Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

5 maggio 2011

Stranieri e il problema della casa: le soluzioni della provincia di Lecce
Italia-razzismo 5 maggio 2011
La provincia di Lecce, per quanto riguarda le politiche dell’immigrazione, avrebbe da insegnare a molte provincie italiane. Da pochi giorni è stata rinnovata la Consulta Provinciale per l’immigrazione - composta dall’assessore alle politiche sociali, da tre consiglieri e dai presidenti delle associazioni del territorio – con il compito di creare una vera e propria rete tra le realtà esistenti e, attraverso questa, operare sulle criticità e trovare soluzioni condivise ai problemi delle popolazioni migranti. E, a proposito di questo importante lavoro, è stato finanziato dal ministero dell’Interno, con fondi Unrra, un progetto presentato dalla Consulta lo scorso settembre denominato “Sis – Servizi Immigrazione Salento – l’alloggio per un’inclusione solidale degli immigrati”. L’obiettivo è quello di ridurre gli ostacoli all’accesso a soluzioni abitative dignitose anche per chi, come gli stranieri, è impossibilitato a rivolgersi al libero mercato. Si prevede quindi di ampliare l’offerta di alloggi a prezzi calmierati, ma anche la costruzione di nuovi centri temporanei di accoglienza, l’utilizzo di beni immobile di proprietà degli enti religiosi, l’avvio di uno sportello con funzioni di orientamento circa le possibilità di affitto a prezzi economici e la promozione delle attività delle associazioni oltre alla creazione di momenti di incontro fra i diversi operatori per arrivare a una migliore conoscenza e risoluzione dei problemi. Più a lungo termine, poi, sono previste azioni di recupero del patrimonio immobiliare presente. Il problema della casa, in Italia, riguarda gli stranieri non meno che gli italiani. Ed è proprio per questo che decidere di destinare fondi a questo scopo è un piccolo, ma rassicurante, segno di civiltà.
 
 
Benvenuti in Italia. E la tenda diventa una galera 
Terra news 5 magio 2011
Dina Galano
La trasformazione in Centri di identificazione ed espulsione delle tendopoli utilizzate per gestire "l'emergenza profughi" è diventata operativa con la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della relativa ordinanza. Santa Maria Capua Vetere (Caserta), Palazzo San Gervasio (Potenza) e Kinisia (Trapani) sono formalmente Cie almeno fino al 31 dicembre 2011 per un costo complessivo di 10 milioni di euro. Somme che serviranno in parte (6 milioni) per gli interventi di adeguamento e manutenzione straordinaria e, nella quantità restante, per la gestione, interamente affidata alla Croce rossa italiana che è commissariata da oltre un triennio e vanta un buco di bilancio che si aggira sui cinquanta milioni di euro. Ma la tendopoli di Kinisia è vuota, S.M. Capua Vetere ospita cento migranti, San Gervasio non più di centoventi. Dalla cittadina lucana, poi, l'Osservatorio migranti Basilicata conferma che «è annunciato il trasferimento di cento persone, per cui a San Gervasio ne rimarrebbero una ventina». E che con la gestione della Cri, «il previsto passaggio delle competenze alla Protezione civile regionale è saltato».
A S.M. Capua Vetere, invece, i tentativi di fuga sono ordinari. Le associazioni che forniscono assistenza legale al centinaio di persone trattenute confermano che la situazione di detenzione nell'ex caserma Andolfato è «arbitraria». E denunciano, in un comunicato a firma della rete antirazzista, «decine di persone ospedalizzate dopo tentativi di fuga, che si sono fratturate lanciandosi dalle mura, cariche e lacrimogeni sparati nel campo, gravi tensioni e umiliazioni subite dai migranti stessi». Il senatore radicale Marco Perduca, dopo essere entrato due giorni fa nella struttura militarizzata, descrive letti rotti e sostituiti con materassi posizionati per terra; né sedie, né tavoli perché qualunque oggetto viene ritenuto pericoloso dalla polizia per la forte tensione all'interno della tendopoli. La trasformazione in Cie ha prodotto, poi, l'ulteriore beffa giuridica di convalidare il trattenimento delle persone rinchiuse ben oltre il limite di tempo consentito dalla legge. L'accoglienza, finanche quando trova luogo in una ex caserma circondata da alte mura e da un carcere militare, non può privare della libertà di circolazione. Manduria - e le sue fughe - insegna. «I migranti erano chiusi a S. Maria Capua Vetere da 6 giorni, mentre la legge prevede un termine max di 48 + 48 ore per la convalida», notano gli avvocati dei migranti. E invece, i decreti di conversione continuano a essere emessi in massa con l'obiettivo di giustificare il trattamento «ai fini dell'identificazione», come recitano tutti. «Il giudice di pace ha emesso dei provvedimenti fotocopia e in alcuni casi le pratiche risulterebbero postdatate, approfittando del passaggio da centro di accoglienza a centro di identificazione ed espulsione», denuncia Perduca. E per i cittadini stranieri, quasi tutti tunisini, che si sono trovati rinchiusi dal 18 al 23 aprile senza autorizzazione dell'autorità giudiziaria, d'improvviso si prospetta un trattenimento che può arrivare fino ai 6 mesi. Con questa proiezione, il finanziamento di 10 milioni di euro, l'affidamento della gestione dei tre progetti, sono in pochi a credere che la rimozione dei Centri prevista nell'ordinanza per il 31 dicembre 2011 sarà rispettata. Per il senatore radicale, inoltre, non è escluso che si tratti di un escamotage «per risanare il debito della Croce rossa accumulato negli anni per mala gestione e che nemmeno il commissariamento ha saputo sanare». La scelta di aprire i tre nuovi Cie, inoltre, si scontra con i numeri dell'immigrazione che la commissaria agli Interni Ue Cecilia Malmstrom ha presentato ieri a margine del piano per una politica comune europea in materia. A fronte delle 650mila persone fuggite dalla Libia, soltanto 25mila sono arrivate nel Vecchio Continente. «La temporanea reintroduzione di controlli limitati dei confini interni», ha spiegato la commissaria in riferimento alla tanto discussa area Schengen, è possibile «in circostanze particolarmente eccezionali». Un'eventuale decisione - che di fatto rappresenterebbe una sospensione temporanea degli accordi di Schengen - per Bruxelles dovrebbe essere presa in considerazione come «ultima risorsa» e decisa «a livello europeo». Ma, finora, non sembra si sia arrivato a questo punto.
 
