Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

01 giugno 2012

IMMIGRATI: 11 FERMATI A TERRA DOPO SBARCO NELL'AGRIGENTINO
(AGI) - Agrigento, 1 giu. - Sbarco di immigrati lungo la spiaggia di Seccagrande a Ribera (Agrigento). I carabinieri hanno fermato undici persone, tutte di provenienza maghrebina e che con ogni probabilita' sono state lasciate sulla costa all'alba da un'imbarcazione poi allonatanasi. Sul litorale non ne e' stata trovata traccia. I carabinieri e la Guardia costiera hanno avviato le ricerche sia in mare per individuare il natante sia a terra per rintracciare eventuali altri migranti. (AGI)



Sikh, romeni e musulmani. L’immagine simbolo del sisma
Dietro la tragedia anche le storie dei lavoratori immigrati
Emergenza multietnica. Per strada si possono incontrare arabi, romeni marocchini o indiani sikh che provengono dal Punjab
Tutti in strada per paura del terremoto
La Stampa, 01-06-2012
Gianni Riotta
MODENA Ogni terremoto ha una sua immagine, che rimane per sempre, nel ricordo e nella storia. Di Messina, 1908, stima delle vittime tra 90 e 120.000 morti, abbiamo vecchie pellicole color seppia con i marinai russi della flotta del Mediterraneo, agli ordini dell’ammiraglio Livtinov, che con le corazzate Slava e Cesarevic e l’incrociatore Makarov portano i primi soccorsi. Del Belice, 1968, ricordiamo Cudduredda, la bambina di Gibellina che, estratta viva dalle macerie, muore in braccio a un vigile del fuoco piangente, il cronista Sergio Zavoli a due passi. L’Irpinia ci scuote con il grido di denuncia dei ritardi nei soccorsi del presidente Pertini, il Friuli per l’ordinata ripresa, l’Aquila con il frontone del Palazzo del Governo demolito, metafora dell’Italia smarrita.
Se dovessi scegliere un’immagine tra quelle che ho visto in giro per San Felice, Mirandola, Cavezzo, Medolla, nella Bassa Modenese, penserei ai sikh, gli operai venuti dal Punjab a lavorare da noi, seguaci della religione fondata nel XV secolo dal Guru Nanak Dev Ji, con i loro turbanti, persuasi che la fede in un dio supremo, e una vita laboriosa e onesta, siano destino dei giusti. Hanno pregato insieme per un loro compagno caduto in un capannone. O i ragazzi rumeni che chiedono alle telecamere: «Inquadrateci, poi diteci quando andiamo in onda e così mamma vede che siamo vivi». O i maghrebini: saldatori, vetrai, manovali che, incrociando le schede telefoniche, provano a rassicurare casa.
Meriterebbero di andare nell’album di una tragedia tutti i 17 morti, i 350 feriti, i 15.000 sfollati che il Fato ha tolto a una routine bonaria di dovere, famiglia, benessere. I tecnici del business biomedicale, il secondo del pianeta, che al telefono raggiungono i clienti in tutto il mondo, valvole cardiache, strumenti per la dialisi, rassicurando che presto la produzione ripartirà. Sanno che milioni di malati, in cinque continenti, hanno bisogno dei loro prodotti, sanno che in sei mesi possono perdere il mercato a vantaggio dei concorrenti, sanno che tantissimi in Italia vivono dei frutti della valuta che importano. Chiamano Los Angeles, Pechino, Melbourne dalla tenda in via Libertà di Cavezzo, dal campo di calcio di Mirandola, dalla roulotte: «Tutto ok, gli ordini partono prestissimo, davvero tutto a posto qui, business as usual…» e controllano i figli sul prato.
Ho visto gli anziani, con la cannula dell’ossigeno, in cerca di farmaci mentre il dottor Borelli di Medolla, farfallino al collo, si sgola per far arrivare una farmacia mobile. Chi ha bisogno di un catetere, chi soffre il caldo della tenda, chi deve andare in ospedale per le piaghe. Nessuno si lagna, generazione Giobbe.
