Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

20 giugno 2013

Buone pratiche per una buona integrazione
Italia-razzismo
l'Unità, 20-06-2013
A Bolzano è stato organizzato un corso per insegnare alle donne straniere ad andare in bicicletta. Si tratta di un’iniziativa che, anche se in apparenza bizzarra e alquanto insolita, si rivela un’importante occasione di scambio e interazione tra culture diverse perché l’uso di quel mezzo non è così frequente in tutti i paesi del mondo. Inoltre, essendo la patente dell’automobile molto complicata da prendere, la bicicletta si rivela, per gli spostamenti in città, un’utile alternativa ai servizi di trasporto pubblici. Un corso di formazione più complesso è quello organizzato, invece, dal comune di Sassari rivolto a quanti, sia stranieri che non, vogliano diventare degli assistenti familiari. Un lavoro, questo, spesso svolto da persone scarsamente qualificate perché, in quel settore, non è mai richiesta una professionalizzazione. E così, come dimostrano i numeri, pare che tutti da un giorno all’altro possano diventare collaboratori domestici. Un termine, questo, che include almeno tre tipi di attività diverse: assistenza ad anziani, ai bambini, pulizia della casa. Per quanto riguarda le prime due appare evidente che non siano alla portata di chiunque e che, adottare esclusivamente un approccio casalingo basato sulla scarsa formazione delle persone impiegate, possa provocare dei danni. L’origine di questa svalutazione è molto lontana, risale addirittura alla fine dell’800. In quel periodo il lavoro domestico a casa di estranei era esclusivamente maschile ed erano le donne a svolgerlo all’interno delle proprie abitazioni. È qui si verificava uno scontro di ruoli e di genere perché, alla resa dei conti, marito e moglie svolgevano lo stesso mestiere ma in contesti e con modalità assai diverse: l’uno veniva retribuito, l’altra no. Questo sarà uno dei motivi alla base della diminuzione della componente maschile all’interno di quella professione. Ma non solo. Sarà una delle ragioni che condurrà alla femminilizzazione e alla scarsa qualificazione necessaria allo svolgimento di quel lavoro. Il progetto Benénnidas del Comune di Sassari prevede, invece, che il collaboratore domestico sia una persona preparata e all’altezza delle situazioni che le si presentano, ed ecco perché lo scopo del corso di formazione deve essere quello di acquisire “competenze atte alla valorizzazione dell'attività svolta dalle assistenti familiari”. La frequentazione del corso permette, poi, l’iscrizione al Registro Pubblico degli assistenti familiari in cui sono raccolti i nominativi dei lavoratori e delle lavoratrici del settore delle cura domiciliare alla persona. I residenti che, dunque, avranno bisogno di questo tipo di figura non dovranno più basarsi esclusivamente sul sistema del “passa parola” ma potranno usufruire di uno strumento affidabile come il Registro.  Tra le finalità del progetto c’è, inoltre, quella di far emergere situazioni di lavoro nero e di garantire “la regolarizzazione del personale straniero e locale impiegato nelle mansioni di cura anche attraverso l'abbattimento dei costi per gli oneri previdenziali”. Ogni tanto una buona pratica.



Oltre 45 milioni, l’«esercito» degli sfollati
Oggi la Giornata mondiale dei rifugiati. Radiografia di un fenomeno in crescita. L’appello del Papa
«Siano accolti e sia loro garantita sicurezza»
l'Unità, 20-06-2013
di U. D. G.
Boom di rifugiati nel mondo: il 2012 ha fatto segnare la cifra record di 45,1 milioni di sfollati, gente costretta ad abbandonare case, famiglie e beni a causa di guerre e carestie. È quanto emerge dall’ultimo rapporto annuale Global trends sulle tendenze a livello globale in materia di spostamenti forzati di popolazione pubblicato ieri dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) in occasione della Giornata mondiale del rifugiato che sarà celebrata oggi. Lo studio prende in esame le migrazioni forzate avvenute durante il 2012 basandosi su dati prodotti da governi, organizzazioni non governative partner e dalla stessa agenzia Onu. Mentre alla fine del 2011 si legge nel rapporto le persone coinvolte in tali situazioni nel mondo erano 42,5 milioni, un anno dopo erano ben 45,1 milioni. Di queste 15,4 milioni erano i rifugiati, 937mila i richiedenti asilo e 28,8 milioni gli sfollati, persone cioè costrette ad abbandonare le proprie abitazioni ma che sono rimaste all'interno del proprio Paese.
ESODI BIBLICI
Le guerre restano la principale causa alla base della fuga. Il 55% di tutti i rifugiati presi in esame dal rapporto proviene, infatti, da appena 5 Paesi colpiti da conflitti: Afghanistan, Somalia, Iraq, Siria e Sudan. Importanti nuovi flussi si registrano anche in uscita da Mali, Repubblica democratica del Congo e dallo stesso Sudan verso Sud Sudan ed Etiopia.
