Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

02 gennaio 2014

Lampedusa, Marina militare italiana salva 233 migranti alla deriva
Erano su un'imbarcazione fatiscente avvistata a 80 miglia a sud dell'isola. Tra loro 7 donne. Trasbordati a bordo della nave San Marco
la Repubblica, 02-01-2014
LAMPEDUSA -  Una imbarcazione di una decina di metri con a bordo 233 migranti privi di salvagente, tra i quali anche sette donne, è stata localizzata e soccorsa dalle Unità della Marina Militare e dagli elicotteri del dispositivo Mare Nostrum a circa 80 miglia a sud di Lampedusa.
La barca è stata localizzata intorno alle 19.30 di ieri e subito sono partiti i soccorsi da parte delle unità militari San Marco e Urania, con mare forza 3 e vento da Nord Ovest a 8 nodi. Il mare mosso e il gran numero di persone a bordo ha indotto a dichiarare lo stato di emergenza, e poco dopo le 20 i migranti, provenienti da Eritrea, Nigeria, Somalia, Pakistan, Zambia e Mali, sono stati trasbordati a bordo della nave San Marco.
Soccorsi e assistiti, gli occupanti del barcone saranno successivamente trasferiti a bordo della fregata Zeffirmo e, su indicazione del Ministero degli Interni, trasferiti nel porto di Augusta (Siracusa), dove è previsto l'arrivo in serata.



Dal Cie di Ponte Galeria due lettere al Quirinale
Immigrati. Consegnate al senatore Luigi Manconi che le porterà a Napolitano
il manifesto, 02-01-2014
Due lettere per sollecitare il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a intervenire perché cambi la legge sull’immigrazione. A scriverle sono stati gli immigrati reclusi nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, a Roma, che ieri l’hanno affidata al senatore Luigi Manconi, presidente della commissione diritti umani del Senato che la prossima settimana le consegnerà al capo dello Stato.
Nella prima lettera, firmata dai 16 immigrati marocchini provenienti da Lampedusa che nei giorni scorsi si sono resi protagonisti di una forma di protesta clamorosa cucendosi le labbra. «Egregio presidente, le scriviamo per evitare il rimpatrio in Marocco che sarebbe per noi troppo difficile dopo aver fatto un viaggio così doloroso» per arrivare i Italia, dicono i migranti. Nel testo si sollecita il capo dello Stato a intervenire per cambiare la legge Bossi-Fini sull’immigrazione anche se, prosegue il gruppo di marocchini, «ci rendiamo conto che i tempi del parlamento non ci permetterebbero di usufruire delle eventuali modifiche». «Eppure abbiamo diritto a vivere una vita normale», scrivono i migranti che spiegano anche come, dopo essere partiti dal loro Paese d’origine, siano arrivati in Libia per poi sbarcare a Lampedusa ed essere trasferiti prima a Caltanissetta e infine al Cie di Ponte Galeria dove sono tuttora rinchiusi. E dal quale sperano di uscire grazie a un intervento di Napolitano che possa regolarizzare la loro posizione.
Analoghi i contenuti della seconda lettera, scritta questa volta dai restanti 70 immigrati di varie nazionalità presenti nel Cie romano.



Il cenone di Tami e Falus gli abitanti di Lampedusa aprono le case ai nauíraghi
la Repubblica, 02-01-2014
ATTILIO B0LZ0NI
LAMPEDUSA - MEZZANOTTE, in una casa di Lampedusa. Gli ospiti d'onore sono due, Tami e Falus. Eritrei, naufraghi, indagati per clandestínità e prigionieri. Il loro maledetto 2013 se n'è andato con un cenone in famiglia. L'ultimo giorno dell'anno, sull'ultima isola in fondo all'italia, ci siamo ritrovati con gli ultimi sopravvissuti delle traversate del Mediterraneo. Brindisi in casa Cappello-Aiello, via Nino Bixio numero 9, le prime palazzine di Lampedusa quasi attaccate alla pista deH'aeroporto.
«Auguri Tami», gli dice il nonno. «Baci Falus», gli dice lo zio. «Auguri auguri e baci baci», ripetono loro che sono stravolti fra luci, botti, abbracci, presepi e alberi di Natale. Ripescati all'alba del 3 ottobre nell'insenatura della Tabaccara e altramonto dell'll ottobre al largo di Malta si siedono tre mesi dopo in mezzo a una tavolata di parenti, tutti insieme ventisette. Festeggiano di essere ancora vivi con tre generazioni di lampedusani. Lui è Tami, lungo e smilzo, soldato disertore di 23 anni, che ha abbandonato il suo villaggio per raggiungere l'Europa. Lei è Falus, 18 anni, minuta, riccia, le unghie smaltate di verde, l'unica donna fra i sedici ancora rinchiusi nel "centro di primo soccorso e accoglienza" dell'isola in attesa di interrogatorio giudiziario. Lui l'hanno tirato su a mezzo miglio dalla costa — 366 cadaveri e 110 superstiti — su un peschereccio, lei l'hanno salvata nel Canale di Sicilia —268 cadaveri e 212 superstiti — i soldati della Marina militare.