Gente come il giornalista Carlo Marulli, tra i fondatori del quotidiano «Il Foglio» a Bologna nel 1975, con gli intellettuali del Mulino, Pedrazzi e Gorrieri, poi alle riviste della satira, Il Male, Cuore, e ora in campagna nella Bassa, che dai tweet @carlomarulli illustrati con irriverenza dai baffi di Stalin, sfollato con una figlia piccola, nota come sembrino «allegri i parchi pieni di tende», con gli anziani a chiacchierare e i bambini, felici di non avere scuola, a contendersi le altalene.
Un’illusione di festa, certo, una sagra paesana che la dignità emiliana tiene moltissimo a rappresentare davanti ai forestieri, ma la tragedia incombe nella domanda che è diventata saluto: «La casa è su? ». «La casa è su» vuol dire la vita riprenderà presto, «la casa non è su» allunga la precarietà. La comunità tiene insieme tutti: lacrime, sorrisi, pacche sulla schiena. Forse la crepa più profonda, su cui noi dinosauri dell’informazione e pronipoti del web dovremmo insieme riflettere, con umiltà, è quella che divide la realtà in Emilia dalla sua rappresentazione nei media. Parata sì, parata no del 2 Giugno sui siti: in Emilia nessuno ne parla. Un pensionato mi ha detto: «Senta, al massimo, visto che non vogliono a Roma le Frecce tricolori che a me piacciono tanto, perché non le mandano qui a sorvolare l’Emilia, a salutarci, il 2 giugno? Mi promette di farlo sapere al presidente Napolitano? ». Mantenuto, signor Guido.
Capannoni sicuri o no: in Emilia tutti son certi che ora non son più sicuri, ma, come dicono al Genio Civile, «prima li testavamo contro il vento, il solo rischio, erano a norma delle leggi che esistevano, chiaro adesso non vanno più bene». Potete eccepire a questa logica? Non nella Bassa.
Forse la foto che simboleggia insieme la Bassa, l’Emilia e l’Italia 2012 è quella della Rocca Estense a San Felice sul Panaro. Capolavoro dell’ingegnere militare Bartolino da Novara, così d’avanguardia che nel 1404 sa trasformare in arma strategica perfino gli argini del Po. Tre crepe, una da destra, una da sinistra, la terza dal basso, la lacerano senza rimedio. Ogni scossa la fa tremare. Da lontano i curiosi si chiedono come stia in piedi. «Sembra il vaso dei fumetti di Tom e Jerry - dicono tutto crepato, appena lo tocchi va in pezzi». Invece, finora, resiste, simbolo delle coscienze che la circondano. Potrebbe essere domani, 2 giugno, simbolo della Repubblica italiana, ricca di genio, antica di storia, maestosa per bellezza, spaccata dalle crepe della corruzione, dell’egoismo, dell’ingiustizia, scossa dalla rissa politica, eppure in piedi, bellissima.



Terremoto: moratoria nei criteri di reddito, lavoro e abitazione per i permessi di soggiorno.
È quanto chiede il Coordinamento migranti di Bologna.
Immigrazioneoggi, 01-06-2012
“Una moratoria urgente sui permessi di soggiorno in scadenza” per i lavoratori stranieri colpiti dal terremoto e rimasti senza occupazione.
È quanto chiede il Coordinamento migranti di Bologna e provincia come misura a sostegno di quei lavoratori che “per colpa della precarietà, che spinge a rischiare la vita pur di non essere licenziati, erano al lavoro” in ambienti non sicuri durante il sisma.
Senza la moratoria, si legge in una nota del Coordinamento “i lavoratori migranti rischiano di essere uguali a quelli italiani solo quando sacrificano la loro vita”. Molti stranieri, infatti, sono rimasti senza una casa, “spesso già fatiscente e insicura, in cui dormire e un luogo di lavoro dove guadagnarsi un salario”.