 

Emegenza migranti, l'Ue sbugiarda l'Italia
Marco Mongiello
l'Unità 5 maggio 2011
L’Italia non è di fronte a nessuna emergenza immigrazione così ingestibile da dover invocare regole speciali dell’Unione europea o la redistribuzione dei rifugiati. Dopo mesi di allarmismo leghista il commissario Ue agli Affari interni, Cecilia Malmstrom, lo ha detto chiaro e tondo ieri a Bruxelles. Una presa di posizione così netta che persino Berlusconi, che fino a poche settimane fa parlava di “tsunami umano”, nella trasmissione “Porta a Porta” si è smarcato dalle tesi leghiste e ha affermato che «siamo un Paese di 60 milioni di abitanti e non dobbiamo avere paura dell’arrivo di qualche migliaio di persone».
Il Premier non ha comunque resistito alla tentazione di far intravedere la possibilità che gli immigrati possiamo «redistribuirli in tutta Europa», anche se ieri la Commissione ha ribadito che non esiste nessuna norma comunitaria presente o futura in tal senso, e nonostante nessun Paese europeo si sia dimostrato disponibile ad accogliere i tunisini sbarcati a Lampedusa e anche l’opzione di fargli attraversare alla chetichella le frontiere degli altri Paesi Ue si sia scontrata contro la resistenza della Francia e degli altri Stati membri.
Proprio per rispondere alle proteste francesi e degli altri Paesi l’esecutivo comunitario ha presentato delle nuove proposte sull’immigrazione, che prevedono tra le altre cose la possibilità di ristabilire le frontiere tra i Paesi europei in circostanze eccezionali, derogano all’accordo di Schengen in vigore dal 1995. Tra queste «circostanze eccezionali» però, ha precisato la Malmstrom, non rientrano eventi come l’arrivo di 25 mila tunisini a Lampedusa che sono «una sfida, certo, per Malta o per Lampedusa, ma non si tratta di un flusso enorme».
In Europa, ha aggiunto, «si sono visti flussi ben più grandi». Secondo il commissario Ue «l’Europa ha bisogno di rafforzare le sue regole, e non di metterle a rischio con soluzioni semplicistiche e populistiche». La Commissione «ha smascherato il governo italiano», ha commentato l’eurodeputata Pd Debora Serracchiani, sottolineando che «anche il ritornello dell’Europa che avrebbe abbandonato l’Italia si è rivelato per quel che era, e cioè uno scaricabarile del governo».
Per il leader del Pd, Pier Luigi Bersani, l’esecutivo «ha dimostrato di non avere la volontà di risolvere il problema immigrazione per far paura e propaganda». La possibilità di tornare ai controlli frontalieri, anche se regolata da Bruxelles e non dagli Stati membri, ha però suscitato diverse critiche.
Le guardia l’eurodeputato Pd e vicepresidente dell’Europarlamento, Gianni Pittella, sono «contraddittorie e confuse» e si rischia «di limitare di fatto la libera circolazione dei cittadini, contravvenendo ad uno dei principi fondativi dell’Unione». Malmstrom ha assicurato che difenderà l’accordo di Schengen «con i denti e con le unghie» e che le sue proposte servono solo a migliorarlo. «Cerchiamo di europeizzare sempre di più la governance di Schengen in modo da evitare contrasti tra Paesi», ha chiosato Antonio Tajani, commissario all’Industria e vicepresidente dell’esecutivo Ue, riferendo che la proposta è stata approvata all’unanimità dall’intero collegio dei 27 commissari. Ora la parola passa di governi: il dossier sarà discusso dai ministri degli Interni europei il 12 maggio e poi dai leader dei27 nel summit Ue del 24 giugno.



