
Sopportano il carico maggiore Sicilia, Lazio e Calabria mentre guidano la lista «nera» Lombardia, Veneto, Toscana e Piemonte. Ma anche in altre aree le resistenze si stanno trasformando in vero e proprio ostracismo. Una situazione che rischia di degenerare visto che gli analisti parlano di flusso ormai inarrestabile e prevedono che in poche settimane il numero degli sbarchi potrebbe addirittura raddoppiare.
Del resto i numeri sono chiari: nello stesso periodo del 2014 erano giunti 20.899 stranieri, ieri eravamo a 22.979. Non a caso il portavoce Onu, Stephane Dujarric, sottolinea come «l’Italia sta portando un fardello enorme per conto dell’Europa sul problema dell’immigrazione».
«Solo un posto»
La circolare inviata ai prefetti lunedì scorso sollecitava il reperimento di strutture per poter contare su altri 6.500 posti. Raggiungere il risultato appare difficile, quantomeno in tempi brevi.
In alcune Regioni pesa certamente la campagna elettorale in vista delle amministrative del 31 maggio per la scelta dei governatori. Ma anche altrove c’è una vera e propria chiusura. Emblematica la risposta inviata dal funzionario della presidenza della Valle d’Aosta: «Con riferimento alla vostra nota con la quale, nonostante le nostre precedenti comunicazioni, viene comunque disposto il trasferimento di 50 profughi, d’ordine del Presidente della Regione nell’esercizio delle funzioni prefettizie, comunico la assoluta impossibilità, sentiti anche i sindaci dei Comuni della Regione, ad accogliere ulteriori profughi oltre ai 62 posti già garantiti da questa Regione. Si ribadisce pertanto che eventuali trasferimenti potranno essere disposti nei limiti della disponibilità già comunicata pari a un posto».
Sotto la quota
La percentuale di accoglienza deve essere proporzionata all’estensione del territorio e al numero di abitanti. La realtà appare ben diversa.
Secondo la situazione aggiornata a ieri mattina nelle strutture erano presenti 69.463 persone. Di queste, ben il 22 per cento sono state accolte dalla Sicilia e il 12 per cento dal Lazio. Una percentuale molto superiore a quella della Lombardia che ne assiste il 9 per cento, mentre dovrebbe arrivare almeno al 14. Ancora peggio il Veneto, che provvede appena al 4 per cento dei migranti giunti nel nostro Paese a fronte di una quota che è stata fissata all’8 per cento minimo. Proprio come la Toscana: anche qui la quota è del 4 per cento mentre in Calabria e Campania sale fino al 7. Basso pure il numero delle persone trasferite in Piemonte, pari al 5 per cento, anche se le trattative in corso tra il governatore Sergio Chiamparino e i vertici del Viminale sembrano aver portato a uno sblocco con l’assenso alla creazione di nuovi posti. Categorico è invece il governatore della Lombardia Roberto Maroni: «Non ci stiamo a subire quest’invasione, quindi zero posti in Lombardia finché continuerà questo atteggiamento irresponsabile da parte del governo».
Le caserme
In vista di un’estate che potrebbe essere segnata da decine di migliaia di arrivi, i responsabili della Direzione Immigrazione non escludono di dover ricorrere, come del resto è già stato evidenziato nella circolare di quattro giorni fa, a «occupazioni di urgenza e requisizioni» di stabili dove sistemare gli stranieri. Al Viminale è già stato stilato un elenco di caserme — la maggior parte in Veneto — che potrebbero essere utilizzate per fronteggiare l’emergenza. Anche tenendo conto che ieri a Lampedusa, a fronte di una disponibilità di 400 posti c’erano oltre 1.550 persone.



Mare Nostrum o Triton, gli immigrati non si fermeranno
Vita, 16-04-2015
Joshua Massarenti e Eva Donelli
Solidarietà tra paesi UE, mobilità dei migranti e dialogo con i Paesi Terzi. Questa la ricetta proposta dal Direttore regionale UE dell’OIM, Eugenio Ambrosi, per superare l’emergenza migrazioni e finirla con le tragedie del Mediterraneo. “La situazione politica in Europa non è delle migliori, ma allo stesso tempo credo che nelle istituzioni europee si sente molto forte il bisogno che qualcosa di diverso vada fatto. E’ un’occasione che non ci possiamo lasciare sfuggire”.
Da Bruxelles -
Oltre 900 morti dall’inizio dell’anno, dieci volte di più rispetto allo scorso anno nello stesso periodo. Per non parlare degli arrivi, giunti a quota 26.000 nel 2014, una soglia che nel 2015 verrà con ogni probabilità sfondata (siamo già 20.000 in soli quattro mesi). “I numeri non mentono e dimostrano che tutte le operazioni messe in piedi per salvare i migranti in mare non bastano. Le tragedie del Mediterraneo devono davvero farci riflettere”, in primi l’Europa, “per dare una svolta al modo di affrontare le migrazioni”. Eugenio Ambrosi non si rassegna all’ultimo naufragio rivelato da Save The Children. In questa intervista rilasciata a Vita.it, il Direttore dell’ufficio OIM (organizzazione internazionale per le migrazioni) per l’Unione Europea, indica le strade da intraprendere per uscire dall’impasse in cui si è impantanata l’Europa. Con tre concetti chiave: la solidarietà tra Stati Membri UE, la mobilità dei migranti e il dialogo con i Paesi Terzi.