Nello specifico il Coordinamento chiede che “sia garantito il rinnovo del permesso e della carta di soggiorno, anche se nei prossimi 2 anni non saranno in grado di soddisfare i criteri di lavoro, reddito, abitazione previsti dal testo unico sull’immigrazione”, che “sia cancellata per i prossimi 2 anni la tassa di rinnovo del permesso” e che "sia garantito un uguale trattamento nei soccorsi e nell’assistenza, indipendentemente dal possesso di un permesso di soggiorno”.



La fuga degli immigrati: “Qui si rischia troppo”
Allarme manodopera: 3-4 mila famiglie verso il rimpatrio volontario
la Repubblica, 01-06-2012
Marco Alfieri
L’economia rischia di subire ulteriori ripercussioni dalla fuga degli immigrati
13% degli occupati, questa la percentuale di lavoratori stranieri presenti nelle aziende dell’Emilia
Molti stranieri hanno già lasciato l’Emilia
Il distretto conta 53 mila addetti per 142 milioni di euro di contributi previdenziali
Molti piccoli centri tornati a vivere grazie a loro ora potrebbero sguarnirsi"
Qualcuno la chiama la diaspora degli stranieri, altri direttamente la fuga. «Dopo la botta di martedì i miei 4 operai romeni e indiani sono scappati via, da 3 giorni non ho notizie…», racconta Sergio Ratti, titolare dell’omonimo salumificio di San Biagio, specializzato nella lavorazione e vendita di carni, pollame e insaccati.
Sami invece è un ragazzone ghanese di 24 anni, in Italia da 3. «Lavoro in una azienda ceramica», dice trafelato col vassoio in mano della mensa mobile vicino a Novi. «Mia moglie e mia figlia sono già ripartite, vediamo che succede ma qui si rischia troppo…». Vicino a Medolla, al caseificio Speciale di Camurana, mancano all’appello due lavoratori cingalesi. Anche loro fuggiti, sembra in collina…
Quel che ha cominciato a fare la crisi tre anni fa – nel cratere del mostro s’incrociano decine di cartelli affittasi e di costruzioni invendute che hanno portato al taglio di 1.200 posti di lavoro stranieri nei cantieri -, rischia di completarla il terremoto. Il modenese è una provincia di grande densità migratoria. «La forza lavoro extracomunitaria conta 53 mila addetti per 142 milioni di contributi previdenziali. Vale circa il 13,5% del totale occupati», spiega Ermes Ferrari degli artigiani Cna. Ma nei comparti ceramico, meccanico, edilizio, lavorazione carni e agricoltura salgono al 20%. A spanne indiani e pakistani nelle stalle; romeni, tunisini e marocchini nei campi e nel mattone; ghanesi, cinesi e cingalesi nei cicli di lavorazione pesante e nell’agroalimentare. Nei distretti del sisma ci sono interi paesi quieti e multietnici che adesso rischiano di sguarnirsi.
«Alcune stime parlano di 300 marocchini che starebbero rimpatriando mogli e bambini solo tra qui e San Felice», spiega una maestra della scuola di lingua per stranieri di Mirandola. Manca un censimento ma basta farsi un giro per trovare conferme. L’altro ieri girava per le tendopoli il console tunisino, offrendo viaggi gratis di rimpatrio.