Ventimiglia; rissa tra tunisini, tre arresti
Prosegue alla stazione lo sciopero della fame. Calano arrivi
Ansa 05 maggio
VENTIMIGLIA (IMPERIA), 05 MAG - Sono stati arrestati dalla polizia i tre tunisini coinvolti nella rissa in cui, ieri pomeriggio a Ventimiglia (Imperia), e' rimasto gravemente ferito un loro connazionale, di 32 anni. L'uomo, che ha battuto la testa con violenza riportando una emorragia cerebrale, e' ricoverato in ospedale, ma e' fuori pericolo. Prosegue intanto, per il quarto giorno consecutivo, la protesta di alcuni immigrati tunisini respinti dalla Francia nonostante fossero in possesso di regolare permesso di soggiorno temporaneo. Pochi i migranti arrivati nella notte e quasi tutti gia' ripartiti per la Francia.



Informazione
Sara Medici
Italiarazzismo.it/parole 5 maggio 2011
La fine del XX secolo, che potremmo per comodità fissare al 1989, segna la fine della divisione del mondo nei due grandi blocchi “a destra” e “a sinistra” e il loro amalgamarsi sotto la bandiera unica del consumismo, dell’industria culturale, della televisione e di internet nella cosiddetta globalizzazione planetaria.
È una grande rivoluzione nella storia dell’uomo sulla Terra. Infatti l’aspetto positivo dei media è di aver superato due barriere consustanziali all’umanità, quelle dello spazio e del tempo; basti pensare che nel medesimo istante, sui nostri schermi, appaiono spesso tutti i mondi del mondo. Possiamo dire, dunque, che l’umanità è entrata, sotto i nostri occhi, nella sua terza tappa storica; la prima era stata quella delle comunità tribali, poi ci fu quella delle comunità nazionali; l’inizio del Ventesimo secolo segna la nascita della “società di massa” e già alla fine di esso, grazie allo sviluppo mediatico, ci siamo trasformati in una società planetaria. Eppure malgrado gli immensi progressi nel campo dell’informazione e dei media la gente continua a sentirsi smarrita e disorientata perché la nostra immaginazione non è in grado di far fronte a un simile esubero di fatti, a distinguere qualcosa nel caos delle notizie. Il cittadino non riesce, infatti, ad operare una selezione o una gerarchizzazione dell’informazione, non sa come ordinare i fatti, come elaborarli, cioè come connetterli in una rete logica di cause ed effetti né come storicizzarli, ossia inserirli nel continuum della Storia. Tutto ciò fa sì che il frammento di informazione ricevuta serva solo ad intasare le menti, non a creare coscienza e pensiero critico, come invece l’industria culturale vuol far credere. A questo proposito lo scrittore francese Daniel Pennac, in Signori bambini, fa un’asserzione molto simpatica ed allo stesso tempo portatrice di una verità esperienziale che solamente la letteratura riesce a rendere pubblica:
 
Pope Pritsky si è messo a letto e si è imboscato dietro il giornale. Eh sì, informarsi significa imboscarsi, qualsiasi padre di famiglia ve lo dirà, al momento di lavare i piatti. Il quotidiano che informa ci preserva dalla quotidianità che disturba.
 
