Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

17 giugno 2013

Migranti aggrappati a gabbie tonni: sette morti
Avvenire, 17-06-2013
Sette migranti sarebbero annegati nel Canale di Sicilia mentre tentavano di aggrapparsi a una gabbia per l'allevamento di tonni trainata da un motopesca tunisino. Lo hanno riferito i 95 superstiti, che erano a bordo di un gommone, una volta giunti a Lampedusa.
Il racconto dei superstiti, alcuni dei quali hanno parlato addirittura di una decina di vittime, è ancora al vaglio degli inquirenti che lo valutano con grande cautela per la mancanza di riscontri. Secondo la ricostruzione fatta dai sopravvissuti, i loro compagni sarebbero finiti in mare dopo che l'equipaggio del motopesca "Khaked Amir" aveva tagliato il cavo che trainava la gabbia. Alcuni avrebbero anche tentato di salire sul peschereccio, ma sarebbero stati respinti con la forza. La tragedia sarebbe avvenuta a 85 miglia a Sud di Malta. I naufraghi erano stati avvistati poco prima della mezzanotte da un aereo della Marina Militare maltese, in parte ancora sul gommone alla deriva in parte aggrappati alla gabbia dei tonni.
Sul posto era stata dirottata una delle motovedette della Guardia Costiera italiana, impegnate nella notte in diverse operazioni di soccorso nel Canale di Sicilia, che aveva tratto in salvo i 95 migranti poi trasferiti a Lampedusa. Non è la prima volta che i migranti, o perché provati dalla lunga traversata o perché in difficolta, si lanciano verso le gabbie galleggianti come se fossero enormi ciambelle di salvataggio. Nel maggio di cinque anni fa 27 somali rimasero aggrappati per tre giorni alle gabbie del motopesca maltese "Budafel", prima di essere soccorsi da una nave della Marina Militare italiana, perché l'armatore si rifiutava di farli salire a bordo temendo di perdere il carico di tonni. L'immagine dei migranti abbarbicati ai galleggianti della gabbia fece il giro del mondo. Successivamente altri migranti utilizzarono la stessa tecnica con l'obiettivo di essere tratti in salvo dalle motovedette.
Si sono conclusi, con l'arrivo delle Motovedette della Guardia Costiera nel porto di Lampedusa, le operazioni di soccorso che hanno caratterizzato la giornata di ieri e la notte appena trascorsa. Complessivamente sono 259 le persone tratte in salvo nel Canale di Sicilia in tre distinti interventi, dopo che ieri erano approdati sulle coste siciliane oltre 600 migranti. I primi ad arrivare, alle 05.30 di questa mattina, i 109 migranti - tutti uomini di presunta nazionalita' eritrea - imbarcati su Nave Libra della Marina Militare e su una motovedetta della Guardia Costiera.
Alle 07.00 sono approdati anche i 95 migranti soccorsi questa notte da una motovedetta della Guardia Costiera e da una della Guardia di Finanza mentre erano aggrappati a una gabbia per tonni trainata da un motopesca tunisini.
Dieci minuti dopo sono giunti in porto anche i 55 migranti - tra ci quali 8 donne e un minore - soccorsi prima dal peschereccio italiano ''End'' e successivamente trasbordati su una Motovedetta della Guardia Costiera. Infine lungo il litorale di Siracusa, tra Punta del Pero e Terra Uzza, in nottata sono stati rintracciati a terra dalla Polizia 20 migranti. Le Motovedette della Capitaneria di porto di Siracusa hanno perlustrato il tratto di litorale alla ricerca del barcone utilizzato per la traversata, ma senza esito.



Nuovi sbarchi a Lampedusa soccorsi 80 extracomunitari
Intercettati due barconi nel canale di Sicilia. Continua l’inchiesta sul presunto annegamento di dieci migranti aggrappati a un peschereccio
La Stampa.it, 17-06-2013
Continua l’attività di ricerca e soccorso a migranti da parte della Guardia Costiera e delle altre forze dell’ordine dopo la ripresa massiccia di sbarchi che negli ultimi tre giorni ha portato sulle coste siciliane e calabresi circa un migliaio di extracomunitari.  
