Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

15 gennaio 2014

L’agenda della Kyenge sulla «Padania» Tutti contro la Lega: «Intimidazione»
Salvini: la faremo dimettere. E Bitonci: favorisce la negritudine
Corriere della sera, 15-01-2014
Marco Cremonesi
MILANO — «Qui Cécile Kyenge». A pagina 19 della Padania compare la nuova iniziativa del Carroccio nei confronti della ministra all’Integrazione: la pubblicazione dei suoi appuntamenti pubblici, con bella rilevanza. Per dire: gli eventi organizzati dalla Lega occupano un solo colonnino. Quelli della ministra di origine congolese, il doppio. Per suggerire ai militanti di andare a compiere azioni di disturbo? Ma quando mai: «Noi offriamo un servizio ai lettori della Padania che sono curiosi e vogliono andare ad ascoltare il ministro: non c’è mica scritto “Andate a picchiare la Kyenge”» . Dice il segretario Matteo Salvini che osserva come «gli incontri sono pubblici, pubblicati sul suo sito. Quindi non vedo il problema nel pubblicarli».
L’iniziativa si trasforma in caso. Cécile Kyenge questa volta fa un po’ fatica ad attenersi alla linea autoimposta di non rispondere alle provocazioni nordiste. «Padania chi?» risponde a chi le chiede dell’iniziativa nordista. Per poi aggiungere: «Non so chi sia la Lega Nord. E non sapendo di chi si tratta, praticamente saranno cittadini e fanno quello che vogliono».
Salvini si stizzisce e controrisponde su Facebook: «La simpatica sciura Kyenge dice “la Padania chi? Non so chi sia la Lega Nord”. Chi siamo? Siamo quelli che, dando voce a milioni di cittadini incazzati da Nord a Sud di cui lei non si preoccupa, la faranno dimettere». Aggiungendo: «Ministero inutile, spesa inutile, idee pericolose».
La miccia è accesa. Matteo Renzi, il segretario democratico, trova l’iniziativa leghista «inqualificabile», mentre il segretario di Sel Nichi Vendola scrive su Twitter che «i razzisti nostrani pensano di essere nell’Alabama o nel Mississippi di mezzo secolo fa o nel Sudafrica dell’apartheid... Qualcuno gli dica che siamo nel terzo millennio e in un Paese civile, nonostante loro».
Polemica nella polemica, interviene il capogruppo leghista a Montecitorio Massimo Bitonci. E non lo fa da pompiere: «La Kyenge non sa cos’è l’integrazione, non sa niente di niente, vuole favorire la negritudine come in Francia, ma noi possiamo farne a meno». Negritudine? Anna Finocchiaro sbotta: «Bitonci ha infarcito il suo intervento di ingiurie razziste e sessiste contro la ministra Kyenge. È chiaro che i leghisti non trovano argomenti migliori delle ingiurie per sostenere tesi anacronistiche e senza capo né coda sull’immigrazione e sulla sicurezza nel nostro Paese. Li invitiamo, in particolare Bitonci e Salvini, a pensare prima di parlare». Ma in realtà, a insorgere è mezzo Partito democratico, a partire da Khalid Chaouki. Controreplica di Bitonci: «Finocchiaro studia! La Négritude (in italiano negritudine) è stato un movimento letterario, culturale e politico sviluppatosi nel XX secolo nelle colonie francofone che si proponeva di affrancare i popoli dal complesso di inferiorità imposto dai colonizzatori». Ma la trovata non piace neppure a Forza Italia, con la deputata Elvira Savino che parla di «autogol».
Chi non si tiene è Mario Borghezio. L’eurodeputato torinese a La Zanzara su Radio 24 augura «Buona caccia ai cacciatori padani! È una rubrica dedicata ai cacciatori padani per cercare il leprotto? Non ho capito se c’è una vignetta col cacciatore padano per cercare il leprotto Kyenge... ». Il riferimento è a una famosa sortita dell’ex sindaco sceriffo di Treviso, Giancarlo Gentilini che auspicava costumi da leprotto per gli extracomunitari in modo da far esercitare i cacciatori.



"Giusto che si sappia dove va contestarla è un nostro diritto"
la Repubblica, 15-01-2014  
MILANO — Flavio Tosi, sindaco di Verona e tra i big della Lega, sembra stupito: "Che male c'è se un giornale pubblica gli appun- tamenti di un ministro, perdipiù prendendoli dal sito del ministero?".