Il sottosegretario italiano agli interni con delega alle migrazioni, Domenico Manzione, sostiene che la soluzione per gestire i flussi migratori dall’Africa “passa via terra” e non solo via mare quindi, e che “occorre creare un sistema di riconoscimento delle richieste di asilo a sud della Libia”, sia nei Paesi del Sahel che in quelli dell’Africa orientale. E’ un approccio che l’OIM condivide?
L’idea di affrontare i flussi migratori in Africa, soprattutto prima che arrivino in Libia, è una delle proposte che l’OIM aveva già fatto dopo la prima tragedia di Lampedusa del 2013. Ed è una proposta che non si limita ai richiedenti di asilo. I flussi migratori sono flussi misti. Infatti, tra i migranti ci sono anche persone che lasciano il proprio paese per motivi economici, le vittime di traffico, i minori non accompagnati che necessitano una protezione diversa da quelle riservate ai rifugiati ma che non sono previste dalla Convenzione del 1951 e da altri strumenti internazionali che trattano il diritto d’asilo. Le modalità d’intervento devono essere quindi molto più complesse e vanno ben oltre la semplice identificazione dei richiedenti d’asilo.
Eppure questa categoria di migranti va gestita…
Certo, ma anche nel loro caso sussistono una serie di problemi legali da risolvere, tra cui, quello relativo alla legislazione in materia di asilo da applicare e il destino dei richiedenti nel paese che li accoglie. Prendiamo l’esempio dei richiedenti d’asilo in Sudan, dove i flussi migratori sono importanti. In futuro chi prenderà in carica i richiedenti? L’UE? E in che volume? In base a quale legislazione? Quella del Sudan? E per coloro che si vedono rifiutare lo status di rifugiato in Sudan, a quale sistema giuridico potranno fare ricorso?
La creazione di centri di accoglienza per richiedenti asilo nei paesi Africani rischia poi di diventare un peso ulteriore per paesi che, al pari del Sudan, hanno già parecchi problemi nel controllare gli spostamenti dei migranti e gestire un numero di rifugiati molto importante. È una partita obiettivamente difficile da giocare, a meno che l’UE non sia disposta ad accettare in tempi rapidi il reinsediamento sul suo territorio di qualche centinaia di migliaia di persone all’anno.
Ma il ministro Alfano ha proprio evocato la necessità di far sì che i profughi provenienti dall’Africa o in transito su questo continente “non arrivino in Italia”, e quindi in Europa, “facendogli fare la domanda direttamente in Africa” attraverso la costruzione di “campi profughi in cui fare domande di asilo”…
Certo i profughi possono chiedere asilo anche nei paesi africani, come già succede, ma è opportuno ricordare che sul piano del diritto internazionale, il diritto di asilo è un diritto individuale. Nessuno può forzare un individuo a richiedere asilo in un paese dove non vuole farlo. Se l’obiettivo di un migrante è quello di andare in Europa, è alquanto difficile che accetti la possibilità di chiedere asilo in Sudan, in Niger o in Mali.
In altre parole la proposta del ministro Alfano non è un’opzione praticabile?
Se non sbaglio Alfano ha detto che non è un’ipotesi da implementare nell’immediato.
E nell’immediato cosa si può fare?
Occuparsi dei migranti che non rientrano nella categoria dei richiedenti asilo, e farlo ovviamente prima che arrivino nel Nord africa e rischino la vita in mare. E’ un intervento che si può fare e che diminuirebbe la pressione sulle frontiere europee. I migranti richiedenti di asilo che arrivano nell’UE rappresentano tra il 60 e il 70% dei migranti sbarcati in situazione irregolare. Per gli altri, il processo di regolarizzazione è una missione impossibile, o quasi. E’ un fenomeno che non possiamo sottovalutare. Nei primi due mesi e mezzo del 2015, la maggioranza dei migranti approdati in Europa non erano siriani o eritrei, ma persone provenienti dal Senegal, dal Ghana, cioè da paesi dove non ci sono ragioni che spingono a richiedere asilo altrove.
Qual è concretamente l’alternativa ai campi profughi voluti da Alfano?
I migrant resource centres. L’OIM ne ha già istituiti tre in Niger nel 2013 e stiamo lavorando con la Commissione europea e il governo italiano per potenziarli. Il Niger è uno snodo importante per i flussi migratori provenienti dall’Africa occidentale e orientale. Oltre a potenziare questi centri, l’idea è di aumentarne il numero e di creare anche meccanismi di assistenza mobile con strutture che non sono quindi fisse, perché le rotte dei migranti cambiano in continuazione.
Quali sono i servizi offerti in questi centri?
Si va dalla prima identificazione alla raccolta dei dati personali utili a fare un quadro della situazione dell’individuo e a determinare se il profilo appartiene alla categoria di un potenziale richiedente asilo oppure ad altre categorie. Nei centri svolgiamo anche attività di consulenza per spiegare ai migranti quali sono le opzioni reali che hanno a disposizione. Se non hanno motivo di richiedere asilo, non hanno un visto e non hanno un contratto di lavoro valido nell’UE, gli spieghiamo che il loro percorso in Europa è senza via uscita.
Che alternative proponete?
Esistono programmi di rimpatrio volontario, che sono un modo diverso di trattare il tema dell’irregolarità. Questi programmi prevedono un’assistenza alle persone rimpatriate nel loro paese per facilitarne il reinserimento sociale e professionale. Lo scopo è quello di creare condizioni di vita migliori rispetto a quelle che li hanno spinti a partire, cosa che non avviene nei programmi di rimpatrio forzato.
Ma questi programmi non rischiano di alimentare le partenze dal continente africano?