Alle 23.50 di ieri, una motovedetta della Guardia Costiera e un’unità della Guardia di Finanza, hanno intercettato un gommone a 22 miglia a Sud Est di Pozzallo. A bordo erano stipati 48 migranti, tra cui 3 donne e due persone con problemi deambulatori. Le operazioni di trasbordo hanno coinvolto entrambi i mezzi di soccorso, che sono giunti in porto alle 4.40 di questa mattina.  
Nel frattempo, la Guardia Costiera di Lampedusa ha proseguito le ricerche di un gommone con a bordo migranti, segnalato da una telefonata effettuata con telefono satellitare alla Guardia Costiera di Palermo. Il gommone, di 10 metri, è stato individuato da una motovedetta della Guardia Costiera a 70 miglia a Sud di Lampedusa. Era alla deriva con a bordo 32 migranti, sedicenti somali, tra i quali 4 donne e 2 minori. Dopo aver trasbordato tutti gli occupanti, la motovedetta è arrivata a Lampedusa alle 9 di stamani. Nel Canale di Sicilia proseguono le ricerche di eventuali nuove imbarcazioni dirette verso l’Italia.  
Intanto continua l'attività investigativa sul presunto annegamento di sette o forse dieci migranti, mentre erano aggrappati alle gabbie di tonno trainate da un peschereccio tunisino. A raccontare agli investigatori la circostanza sono stati i 95 superstiti del naufragio. «Ancora nessuna comunicazione ci è stata ufficialmente fatta. Se arriverà dagli investigatori, apriremo un fascicolo di inchiesta, probabilmente per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina», ha detto il procuratore di Agrigento Renato Di Natale. Il magistrato ha aggiunto che successivamente si dovrà accertare la competenza sulla tragedia, avvenuta a 85 miglia a Sud di Lampedusa, in acque internazionali che tuttavia ricadono sotto il controllo delle autorità maltesi.



La strage infinita dei migranti per raggiungere quella “fortezza” chiamata Europa
Dal 1988 sono più di 18mila le vittime accertate, ma il dato reale potrebbe essere molto più grande
La Stampa, 17-06-2013
Elisa Barberis
Si chiama Europa la “terra promessa” dei migranti che, dall’Africa o dal Vicino Oriente, tentano la traversata del Mediterraneo su gommoni, mercantili o barconi di fortuna, con nel cuore la speranza di un futuro migliore. In mezzo, il mare - imprevedibile e pericoloso - come una cortina rende il Vecchio Continente una fortezza in cui è sempre più difficile accedere. Nel blog “Fortress Europe”, il giornalista-scrittore Gabriele Del Grande spiega che dal 1988 fino a novembre 2012 sono stati oltre 18.600 i profughi morti nel tentativo di raggiungere le coste italiane e spagnole. Di questi più di 2.300 solamente nel 2011, anno “nero” per l’immigrazione, segnato da una raffica di sbarchi clandestini tra marzo e aprile che ha portato almeno 6.500 clandestini sull’isola di Lampedusa, per la sua posizione diventata punto privilegiato d’approdo delle carrette del mare.  
I dati raccolti da Del Caro, fondatore di un osservatorio sulle vittime della frontiera, si basano sulle notizie censite negli archivi della stampa internazionale degli ultimi 24 anni e sono impressionanti. Soprattutto, se si pensa dei naufragi di cui non si ha mai avuto notizia, e che potrebbero far aumentare in modo esponenziale la lunga lista delle vittime. Solamente oggi, altri sette migranti sarebbero annegati nel Canale di Sicilia mentre tentavano di aggrapparsi a una gabbia per l’allevamento di tonni trainata da un motopesca tunisino.  