D'accordo, ma il giornale si chiama la Padania e riserva quel trattamento solo a Cécile Kyenge...
"Francamente non vedo il problema. Siamo in democrazia, se chi legge il nostro quotidiano poi decide di andare a contestare il ministro, fa una scelta legittima. Purché, ovviamente, tutto avvenga su un piano civile".
E che cosa pensa di ciò che ha detto in Senato il suo collega di partito Bitonci, con quel riferimento alla negritudiné?
"Be", questo è un termine che sicuramente si poteva e si doveva evitare. Dopodiché c'è un fatto: sui temi che la riguardano la Kyenge non ha fatto una proposta concreta che una".
Ma non le sembra che si stiano alzando un po' troppo i toni?
"Un po' si. Immagino che sia per via delle elezioni imminenti. Le europee, le amministrative, e forse anche le politiche".
E per lei è giusto alzarli?
" Dipende da come uno è fatto, dai ruoli e dalle responsabilità che ricopre".
Si potrebbe tradurre così: il nuovo segretario è Salvini, e lui è uno specialista dell'urlo...
 "Guardi, per me la cosa fondamentale è parlare di quello che potrebbe succedere con l'abolizione del reato di immigrazione clandestina, cosa che vuole fare il ministro. Ma non in modo generico, e senza fare proclami. Stiamo sul concreto, evitiamo le polemiche personali, che sono sterili".
Sei lei fosse il direttore della Padania avrebbe preso quell'iniziatíva?
"Io faccio il sindaco, non il giornalista. Ma voglio ripeterlo: non mi scandalizzo, non mi sembra un grande problema".
I leghisti milanesi hanno già annunciato che sabato accoglieranno a modo loro la Kyenge, non è intimidazione?
"Chi ricopre un ruolo istituzionale, sa benissimo di andare incontro a rischi di contestazione, quando va in giro. Basta solo che tutto avvenga nei limiti dei comportamenti civili, della democrazia".
E' che tutto si tiene. La Kyenge torna nel mirino del suo partito, che in vista delle elezioni si riscopre antieuropeista, anti-euro, amico di Lepen e delle destre xenofobe...
"Gli slogan sono sempre una semplificazione dei problemi. Io infatti credo che il punto non sia uscire dall'euro, ma ricontratta- re il rapporto di sudditanza che lega l'Italia a Bruxelles".



La Lega «segnala» Kyenge
Avvenire, 15-01-2014
Gianni Santamaria
Il tema immigrazione accende gli animi. Con il Pd che accusa di razzismo la Lega per aver pubblicato sul quotidiano "La Padania" l’agenda del ministro per l’Integrazione Cecilie Kyenge. Con l’intento, è l’accusa, di aizzarle contro contestazioni, come quella che giorni fa a Brescia stava per degenerare. «Offriamo un servizio ai lettori curiosi che vogliono andare ad ascoltare: non c’è mica scritto "Andate a picchiare la Kyenge"», si difende il segretario della Lega, Matteo Salvini, ricordando come l’agenda sia disponibile sul sito del ministero.
A fare le spese di questo clima è anche il politologo Angelo Panebianco contestato all’Università di Bologna da un centro sociale per il suo editoriale dal titolo "Troppe ipocrisie sull’immigrazione", apparso lunedì sul Corriere della Sera. Articolo citato (insieme a uno di Giovanni Sartori, molto critico con il ministro di origini africane) dal presidente dei senatori leghisti Massimo Bitonci in un intervento che suscita a sua volta un putiferio.
A dar fuoco alle polveri è l’annuncio sulla prima pagina del foglio leghista di una nuova rubrica, "Qui Kyenge", parallela all’analoga "Qui Lega". Insorgono subito i senatori del Pd Mauro Del Barba e Roberto Cociancich, che parlano di decisione «gravissima, ai limiti dell’intimidazione». Poi è un crescendo di interventi, a partire dal responsabile Nuovi italiani del partito, Khalid Chaouki, che parla di razzismo e ventila l’ipotesi di una denuncia contro il quotidiano. Lo fa alla presentazione del libro "I giorni della vergogna", che raccoglie proprio gli insulti al primo ministro di colore della Repubblica. Nella stessa cornice, la Kyenge chiede alla politica di «condannare», altrimenti «il razzismo diventa un’arma pericolosa, perché uccide la democrazia». In seguito, richiesta di un commento, si limita a un «Lega chi?». Infine, parla l’inventore del format, il segretario Matteo Renzi che definisce «inqualificabile» l’atteggiamento leghista (e rilancia sullo ius soli). Ma il Carroccio non demorde: annuncia una campagna contro l’ipotesi di abolire il reato di immigrazione clandestina e presidi a Milano, dove il ministro sarà sabato.