Potrebbe essere un rischio, ma le ragioni che spingono la gente a partire sono molto più forti di qualunque ulteriore “incoraggiamento”.  Uno dei motivi per cui si è insistito nel sostituire Triton a Mare Nostrum è che in molte parti dell’UE si pensava che la presenza di Mare Nostrum fosse la ragione per cui i migranti cercavano di arrivare in Europa: “perché tanto siamo salvati.”
Ma già i primi tre mesi di Triton hanno dimostrato che gli arrivi sono stati più alti di quando c’era Mare Nostrum, quindi evidentemente il problema non era Mare Nostrum. I migranti continuano ad arrivare e a morire in mare. In realtà si sottovaluta il fatto che le ragioni che spingono queste persone a partire sono molto più forti delle ragioni che li attraggono.
Quello che si sta cercando di fare è di non focalizzare la “reintegrazione” solo sull’individuo che ritorna ma anche sulla comunità in cui va a reinserirsi, in modo da diminuire il bisogno degli altri di partire. Detto questo, non esiste un meccanismo che garantisce l’assenza di mobilità. Fermare la mobilità è prima di tutto impensabile, ma anche irrazionale e ingiusto.
Ma anche una mancata opportunità per l’Europa, o no?
L’Europa è confrontata a problemi demografici importanti. Se è vero come ci dice Eurostat che entro il 2020, e cioè tra appena 5 anni, circa tre milioni e mezzo di europei usciranno dal mercato del lavoro per limiti di età allora ci sarà un fabbisogno anche dimolti lavoratori extracomunitari: come si fa a bloccare la mobilità e pensare che sia ragionevole farlo? Dove li troviamo tutti questi lavoratori? In che modo riusciremo a mantenere in piedi i nostri sistemi pensionistici e sanitari? Dati i problemi demografici importanti che sussistono sul continente europeo, l’Europa ed il mondo sviluppato in generale devono iniziare ad entrare in un’ottica diversa, per cui la mobilità è una necessità economica, oltre che giusta dal punto di visto etico e morale. Se questa opzione viene tralasciata, andremo in contro ad una situazione di crisi molto più importante di quella attuale.
Lei parla di mobilità e non di immigrazione, perché?
L’immigrazione rimanda a qualcosa di definitivo, mentre la mobilità è circolare, con spostamenti frequenti e temporanei di una persona da un paese a un altro, dal Sud al Nord del mondo, e poi di nuovo a Sud, etc.
Purtroppo non abbiamo ancora capito che una mobilità appropriata e gestita in maniera corretta è un veicolo importante per esportare democrazia e non il contrario. Inoltre gestire la mobilità non vuol dire abolire tutte le frontiere e i controlli. Ci vorrebbe una via di mezzo tra i due estremi. Ci sono persone che non devono entrare in territorio europeo, ma ciò non deve andare a discapito di tutti gli altri che invece possono contribuire, lavorando nell’UE, al proprio benessere, a quello della propria famiglia e del paese in cui hanno deciso di vivere.
Se non fosse stato cosi, dopo la Seconda Guerra Mondiale l’Italia e la Germania non sarebbero mai diventate quelle che sono. Per risollevarsi economicamente e socialmente, l’Europa ha puntato molto alla migrazione di massa. Se i milioni di europei che sono andati in America del Sud e del Nord fossero stati rimandati indietro, non avremmo avuto il boom economico degli anni ‘60.
Tornando all’Africa, il controllo dei flussi migratori su questo continente è condizionato dal dialogo con i governi africani, in particolar modo quelli coinvolti nei Processi di Rabat e di Khartum. Che ostacoli sussistono per raggiungere un accordo soddisfacente per tutti?
Bisogna partire dal presupposto che per molti paesi l’accoglienza di migranti in transito è spesso un peso ancor più insostenibile rispetto a quello che devono assumersi i paesi europei. In Sudan o in Kenya, ci sono campi profughi creati 20 anni fa che tutt’ora accolgono centinaia di migliaia di persone. Il problema non è solo economico, ma anche sociale, sanitario. Perché dopo l’accoglienza, si pone il problema dell’integrazione di persone che possono rimanere su un territorio per molti anni. A fronte di questo scenario, mi sembra che andare a chiedere l’allestimento di altri campi per aiutare l’UE a gestire i flussi migratori sia piuttosto complicato. Anche perché c’una cosa che rischia di compromettere la strategia con l’Africa: la mancata solidarietà tra paesi europei. Non si può andare a chiedere ad altre regioni di essere solidali con l’UE quando gli stessi paesi europei non sono ancora capaci di essere solidali fra di loro sui migranti da accogliere.
Il Commissario Avramopoulos ha recentemente dichiarato che per “risolvere il problema dell’immigrazione irregolare” l’UE “deve cooperare con le dittature”, il che non significa “dare legittimità” ai regimi dittatoriali. Qual è la posizione dell’OIM?
Se coinvolgere paesi che hanno un regime dittatoriale significa riuscire a farli rispettare una serie di principi accettabili come ad esempio gli standard di trattamento delle persone, perché no. Sarebbe un passo avanti importante. Se invece la cooperazione finisce per essere quella che era ai tempi di Gheddafi, dove si delegava “offshore” il trattamento dei migranti, senza garantire loro nessun diritto, senza avere nessuna responsabilità né possibilità di controllo, allora accordi di questo genere - che alcuni paesi europei avevano purtroppo sottoscritto con l’ex leader libico - sarebbero inaccettabili.