Le rotte ormai sono note: dall’Algeria verso la Sardegna, da Marocco, Sahara occidentale, Mauritania e Senengal verso le isole canarie, dall’Egitto verso la Grecia, dalla Siria verso Cipro, da Libia e Tunisia verso la Sicilia e da Albania e Montenegro verso la Puglia. Ma c’è anche chi (circa 372 persone) viaggia nascosto dentro i tir ed è morto in seguito a incidenti stradali o soffocato e schiacciato dal peso delle merci. O chi sfida le acque dei fiumi frontalieri (412 profughi) per arrivare a destinazione. L’elenco è ancora lungo e scandisce i numeri di una strage infinita.  



L'Italia non è una nazione meticcia Ecco perché lo ius soli non funziona
INTEGRAZIONE E CITTADINANZA
Corriere della sera, 17-06-2013
GIOVANNI SARTORI
Il governo Monti era un po' raccogliticcio, ma forse per la fretta e anche perché Monti non apparteneva al giro dei nostri politici e di molti di loro sapeva poco. Ma Letta i nostri politici li conosce, è dei mestiere; eppure ha messo insieme un governo Brancaleone da primato. Grosso modo, metà dei suoi ministri e sottosegretari sono fuori posto, sono chiamati ad occuparsi di cose che non sanno. Al momento mi occuperò solo di un caso che mi sembra di particolare importanza, il caso della Ministra «nera» Kyenge Kashetu nominata Ministro per l'Integrazione. Nata in Congo, si è laureata in Italia in medicina e si è specializzata in oculistica. Cosa ne sa di «integrazione», di ius soli e correlativamente di ius sanguinis?     
Dubito molto che abbia letto il mio libro Pluralismo, Multiculturalisme e Estranei, e anche un mio recente editoriale su questo giornale nel quale proponevo per gli immigrati con le carte in ordine una residenza permanente trasmissibile ai figli. Era una proposta di buonsenso, ma forse per questo ignorata da tutti. Il buonsenso non fa notizia.
Sia come sia, la nostra oculista ha sentenziato che siamo tutti meticci, e che il nostro Paese deve passare dal principio dello ius sanguinis (chi è figlio di italiani è italiano) al principio dello ius soli (chi nasce in Italia diventa italiano). Di regola, in passato lo ius soli si applicava al Nuovo Mondo e comunque ai Paesi sottopopolati che avevano bisogno di nuovi Cittadini, mentre lo ius sanguinis valeva per le popolazioni stanziali che da secoli popolano determinati territori. Oggi questa regola è stata violata in parecchi Paesi dal terzomondismo imperante e dal fatto che la sinistra, avendo perso la sua ideologia, ha sposato la causa (ritenuta illuminata e progressista) delle porte aperte a tutti, anche le porte dei Paesi sovrappopolati e afflitti, per di più, da una altíssima disoccupazione giovanile.
Per ora i nostri troppi e inutili laureati sopravvivono perché abbiamo ancora famiglie allargate (non famiglie nucleari) che riescono a mantenerli. Ma alla fine succederà come durante la grande e lunga depressione dei '29 negli Stati Uniti: a un certo momento i disoccupati saranno costretti ad accettare qualsiasi lavoro, anche i lavori disprezzati. Ma la Ministra Kyenge spiega che il lavoro degli immigratí è «fattore di crescita», visto che quasi un imprenditore italiano su dieci è straniero. E quanti sono gli imprenditori italiani che sono contestualmente falliti? I dati dicono molti di più. Ma questi paragoni si fanno male, visto che «imprenditore» è parola elastica. Metti su un negozietto da quattro soldi e sei un imprenditore. E poi quanti sono gli immigrati che battono le strade e che le rendono pericolose? La brava Ministra ha anche scoperto che il nostro è un Paese «meticcio». Se lo Stato italiano le dà i soldi si compri un dizionarietto, e scoprirà che meticcio significa persona nata da genitore di razze (etnie) diverse. Per esempio il Brasile è un Paese molto meticcio. Ma l'Italia proprio no. La saggezza contadina insegnava «moglie e buoi dei paesi tuoi». E oggi, da noi, i matrimoni misti sono in genere ferocemente osteggiati proprio dagli islamici. Ma la più bella di tutte è che la nostra presunta esperta di immigrazione dà per scontato che i ragazzini africani e arabi nati in Italia sono eo ipso Cittadini «integrati». Questa è da premio Nobel. Mai sentito parlare, signora Ministra, del sultanato di Delhi, che durò dal XIII al XVI secolo, e poi dell'Impero Moghul che controllò quasi tutto il continente Indiano tra il XVI secolo e l'arrivo delle Compagnie occidentali? All'ingrosso, circa un millennio di importante presenza e di dominio islamico. Eppure indu e musulmani non si sono mai integrati. Quando gli inglesi dopo la seconda guerra mondiale se ne andarono dall'India, furono costretti (controvoglia) a creare uno Stato islamico (il Pakistan) e a massicci e sanguinosi trasferimenti di popolazione. E da allora i due Stati sono sul piede di guerra l'uno contro l'altro.