Nel mondo odierno viviamo due realtà parallele: una, oggettiva e reale, quotidiana e che disturba, in cui l’umanità tutta soffre insieme alla Terra, a Gaia, e in cui sarebbe l’ora di mettersi a lavare i piatti appunto, e l’altra, quella selezionata e spettacolarizzata dai media, che è come una lavagna scolastica cancellata, ricoperta di frasi e nuovamente cancellata. La nostra cosiddetta informazione, infatti, non può dirsi portatrice di senso in quanto elenca solo delle serie di eventi, ma evita accuratamente di metterli in relazione tra loro. Di conseguenza, nella rappresentazione mediatica della realtà e nella sua incapacità di approfondire e di spiegare l’immagine, il tempo è dissolto, non c’è futuro, il passato non esiste; tutto comincia oggi, i fatti sono sospesi nel vuoto. Questa mancanza di continuità fa sì che il passato, anziché diventare storia, passi subito all’archeologia. Tutto si trasforma istantaneamente in un fossile con il quale non abbiamo alcun rapporto emotivo.  
È questa la grande debolezza, la grande disgrazia dell’uomo moderno: non riuscire ad ancorarsi nella storia, e dunque nel mondo, perché gli eventi passati svaniscono dalla sua coscienza. Ecco la ragione del disorientamento e del nichilismo di cui, nel Ventunesimo secolo, sembrano essere preda gli abitanti della Terra. E allora come trovare un'altra via? Dove cercare? Dove andare? Penso si tratti di arrischiare la nostra cono-scienza dentro un nuovo ordine plurale, l’arte, che abbia una disposizione conoscitiva sorgente da un interesse per l’umano, da una decisione, da un rovesciamento del gioco esistente.
Dagli anni Novanta in poi, attraverso la crescente potenza della televisione e dei media, si assiste alla nascita di una cultura che veicola un’infinità di modelli di comportamento atti ad instillare nei giovani il desiderio di successo inteso come fama mediatica . Il motto era, ed è, raggiungere il vertice e diventare famosi  costi quel che costi; costi anche il calpestare se stessi e la propria dignità, vendendo il proprio corpo, la propria mente e la propria parola al fine di diventare personaggi (e non persone) pubblici. La televisione, inoltre, conduce la mia generazione, bambina a fine secolo , dall’epoca e dal tempo della lettura verso l’epoca e l’istante dell’immagine. Un piccolo contenitore nero, preso e puntato come un’arma davanti a sé, accende un cubo di plastica attraverso cui il mondo, il “pubblico”, penetra nelle case e comincia, gradualmente, a sostituirsi o ad accompagnare il ruolo educativo che fino a questo momento era stato prerogativa della famiglia e della scuola. È un canale impossibile da controllare che spesso però rende la vita più semplice a genitori travolti dai tempi di produzione, a donne lavoratrici e a nuclei familiari in cui la categoria dei nonni, gli avi, non è più né presente né tantomeno riconosciuta come avente un ruolo sociale di qualche genere. La televisione sostituisce la lettura della favola serale; è l’era dell’ homo videns piuttosto che dell’ homo imaginans. L’immaginario delle generazioni nate a partire dalla fine degli anni Ottanta è costellato di programmi televisivi e non c’è più posto per gli eroi e per le eroine delle favole, né per l’educazione sentimentale veicolata dai grandi classici. Chi incontra più, infatti, il capitano Achab, alla ricerca della sua bianca balena e la principessa Sharazad, che col suo ingegno inganna per mille e una notte chi la voleva morta? O Huck Finn e Jim, il bianco e il nero, consorti verso la libertà e la Signora Bovary, innamorata dell’Amore? E chi, parlando di giustizia, ha l’accortezza e la consapevolezza di confrontarsi con “I Giusti” di Camus e con “I Demoni” di Dostoevskij? Pochissimi. E questi pochissimi sono impossibilitati a parlare, ad esistere, perché il messaggio dell’industria culturale è che la riflessione, la tenerezza, la profondità d’analisi e la propria educazione sentimentale sono una perdita di tempo se non, addirittura, un ostacolo alla rincorsa, alla corsa, verso cosa? Un immenso show, una finzione, rappresentata su uno schermo, che pare esser diventata l’unica Res publica rimasta a questo mondo.
Così anche Tullio De Mauro, personalità di spicco nel mondo intellettuale, già ministro dell’istruzione e fondatore del dipartimento di studi filologici, linguistici e letterari all’università La Sapienza di Roma, ha recentemente individuato  nella poesia e nella narrazione l’unica via attraverso cui scoprire, o riscoprire, i requisiti fondanti del pensiero umanistico, scientifico e critico al fine di “coltivare l’umanità”  in una società in cui l’umano è sempre più lontano da se stesso, ridotto a “massa” indistinta, ad inerte materia.
 
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