L’Italia sta puntando molto sul processo di Khartum. Come stanno reagendo i paesi africani alle proposte europee?
Come ha sottolineato più volte Federica Mogherini, è il momento di passare da una relazione donatore-ricevente a una relazione di partenariato con l’Africa. Il tassello mancante fondamentale è il passaggio a un partenariato politico paritario, in modo da coinvolgere veramente i paesi africani in processi come quello di Khartoum. E’ quindi importante che la Commissione europea modifichi un po’ il suo approccio, è altrettanto importante associare partner e mediatori che siano ben accetti da entrambe le parti, riconosciuti come istituzioni che garantiscano questa indipendenza e che non siano troppo di parte. La risoluzione di certi problemi necessita risorse, e non soltanto finanziarie. I dialoghi politici non diventano efficaci solo perché si mettono tanti soldi sul tavolo. Funziona se si crea una relazione, un consenso tra le parti che faccia avanzare le discussioni.
Quali sono le attese dell’OIM rispetto alla nuova agenda europea sulle migrazioni che la Commissione UE renderà pubblica a maggio?
E’ un momento chiave per dare una svolta al modo di affrontare le migrazioni. A prescindere dal fatto che, data la presenza forte in Europa di partiti xenofobi e anti immigrazione, la situazione politica non è delle migliori, allo stesso tempo credo che nelle istituzioni europee si sente molto forte il bisogno che qualcosa di diverso vada fatto. E’ un’occasione che non ci possiamo lasciare sfuggire.

   

Dopo "Mare Nostrum", vite perse e menzogne
Avvenire, 16-04-2015
Paolo Lambruschi
Negli ultimi cinque giorni sono state salvate nel Mediterraneo 10mila persone, cifra tonda. Donne, bambini, uomini. Disperati in fuga da guerre, dittature e miseria che – forse mai come in questi ultimi tre anni – stanno opprimendo e uccidendo nel Vicino Oriente e nell’Africa Subsahariana, dal Sahel al Corno orientale passando per il caos libico, dove il "traffico di morte" di profughi e migranti arricchisce le milizie. Sono stati tratti in salvo dall’insicurezza mortale di decine di barconi e gommoni fatiscenti messi in acqua da trafficanti privi di scrupoli. Merito principalmente di navi militari italiani, oggi le navi di "Triton" (l’operazione di pattugliamento europea), e di diversi mercantili. Comandanti ed equipaggi non si sono chiesti a quante miglia fossero quegli esseri umani dal confine italiano ed europeo che corre sull’acqua, hanno semplicemente obbedito alla legge del mare.
La memoria riporta a poco più di sei mesi fa, quando chiuse i battenti l’operazione "Mare Nostrum", a giudizio di tanti – e anche di "Avvenire" – splendida prova dell’Italia in uno degli anni più drammatici dal dopoguerra nelle acque del Mediterraneo, mare di profughi. Le nostre navi salvarono 150 mila persone in un anno frenetico. Eppure "Mare Nostrum" chiuse tra ingenerose polemiche. Cancellerie europee (Berlino e Londra in testa) refrattarie alla condivisione della solidarietà con l’Italia la osteggiavano, sostenendo che fosse quel meccanismo di salvataggio – predisposto dal governo di Enrico Letta dopo il terribile naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013 (il più grave di questo secolo nel "mare di mezzo") – a provocare e gonfiare il flusso di disperati dalla Libia verso le coste italiane e da lì verso il Nord Europa. Una visione miope e propagandistica, che volutamente ignorava l’imbarbarimento del conflitto in Siria e in Iraq, dovuto ai terroristi dello Stato islamico, che ha messo in fuga centinaia di migliaia di persone, la dittatura in Eritrea e i conflitti in Somalia e Mali.
Nel cortile di casa nostra si accodarono a quelle tesi, persino sopravanzandole, politici che con abilità e cinismo, in tv e/o sui social media, spalleggiati da mass media allarmisti o compiacenti, presero a diffondere menzogne sull’immigrazione raccontando un’«invasione» che non c’è per coagulare consensi elettorali. Il risultato è che ancora oggi il peso dell’accoglienza grava principalmente sulle Regioni del Sud, mentre governanti di quelle più ricche del Nord, a partire dalla Lombardia, dichiarano di volersi smarcare tradendo il proprio Dna solidale. E si tratta di quegli stessi politici che, ieri, non sono stati capaci di accordarsi in Parlamento neppure sull’istituzione di una giornata in memoria delle vittime dei trafficanti di morte.
Populisti che trovano terreno fertile. Secondo il rapporto Ipsos Mori, il Belpaese vanta infatti il primato dell’ignoranza in termini di immigrazione nei 34 Paesi dell’Ocse. Occorre sul tema un mea culpa del sistema dell’informazione, anche se il cuore degli italiani è capace di risvegliarsi autonomamente e con generosità quando intuisce la vera sofferenza e la disperazione.
Ma soprattutto serve un esame di coscienza dei mentitori e dei populisti nostrani, che abbiamo rivisto e risentito in questi giorni di preludio alla campagna elettorale. A loro è lecito chiedere uno sforzo di sincerità, ammettano che non è stata "colpa" di "Mare Nostrum" se sono arrivate decine di migliaia di persone. Diversamente, sulla loro coscienza ricadrebbero i 400 morti, tra cui molti bambini secondo i testimoni, dell’ultimo, maledetto barcone ribaltatosi al largo della Libia. Perché, come ha detto l’Alto commissario delle Nazioni unite Guterres, se ci fosse ancora stato il dispositivo di "Mare nostrum" a operare nel Mediterraneo, questo dramma non sarebbe accaduto.