Abdel, marocchino smilzo di 27 anni, lavora in un’aziendina che fa zincature a caldo. Il capannone è lesionato, non si può entrare e Abdel vorrebbe scappare via. «Molti miei amici nella meccanica se ne sono già andati in auto», racconta mentre insegue il figlioletto in bici per il campo tende davanti alle scuole di San Felice. Alcuni stranieri arrivano per il pranzo, altri dormono in auto, hanno la casa rovinata. Seduto su una sedia sotto un albero c’è Hosni, tunisino. Parla un buon italiano. «Sono qui da 12 anni», dice. Fa l’operaio alla fonderia Scacchetti e sta ancora pagando il mutuo della casa. Ha due figli e la moglie che lo guarda da lontano dalla fila del bagno chimico. «I primi ad andarsene martedì sono stati i moldavi, poi polacchi e ucraini», ci spiega con il fare di chi la sa lunga. «I maschi di solito lavorano nei campi, le donne fanno le badanti o il lavoro domestico». Sono ventimila nel Modenese. Un esercito rosa al servizio di bambini e anziani. Ma dipende anche dalle etnie. La notte del 20 maggio, quando è arrivata la prima scossa, a Carpi e Mirandola gli unici bar che hanno aperto per dare ristoro alla gente scesa in strada erano quelli dei cinesi cuor di leone. Però nelle fabbriche, nelle stalle e nei caseifici è un’altra cosa.
Umberto Franciosi della Flai Cgil di Modena ammette la fuga. «Gli italiani hanno la rete familiare, chi la casa in Romagna per tenersi distanti dalle angosce chi gli amici pronti ad ospitarli, gli stranieri no». Sono soli pur pagando un prezzo altissimo al terremoto con 3 morti (il marocchino Mohamad, il pachistano Kumar e il cinese Hou) e tanti feriti. «E’ comprensibile che qualcuno scappi via per la paura».
Nella tendopoli di piazza del mercato a San Felice, il 70% degli accampati è straniero, gli avvisi comuni sono scritti in doppia lingua, italiano e cinese. Nico sta posteggiando la sua Renault Clio davanti al recinto. E’ romeno, il figlio più grande di 12 anni con la maglietta di Ronaldo gli va incontro. «Lavoro alle Officine Borsari di Cavezzo, ringraziamo i volontari che ci assistono ma è vero che molti stanno partendo», ammette quasi a disagio. «Se continua questa psicosi potrebbero andarsene 3-4mila famiglie straniere», impoverendo le filiere produttive del territorio.
L’incertezza è una brutta bestia. A Migliarina di Carpi, sulla strada per Guastalla, c’è Italcarni, il più grande centro di macellazione dell’Emilia Romagna. 14-15mila suini macellati la settimana e poi consegnati a prosciuttifici, salumifici, industria della trasformazione e grande distribuzione. Lo stabilimento ha riaperto ieri mattina dopo due giorni di stop per le verifiche. «La struttura ha tenuto, è caduto solo un pezzo di controsoffitto in mensa», spiega l’ad Roberto Carù. In Italcarni ci lavorano 250 addetti ma più del 20% è straniero. Ci sono indiani, pakistani, cinesi e nordafricani. «Qualcuno oggi manca all’appello nel reparto produzione – continua l’ad -, la paura di rientrare è tanta…».
A Finale Emilia, altro comune piegato dal sisma, anche l’assessore alle Attività Produttive, Angelo D’Aiello, conferma la fuga. Oltre al dramma umano, sarà un problema in agricoltura. «Tra qualche settimana, non sarà facile trovare braccianti per la cura dei campi e la raccolta frutta…».



Cittadinanza: dal 25 giugno riprende la discussione alla Camera.
La conferenza dei capigruppo ha calendarizzato la discussione delle proposte dal 25 al 29 giugno.
Immigrazioneoggi, 01-06-2012
La Camera dei deputati esaminerà dal 25 al 29 giugno le proposte di legge per la modifica della legge sulla cittadinanza. È quanto ha deciso ieri la conferenza dei capigruppo su richiesta del Partito Democratico. Riprendono così i lavori sospesi circa due anni fa quando in Commissione affari costituzionali si preferì evitare spaccature all’interno della stessa maggioranza e rinviare sine die l’esame delle quindici proposte di revisione della legge n. 91 del 1992 alle quali, nel frattempo se ne sono aggiunte un’altra decina, compresa quella di iniziativa popolare presentata il 6 marzo 2012.