«Sono numeri allarmanti» ha affermato l’Alto commissario Onu per i rifugiati Antònio Guterres. «Indicano non solo una sofferenza individuale su vasta scala, ma anche le difficoltà della comunità internazionale nel prevenire i conflitti e nel promuovere soluzioni tempestive per una loro ricomposizione». Le tendenze che emergono dal rapporto sono preoccupanti sotto diversi aspetti; uno di questi è la rapidità con la quale le persone sono costrette a spostamenti forzati. Durante il 2012, 7,6 milioni di persone sono state costrette alla fuga, delle quali 1,1 milioni hanno cercato rifugio all’estero e 6,5 milioni sono rimaste sfollate all’interno del proprio Paese. Ciò consente di affermare che ogni 4,1 secondi una persona nel mondo diventa rifugiato o sfollato. Drammatica è anche l’incremento del numero di bambini e dei minori che rimasti soli e abbandonati fanno richiesta di asilo politico: nel 2012 sono state, per la prima volta, oltre 21.300 le domande di asilo di minori non accompagnati, registrate dall’Unhcr.
Emerge poi come il gap tra i Paesi più ricchi e quelli più poveri si faccia più ampio quando si tratta di accogliere rifugiati. La metà dei 10,5 milioni di rifugiati che rientrano nel mandato dell’Unhcr (altri 4,9 milioni sono rifugiati palestinesi che ricadono invece nella competenza dell’Unrwa, l’agenzia Onu che si occupa specificamente di tale popolazione) trova infatti accoglienza in Paesi che hanno un reddito pro capite annuo inferiore a 5mila dollari Usa. Complessivamente i Paesi in via di sviluppo ospitano l’81% dei rifugiati di tutto il mondo, un netto aumento rispetto al 70% di un decennio fa. I minori bambini e adolescenti con meno di 18 anni costituiscono il 46% di tutti i rifugiati.
L’ITALIA IN CONTROTENDENZA
In Italia nel 2012 sono state presentante 17.352 domande d’asilo, circa la metà dell'anno precedente, rimarca sempre
il rapporto annuale Global trends. Questo calo significativo, determinato prevalentemente dalla fine della fase più drammatica delle violenze in nord Africa, riporta il numero di domande in media con il dato degli ultimi dieci anni. I rifugiati nel nostro Paese alla fine del 2012 erano 64.779, questa cifra colloca l’Italia al 6° posto tra i Paesi europei, dopo Germania (589,737), Francia (217,865), Regno Unito (149,765), Svezia (92,872), e Olanda (74,598). L’Italia ha accolto più di 9mila richieste su un totale circa 15mila. Nel 2012 abbiamo garantito protezione a quasi 2mila rifugiati maliani, seguiti da somali e afghani (rispettivamente 875 e 865).
In occasione della Giornata mondiale del rifugiato, Papa Francesco ha lanciato un appello a conclusione dell' udienza generale di ieri. «Oltre ai pericoli del viaggio ha rimarcato nel suo discorso il Papa spesso queste famiglie si trovano a rischio di disgregazione e, nel Paese che li accoglie, devono confrontarsi con culture e società diverse dalla propria». «Non possiamo essere insensibili verso le famiglie, verso tutti i nostri fratelli e sorelle rifugiati», ha detto ancora Bergoglio. «Siamo chiamati ad aiutarli, aprendoci alla comprensione e all’ospitalità. Non manchino in tutto il mondo persone e istituzioni che li assistano: nel loro volto, è impresso il volto di Cristo».



Un sistema europeo per il diritto d’asilo
la Repubblica, 20-06-2013
Cecilia Malstrom
Caro direttore, gli Stati europei hanno l’obbligo giuridico e morale di offrire protezione e libertà ai rifugiati provenienti sia dal nostro continente che da altri paesi: l’Unione europea ha appena adottato un pacchetto di importanti riforme legislative che garantirà meglio i diritti delle persone in fuga dalle persecuzioni. Ciò dota l’Ue di un sistema europeo comune di asilo.
La Commissione europea, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno lavorato per anni alla definizione di un quadro giuridico completo per il trattamento dei richiedenti asilo. Il recente accordo sulla riforma del sistema europeo di asilo rappresenta un risultato di grande rilievo e rende omaggio alla volontà e alla determinazione politica di quanti, per quasi cinque anni, hanno partecipato a negoziati spesso difficili. Ricorda che l’Unione europea si fonda su valori che sanciscono il rispetto dei diritti umani e dello Stato di diritto, e dimostra che, anche in tempi di crisi economica, la promozione del diritto di asilo è al centro degli sforzi dell’Unione per costruire uno spazio di libertà e giustizia.
Fino ad oggi la nostra politica in materia di asilo era un’opera imperfetta e incompleta. Le marcate differenze tra i vari paesi dell’Unione nell’esito delle domande di asilo, nelle condizioni materiali in cui i richiedenti asilo sono accolti e nei diritti procedurali ad essi riconosciuti avevano ormai compromesso la credibilità e l’efficacia del nostro sistema.