Intanto a mezzogiorno va in scena a Bologna un presidio del collettivo Hobo a base di slogan con accuse di razzismo e scritte con lo spray del tipo «Panebianco, cuore nero». Il docente tenta un confronto, ma invano. Gli autori del raid saranno presto denunciati per vari reati, fa sapere la Questura, Allo studioso arriva la solidarietà bipartisan del mondo politico.



L’ossessione dei nuovi barbari
la Repubblica, 15-01-2014
Francesco Merlo
NON credo che la legge consenta il sequestro preventivo di un giornale che commette ogni giorno istigazione al razzismo. E sospetto che ai disperati della Padania questo farebbe piacere. So che sicuramente bisognerà ricordarsi la data di ieri. La pubblicazione sul quotidiano leghista della rubrica razzista “Qui Cécile Kyenge” segna infatti il superamento di un’altra soglia di civiltà.
Il superamento di un altro punto di non ritorno della barbarie italiana, che rimanda più ad atmosfere di dissoluzione antropologica che al putsch fallito della birreria di Monaco.
Con la loro nota furbizia pavida, il leader Matteo Salvini e la direttrice responsabile del giornale Aurora Lussana, capi di una gagliofferia ridotta ormai a minoranza di violenti, dicono che è «solo informazione sull’attività del governo» elencare ogni giorno tutti gli appuntamenti della signora che, sempre ieri, al Senato è stata definita ministra «della negritudine» e accusata di «demenza» dal capogruppo Massimo Bitonci.
Eh, già: non è mica colpa di Salvini e della direttrice se ormai, dovunque vada, la ministra viene oltraggiata dai razzisti di una Lega sempre più in calo di consensi, un partito corroso dagli scandali e ridotto al nocciolo duro della xenofobia, agli ultras che non riescono a riempire le piazze ma le incendiano: a Torino a sostenere il governatore Roberto Cota e la sue mutande verdi erano meno di mille.
Costretti per la verità a misurarsi con le rumorose organizzazioni della peggiore marginalità di estrema destra, i capetti di questa Lega si compiacciono, con risatine da osteria, nell’esibire l’elenco delle mascalzonate contro la Kyenge, dal lancio di banane all’esposizione di manichini insanguinati, ai cori “fuori dai coglioni”.
E ora accentuano l’allusione intimidatoria dicendo ammiccanti che «gli spostamenti della Kyenge stanno già sul sito del ministero» quasi fosse anche il loro giornale, come quel sito, uno strumento di consultazione e non un laboratorio di militanza. Aggravano insomma il significato persecutorio dell’iniziativa parlando di «un servizio ai lettori della Padania che sono curiosi e vogliono andare ad ascoltare il ministro». Ci fosse qualche omissione nella rubrica c’è dunque il self service: i lanciatori di banane possono informarsi da soli e preparare alla signora l’accoglienza che merita «un orango», «un’esponente del governo bongo bongo» , «una degna di essere stuprata», «una straniera seguace della poligamia»… Tutto questo pasticcio paranoico è stato bene espresso dal solito Mario Borghezio, che ieri sera si è precipitato alla
Zanzara, il suo fondaco abituale, la trasmissione di grande successo di Radio 24, microfono aperto degli urlatori, che svela l’Italia più dei sondaggi e più dell’Istat: «Buona caccia ai cacciatori padani. È una rubrica dedicata ai cacciatori padani per cercare il leprotto Kyenge... ». A Borghezio l’idea pare «brillante, salviniana e futurista». Ecco: sembrano deliri alcolici con Salvini, Bitonci, Lussana e Borghezio che si muovono in combriccola. È una gang di bulli squinternati, un sostenersi reciprocamente nel buio.