Più disintegrati di cosi si muore.



Napoli, stazione Mediterraneo (video)
Corriere della sera, 16-06-2013
Paola D'Agostino
“L’Italia non è uno stivale, come ci hanno fatto credere a scuola, ma invece è un braccio, che si stacca dalla spalla delle Alpi e si prolunga verso il Mediterraneo orientale: la Puglia e la Calabria sono le dita, i due blocchi di una mano aperta, e la Sicilia è una specie di fazzoletto che saluta”. Lo dice Erri De Luca nel documentario “Stazione Mediterraneo – Storie dell’Italia che accoglie e include”, promosso da Legacoopsociali, presidenza del Consiglio dei Ministri e Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali – Unar, e realizzato dalle testate Nelpaese.it e Giornale Radio Sociale, dal progetto Visioni Sociali, in collaborazione con l’agenzia Redattore Sociale. Il documentario racconta le esperienze di integrazione sociale dei migranti, attraversando il Sud Italia, dalla Calabria fino a Roma passando per Napoli. Napoli come snodo centrale nel Mediterraneo, dunque, per l’accoglienza e l’inclusione di immigrati, richiedenti asilo, rifugiati politici, donne vittime di tratta e rom.
Grazie al lavoro degli operatori socioculturali molti immigrati sono diventati, a loro volta, operatori e lavorano con le stesse cooperative che li hanno accolti. Quelli che ci ostiniamo a chiamare“clandestini” sono una minima parte del flusso. Ci sono quattro milioni di migranti regolari che contribuiscono con il proprio lavoro allo sviluppo del Paese. E al proprio, come individui.
    “Sapevo tutto di contabilità, però niente di umano – confessa Laura, romena, allieva del corso di Italiano della coop Cotrad – Ora ho imparato la diversità e la solitudine”.
Si tratta di “un lavoro bello, difficile però bello”, dichiara Omar Ndiyae, della coop sociale Casba, formata da dodici paesi diversi che parlano quasi tutte le lingue del mondo. Poliglotta è anche la squadra di calcio multietnica AfroNapoliUnited: l’Inter dei quartieri, la chiamano, imbattibile.
Tutto questo richiede anche, e forse soprattutto, un lavoro politico, che ha bisogno del sostegno dello Stato per intervenire nelle dinamiche sociali costruendo opportunità di lavoro concrete. È un modello d’impresa che quotidianamente contrasta le discriminazioni – dice Giacomo Smarrazzo della presidenza nazionale Legacoop sociali.
“L’immigrazione è la cartina di tornasole del funzionamento di uno Stato” – mi racconta Glauco Iermano, della cooperativa Dedalus Napoli – e siccome lo Stato non sempre funziona, a volte gli operatori corrono il rischio paradossale di diventare utenti dello stesso sostegno sociale che promuovono. Alla Dedalus, che opera in Campania, ci sono operatori che già da 8 mesi non ricevono lo stipendio. E sono i più fortunati, perché altri lo aspettano da 12 o 16 mesi.
    “Ci tocca fare il recupero crediti mentre aiutiamo gli immigrati. I soldi, quando arrivano, vanno alle banche, per pagare gli interessi dei ritardi nei pagamenti dello Stato, quindi alla fine, come sempre, ci guadagnano le banche”.