Questa situazione è ingiusta sia per i richiedenti asilo sia per i paesi che li accolgono; è anche uno dei principali motivi per cui un piccolo numero di Stati membri ricevono una quota sproporzionatamente elevata del totale di richiedenti asilo. Attualmente infatti nell’Ue, il 90% di tutte le domande di asilo sono presentate in solo sei Stati membri – di cui tre grandi, come la Francia, la Germania e il Regno Unito, e tre piccoli, come il Belgio e la Svezia e l’Austria.
Il quadro giuridico che abbiamo appena adottato contiene norme comuni dettagliate che definiscono criteri chiari per l’esame delle domande di asilo, procedure più efficaci e migliori condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo.
Sono introdotte garanzie specifiche per determinate categorie di persone vulnerabili, in particolare i minori e le vittime di tortura o violenza, ed è ora espressamente stabilito che gli Stati membri si astengano dal trattenere i richiedenti asilo.
Per quanto riguarda coloro la cui domanda di asilo è stata accettata e a cui pertanto è concessa la protezione internazionale, le nuove norme armonizzano i vantaggi connessi a tale status, in particolare rafforzando i diritti di soggiorno e facilitando l’accesso all’occupazione e all’assistenza sanitaria.
Tali cambiamenti dovranno ora essere attuati in tutta l’Unione per garantire che le norme comuni vengano applicate in pratica. Nei prossimi anni i nostri sforzi si concentreranno sulle misure pratiche volte a garantire norme elevate in tutta l’Unione.
Oltre a dover difendere i valori umani a favore dei propri cittadini, l’Unione europea ha un ruolo di primo piano da svolgere nella comunità internazionale, accogliendo quanti cercano rifugio da guerre e persecuzioni. Abbiamo l’obbligo di trattare ogni persona in modo umano e di offrirle – se si ritiene che abbia diritto alla protezione – la prospettiva di una vita dignitosa e la possibilità di apportare un contributo alla nostra società, qui in Europa. Sono certa che il quadro giuridico per la politica comune europea in materia di asilo da noi concordato ci aiuterà a concretizzare tale aspirazione.
L’autrice è commissaria per gli affari interni dell’Unione europea



Mario Marazziti
«La mia proposta è creare un corridoio umanitario internazionale, un tratto pattugliato,
in modo che chi fugge da guerre e persecuzioni passi di lì»
«Lampedusa sia frontiera di accoglienza europea»
l'Unità, 20-06-2013
intervista di Jolanda Bufalini
ROMA Sente un po’ di nostalgia per la comunità di Sant’Egidio, a cui non ha molto tempo da dedicare, però il lavoro parlamentare gli piace molto mentre, al contrario, non lo appassionano le questioni del gruppo. Mario Marazziti, eletto con Scelta civica, è una matricola della Camera, anche se ha fatto molta politica. «Penso dice che il 60% dei parlamentari fa parte del partito che vorrebbe fare cose utili al Paese, però, tutte queste persone, sotto il cappello dei partiti, diventano minoranza». Si diverte a ricordare l’occupazione grillina dell’aula del Mappamondo, quando era in corso la commissione speciale: «Chiesi al presidente di smentire l’occupazione, visto che i nostri lavori non si erano interrotti e i deputati M5S erano nel pieno diritto di stare». Il suo «fare cose utili» si concentra sul tema dei migranti: la legge sulla cittadinanza, che «è bene sia di iniziativa parlamentare, per sollevare il governo da una questione che non è nelle urgenze del programma». La questione degli sbarchi. Nella informativa del governo Angelino Alfano ha affermato che l’incremento de-
gli sbarchi ha origine nelle instabilità politiche. È d’accordo?
«Ho molto apprezzato il cambiamento di registro, finalmente è stato abbandonato il linguaggio del disprezzo. Quello che ha detto il ministro è giustissimo, i 60.000 sbarchi del 2011 corrispondono alle Primavere arabe, negli sbarchi di quest’anno cominciano ad arrivare i siriani. Dal mare arriva chi scappa dalle guerre, eritrei, somali, Mali. Nel 2011 arrivavano pakistani e bangladeshi che lavoravano in Libia. È un problema strutturale che non ha nulla a che vedere con la migrazione economica. Alfano ha usato una espressione molto efficace: Lampedusa è il Check Point Charlie, l’ingresso al mondo libero dal Sud del Mediterraneo».
Come gestire questo Check Point?
«Ho proposto due cose, la prima è fare di Lampedusa una frontiera di accoglienza europea, ci vuole una governance europea del problema dei perseguitati. La seconda è volta a ridurre le tragedie e a contrastare i trafficanti. Sono 19.000 le morti accertate nei viaggi della speranza, 3000 delle quali, soltanto nel 2011, nel Canale di Sicilia. A questi numeri va aggiunto quello degli scomparsi, di cui non si è mai saputo più nulla. La mia proposta è creare un corridoio umanitario internazionale, un tratto pattugliato, così che chi fugge sappia che può passare di lì».