Come si vede, non è solo un ritorno alle origini del movimento, che per più di venti anni è stato importante nel Paese: qui c’è la consapevolezza di avere perso la partita e dunque la necessità di buttare in aria il tavolo. La Lega ha bisogno di provocare la rissa dentro cui legittimare lo scacco. E il razzismo, che si eccita davanti al colore della pelle della Kyenge, è la riserva aurea di chi non ha più nulla, l’ultimo dente del forcone. Perciò fa bene la Kyenge a smontarli ora con l’indifferenza e ora con l’ironia: «La Padania chi?». E non è uno sberleffo ribaldo come il famoso «Fassina chi?» di Renzi, ma è un banale certificato di inesistenza geografica e storica, una stanchezza personale che non è sottovalutazione perché la Kyenge sa che il razzismo rimane una brutta bestia anche quando non è accompagnato da studi genetici, teorie moebiusiane, e neppure delle dotte corbellerie d’antan del professore Miglio sul popolo lombardo.
È vero che non è questo il primo naufragio professionale del giornalismo usato come manganello. Abbiamo infatti visto altri tentativi di mettere in piedi le gogne. Recentemente il blog di Grillo è stato attrezzato come plotone d’esecuzione con il giornalista Travaglio nel ruolo qui interpretato dalla direttrice dellaPadania, la picchiatrice onesta che istiga e nega, perseguita e fa finta di informare, impagina e sbianchetta: «Non c’è mica scritto andate a picchiare la Kyenge. Noi siamo contro la violenza». Perbacco. Che cos’è questo giornalismo? Di sicuro non è più il mestiere di informare, neppure i lettori di un partito; non c’entrano nulla le notizie, i commenti e le opinioni che, per quanto fegatose ed espresse con linguaggio maleducato o smodato, sono comunque lecite e qualche volta necessarie.
E qui c’è in più il razzismo che da patologia sociale è diventato l’ossessione come unica linea politica. Lo spasmo bilioso che alimentò il mito fondativo della Lega è la sua ultima trincea. Si spiegano così l’invito allo stalking e la proposta, non esplicita ma chiara, della punizione collettiva. In questa istigazione agli atti persecutori aggravati dalla discriminazione razziale c’è ovviamente l’insidia dell’agguato, il presagio dello scontro fisico: «Venga al nord, ministro, la aspettiamo e la accogliamo molto volentieri con delle belle sorprese. D’altra parte lei è un oracolo, tutti i giorni ci dà delle lezioni» ha aggiunto quel diavolo goffo di Borghezio.
In Italia c’è purtroppo una sacca di marciume e c’è un nesso tra le minacce orribili dei No Tav al senatore del Pd Stefano Esposito e al cronista dellaStampa Massimo Numa, l’incitamento alla lapidazione degli avversari e dei giornalisti, la voglia di colpire le singole persone, le minacce degli animalisti ai ricercatori scientifici, sino agli insulti a Caterina Simonsen, affetta da una malattia genetica: «Puoi morire anche domani». In questo senso la rubrica razzista di un giornale contro la ministra nera rimanda ai metodi della guerra civile, alimenta un rumore crescente che nel Paese sovrasta l’intelligenza, simula e surroga il temibile passo cadenzato.



INTIMIDAZIONI PARALLELE SUGLI IMMIGRATI
UNA BRUTTA ARIA CARICA DI VELENI
Corriere della sera, 15-01-2014
Pierluigi Battista  
Tira una brutta aria in Italia. Un'aria di intimidazione, carica di veleni. Nello stesso giorno il solito presidio leghista ha lanciato invettive contre il ministro Kyenge, bersaglio di un trattamento molto particolare, non riservato a nessun altro ministro. Perché? Perché la Lega vuole scatenare la guerra santa sull'immigrazione? Perché vuole mettere a tacere un ministro da cui si dissente? E perché un gruppo di squadristi ha fatto irruzione nella stanza del nostro Angelo Panebianco all'Università di Bologna, urlando contro il professore, intimandogli di andare «fuori», bollandolo in modo demenziale addirittura come un «razzista», imbrattando i muri di un'aula universitária che pure dovrebbe essere tutelata come un «bene comune», come recita uno slogan che evidentemente non scalda molto i cuori di chi se ne fa (abusivamente) portabandiera? Perche? Dobbiamo considerara normale il raid di una pattuglia di squadristi contro un professore reo di aver sostenuto un'opinione non gradita?