Le strade dei rom
l'Unità, 01-06-2012
Dezideriu Gergely Direttore Esecutivo ERRC (European Roma Rights Centre)
LA FORZA DELLA DEMOCRAZIA IN UN PAE.SE PUÃ’ FORSE ESSERE MISURATA sulla ba.se del trattamento riservato alle sue comunità più vulnerabili e non c’è dubbio che i rom siano uno dei gruppi più fragili in Italia e in Europa. Finora l’Italia ha fallito questo test a causa del trattamento riservato ai rom presenti nel Paese.
L’Italia ha dichiarato i rom una “minaccia per la società” e ha iniziato contro di essi una guerra nel 2008. Le autorità, armate dal decreto presidenziale dello stato di emergenza del governo Berlusconi, hanno iniziato un’appassionata campagna contro i rom. Sotto lo stato di emergenza i diritti fondamentali dei rom sono stati violati. I rom in Italia sono stati contati, fotografati, continuamente soggetti a sgomberi forzati, esclusi dall’istruzione, sono state rilevate le loro impronte digitali, sono stati segregati ed espulsi. Le organizzazione dei di.ritti umani e le vittime si sono chiesti “Quale sarà il prossimo passo? Costringere i rom ad indossare una fascia con su scritta una “R” di colore giallo?
Il 16 novembre 2011 è stato considerato un punto di svolta. In quella data il Consiglio di Stato, supremo organo di giustizia amministrativa, ha dichiarato illegale lo stato di emergenza. I difensori dei diritti umani e le vittime hanno celebrato questa decisione. L’Italia sta cambiando? Comincerà a vedere il lato “umano” dei rom e smetterà di considerarli soltanto un problema di sicurezza?
Il nuovo governo ha dato segnali confusi. Ha affermato di non voler ripristinare il disastroso stato di emergenza di Berlusconi. Ha anche sviluppato, su indicazione della Commissione europea, una strategia nazionale di integrazione dei rom. Strategia in cui viene espressa una chiara posizione contro il sistema dei campi. Ma allo steso tempo il governo italiano ha presentato ricorso.
Inoltre ha chiesto al Consiglio di Stato di sospendere gli effetti della sentenza dichiarante l’illegalità dello stato di emergenza in attesa che la corte di cassazione si pronunci. Sfortunatamente il consiglio di stato non è rimasto coerente con la sua decisione e ha accettato la richiesta del governo di sospendere la sentenza del novembre 2011 (almeno in parte).
Confusi? Almeno noi lo siamo...
Un punto ci è chiaro e su questo nessuno dovrebbe fare confusione: lo stato di emergenza non è nuovamente in vigore. La nuova sentenza del Consiglio di Stato ha soltanto deciso che le attività avviate con lo stato di emergenza possono essere portate a compimento. Questo avrà sicuramente un impatto negativo sulla situazione abitativa di rom e sinti che vivono nei campi formali e tollerati. Inoltre la Suprema Corte di Cassazione deve ancora esprimersi.
Per tale motivo chiediamo alle autorità italiane di non abusare di questa fase intermedia. Esse possono dimostrare di rispettare i diritti umani e la democrazia garantendo la trasparenza di tutte le decisioni che verranno prese e di tutte le attività conseguenti, consultando le comunità in merito alle decisioni che le riguardano. Le autorità italiane dovrebbero concentrare la loro attenzione e le loro energie al fine di implementare le strategie di integrazione dei rom e combattere la discriminazione piuttosto che spendersi in inutili misure di sicurezza, in piani per le case sconsiderati, segreganti e a breve termine.
Ancora una volta questa è un’opportunità per il governo italiano per dare prova del.la sua affezione per la democrazia e i diritti umani. Bisogna inoltre tenere in mente che quando si testa la democrazia in Italia “tutte le strade portano a Rom(a)”.