La cittadinanza. Il progetto del Pd si basa sullo Ius soli, la proposta di Scelta civica sullo Ius culturae, ma perché un bambino nato in Italia deve dimostrare di essere italiano?
«La nostra proposta non è solo Ius culturae, nella sua prima parte è uno Ius soli temperato. Si prevede che sia italiano chi nasce in Italia, se uno dei due genitori è regolarmente nel paese da cinque anni. Questo dovrebbe tranquillizzare chi teme che si venga a partorire qui. Inoltre, anche chi non è nato in Italia può diventare italiano, compiuto il ciclo della scuola dell’obbligo o acquisito un titolo di studio o professionale, nel periodo fra i 18 e i 21 anni. Questo dovrebbe tranquillizzare chi teme una perdita di identità: la cittadinanza si acquista in forza dell’attrazione della cultura italiana, è così che è nata l’Italia, sulla base di un patto di volontà e di cultura. Il 71% degli italiani, secondo l’ultimo «Studio Elettorale», è d’accordo sulla cittadinanza ai figli di immigrati nati in Italia».
Il problema dei figli richiama quello di padri e madri che restano stranieri.
«Dobbiamo adeguare la nostra legislazione agli standard europei. Oggi il tempo medio per avere la cittadinanza italiana è 15 anni (10 per legge più gli anni per espletare le pratiche). Secondo noi si deve ridurre a cinque gli anni e si devono rivedere i vincoli di reddito, ci sono giovani laureati, figli di immigrati diventati italiani, che non hanno le condizioni di reddito. Su 4 milioni e mezzo di immigrati stabili in Italia, di cui 2 milioni con permesso a tempo indeterminato, nel 2010 le cittadinanze sono state 65.000. È un processo troppo lento e, ora, fra difficoltà economiche e burocratiche stiamo perdendo perché se ne vanno gli stranieri integrati, che producono un nono del Pil e danno allo Stato, fra tasse e tributi, sette miliardi e mezzo l’anno».
Sembra che in Scelta civica ci siano venti di scissione. Cosa ne pensa?
«Penso che il problema sia quel 50% di elettori che non vota e che il problema dei partiti sia nell’offerta politica che, evidentemente, non è adeguata. Ci vuole una casa più grande per un mondo popolare, cattolico, sociale, umanista, liberale e egualitario. Per fare questo non mi pare si possa partire da una scissione».



RIFUGIATI, NON CLANDESTINI UNA BATTAGLIA DI CIVILTA'
la Repubblica,20-06-2013
Paolo Izzo
Roma. IN occasione della Giornata mondiale del Rifugiato è bene ricordare che due dei dodici referendum proposti dai Radicali nelle ultime settimane riguardano il tema dell’immigrazione. Le nostre autorità, che spesso omettono di valutare lo “status di rifugiato” dei migranti in arrivo da Paesi in guerra o da condizioni di vita insostenibili, si valgono della introduzione di un reato inesistente: quello di clandestinità. I referendum sono volti ad abrogare proprio questa norma assurda che punisce una condizione piuttosto che una condotta e gli articoli che legano indissolubilmente la possibilità di restare nel nostro Paese alla stipula di un contratto di lavoro, con ciò costringendo centinaia di migliaia di migranti al continuo ricatto dei datori di lavoro oppure a sottomersi al lavoro nero o alla microcriminalità.



Profughi, la storia di un afgano e di un sistema al collasso
Nel 2012 l'Italia ha avuto 15.715 richieste d'asilo, in forte calo rispetto al 2011 (37.350). A raccogliere la storia di Khaled è il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir). In Italia i richiedenti asilo dovrebbero essere accolti nel sistema SPRAR, gestito dal  Viminale con l'Anci: un sistema con servizi per l'integrazione. Ma i posti sono solo 3.700 posti. E comunque la permanenza nei CARA non dovrebbe superare i 35 giorni
la Repubblica, 20-06-2013
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Questa è la storia di un giovane afgano e di un sistema al collasso, che non mantiene le promesse e viola la legge. Il giovane lo chiameremo Khaled, ha 28 anni ed è un richiedente asilo. Il sistema in tilt è quello dell'accoglienza italiana, che dovrebbe garantire ospitalità e protezione. "Dovrebbe", perché in realtà non lo fa. Mancano le risorse. La via crucis di Khaled sta a lì a testimoniarlo, nel giorno (20 giugno) in cui in tutto il mondo si celebra la giornata del rifugiato.