Guterres lo ha ricordato anche ai partner Ue che continuano indifferenti ad assistere a partenze e sbarchi dalla Libia e alle morti in mare. Quest’anno sono già state mille contro le 17 del primo trimestre del 2014 e i satelliti inquadrano colonne di profughi in marcia verso la costa libica. Temiamo che quando l’Ue si deciderà ad affiancare veramente l’Italia nei salvataggi e nell’accoglienza, i costi umani di questa ignavia che ha portato anche alla fine di "Mare nostrum" saranno comunque troppo alti.



I richiedenti asilo usati come volontari per il Giubileo    
Il Giornale, 16-04-2015
Pier Francesco Borgia
Roma Il Giubileo può essere un utile banco di prova per sperimentare il valore dell'accoglienza. Soprattutto in una città grande, mapienadi criticità, comeRoma. L'assessore alle Politiche sociali del Campidoglio ne è convinta. Francesca D anese, nominata soltanto quattro mesi fa dal sindaco Marino, ha una lunga esperienza nel mondo dell'associazionismo (è statatral'altro presidente delCentro di servizio per il volontariato) e due giorni fa, nel corso di un convegno su «Integrazione e diritti» organizzato dalla Cisl, haventilato un'ipotesi a suo dire suggestiva: far interagire i richiedenti asilo con le associazioni per accogliere al meglio i pellegrini.
Non ha certo parlato di hostess bilingue o trilingue da sfruttare come guide turistiche, come alcuni organi di stampa hanno riportato. Bensì ha ricordato l'esistenza di una circolare del ministero dell'Interno che autorizza le associazionidivolontariato chesioccup ano di assistenzaairichiedenti asilo di interagire con questi ultimi per non farli sentire esclusi dal vita collettiva (dal momento che come richiedenti asilo non possono lavorare, fin quando non viene definito in un modo o nell'altro il loro status).
La circolare inviata a novembre dal Viminale alle prefetture esorta le stesse a stringere «accordiconglienti localiperfavorire lo svolgimento volontario, daparte degliimmigrati ospitati, di attività socialmente utili, che avrebbero il doppio vantaggio di creare un terreno fertile per una più efficace integrazioneneltessuto sociale e di prevenire eventuali tensioni». Parole
che l'assessore Danese harielaborato in chiave Giubileo. Per ora, precisano dal Comune, si trattasolo diun'idea. Néingiunta né in consiglio è mai stato affrontato il tema. E di certo non sono state prese posizioni ufficiali in merito. Una proposta, quella avanzata dalla Danese, che può trovare un valido riscontro nel successo giàottenuto con un'altra iniziativa «Adottaunpellegrino» -lanciata dal Campidoglio in collaborazione con l'associazionismo cattolico. Tante le famiglie romane che hanno già dato la disponibilità a ospitare, a partire dall'8 dicembre data di inizio dell'Anno Santo, pellegrini con pochi mezzi economici.
D'altronde i numeri proposti proprio durante il convegno dellaCislparlano di unapresenzatutt'altro cheirrisoria. NelLazio si trova il13% di tutti i richiedenti asilo presenti in Italia. E di questi il 70% è concentrato nella Capitale. La Danese lan
cia così questa proposta che nelle prossime settimane verrà discussaconle associazioni divolontariato presenti nella città per individuare forme concrete di attuazione. L'ideadellaDanese, però, ha trovato un terreno tutt'altro che fertile ad accoglierla. Le opposizioni in Campidoglio già minacciano le barricate contro la proposta di utilizzare anche i richiedenti asilo, seppurcomevolontariesenza scopo di lucro come recita la circolare del Viminale. «Ma la Danese - si domanda CinziaPellegrino, di Fratelli d'Italia - è assessore dei romani o degli immigrati? Perché non si adopera per mettere in piedi iniziative concrete per aiutare i romani vittime della crisi e che un lavoro non ce l'hanno, prima di p artorire queste genialate? Noi abbiamo un'idea diversa di solidarietà, sia verso gli italiani che versoirifugiati». «Contuttiigiovani - aggiunge Alessandro Onorato, capogruppo della Lista Marchini in Campidoglio appena laureati che abbiamo in Lingue straniere e in archeologia la giunta Marino pensa ai rifugiati? L incredibile».



Sbarchi continui, allarme per i minori soli
Avvenire, 16-04-2015
Nello Scavo
Le ultime immagini satellitari sono di pochi giorni fa. Si vedono colonne di profughi spostarsi verso villaggi costieri. Confermano lo scenario peggiore: «Entro l’estate potrebbero partire oltre 200 mila persone. Si possono prevedere migliaia di morti, perché i trafficanti stanno rastrellando qualsiasi cosa galleggi. Il tempo stringe e dopo l’estate nessuno sa cosa sarà della Libia».
La notizia è stata diramata da fonti dell’intelligence europea. Al momento viene presa con le dovute cautele, come tutte le informazioni provenienti dal Golfo della Sirte. Secondo le ultime osservazioni disponibi-li, sarebbero tra 500mila e un milione i migranti in attesa di venire caricati su un barcone. Nel 2014, 219 mila rifugiati e migranti hanno attraversato il Mediterraeo, e le vittime sono state almeno 3.500. Dall’inizio del 2015, circa 31.500 persone hanno intrapreso traversate marittime per raggiungere Italia e Grecia. «L’Italia riconosce l’Onu - sta portando un fardello enorme per conto dell’Europa sul problema dell’immigrazione». E l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, ha annunciato la convocazione
dei ministri degli Esteri e degli Interni dei 28. «Non bisogna lasciare sola l’Italia», ha detto.