Rifugiati, aiuti e protezioni alle vittime di violenze e torture
E' lo scopo del progetto S. p. e. s  promosso dalla Cooperativa "Roma Solidarietà" 1 della Caritas di Roma, con il finanziamento del Fondo Europeo per i Rifugiati che ha accolto 85 richiedenti asilo tra cui 26 donne e 59 uomini. Rientra in un programma permanente per chi ha subito soprusi che si chiama "Ferite invisibili"
la Repubblica, 30-05-2012
LAURA LANDOLFI
ROMA - Dare sostegno alle vittime di tortura richiedenti e titolari di protezione internazionale. E' lo scopo del progetto S. p. e. s  promosso dalla Cooperativa "Roma Solidarietà" 2 della Caritas di Roma, con il finanziamento del Fondo Europeo per i Rifugiati che ha accolto 85 richiedenti asilo tra cui 26 donne e 59 uomini. A loro, accolti secondo una turnazione in un apposito centro che può ospitare all'incirca una ventina di persone alla volta, è stato proposto un percorso integrato fatto di supporto psicologico e inserimento socio-economico attraverso, ad esempio, la frequentazione di corsi di lingua italiana, corsi di formazione professionale, tirocini formativi e attività di riabilitazione psico-fisica. Degli 85 assistiti si registra una forte prevalenza di africani (88% del); tra i quali una forte percentuale di persone provenienti dalla Costa d'Avorio (18%) e dall'Eritrea (15%).
Il primo passo. Consiste nella riabilitazione fisica e psicologica delle vittime di violenza con screening medici e percorsi di psicoterapia individuale e collettiva (gruppo di auto aiuto). E una supervisione psicologica anche in favore di operatori dell'accoglienza e addetti ai lavori. L'attività cui sono stati poi sottoposti gli assistiti aveva lo scopo di sviluppare le capacità relazionali e l'autostima attraverso attività di socializzazione, culturali, ludiche, ricreative, sportive e di laboratorio. Dopo l'accoglienza residenziale, gli interventi (personalizzati) hanno avuto lo scopo di accompagnare i destinatari verso il  raggiungimento di una situazione alloggiativa autonoma. Molti sono stati collocati a Milano o in Emilia, altri ancora ospitati nel centro saranno ricollocati entro il termine del progetto il 30 giugno prossimo. Ben 52 destinatari (il 61%) hanno potuto beneficiare di uno o più contributi economici a sostegno del loro percorso individuale di integrazione.
Un progetto permanente. "S. p. e. s. (appunto Sostegno Psicologico e Sociale per richiedenti e titolari di protezione internazionale, vittime di tortura e violenza, ndr) rientra in un progetto permanente per vittime di violenza e tortura che si chiama Ferite invisibili", ci racconta Alfredo Geraci responsabile ala sanitaria della Caritas "in quest'ultimo caso, S. p. e. s. ci ha consentito di lavorare con vittime in un ambiente protetto e attraverso un approccio multiplo che è anche sociale e legale, questo ci ha consentito di raggiungere ottimi risultati. Possiamo dire che il coordinamento funziona". Le patologie affrontate sono "situazioni patologiche reattive a un evento traumatico" per le quali innanzitutto è necessario "togliere i sensi di colpa perché la tortura ti porta a sentirti inadeguato, senza dignità per aver subito o per aver visto la violenza. Il paziente è fuori pericolo quando diventa autonomo e può provvedere a se stesso. Quando è in grado di immaginare il futuro".
 


L'Italia fanalino di coda per gli aiuti umanitari
Tra il 2000 e il 2009 il nostro Paese è cresciuto solo dell'1,1% nelle donazioni in soccorso delle popolazioni colpite da guerre e disastri naturali. Le donazioni degli italiani sono tra le più basse in Europa. Aumenta il ruolo dei Paesi donatori extra OCSE. Diverse le ragioni: l'incapacità di  istituzioni pubbliche, organizzazioni umanitarie, fondazioni, e grandi aziende di "fare sistema", oltre ai metodi di donazione utilizzati
la Repubblica, 31-05-2012
MARTA RIZZO
ROMA - Negli anni di una delle più pesanti crisi economiche che il mondo occidentale ricordi, l'Associazione  AGIRE 1 (Agenzia italiana per la risposta delle Emergenze, che aggrega 12 delle più importanti Ong italiane) diffonde il terzo rapporto sulla quantità di denaro che le nazioni investono per gli appoggi economici nei luoghi disastrati del mondo e l'Italia ne esce come uno dei paesi meno collaboravi in questo settore. Il documento è stato presentato in un convegno a Roma presso l'Hotel Nazionale in Piazza Montecitorio e al quale hanno partecipato, tra gli altri, il professor Andrea Riccardi, Ministro per la Cooperazione internazionale e l'Integrazione.