La via crucis di Khaled. Nel 2012 l'Italia ha avuto 15.715 richieste d'asilo, in forte calo rispetto al 2011 (37.350). A raccogliere la storia di Khaled è il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir). Khaled arriva in Norvegia dall'Afghanistan il 18 febbraio 2009. Presenta domanda d'asilo e lavora per tre anni. Il 30 novembre 2012, dopo il diniego alla sua domanda d'asilo, viene rimpatriato forzatamente in Afghanistan. Arriva a Kabul, dove non può farsi vedere perché ha problemi con i talebani. Già suo fratello è stato sequestrato e non ne ha più notizie. Teme per la sua vita. Cerca allora un trafficante che gli permetta di tornare in Europa. Paga 5.000 euro, attraversa il confine con il Pakistan, da lì in Iran e Turchia. Poi si sposta in Grecia, dove le condizioni per ottenere asilo sono difficilissime. Cerca di attraversare l'Adriatico via mare, ma non ci riesce. Si incammina allora a piedi attraverso Macedonia, Serbia, Croazia. Arriva finalmente a Trieste, ma qui gli dicono di tornare dopo 3 mesi per la formalizzazione della sua domanda d'asilo. È troppo il tempo da aspettare e un suo amico gli consiglia di andare a Roma.
L'Italia non accoglie. Il 22 maggio scorso arriva a Roma e si presenta alla questura. Tutti i giorni alle 6 di mattina è davanti allo sportello, ma non riesce mai a entrare. Gli dicono sempre di tornare il giorno successivo. Solamente il 29 maggio 2013 riesce a presentare richiesta d'asilo in Italia. E il 12 giugno fa la verbalizzazione alla questura di Roma. Non viene però informato dei diritti a lui riconosciuti come richiedente asilo in termini di accoglienza. Per legge la questura dovrebbe mandare una richiesta alla prefettura per trovargli un posto o dargli un sostegno in denaro.
L'intervento del Cir. Khaled si presenta al Cir il 3 giugno. Il ragazzo è in condizioni critiche e viene inviato per accertamenti medici al pronto soccorso del San Giovanni. Il Cir prova a inoltrare una richiesta di accoglienza alla prefettura e all'Ufficio immigrazione del comune di Roma. La prefettura gli dice di ritornare il 26 giugno. Il risultato? Oggi Khaled sta ancora dormendo in un parco, nonostante le gravi condizioni di salute.
Le regole dell'accoglienza. In Italia un richiedente asilo dovrebbe essere accolto nel sistema SPRAR, gestito dal ministero dell'Interno in convenzione con l'Anci: un sistema di accoglienza diffusa, con servizi che facilitano l'integrazione degli ospiti. Lo SPRAR nel 2013 offre solamente 3.700 posti distribuiti in 151 centri di accoglienza. Questi posti dovrebbero a breve essere portati a 5.000. Chi non trova posto nello SPRAR viene accolti nei CARA, a diretta gestione del Viminale e delle prefetture. L'accoglienza nei CARA dovrebbe essere o per il tempo strettamente necessario al passaggio nello SPRAR o quando un richiedente asilo è stato fermato per aver eluso i controlli alla frontiera. In ogni modo la permanenza nei CARA non dovrebbe superare i 35 giorni. Nella prassi molte persone rimangono anche più di un anno in questi grandi complessi che sono allestiti in strutture prima dedicate ad altre funzioni, da ex edifici industriali a ex aree aeroportuali militari, attrezzati nella maggior parte dei casi con container e prefabbricati. Qualora non ci sia posto né nel circuito dello SPRAR né in quello dei CARA, la legge prevede che i richiedenti asilo ricevano un contributo economico giornaliero dalle prefetture. Tutto questo sulla carta.
"Un sistema al collasso". "Noi lavoriamo con diverse prefetture sul territorio e sappiamo che si trovano in estrema difficoltà - sostiene Christopher Hein, direttore del Cir - il sistema di accoglienza italiano è al collasso, non ha più posto per inserire richiedenti asilo e sono molti anche i rifugiati che si trovano esclusi. Ma questa disfunzione non la possono pagare sulla pelle le persone. Quello che sta avvenendo è una scandalosa violazione dei diritti dei richiedenti asilo. Vi rendete conto cosa possa significare trovarsi a dormire settimane per strada quando si arriva in Italia per chiedere protezione? Ci troviamo di fronte a persone estremamente vulnerabili scappate da guerre, violenze e persecuzioni. Si stima che 1 su 4 dei richiedenti asilo che arrivano in Europa abbia subito esperienze di tortura, e a queste persone che hanno subito traumi devastanti l'Italia dà una risposta a dir poco inadeguata".