I numeri stanno crescendo ulteriormente e i morti sono già più di mille. Diecimila sono sbarcati negli ultimi giorni in Italia. E tra essi almeno 500 minori non accompagnati. Molti hanno già fatto perdere le proprie tracce. Nel 2014 erano spariti 3.707 ragazzini immigrati su un totale di 14.243 sbarcati sulle nostre coste. E dietro la sparizione «c’è una organizzazione illegale». È la denuncia del procuratore capo dei Minori di Palermo, Amalia Settineri, secondo cui esiste «un’organizzazione illegale dietro la scomparsa dei minori».
In Libia il fattore tempo è l’elemento determinante. Le bande di predoni di vite umane si trovano a ovest schiacciati dalla pressione dell’esercito egiziano che sta tentando di contenere l’avanzata delle milizie che si rifanno all’Is. A est è alta l’allerta della autorità tunisine che hanno stretto accordi vincolanti con l’Ue allo scopo di impedire ai trafficanti di usare le proprie coste come porto di partenza.
«Quante altre persone dovranno morire prima che i governi europei riconoscano che fare affidamento su risorse arrangiate per le operazioni di ricerca e soccorso non è abbastanza?». Lo domanda Gauri Van Gulik, vicedirettrice del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International. Secondo Amnesty tutti i segnali lasciano intendere che «il numero dei migranti e dei rifugiati che faranno quella traversata aumenterà con l’arrivo della bella stagione e col proseguire delle persecuzioni in paesi come Siria ed Eritrea e dell’instabilità in Libia, il principale punto di partenza per la maggioranza dei viaggi organizzati dai trafficanti». L’alto commissariato per i rifugiati «sostiene la necessità di una risposta completa e urgente da parte dell’Ue ». L’Acnur ha ripetutamente formulato «proposte specifiche». Di risposte, neanche una.



Lega e Cinque Stelle a caccia di voti sulla pelle dei morti
Cronache del Garantista, 16-04-2015
Khalid Chaouki
Oggi cade finalmente il velo sul Movimento Cinque Stelle che, insieme alla Lega Nord, si presenta per quello che è: populista e ipocrita! Oggi finalmente esce allo scoperto il cinismo politico non solo della Lega, la quale ci ha abituati a bassezze di ogni genere, ma anche del M5S.
Il Movimento, obbendiente alla posizione del capo in materia di immigrazione, ha deciso di votare contro la nostra proposta di legge per l’istituzione della giornata della memoria delle vittime dell’immigrazione in ricordo della tragedia di Lampedusa il 3 ottobre 2013. In aula si è dato così libero sfogo alla vena populista dei deputati pentastellati i quali, di fronte alla pressione dell’opinione pubblica, mettono in scena un bieco spettacolo di sciacallaggio per raccattare voti sulla pelle dei profughi e morti in mare.
A dispetto di tutto questo oggi invece è stata votata dall’Aula una legge di buon senso, il cui significato sta proprio nel fare memoria, coltivare il ricordo della tragedia avvenuta il 3 ottobre 2013 sulle coste di Lampedusa, e favorire – come si legge nel testo stesso della legge – «una più diffusa consapevolezza delle problematiche relative all’immigrazione, nonché ai valori dell’accoglienza e della convivenza».
Noi crediamo che quelle vittime abbiano il diritto di essere ricordate, crediamo che il 3 ottobre sia stata scritta una pagina terribile della nostra storia, una pagina di dolore, che deve però trovare anche un altro significato; è infatti necessario rendere atto della straordinaria umanità del popolo di Lampedusa, in prima fila durante l’emergenza sbarchi allora come adesso; del lavoro prezioso della Marina Militare e della Capitaneria di porto che hanno, in qualche modo, cambiato la storia e modificato il corso degli eventi grazie al loro intervento.
Dopo quel tragico 3 ottobre l’Italia infatti ha dato avvio ad una straordinaria operazione umanitaria di salvataggio di vite, unica nel suo genere, con Mare Nostrum il governo di Enrico Letta ha posto in essere un’operazione che è stata continuamente dileggiata e ostacolata dal partito di Salvini e dai Cinque Stelle, che l’hanno definita inutile e costosa, operazione che, invece, per noi resta un vanto e un grande motivo di orgoglio, perché salvare 150 mila vite in un anno, sottrarre alla morte certa donne e bambini per noi non è mai una questione di costi.
Mare Nostrum ha restituito al nostro Paese quel senso di giustizia e umanità che, invece, durante il periodo buio del cattivismo dell’ex ministro degli Interni Roberto Maroni si era completamente perso. Oggi il tandem Salvini – Di Battista, pur di racimolare qualche voto in più, cede con piacere alle tentazioni demagogiche, mettendo in scena un teatrino vergognoso per offendere la Presidente della Camera Laura Boldrini e ridurre la complessità della gestione dei flussi migratori ad una serie di slogan populisti e svuotati di ogni significato, dove tutti sono colpevoli e nessuno è responsabile.
Noi non vogliamo negare la complessità dell’argomento, e il Partito Democratico è stato il primo a volere con forza una Commissione di inchiesta per fare luce sulla gestione dei Centri di Accoglienza, commissione che oggi è presieduta dal deputato del PD Gennaro Migliore e che controllerà in modo capillare tutte le strutture presenti sul nostro territorio.