Il valore dell'aiuto. Risorse per la risposta alle emergenze umanitarie è stato realizzato da AGIRE con il supporto e la collaborazione di ActionAid 2 e Islamic Relief 3.
I dati che affiorano dal rapporto. Il valore dell'aiuto. Risorse per la risposta delle emergenze umanitarie  sono chiari. Nelle elargizioni pubbliche per gli allarmi del mondo, il nostro Stato contribuisce davvero pochissimo: dai 358 milioni di $ del 2000, si è praticamente fermata ai 362 milioni di $ del 2009 (solo l'1,1% in più in 9 anni). I luoghi maggiormente sostenuti dall'Italia sono il Pakistan (15%) e la Somalia (13%), mentre al livello internazionale quelli più aiutati sono Haiti, Pakistan, Sudan, Etiopia e Afghanistan. Va subito chiarito che, al livello sovranazionale, le donazioni sono complessivamente meno adeguate a garantire una risposta umanitaria proporzionata all'entità delle emergenze: rispetto agli appelli lanciati dalle Nazioni Unite nel 2010, si è raggiunto infatti un tasso di mancata copertura finanziaria, pari al 37%, il più alto degli ultimi 9 anni (il paese più generoso è risultato il  Lussemburgo, seguito da Svezia e Norvegia).
Nel resto del mondo. Nel mondo, comunque, sempre nel 2010 si sono investiti 16,7 miliardi di dollari, con una crescita dell'85% dal 2000. Tutt'altra cifra rispetto a quella nostra. Se, da una parte, l'allarme dell'ONU rivela che i paesi industrializzati potrebbero impegnarsi maggiormente nella solidarietà economica verso i luoghi del mondo più feriti, dall'altra è assolutamente necessario sottolineare il sostanziale disinteresse dell'Italia, che non riesce a collocarsi nella media europea.
Le donazioni private. Sul tema delle donazioni private, poi, il rapporto mette a confronto la mobilitazione dei cittadini di 7 paesi europei nelle ultime tre maggiori crisi umanitarie (Haiti, Corno d'Africa, Pakistan). Nell'ordine, il paese più generoso è la Germania (305 milioni di dollari per Haiti,  265 per il Pakistan, 237 per il Corno d'Africa), segue il Regno Unito (182 milioni di dollari per Haiti, 121 per il Pakistan , 132 per il Corno d'Africa ), quindi l'Olanda (161 milioni per Haiti, 41 per il Pakistan, 43 per il Corno d'Africa),  la Svizzera (133 milioni per Haiti, 85 per il Pakistan, 54 per il Corno d'Africa), poi la  Francia (107 milioni di dollari per Haiti, 13 per il Pakistan e 36 per il Corno d'Africa) e finalmente l'Italia, (90 milioni di dollari per Haiti, 7 per il Pakistan, 19 per il Corno d'Africa). Per la Spagna, infine, sono disponibili solo  i dati relativi al sostegno di Haiti (175 milioni di dollari). In sostanza, per i tre più recenti disastri umanitari, ciascun italiano ha donato in media 1,5 euro. Ben superiore è stata l'offerta pro-capite in Germania (7,40 euro), Inghilterra (5,30 euro), Olanda (11,1o) e Svizzera (26,20 euro).