Una marea in fuga che chiede di non essere dimenticata
Dalla direttrice esecutiva del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (WFP)arriva questo intervento in occasione della Giornata mondiale dei rifugiati. "I siriani non sono i soli a subire le terribili sofferenze dell'abbandono della propria casa per spostarsi  all'interno del proprio paese o addirittura superandone i confini"
la Repubblica, 19-06-2013
ERTHARIN COUSIN *
ROMA - Per oltre due anni, il mondo è stato testimone degli spostamenti di milioni di siriani spinti ad abbandonare le proprie case in fuga dalla violenza e in cerca di salvezza. Molte famiglie sono state costrette a spostarsi più di una volta, portando con sé solo il minimo necessario. I bisogni dei siriani colpiti dal conflitto sono enormi, quasi troppo grandi per poter essere compresi del tutto: entro la fine dell'anno, il Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (WFP) prevede di fornire assistenza alimentare a sette milioni di persone, in gran parte sfollati o rifugiati nei paesi vicini.
Ma i siriani non sono i soli. I siriani non sono i soli a subire le terribili sofferenze dell'abbandono della propria casa per spostarsi  all'interno del proprio paese o addirittura superandone i confini. Ogni giorno, lavoro con colleghi che operano in alcune delle zone più isolate e pericolose del mondo. Mi ricordano che la Giornata Mondiale del Rifugiato deve farci riflettere sul fatto che ogni donna, uomo e bambino che ha abbandonato la propria casa, la famiglia, il lavoro, la scuola e la vita precedente in cerca di sicurezza e salvezza ha bisogno della nostra attenzione e, soprattutto, della nostra assistenza.
Quella donna del Mali. Lo scorso anno, mi è capitato di parlare con una donna maliana che riceveva il cibo del WFP nel campo rifugiati di Menghaize, in Niger. Questa donna aveva lasciato il Mali con i suoi bambini mentre infuriava un combattimento; mi disse che le mancava la casa, ma almeno lei e i suoi bambini erano in salvo. In Ruanda, rifugiati dall'est della Repubblica Democratica del Congo hanno lasciato tutto pur di fuggire dagli scontri. In Bangladesh, i rifugiati Rohingya dal Myanmar cercano rifugio dalla violenza contro le loro comunità. In America Latina, l'Ecuador ospita il più alto numero di rifugiati dell'emisfero occidentale e ogni mese se ne aggiungono altri provenienti dalla Colombia. Il Kenia continua ad ospitare moltissimi somali. Tutti loro non possono fare ritorno a casa.
Il lavoro del WFP. Che ha fornito assistenza alimentare a quasi 10 milioni di rifugiati, sfollati e a quanti sono stati fortunati da poter far ritorno a casa. Questo cibo, insieme agli altri aiuti forniti dai nostri partner, danno un po' di sicurezza a vite altrimenti incerte. Come comunità internazionale dobbiamo continuare a far sentire la voce degli sfollati e dei rifugiati ovunque. Che siano in fuga da conflitti, da disastri naturali o dalla fame, non dobbiamo mai dimenticarci di loro.  
* Ertharin Cousin è ia Direttrice Esecutiva del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (WFP)



Un'altra leghista «spara» Stavolta sui clandestini
Alfano lancia l'allarme Lampedusa: «2.670 arrivi in un mese». Una padana scherza sugli immigrati aggrappati alle gabbie: motivo per non mangiare tonno
Libero, 20-06-2013
ANTONIO CASTRO
Ogni estate l'emergenza si ripete. Lampedusa esplode e l'Italia si trova alle prese con gli sbarchi. A far di conto sugli arrivi di im - migrati e rifugiati (molti giungono da Paesi in guerra) è stato ieri il ministro dell'Interno Angelino Alfano: «Nel mese di giugno», ha riepilogato, «sono state 2.670 le persona giunte in Italia. Che si aggiungono alle 4.300 arrivate nei primi 5 mesi». Non siamo all'esodo di massa ma gli sbarchi - o i soccorsi in acque territoriali - stanno mettendo a dura prova le strutture di prima accoglienza. In particolare a Lampedusa. Nei centro di Contrada Imbriacola ieri erano stati censiti oltre mille ospiti (nonostante l'avvio dei trasferimenti), peccato che la struttura possa ospitarne effettivamente solo 250.
Alfano, in una informativa alla Camera, ha spiegato che il flusso di migranti «interessa in gran quantità profughi da Paesi con in stabilità politica» e non riguarda solo motívi economici. Questa circostanza, dice Alfano, «merita una riflessione. Sei migranti si sottraggono a persecuzioni e conflitti in temi le misure non possono sfuggire alla necessità di venire a capo di alcuni ineludibili nodi. Serve una revisione del regolamento di Dublino che intervenga sul principio per cui spetta allo Stato di primo approdo la respon- sabilità dell'accoglienza. Diremo in Europa che Lampedusa non è solo la frontiera italiana ma segna il confine tra dove comincia l'Africa e dove comincia l'Europa».