Perché chi specula sulle persone più deboli e si appropria indebitamente dei soldi pubblici non ha colore politico, è da condannare e basta. Un’operazione-verità questa che dobbiamo non solo all’Italia e agli italiani, ma anche alle 366 vittime della tragedia di Lampedusa, e a tutte le persone morte in mare in questi anni mentre cercavano di raggiungere un Paese più accogliente e civile; da oggi le ricorderemo in maniera ufficiale e solenne ogni 3 ottobre.



Dalla parte dei rom. Perché i diritti sono indivisibili
L'Huffington Post, 15-04-2015
I rom sono antipatici a (quasi) tutti: ed è indubbio che una parte di essi vive nella illegalità, commette reati e induce i propri figli all'accattonaggio. Per molti italiani i rom costituiscono il primo motivo di allarme sociale. Tutto ciò può giustificare l'aggressiva mobilitazione anti-zingari oggi in corso nel nostro paese? Una sorta di pogrom culturale ai loro danni? Una minoranza di circa 180 mila persone per metà cittadini italiani e per il 60% residenti in abitazioni rischia di rappresentare il capro espiatorio delle ansie collettive, delle frustrazioni sociali e dell'inquietudine per la propria sicurezza. Oggi i rom, quelli buoni e quelli cattivi, sono tragicamente soli: nessuno sta dalla loro parte e nessuno sembra ricordare che i diritti sono indivisibili. E che negare ai rom le garanzie e le risorse della cittadinanza vuol dire accettare che quelle stesse garanzie e quelle stesse risorse possano venire limitate e compresse nei confronti di noi tutti. Consentire che i rom diventino l'oggetto dell'ostilità sociale e il bersaglio di un vero e proprio meccanismo di degradazione morale significa contribuire a far sì che la nostra società sia sempre più cattiva e ingiusta. Assistere in silenzio a questa mobilitazione dell'odio equivale alla resa verso chi vuole criminalizzare tutta una minoranza per poterla mettere al bando.
Post di Luigi Manconi , Alessandro Bergonzoni, Anna Foa, Gad Lerner, Ermanno Olmi, Moni Ovadia, Santino Spinelli
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Le Inospitali isole dell`Egeo
Il Mattino, 16-04-2015
L`altro fronte dell`emergenza. Fin qui la Grecia ha ignorato ogni regola sull`accoglienza e il diritto d`asilo. Ora Tsipras vuole cambiare politica, Europa permettendo
Pavlos Nerantzis ATENE
Salgono le temperature, migliorano le condizioni meteo, aumentano vertiginosamente le ondate di profughi, gente disperata proveniente sopratutto dal fronte siriano, da quello afghano e dall`Africa subsahariana, in cerca di una terra sicura.
Le isole dell`arcipelago Egeo sono ormai il secondo collo dell`imbuto, dopo Lambedusa, di questo forzoso trasferimento di esseri umani dalle zone di guerra al vecchio continente. La chiusura del confine greco-turco sul fiume Evros, dopo la costruzione del "muro della vergogna", ha spostato i flussi migratori quasi esclusivamente verso Lesbos, Chios, Samos e le isole del Dodecaneso. Un passaggio di poche miglia dalle coste turche dell`Asia minore a bordo di piccole imbarcazioni o di barche a vela e motoscafi, a seconda della tariffa (da 1.500 a 2.500 dollari a testa), che spesso finisce male. Le acque dell`Egeo con venti forza 9 e 10 non scherzano. Decine, se non centinaia di persone perdono ogni anno la vita.
Assistenza molto limitata
Da metà marzo arrivano nelle isole greche in media 100 rifugiati al giorno, un numero pari agli arrivi registrati nei mesi di picco dell`estate 2014. 457 sono stati registrati dalle autorità nelle isole del Dodecaneso nel gennaio scorso (+ 145% rispetto al gennaio 2014), 17.500 sono arrivati in tutto il territorio ellenico nei primi tre mesi di quest`anno. Nei giorni della Pasqua ortodossa, da giovedi a lunedi scorsi, sono giunti sull`arcipelago 1257 migranti (la metà sull`isola di Lesbos). Più del 70% eran siriani, gli altri provenivano da Pakistan, Afghanistan e Bangladesh.
77.000 erano stati gli arrivi nel 2014, dei quali quasi i due terzi siriani. Numeri agghiaccianti, che rendono nullo ogni tentativo di esercitare una politica migratoria. Sull`isolotto di Gavdos, a sud di Creta, tra i profughi somali arrivati la settimana scorsa c`erano 30 minorenni non accompagnati.
«Sulle isole greche non esiste un sistema di accoglienza. A Leros è stata resa disponibile una struttura, ma è rimasta inutilizzata. E a Kos, la prima settimana di aprile, più di 200 persone tra cui donne incinte e bambini affollavano la stazione di polizia. Sono rimasti in uno spazio terribilmente piccolo e hanno ricevuto un`assistenza molto limitata» afferma Stathis Kyrousis, capo missione di Medici senza frontiere (Msf) in Grecia. Alcuni migranti hanno passato la notte nel cortile della stazione di polizia in attesa delle procedure amministrative. "A queste persone dovrebbe essere fornito un riparo, servizi igienici, cibo e l'accesso ai servizisanitari di base" aggiunge Kyrousis.
Una palude di anime
La Grecia in questo lungo e sempre più pericoloso percorso non è più la meta, ma soltanto un luogo di passaggio, un punto di transito per il nord Europa, dove a sentire i migranti hanno sempre un parente che li aspetta e comunque hanno la possibilità di richiedere asilo. Negli ultimi anni la Grecia si è trasformata in una palude di anime, perché nessun governo finora ha avuto una politica migratoria rispettosa dei diritti umani e delle convenzioni riguardanti l`asilo politico.