Il conflitto politico acceso non prevede l'intimidazione dell'avversario. Non contempla il bavaglio come mezzo risolutivo per cancellare le opinioni anche profondamente diverse. In un normale conflitto politico un ministro viene (civilmente) contestato per un provvedimento, per una scelta politica, per una proposta, non per il semplice fatto di parlara in pubblico, con urla e grida che ne sovrastino la voce. In un normale scontro di idee e di opinioni le tesi di Panebianco sull'immigrazione possono essere oggetto di discussione. Questo accade nelle democrazie normali.
Nelle democrazie deboli, dove, come in Italia, spira una brutta di aria di sbrigatività, di intolleranza, di intimidazione di gruppo, di gestualità squadrista, si entra con la forza nella stanza di un docente universitario per trasmettergli il messaggio della minaccia: non ti azzardare più a scrivere quello che hai scritto, sappi che sei nel nostra mirino e controlliamo ogni tuo passo. Ecco perché non si può far finta di niente e liquidara l'aggressione a Panebianco come una ragazzata esuberante. Ecco perché al ministro Kyenge e a Angelo Panebianco la solidarietà è un atto dovuto. Altrimenti rischiamo di assuefarci al peggio.

 

"Mi urlano contro negra quanto odio nei palazzetti"
La vergogna degli insulti razzisti nel volley di B2. La capitana del Mesagne volley, Nneka Karen Arinze, solleva il caso
la Repubblica, 14-01-2014
SONIA GIOIA
MESAGNE  -  "Negra di m...", sono di questo tenore gli insulti piovuti domenica scorsa dal palazzetto dello sport di Montescaglioso all'indirizzo di Nneka Karen Arinze, capitano del Mesagne Volley, in trasferta nel Materano per sfidare la squadra di casa. Trent'anni e la pelle d'ebano che tradisce le origini africane a dispetto dell'accento schiettamente romanesco, aver perso l'incontro disputato nell'ottava giornata del campionato di serie B2 non ha fatto tanto male quanto sentire l'eco dei cori razzisti risuonato dagli spalti al campo, per tutta la partita. Almeno a giudicare dall'energica reazione dell'atleta italo-nigeriana, che non ha esitato a denunciare l'accaduto.
Insulti razzisti dagli spalti, è la prima volta che le succede?
"Purtroppo lo sappiamo, succede nella pallavolo come nel calcio, qualche rigurgito razzista resiste ancora. Per me è la seconda volta, la prima mi è accaduta in Calabria, ma sarei bugiarda se dicessi che è un fenomeno legato al Sud visto che in Sicilia dove ho giocato due anni non mi è mai accaduto nulla di simile. A Montescaglioso hanno cominciato subito, appena iniziata la partita un gruppetto di tifosi che avranno avuto non più di 16 anni ha prima sfoderato il classico repertorio di insulti contro le donne, poi hanno attaccato me dandomi della negra. E questo è stato il refrain dall'inizio alla fine della partita".
"Mi urlano contro negra quanto odio nei palazzetti"
I due arbitri non si sono accorte di nulla?
"I ragazzini erano lì praticamente da subito e appena arrivati hanno cominciato con i coretti irripetibili, e li abbiamo sentiti tutti. Gli arbitri alle quali mi sono rivolta a fine partite mi hanno detto di averli richiamati sul finale, ma non so se hanno preso provvedimenti nei confronti della società, lo sapremo mercoledì quando uscirà il referto".
Alla fine della partita lei ha parlato con un dirigente del Montescaglioso, cosa ha detto e cosa le è stato risposto?
"Ho prospettato l'opportunità di allontanare questa gente dal palazzetto, e mi è dispiaciuto molto sentirmi rispondere "sono ragazzi", un tentativo di sminuire che non fa bene a nessuno e che di certo non aiuta a smantellare certi fenomeni che con lo sport hanno poco a che vedere".
Avete perso tre set a uno, un risultato che c'entra con gli insulti incassati e il conseguente nervosismo?
"Le avversarie hanno giocato meglio di noi, punto, e questo sta nelle cose. Onore al merito, perdere fa parte del gioco, il razzismo e gli insulti alle donne no".
Cosa fa più male, l'offesa alla donna o al colore della pelle?
Le due cose sono sullo stesso identico piano: siamo assai oltre la soglia minima di rispetto dovuta al prossimo. È questo che fa male".