Ecco perché la Dedalus nel dicembre 2012 ha pubblicato l’estratto del bilancio sociale 2011 con un titolo molto provocatorio: “L’austerità che spreca. Investire sulle persone per costruire buona spesa”. Dove tra l’altro, numeri alla mano, gli operatori di Dedalus ci spiegano che respingere o non accogliere costa allo Stato molto di più che integrare.
    Eppure “questa è l’Italia nuova – ammonisce Erri De Luca -. Questi saranno i nostri nuovi scienziati, scrittori, dirigenti… Fateci amicizia, perché questo sarà il nostro futuro!”.
Il video reportage è disponibile sul sito www.nelpaese.it.



Fondo europeo per i rimpatri, stanziati 3 milioni di euro per il finanziamento di programmi di rimpatrio volontario assistito.
Fino al 15 luglio è possibile presentare proposte progettuali.
Immigrazioneoggi, 17-06-2013
Il Ministero dell’interno ha stanziato 3 milioni di euro per programmi di rimpatrio assistito rivolti a gruppi di cittadini di Paesi terzi che “non soddisfano” o “non soddisfano più” le condizioni di ingresso e/o residenza nello Stato membro.
La Direzione centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo lancia la procedura di selezione delle proposte progettuali per l’attuazione dell’azione 2 a valere sui Programmi annuali 2012-2013 del Fondo europeo per i rimpatri.
A partire dal 14 giugno e fino al 15 luglio 2013 sarà possibile presentare le proposte progettuali utilizzando la procedura telematica predisposta dal Ministero.


 

Diritto d’asilo, una strada comune anche per l’Italia
l'Unità, 17-06-2013
David Sassoli Capodelegazione Pd al Parlamento europeo
?LE CIFRE SONO IMPORTANTI e raccontano che nei paesi dell’Unione europea, nel 2012, sono state 330mila le richieste di asilo, con un incremento di circa 30mila domande rispetto all’anno precedente. Un fenomeno importante ma non preoccupante, se si pensa che
coinvolge numerosi Paesi europei e che adesso è possibile affrontare con regole nuove, che superano le vecchie direttive e pongono un limite alla discrezionalità dei singoli Stati. Con l’importante voto di Strasburgo della settimana scorsa, l’Europa si dota finalmente di un sistema comune di asilo, che rimette al centro i diritti e le esigenze di chi fugge dalla guerra.
Grazie alle norme approvate dagli europarlamentari, i richiedenti asilo avranno diritto in tutta Europa a condizioni di vita dignitose, a una valutazione medica e psicologica tempestiva e a un accesso più rapido al mercato del lavoro. Un passaggio doveroso che riallinea
l’Europa con i principi su cui si fonda, riponendo al centro della propria azione il rispetto dei diritti umani e civili. L’Europa non poteva lasciare indietro chi bussa alle sue porte, scappando dalle guerre e dalle persecuzioni. Diritti però vuol dire anche certezza dei tempi. Per questo Parlamento e Consiglio hanno concordato la scadenza comune di 6 mesi per la gestione delle domande di asilo. Sono state approvate norme più rigorose sulla formazione del personale e nuove e più
stringenti disposizioni per le esigenze dei minori non accompagnati e delle persone vulnerabili.
Grazie al via libera al cosiddetto Regolamento di Dublino, una legge europea operativa già a partire dal 2014, cessa finalmente la pratica in vigore finora e che vincolava un richiedente asilo al primo Stato in cui aveva fatto domanda, per passare a un sistema che rende più flessibile il trasferimento tra Stati membri, con l’importante limite che i richiedenti non potranno essere
trasferiti verso Paesi dell’Ue per i quali esista il dubbio fondato di trattamenti non sufficientemente rispettosi dei diritti umani. Una norma fortemente voluta dalle organizzazioni non governative e dai Paesi più esposti, come l’Italia. Sul versante della sicurezza, il pacchetto approvato stabilisce che le forze di polizia degli Stati membri ed Europol avranno accesso alle impronte
digitali della banca dati Eurodac, allo scopo di combattere il terrorismo e la grande criminalità.