Le tappe del percorso in territorio ellenico sono sempre le stesse: dalle isole dell`Egeo ad Atene e da lì, via Patrasso o Igoumenitsa, in Italia; oppure, visto che su questa rotta i controlli sono ormai molto severi, con l`uso di camere termiche nei porti, attraverso il confine settentrionale si va in Serbia e in Ungheria. E sempre la stessa, ma contraria alle procedure internazionali sull`asilo, è stata la tattica di Atene: respingimenti colettivi da parte della guardia costiera greca verso le coste turche e nel caso che i disperati riescano ad arrivare su un` isola dell`Egeo o a oltrepassare il muro di Evros, al confine greco-turco, vengono rinchiusi in stazioni della polizia, della guardia costiera o nei cosiddetti centri di accoglimento, in realtà campi di detenzione.
Migliaia di profughi, compresi minorenni e donne, vivono in condizioni pessime senza assistenza medica dentro a questi campi, spesso per sei mesi e più, malgrado la legislazione ellenica permetta un periodo massimo di tre mesi. Trascorso un periodo di tempo imprecisato, oppure quando cí sono í fermi dei neo-arrivati, le autorità greche procedono alle espulsioni in silenzio o consegnano ai "vecchi" un foglio di via che li obbliga a lasciare il territorio ellenico entro 30 giorni. La piazza Omonia ad Atene, i dintorni nei porti di Patrasso e di Igoumenitsa e dal settembre scorso la cittadella di Eidomeni, al confine settentrionale della Grecia, sono i punti quasi obbligatori di passaggio verso 1` Europa del nord per chi ha un foglio di espulsione.
Maltrattamenti e torture
Che la Grecia non rispetti le direttive dell`Ue sull`accoglienza e le procedure di asilo lo dimostrano le testimonianze di centinaia di profughi che parlano di maltrattamenti, torture e condizioni di vita pessime nei campi di detenzione; lo affermano le condanne contro Atene della Corte europea dei diritti umani; lo denunciano l'Alto commissariato dell`Onu per i rifugiati (Unhcr) e le ong sul campo, che dal 2008 chiedono a tutti i paesi di non consegnare extracomunitari alle autorità greche, ovvero di non applicare la convenzione di Dublino, quella per cui un migrante deve presentare la sua domanda di asilo nel primo paese europeo in cui mette piede; lo affermano le "direttive" dei paesi europei che giudicano la Grecia paese non sicuro per i richiedenti asilo.
La giustizia greca difficilmente si muove quando c`è la denuncia di un migrante e i media con l`eccezione dei giornali di sinistra non parlano. E Medici senza frontiere nonostante diverse richieste ai ministeri competenti non ha registrato nessun miglioramento.
Per dare un taglio a questa mancanza di volontà politica di rispettare le regole del sistema di assistenza ai rifugiati e per il fatto che la Grecia, come del resto anche l`Italia e la Spagna, è tra i paesi maggiormente colpiti dal regolamento «Dublino II», il governo di Alexis Tsipras cerca ora di intervenire. Anche perché se non vengono prese
misure di urgenza con il picco degli arrivi previsto nei prossimi mesi, la situazione potrebbe trasformarsi in un`altra crisi umanitaria in un paese i cui abitanti vivono già in condizioni difficilissime. Su questo i greci hanno ragione: un paese con 10 milioni di abitanti e una situazione finanziaria sull`orlo del default dopo cinque anni di recessione non può sopportare né affrontare da solo i flussi crescenti di migranti.
La questione non riguarda tanto gli aiuti finanziari, la sollecitazione delle procedure burocratiche per i richiedenti asilo o la costruzione di strutture capaci di ospitare i profughi, ma la riforma delle politiche migratorie dell`Ue.
Una nuova politica migratoria
Martedi in una riunione straordinaria del premier con il ministro degli Esteri Nikos Kotzias e quello per la Protezione del cittadino Yannis Panousis, presente il vice-ministro alle Politiche migratorie, il governo greco ha deciso di mettere la questione sul tavolo dei colloqui a livello europeo, chiedendo una ripartizione equa dei rifugiati in tutti i paesi dell`Unione. Che in pratica vuol dire riforma del regolamento di Dublino IL «La questione dei rifugiati è un problema internazionale e non ellenico che necessita serietà, spassionatezza e innanzitutto umanità. Bisogna mettere da parte i giochi politici e i populismi quando abbiamo di fronte a noi vite umane», ha detto il portavoce del governo Gavriil Sakellaridis. Inoltre il governo ha deciso di dare «tutti i documenti necessari» - ma non i passaporti come era stato scritto all`inizio sul comunicato stampa del governo - ai cittadini siriani richiedenti asilo politico. I rifugiati una volta giunti sulle isole saranno trasferiti ad Atene o in altri centri urbani, dove saranno ospitati in alberghi o altre strutture di accoglienza in collaborazione con 1` amministrazione locale. Solo che Alexis Tsipras deve fare i conti da una parte con 1` opposizione che denuncia il governo di aver trasformato il paese in un «luogo di riposo per i clandestini» e dall`altra con la mancanza di volontà da parte dei comuni di collaborare per risolvere il problema. Ma sopratutto il premier greco deve trovare soldi per applicare la nuova politica migratoria, perché le casse dello stato sono quasi vuote.

 

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