Nneka in Regione da Vendola "Insulti razzisti inaccettabili"
Tante manifestazioni di solidarietà per la capitana del Mesagne volley che incontrerà il governatore. Il coach della Nazionale Berruto le scrive in bacheca: "Contento che abbia reagito"
la Repubblica, 14-01-2014
SONIA GIOIA
Tutti con Nneka, dal presidente della Regione Puglia Nichi Vendola a Marco Berruto, l'allenatore della Nazionale italiana di volley maschile, passando per le compagne di squadra del Mesagne volley, la società, il Comune di Mesagne e tanta, tantissima gente comune. Gara di affetto e di solidarietà per Nneka Karen Arinze, la capitana italo-nigeriana della squadra di pallavolo brindisina, fatta oggetto di insulti razzisti da un gruppo di tifosi del Montescaglioso, nel corso dell'incontro disputato domenica scorsa nel Materano per il campionato di B2. La trentenne non ha incassato, ha levato la voce chiedendo agli arbitri e alla Federazione di intervenire per lasciare fuori dal palazzetto il gruppetto di adolescenti che per tutta la durata della partita le ha urlato contro "negra di m...", con seguito di cori sessisti rivolti a lei e alle compagne di squadra, tutte minorenni o poco più che adolescenti a loro volta. La decisione della Federazione è attesa per il 15 gennaio, ma gli attestati di affetto per l'atleta non si sono fatti attendere.
INCONTRO CON VENDOLA IN REGIONE. Vendola ha contattato la giovane capitana, invitandola ad un incontro nel palazzo che ospita l'ente regionale a Bari, dove Nneka si recherà il 20 gennaio prossimo per ricevere l'abbraccio del presidente. "E' una vergogna", ha commentato Vendola. "Gli insulti razzisti subiti dalla giovane atleta di pallavolo Nneka Karen Arinze sono inaccettabili. Il verificarsi di questi episodi di xenofobia e razzismo, soprattutto tra i giovani, è molto pericoloso perché sono atteggiamenti che possono portare alla deriva della convivenza civile e democratica. Per  esprimerle solidarietà, ho chiesto a Nneka Karen Arinze di onorarmi di una sua visita qui in Presidenza".
LA SOLIDARIETÀ DI MISTER BERRUTO. La società e la squadra, intanto, hanno scritto una lettera e l'hanno inviata alla Federazione denunciando l'accaduto, mentre sulla bacheca Facebook di Nneka sono piovute le richieste di amicizia e i post di solidarietà. "Mi ha sorpreso ricevere messaggi dai miei amici ma anche da gente che non conosco. Sono stati davvero tanti", ha raccontato l'atleta, che ha parlato con particolare commozione del messaggio ricevuto da Berruto. "Mi ha scritto che mi è vicino, che è contento che io abbia reagito rendendo noto l'accaduto e che finché ci sono persone che combattono si può sperare di sconfiggere l'ignoranza". In attesa della decisione della Federazione, la dirigenza del Mesagne volley ha annunciato: "Se accadrà ancora usciremo dal campo in qualsiasi fase della gara in presenza di cori razzisti e in seguito a immobilismo da parte degli arbitri, in segno di rispetto e solidarietà alla nostra capitana".
LA SMENTITA DEL MONTESCAGLIOSO. Una risposta chiara e forte anche al tentativo della dirigenza del Montescaglioso di minimizzare l'accaduto: "Sono ragazzini", ha raccontato di essersi sentire dire la capitana, che si era rivolta agli avversari nel tentativo di fare quadrato contro ogni forma di insulto. Parole che trovano conferma nella presa di posizione di Vittorio Di Grazio, dirigente della Vis Severiana Montescaglioso che ha detto: "E' una cosa inventata di sana pianta. Tutto è nato a fine gara, dopo la sconfitta della squadra ospite, da una frase che la giocatrice ha scritto su facebook. Ma posso dire che non vi sono stati insulti alle giocatrici ospiti, meno che mai razzisti. Tra l'altro la gara era diretta da arbitri non di Montescaglioso ed erano presenti le forze dell'ordine: nulla di strano è stato rilevato". Tanto dalla capitana, quanto dalla dirigenza del Mesagne, sono giunti i complimenti alle avversarie per il risultato della partita, vinta per tre a uno dal Montescaglioso. "Hanno meritato il risultato", ha detto Nneka a caldo dell'episodio, "che non c'entra con il comportamento inaccettabile dei tifosi, razzisti o sessisti poco cambia, il punto è il rispetto della persona".