Le foto con i migranti, appesi per sopravvivere alle reti di accrescimento dei tonni, hanno fatto il giro dei mondo. Il problema che ogni anno si ripete - c'è bonaccia in questo tratto di mare tra maggio e giugno e quindi aumentano i tentativi di traversata - non trova ascolto a Bruxelles, però suscita sdegno la battuta al vetriolo di una candidata leghista (non eletta) che ha pensato bene di cavalcare un dramma forse per farsi un po' di pubblicità. Insomma, Lega di nuovo nel caos per un commento choc sugli immigrati. «Quindi», ha scritto in un infelice post su Facebook, tempestivamente cancellato Anna Giulia Giovacchini, leghista di Monza, «le gabbie dei tonni non solo uccidono i poveri pesei, ma danneggiano direttamente anche gli italiani, vegetariani e onnivori. Un motivo in più per non mangiare tonno», ha sentenziato. L'infelice post però è stato notato da un consigliere comunale che ha chiesto al segretario provinciale del Carroccio di intervenire. E dopo l'invito a stuprare - scritto sempre da una simpatizzante leghista la scorsa settimana- anche i duri e puri padani fanno attenzione a cosa scrivono i simpatizzanti. Dalla Lega Nord arriva un netto e chiaro «ci dissociamo» della Giovacchini. «Commenti cosi cruenti non rappresentano la linea del movimento», garantisce Dionigi Canobbio, segretario provinciale del Carroccio di Monza e Brianza. «Ogni tanto abbiamo dei "geni" che usano la fantasia per scrivere questa "cazz.. te" su Facebook». Resta da vedere se saranno presi provvedimenti (come l'espulsione votata per la leghista veneta che aveva parlato di stupro a Cécile Kyenge). «Per ora no. Ma se continua a scrivere cose di quel genere,valuteremo».
Infelici battute a parte, i numeri degli sbarchi rappresentano il doppio di quanti ne erano arrivati nel 2012. Secondo Flavio Di Gia-como, dell'Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) «sono 7.200 i boat people arrivati via mare sulle coste italiane nel corso del 2013». Un po' più alto di quello fornito dal ministro dell'Interno (6970 persone). L'anno scorso il totale di arrivi dal mare è stato di circa 13.200 persone in tutto il 2012. Secondo l'Oim, nel 2013 «siamo tornati ai livelli di qualche anno fa. Nel 2012 e'era stata una frenata dovuta al fatto che dopo la guerra in Libia i trafficanti non erano organizzati, evidentemente ora l'organizzazione è più efficace».
Racconta una strage silenziosa la stima fornita da Migrantes che proprio oggi, per paradosso, celebrerà la Giornata mondiale del ri - fugiato. Il direttore generale mons. Giancarlo Perego, stima che con gli ultimi ritrovamenti si sia arrivati «a oltre 20mila molti nel Mediterraneo».



Immigrazione: trasferimenti da Lampedusa
Notte di ponti aerei, in Centro accoglienza restano 529 migranti
(ANSA) - LAMPEDUSA (AGRIGENTO), 20 GIU - Notte di ponti aerei e trasferimenti di migranti da Lampedusa (Ag). Con due diversi voli sono stati trasferiti a Cagliari 220 extracomunitari, mentre 159 sono stati portati, con l'aliscafo, a Porto Empedocle da dove 150 sono stati scortati a Mineo, mentre 9 tunisini sono rimasti ad Agrigento, in attesa di essere rimpatriati, e 8 sono stati trasferiti all'aeroporto di Palermo per essere imbarcati su un charter. Al centro d'accoglienza, al momento, rimangono 529 migranti.



L’urlo di Lampedusa: vogliamo normalità
Avvenire, 20-06-2013
Claudio Monici

Una giornata normale, viste le belle previsioni del tempo. Nulla di nuovo sotto questo cielo quando vi trovate su un’isola dondolata in mezzo al mare, d’estate, con una eccezionale alta pressione che invita i villeggianti a godersi le loro meritate vacanze, distesi sulle fantastiche spiagge di Lampedusa.
Ma anche una «giornata normale», viste le stesse condizioni climatiche, che, proprio perché ci troviamo più o meno a metà strada tra due placche continentali quella europea e quella africana, invitano altri protagonisti a solcare questo catino calmo, da sud del mondo a nord dello stesso mondo.
Storia che si ripete, e tra poco saranno anche vent’anni, con i criteri e i numeri cui siamo stati abituati a sentir parlare di «emergenza sbarchi a Lampedusa». E allora è così che a Lampedusa l’altra notte, dal mare del sud, ne sono stati portati altri 97, tra cui un minore e 20 donne, sei erano in stato di gravidanza; poi nove migranti, giovani maschi magrebini, sono arrivati a metà pomeriggio, soli soletti con una piccola barca; mentre una cinquantina di persone le attendavamo per la tarda serata.
Dunque una giornata normale, «nessuna emergenza clandestini e nessuno sbarco» di ipotetici invasori, continuano a insistere autorità locali, sindaco per primo, e albergatori nel pieno della stagione estiva che promette bene, quest’anno e finalmente, almeno fino a tutto il mese di luglio, dopo gli anni della «passione» e delle camere disdette dai titoli emergenziali strillati sui giornali e dentro i telegiornali nostrani.