Sera del 31 dicembre, tutti e due sono "in libera uscita" ed entrano in una cucina piena di ogni ben di dio, salutati da una piccola folla che si è riunita anche per loro. Tutti stretti uno accanto all'altro, presidi e cuochi, gente di mare, impiegati, pensionati, bambini. E al centro Tami e Falus, gli invitati speciali.
Padroni di casa Elisabetta Cappello, insegnante di lettere alla scuola media di Lampedusa e suo marito Franco Aiello, tipografo. Piatti color oro e bicchieri rossi, candele, cineprese per immortalare l'evento, vini e spumanti. Poi si comincia a mangiare. Insalata di polipo e insalata russa, verdure grigliate, bruschette, fusilli e gamberetti, fritture di pesce, torte di ricotta. Il ragazzo racconta che non ha mai passato un Capodanno cosi,la ragazza è per la prima volta felice di stare a "Lambadoza", come chiamano l'isola i neri che attraversano il Mediterraneo. È finito con una gran mangiata il giorno di San Silvestro per loro due, dopo aver passato la mattina fra le sbarre del "centro" e una passeggiata fino al municipio per raccattare scarpe nei magazzini comunali. Il sindaco Giusi Nicolini che li invita nella sua stanza. Li guarda e si emoziona: «C'è un'Italia che non si riconosce più nelle norme che si è data, spero che quelle norme cambieranno presto». Tami e Falus sono li dentro da quasi cento giorni e cento notti, come tutti gli altri. Nel "centro" ne sono rimasti 16. Non c'è più Khalid, il ragazzo siriano autore dei video sui migranti denudati per il "lavaggio antiscabbia". Alla vigília del nuovo anno, ha preso il traghetto per Porto Empedocle ed è sparito.
Sembra un'isola come tante altre questa Lampedusa nelle ore che la trascinano dal 2013 al 2014, strade vuote, i pescherecçi all'an- cora, le motovedette della Guardia Costiera e della Finanza tutte in porto, il molo della morte — quello dove a ogni naufragio sca- ricano i corpi nei sacchi neri— deserto. L'ultimo recupero in mare aperto è di 15 giorni fa, 16 dicembre, a 70 miglia. Negli ultimi due mesi —informano i bollettini della Marina — sono «state tratte in salvo 5.092 persone» fra Lampedusa e le altre coste siciliane. Nel 2013 ne sono sbarcati 40.244 di migranti sul confine sud dell'Italia, 5.273 le donne, 7.928 i minori. Bambini e ragazzi per la maggior parte siriani, dieci volte di più che nel 2012. Alla fine dell'anno si fanno tutti i conti, anche quelli dei morti: 700 nel mare di Lampedusa. Ufficiali, certificati. E degli indagati per quel folle reato che è l'immigrazione clandestina: 16.011 fascicoli aperti dalla procura di Agrigento nel 2013, negli ultimi quattro anni 27.887 sott'inchiesta solo per avere toccato il suolo italiano. Fra di loro anche Tami e Falus.
Sembra un'isola come tante altre Lampedusa se non si ricordano questi numeri e se non si passa mai dal piccolo porto dove sono ammucchiati i barconi, una chiglia sopra l'altra, legni incastrati, avanzi di cibo e cani randagi. Sembra un'isola normale con la sua via principale ancora tappezzata di manifesti colorati in onore dei Pontefice che ha fatto la sua prima visita da Papa l'8 luglio proprio qui, «Grazie Francesco, Lampedusa ti ama». E intanto vende nei suoi negozietti tutto quello che può con il suo volto, tazze, calendari, quadretti, magliette. Sembra un'isola come tante anche se da tre mesi vive qui anche Luise Tassin, studentessa parigina che aspetta il sindaco Nicolini per la sua tesi sui centri di accoglienza in Italia e in Francia, che là si chiamano Centre de retention administrative ma che sono prigioni anche quelle. Sembra un'isola come le altre, anche se l'impiegato comunale Bartolomeo Maggiore da cinque anni cerca di adottare un paio di quei ragazzi neri che approdano davanti al suo giardino ma la legge non glielo permette. È la Lampedusa che finisce poco o non finisce mai nelle cronache, quella dei pescatori che tirano su reti piene di uomini e di bambini, la terra di mezzo. La Lampedusa di Elisabetta Cappello e di Franco Aiello che verso l'una del nuovo anno accompagnano Tami e Falus, fino al centro dei paese. Poi loro, i ragazzi eritrei, chiedono di scendere dall'auto. Non vogliono farsi vedere dai poliziotti che fanno laguardia nel "centro". Dicono che entreranno là dentro infilandosi nella rete, da un buco. Salutano e spariscono nel buio di «Lambadoza».