L'immagine dell'Italia. Dal rapporto emerge l'immagine di una nazione che non si è impegnata nelle iniziative di assistenza umanitarie degli ultimi 10 anni, siano esse donazioni pubbliche, di associazioni o di privati. E però, ancora una contraddizione evidente, dice che le prime stime del 2011 indicano un calo degli investimenti anche a livello internazionale. La diffusione di questo rapporto consente di ampliare l'osservazione a  tutti i paesi del mondo e di mettere in evidenza la debolezza intrinseca del nostro sistema, nella sua proiezione verso l'altrove da noi. "Sfatato per sempre il mito della straordinaria generosità del Bel Paese, queste cifre fanno il paio con il crollo dei fondi pubblici per l'aiuto internazionale e raccontano di un'Italia che ha perso la capacità di occuparsi da protagonista delle grandi sfide internazionali", afferma Marco Bertotto, direttore del Network di ONG AGIRE".
Le ragioni dell'arretratezza. "Tuttavia - prosegue il responsabile di Agire - interpretare questi dati come semplici indicatori della diversa generosità tra cittadini europei sarebbe sbagliato. L'Italia è diventato un paese arretrato nel campo della solidarietà internazionale per una serie di fattori concomitanti: l'invisibilità mediatica a cui sono spesso condannate le crisi umanitarie, l'incapacità dei diversi protagonisti (istituzioni pubbliche, organizzazioni umanitarie, fondazioni, grandi aziende) di "fare sistema", le caratteristiche dei metodi di donazione utilizzati (con il ricorso pervasivo agli SMS) e la scarsa abitudine, anche delle ONG, a guardare a quello che avviene al di fuori dei nostri confini". Il valore di questo rapporto, dunque, sta nel suggerire la necessità di superare gli evidenti limiti della nostra politica umanitaria, legati alle modalità di raccolta dei fondi, alla copertura mediatica delle crisi e ai difetti di coordinamento della società civile.
La novità dei paesi extra Ocse. Un importante e nuovo elemento che rileva ancora Il valore dell'aiuto è la crescente importanza dei paesi extra OCSE 4  (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) come donatori umanitari. "Il rapporto - dice Nicoletta Dentico, membro del Comitato dei Garanti di AGIRE - oltre a evidenziare contraddizioni, fornisce anche spunti di lettura positivi. Il più interessante è la constatazione che la cultura della solidarietà e dell'assistenza umanitaria ha raggiunto ormai angoli prima inesplorati del pianeta, fino a lambire paesi che un tempo erano meri destinatari delle donazioni". E' un fenomeno, questo, che richiama a una sorta di "globalizzazione dell'aiuto", consentendo di  rompere lo schema degli interventi che dal Nord si muovono verso il Sud. I paesi più prodighi sono Arabia Saudita, Turchia e Russia.
Le 12 Ong che fanno parte di AGIRE. Sono: ActionAid 5, Amref 6, Avsi 7, Cesvi 8, Cisp 9, Coopi 10, GVC 11 (Gruppo Volontari Civili), Intersos 12, Oxfam 13, SOS Villaggi dei Bambini 14, Terre Des Hommes 15, VIS 16 (Volontari per lo sviluppo).
Il rapporto Il valore dell'aiuto. Risorse per la risposta delle emergenze umanitarie viene presentato in un convegno che si svolge a Roma, mercoledì 30 maggio, alle ore 10.30, presso l'Hotel Nazionale in Piazza Montecitorio e al quale parteciperà, tra gli altri, il professor Andrea Riccardi, Ministro per la Cooperazione internazionale e l'Integrazione.
Il valore dell'aiuto. Risorse per la risposta alle emergenze umanitarie è stato realizzato da AGIRE con il supporto e la collaborazione di ActionAid e Islamic Relief. Il rapporto è disponibile sul sito di AGIRE, www. agire. it.
Il sito di Action Aid è www. actionaid. it
Il sito di Islamic Relief è www. islamic-relief. it


 

Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links