 


Manconi (Pd): "Reato di clandestinità è da cancellare"
"Col reato di clandestinità si punisce la mera condizione esistenziale"
stranieriiniitalia, 15-01-2014
Roma, 15 gennaio 2014 - ''Trovo bizzarro che chi rivendica con fierezza la propria ascendenza socialista e chi evoca come proprio riferimento la dottrina sociale della chiesa, voglia difendere un catorcio reazionario e regressivo come il reato di clandestinità".
Lo afferma il senatore Pd, Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani.
''Si tratta di una fattispecie penale propria di una fase giuridica precedente all'affermazione dello stato di diritto - sottolinea Manconi - quella in cui si veniva puniti non per le azioni commesse ma per la propria condizione esistenziale, culturale o sociale. Col reato di clandestinità si punisce la mera condizione esistenziale di chi, alla ricerca di un'opportunità di vita e di futuro, si trovi irregolarmente presente nel territorio nazionale.
''Perche' non introdurre, allora, la fattispecie penale della povertà? E trovo addirittura eccentrico che l'unico argomento addotto dagli indomiti sostenitori di quel reato - conclude l'esponente pd - sia il fatto che esso si ritrovi negli ordinamenti di altri Stati. Beata innocenza. Sanno, costoro, che nel mondo sono ben sette le cosiddette ''democrazie liberali'' che prevedono la pena capitale?''.
 


L’ora di badanti e tate italiane come Lucia. Competizione con gli stranieri?
COrriere.it, 15-01-2014
Alessandra Coppola
Bella donna, Lucia Bucci. Capelli lunghi ancora neri, o tinti bene. Chilometri in bicicletta, da San Siro al centro, per tenersi in forma (e risparmiare il biglietto del bus). Eppure «a 55 anni ho cominciato mangiarmi le unghie, la notte non dormo». Col pensiero della figlia che non ha un’occupazione, della nipote quindicenne, del marito che rischia di perdere il lavoro. Non è sempre stato così. «Avevo un negozio di vestiti per bambini, zona Lorenteggio, con un’insegna bianca e oro ispirata a un racconto: “L’albero meraviglioso”. Piccolo ma bello, con una clientela affezionata e i marchi migliori». Dal 2004, per sette anni: «Negli ultimi tempi le vendite avevano cominciato a calare, ma se non fosse stato per l’affitto, ce l’avrei fatta…». Millecento euro al mese, non uno di meno, nonostante la crisi.
È la ragione principale per cui molti commercianti a Milano non reggono, spiegano alla Cgil, e finiscono per ingrossare gli elenchi dei disoccupati troppo adulti per lavorare, troppo giovani per andare in pensione. Ormai disposti a fare tutto, anche i mestieri poco qualificati che negli ultimi anni in Italia sono stati ”monopolio” degli stranieri. E’ una tendenza già registrata dagli esperti. L’ultimo rapporto della Fondazione Leone Moressa sull’economia dell’immigrazione, tra gli altri, osserva “nell’ultimo anno, una maggior afflusso di italiani tra gli operai addetti alla pulizia degli edifici, tra il personale non qualificato nelle miniere e nelle cave, tra i conduttori di impianti per la fabbricazione della carta, tra i venditori ambulanti, tra i vasai e soffiatori e tra il personale non qualificato addetto alla cura degli animali”. E poi certamente, tra colf e tate.
    E’ la storia di Lucia: due anni da baby-sitter sottopagata, adesso di nuovo alla ricerca.
Un aspirante badante su quattro è italiano, sottolinea il segretario generale della Camera del Lavoro, Graziano Gorla. Lo testimonia Roberto Repetti, 61 anni, che oggi assiste due anziani,«e non mi vergogno, ho anche imparato a cucinare»: faceva il bancario.
    C’è il rischio di una competizione (e di un attrito) con i lavoratori stranieri?
Per la Cgil Milano risponde la segretaria, Ivana Brunato: il settore della cura alla persona è in espansione, spiega. Dunque per gli italiani si aprono posti aggiuntivi rispetto a quelli già occupati dagli stranieri (e non si può parlare – per il momento – di “guerra tra poveri”). Soprattutto, aggiunge, l’ingresso degli autoctoni “fa fare un salto di qualità su tutto l’aspetto contrattualistico”. Saranno anche disoccupati, ma molti degli italiani non sono (ancora) disposti a lavorare a qualunque condizione. E non subiscono il ricatto del permesso di soggiorno.

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