Il direttore risponde
L’«abbraccio» all’Africa è possibile. Ma sia vero
Avvenire, 02-01-2014
Caro direttore,
abbiamo letto con molto interesse su “Avvenire” del 29 dicembre scorso dell’impegno–proposta del ministro degli Esteri, Emma Bonino, di avviare un’iniziativa Italia–Africa e di accendere stabilmente i riflettori su quel continente e sul Medio Oriente per salvare non solo la vita di tanti migranti in cerca di un futuro più dignitoso, ma anche il nostro futuro sulla sponda nord del Mediterraneo.
C’è davvero da svegliare l’Italia e l’Europa, spingendole a ri-assumersi il ruolo storico di portatore di pace e di sviluppo dignitoso in quelle aree di bisogno con cui condividiamo da secoli le sorti. E, per parte nostra, abbiamo pensato di contribuire avviando, sin dal dicembre 2011, nel pieno della notte della crisi, l’iniziativa “l’Europa abbraccia l’Africa” con l’indirizzo e il sostegno del Papa. L’iniziativa – che propone e realizza microprogetti e microimprese secondo percorsi di sviluppo sperimentati da tempo da tutte le Ong e dai missionari – è piaciuta al mondo della nostre piccole e medie imprese che potrebbero svolgere il determinante ruolo di tutoraggio per le nascenti microimprese africane, internazionalizzando così le loro attività e aprendo nuovi mercati e nuove collaborazioni alle nostre aziende. Questi incoraggianti risultati ci hanno indotto a presentare, assieme ad altri movimenti cristiani, ai vertici della Commissione europea un “Piano di proposta” che ha ricevuto un “lettera di accoglimento” da parte del presidente José Manuel Barroso. Ebbene, grazie alla collaborazione del ministro Bonino, ci piacerebbe riuscire a raccogliere i frutti di tutto ciò proprio durante la Presidenza italiana della Ue, nel secondo semestre 2014.
Sarebbe importante farlo insieme a una grande operazione di disarmo nucleare, tesa a recuperare le risorse che ci servono per investire, valorizzando anche la capacità di lavoro dei nostri giovani, su un futuro di pace e di sviluppo integrato tra Europa, Africa e Medio Oriente. Se questo avverrà, saremo stati ancora una volta noi italiani ad aprire una nuova strada di cooperazione fra aree, a diverso titolo vitali, di un mondo sempre più globalizzato, mettendo in sinergia le capacità della vecchia Europa con quelle nascenti in un’Africa ora ancora bisognosa, ma presto grande compagna sulla via del futuro comune. Questo il nostro augurio per il 2014.
Maria Romana De Gasperi e Giuseppe Rotunno
Comitato per una Civiltà dell’Amore
Bisogna essere anche un po’ visionari per anticipare il futuro. Ma soprattutto è necessario, anzi indispensabile, essere aperti e generosi nell’ascolto e nel dialogo per far convergere tutte le possibili forze e orientare ogni possibile energia sull’obiettivo di umanizzare il mondo, rendendolo sempre più libero, più giusto, più buono. Per questo sono infinitamente grato a coloro che come voi, cara signora De Gasperi e caro ingegner Rotunno, lavorano a partire dal piccolo, dal minimo, addirittura dal “micro”, per realizzare un progetto tanto grande. Mi auguro che il governo guidato da Enrico Letta e del quale Emma Bonino è ministro degli Esteri sappia far procedere il percorso che il “Comitato per una Civiltà dell’Amore” ha contribuito ad avviare in sede europea. So bene, penso al ministro Bonino, che non tutte le nostre visioni coincidono e che su alcune questioni cruciali non siamo affatto d’accordo, ma so anche che c’è un terreno comune sul quale con limpida intenzione si può procedere insieme. Vedremo. Il primo banco di prova, lo diciamo da tempo anche su “Avvenire”, è il cambiamento delle regole italiane e della Ue per fronteggiare il fenomeno delle migrazioni dal Sud al Nord del mondo in modo veramente civile (cancellando l’inutile e persecutorio “reato di clandestinità”, rendendo possibile il ricongiungimento familiare in tutta Europa dei rifugiati accolti da un Paese membro) e saggiamente rigoroso (anche verso noi stessi, non solo verso chi arriva). È poi sempre più chiaro che c’è da cominciare una buona volta a risolvere il problema delle violenze, delle ingiustizie, dell’immane spreco di risorse che umilia le «aree del bisogno» e, per quanto ci riguarda in modo più specifico, da europei, c’è da saper «abbracciare» l’Africa e il Vicino Oriente, sostenendo iniziative di sviluppo umano (cioè economico, sociale e spirituale) che rompano le spirali della disperazione e dell’odio che inducono milioni di persone a sradicarsi dalla propria terra. Questo «abbraccio» non sarà la maschera dell’ennesimo e interessato tradimento soltanto se da parte di tutti – politici, finanzieri, imprenditori, operatori umanitari – avrà a fondamento una scelta “senza se e senza ma” di pieno rispetto per la vita umana in ogni fase e condizione. Proprio come quella che voi, cari amici, tornate a proporre ai nostri governanti sulla base non di teorie astratte, ma di una concreta esperienza di condivisione e di servizio.