Sono diversi i fattori che regolano questi flussi migratori irregolari, il tempo meteo, le regole dei trafficanti e le guerre combattute, ma identico da sempre è quello che avviene in mare sulla porta di Lampedusa: «Il soccorso in mare, quando ci viene segnalato da una richiesta di soccorso, avviene nello spirito della marina e della Convenzione di Amburgo, che stabilisce e regola le operazioni di intervento nelle cosiddette aree di ricerca e soccorso in mare», ci spiega dal comando della Guardia costiera, il capitano di fregata Filippo Marini, addetto alle relazioni esterne.
Perché a Lampedusa sono rari i cosiddetti e sbrigativi «sbarchi», il più delle volte si tratta di operazioni di soccorso in mare aperto, non appena si ha notizia che un natante in difficoltà trasporta centinaia di persone, troppe, più di quanto dovrebbe, è dunque è a rischio di affondamento. Bisogna solo intervenire, prima che accada la disgrazia, che si preannuncia con la barchetta che beccheggia malamente da un’onda all’altra, pronta a colare a picco, come tante volte è già successo.
Una «giornata normale», gli arrivi di ieri, in fondo, sono stati «solo» più o meno 150. Ma è che si sono andati ad aggiungere ai mille e più che già stavano accampati nel Centro di prima accoglienza dell’isola, in contrada Imbriacola, semmai vero nucleo di una emergenza da risolvere: «Che svuotino il secchio per poterlo riempire nuovamente», sentenzia la voce di un pescatore.
Per questa ragione, ieri sono cominciati i trasferimenti. In serata sono sbarcati a Cagliari i primi 110 profughi arrivati da Lampedusa. Gli altri 110 arriveranno oggi.
«Grazie all’esperienza accumulata in anni di soccorso e accoglienza di queste persone, abbiamo imparato ad affrontare il fenomeno migratorio, noi, le forze dell’ordine che ci danno una mano. Una testimonianza di capacità che è ci è stata riconosciuta in campo internazionale – osserva il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini –. Ma io mi chiedo perché mai ogni volta si torna a parlare solo di emergenza a Lampedusa, come se fosse una novità, invece di essere tutti pronti a snellire la pressione sul nostro Centro? E poi mi chiedo se anche la rete di accoglienza nazionale funziona come dovrebbe, in modo che non venga interrotto questo meccanismo di prima assistenza deve funzionare come un orologio».
Sono ben altre le emergenze a Lampedusa, avverte il sindaco, e riguardano vita e esigenze degli isolani: «Il vero problema da risolvere è rendere più snelli e rapidi i trasferimenti dei migranti dall’isola, per impedire che si vengano a creare situazioni tappo con un centro di prima accoglienza che può solo ospitare 381 persone, mentre invece già ce ne sono più di mille».
Dello stesso parere è il deputato regionale siciliano Fabrizio Ferrandelli, giunto a Lampedusa per una ispezione nel Centro di prima accoglienza: «Dentro ho trovato un clima sereno tra gli ospiti, e vera abnegazione nel personale che lo gestisce. Il problema sta solo nel trasferimento dei migranti che dovrebbe avvenire entro le 72 ore dal loro arrivo. Ma la media giornaliera di trasferimenti col ponte aereo è di circa 200 persone al giorno, poche. E se il mare ne porterà ancora, dove li accogliamo? Non possiamo permetterci di giocare con le vite umane. La storia di Lampedusa ci deve avere insegnato qualcosa, credo».



Cristian ha preso la cittadinanza, ora lavoriamo sugli altri casi come il suo
Corriere della sera, 20-06-2013
Khalid Chaouki
Finalmente ieri Cristian Ramos ha giurato presso l’anagrafe di Roma per il conferimento della cittadinanza italiana! Sono felice di aver preso parte a questo giuramento che è stato per tutti una grande festa. Ringraziamo il ministero dell’Interno e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per il felice esito di questa complessa vicenda che, speriamo, sia di buon auspicio per una riforma globale della legge sulla cittadinanza; di casi simili a quello di Cristian ce ne sono diversi, dobbiamo perciò lavorare per colmare i vuoti legislativi, con regole chiare che evitino umilianti discriminazioni a chi già deve sostenere battaglie quotidiane più faticose di quelle di altri…
La vicenda di Cristian è stata ripresa da molti media e giornali, a cominciare dal Corriere della Sera. Ricorderete del ragazzo affetto da sindrome di Down, nato in Italia e di nazionalità colombiana, al quale è stata negata la cittadinanza italiana in quanto considerato incapace di intendere e volere, e dunque impossibilitato a pronunciare il giuramento sulla nostra Costituzione.
    Ieri mattina, Cristian ha pronunciato presso l’anagrafe di Roma, con fatica ma precisione, il giuramento e da oggi è ufficialmente cittadino del nostro Paese!

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