Il nuovo sistema, con le direttive di cui è composto, dovrà ora essere recepito dai singoli Stati membri. Un passaggio che per l’Italia rappresenta un’importante opportunità per colmare un grave vuoto legislativo del nostro Paese, che ha in passato recepito in modo
incompleto e insufficiente la precedente normativa, tanto da essere al momento sotto la lente della Commissione. Da qui il limbo in cui sono rimasti relegati decine di migliaia di profughi, che hanno alimentato sacche di disagio e di degrado. Una situazione
insostenibile per un Paese come il nostro che, per storia e posizione geografica, avrebbe invece il dovere di essere un modello di accoglienza e integrazione. Adesso, dopo il voto di Strasburgo, Parlamento e governo hanno finalmente l’occasione di lavorare per introdurre anche in Italia una legge organica sul diritto d’asilo.



Ma lo ius soli è un’altra cosa
l'Unità, 15-06-2013
Luigi Manconi
Dopo le indecenti parole della Consigliera Circoscrizionale di Padova, Dolores Valandro, contro la ministra per l’Integrazione Cécile Kyenge, verrebbe da pretendere ben altro. Che so? Corsi di educazione civica – ma forse basterebbe di galateo – per i militanti della Lega (e non solo di quella, già che ci siamo) oppure una legge per le “quote etniche” e per il “ticket italiano-straniero” (sulla falsariga di quello di genere) in ogni lista elettorale per comuni superiori ai 5000 abitanti o, infine, l’obbligo di sostituire, nelle adunanze padane, all’ormai obsoleto “Va’ pensiero” la più fresca “Siamo i Watussi” (1963) dell’immarcescibile Edoardo Vianello. Suvvia, si scherza, ma per non immalinconirsi troppo. Tuttavia, pur sapendo che l’Italia ha bisogno di riforme radicali sul piano delle politiche per l’immigrazione e di rivedere in profondità la legge sulla cittadinanza, in questo tempo di vacche magre, anche i piccoli progressi e i risultati modesti sono i benvenuti.
Oggi, il Consiglio dei Ministri dovrebbe approvare, all’interno di un «pacchetto per la semplificazione», una norma destinata a rendere meno irto di ostacoli il già faticosissimo percorso per ottenere la cittadinanza. In base a quel provvedimento, a diciotto anni, un giovane straniero potrà diventare cittadino italiano anche nel caso di inadempienze amministrative da parte dei genitori. Fino ad oggi, infatti, la legge 91 del 1992 prevedeva che i nati in Italia da genitori stranieri potessero chiedere la cittadinanza presso il proprio comune di residenza al compimento della maggiore età. A tal fine, dovevano dimostrare di essere stati continuativamente residenti e di aver sempre posseduto un valido titolo di soggiorno. Ciò ovviamente faceva dipendere l’esigibilità del diritto all’ottenimento della cittadinanza dalla regolarità dei genitori. Nel corso degli anni, diverse sentenze hanno dato ragione a chi – nonostante la temporanea irregolarità di residenza e permesso di soggiorno – fosse nato in Italia e avesse richiesto la cittadinanza. Per fare questo, però, si richiedeva molto tempo, molta pazienza e qualche risorsa economica perché una simile procedura passa attraverso il Tribunale ordinario.
Il provvedimento messo a punto dal Governo su impulso del ministro per l’Integrazione Cécile Kyenge, e sulla base di un precedente progetto elaborato dall’allora ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, renderà più semplice ottenere la cittadinanza tra i 18 e i 19 anni per i nati in Italia da genitori stranieri. E ciò in quanto le prove per dimostrare la precedente presenza sul nostro territorio (pure in assenza dei certificati di residenza) potranno essere costituite anche da documentazione sanitaria e scolastica.
Certo, siamo ancora assai lontani dal riconoscimento dello ius soli – più o meno temperato – ma si tratta in ogni caso di un passo nella giusta direzione.



Immigrati, triplicano le richieste di cittadinanza
Negli ultimi 4 anni sono più che raddoppiate quelle per i permessi di soggiorno: sono alcuni dei dati emersi dal convegno della Cgil sui “colori” della crisi
la Tribuna Treviso.it, 17-06-2013
Marco Filippi
Aumentano le richieste di cittadinanza e di permessi di soggiorno degli immigrati, nonostante la crisi economica abbia colpito pesantemente l’occupazione straniera. È uno dei dati più significativi sfornati nel corso del convegno, organizzato dalla Cgil, sulla situazione degli immigrati in provincia di Treviso, in un periodo di forte crisi economica. A sfornare i numeri è Stefania Zazzeron dell’Inca. Negli ultimi quattro anni le richieste di permesso di soggiorno arrivate all’Inca sono più che raddoppiate: nel 2009 erano 2877, l’anno scorso hanno toccato quota 6196. «Il dato si spiega - precisa la rappresentante dell’Inca - col fatto che la notizia dei servizi resi dai nostri uffici s’è diffusa a macchia d’olio tra gli stranieri».
Sono quasi triplicate, invece, le pratiche di richiesta di cittadinanza degli immigrati. I requisiti sono ferrei: il passaporto italiano lo possono ottenere gli stranieri con residenza stabile in Italia e con permessi di soggiorno rinnovati per almeno 10 anni. Nel 2009 sono state 107 le domande, 295 nel 2012.
Altri dati interessanti, sia a livello provinciale che regionale, sono emersi dalla relazione della ricercatrice Letizia Bertazzon. La crisi economica ha ridotto il flusso migratorio in provincia. Secondo stime non ufficiali, la presenza di stranieri in provincia si attesterebbe sulle 105.500 unità: poco più di 94.000 sono i regolari residenti (il 10,7 per cento dell’intera popolazione), 4.800 i regolari non residenti e 6.300 i clandestini. Aumentano gli stranieri che acquisiscono la cittadinanza italiana: nel 2011 sono stati il 38 per cento in più rispetto all’anno precedente.
Altro aspetto interessante riguarda il capitolo dei permessi di soggiorno: erano 84.119 quelli registrati al primo gennaio 2011, 89.831 un anno dopo. Ma se aumentano quelli per motivi familiari e per richieste di asilo politico, diminuiscono quelli per motivi di lavoro: 21.214 nel 2011 contro i 19.406 nel 2012.
I numeri del censimento del 2011 dicono che la Marca è la seconda provincia del Veneto per numero di residenti stranieri, ottava su scala nazionale. I minori stranieri sono 26.098 (il 17 per cento degli under 18). Significativo anche il dato sugli over 65: in provincia sono 1.508 pari all’1 per cento della popolazione.
Altri dati sulla crisi: nel 2012 in provincia di Treviso ci sono state 90.000 assunzioni, 23.000 delle quali hanno interessato gli immigrati ossia il 25 per cento (nel 2011 la percentuale era del 28 per cento).
L’introduzione del convegno è stata affidata ad Adjevi Emmanuel Akakpovi, presidente di CittadinanzAttiva, un sodalizio che raccoglie 25 gruppi di diversa nazionalità in provincia. «Gli immigrati sono gli anelli più deboli in tempi di crisi economica: c’è chi ha perso casa e lavoro, chi emigra in paesi come Francia e Inghilterra che assicurano welfare più umani».
Nicola Atalmi, della segreteria della Cgil: «Se gli immigrati se ne vanno dall’Italia, è un brutto segnale: significa che il nostro Paese si sta impoverendo. Dobbiamo augurarci che l’Italia torni ad essere un paese d’immigrazione. Loro sono una parte importante della Cgil, è giusto affidare agli immigrati ruoli dirigenziali».
Al convegno ha fatto una breve comparsa anche il neo sindaco di Treviso, Giovanni Manildo: «Dai momenti di crisi - ha detto - si esce se ognuno fa la sua parte: voglio una Treviso più aperta e colorata».

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