Marco Tarquinio



Migranti Ue, cadono le limitazioni Romeni e bulgari liberi di muoversi
Allarme in Gran Bretagna. Ma in realtà mancano 60 mila lavoratori
Corriere della sera, 02-01-2014
Luigi Offeddu
BRUXELLES — Giornali come il Daily Express , fondato nel 1900 e con un guerriero crociato di gusto padano a guardia della testata, se ne dicono certi, certissimi: «Dalla mezzanotte non valgono più le restrizioni sui visti, e solo in questa prima settimana arriveranno in Gran Bretagna settemila romeni e bulgari, mille al giorno. Il primo volo strapieno da Bucarest è atterrato a Londra alle 7.40 di stamane. I primi autobus da Bucarest partono domani e arriveranno qui sabato, un biglietto lo si trova a 50 sterline (circa 60 euro, ndr)». Conclusione, nel titolo che occupa la prima pagina: «Eccoci, Gran Bretagna dei benefit, arriviamo! Timori per l’inizio dell’alluvione degli immigrati».
Timori condivisi da altre voci euroscettiche, anche in Germania, anche in Spagna. Ma la decisione tanto a lungo osteggiata, da David Cameron e da altri, ora è realtà definitiva: dal primo gennaio non sono più ammesse restrizioni particolari alle frontiere per i cittadini romeni e bulgari che intendano vivere e lavorare in altri Paesi della Ue. «Oppure — voce in controcanto degli euroscettici — restarvici, per goderne la migliore assistenza socio-sanitaria e rubare i posti di lavoro a chi già lotta con la crisi economica» Già oggi, circa 4 milioni di romeni e bulgari lavorano in tutta la Ue. Quei Paesi che ancora applicavano controlli più stretti su passaporti, carte di identità e visti — Austria, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Spagna e Regno Unito — non potranno più farlo. E qui nasce la «sindrome della diga», cioè dell’ondata incontrollabile, che avvertono alcuni (meno però di un paio di anni fa) a Londra, L’Aia, Berlino. Telecamere e inviati mostrano cittadine dell’Est che già si spopolano dei propri abitanti Rom, in partenza per l’Ovest. Ma varie statistiche, citate per esempio dal Times , decapitano subito l’argomento: taxisti, infermieri, badanti, cameriere, sono migliaia e decine di migliaia i posti di lavoro rifiutati dai cittadini britannici, tedeschi o spagnoli, che aspettano una richiesta di assunzione dall’Est. Solo nel Regno Unito, stando ai siti Web romeni che pubblicano gli elenchi delle inserzioni, sono in offerta immediata 63 mila posti.
C’è chi prevede un’alta marea populista alle elezioni europee di maggio, come conseguenza di queste misure. E però non c’erano alternative, perfino Cameron oggi lo ammette: i Trattati europei hanno un perno giuridico che si chiama libera circolazione delle persone e delle merci, via via rafforzata — dal 1985/95 — dall’accordo di Schengen, che garantisce i diritti di 400 milioni di persone, di 26 Paesi diversi. Romania e Bulgaria, tenute finora in lista di attesa perché dovevano dimostrare di essere pronte a garantire controlli, diritti e sicurezza, sono state «promosse» da tutti gli altri governi.
Ci saranno naturalmente altre tempeste, Cameron ha già in cantiere diverse misure per ostacolare l’«invasione»: lo straniero che vorrà i sussidi inglesi dovrà attendere da 3 a 6 mesi, chi verrà sorpreso a mendicare verrà espulso e non potrà tornare prima di un anno. Il premier inglese ne ha discusso anche con il presidente della Commissione Europea, José Manuel Barroso, presumibilmente non entusiasta. Mentre il commissario europeo all’occupazione, Làszlò Andor, che già ammonì contro il rischio che la Gran Bretagna diventi un «Paese sgradevole», oggi ricorda: «La Commissione riconosce che in una particolare regione o città possono esservi problemi locali causati da un grande, improvviso afflusso di persone provenienti da altri Paesi Ue. Per esempio, può esservi una pressione sull’educazione, gli alloggi, i servizi sociali. Ma la soluzione è affrontare questi problemi specifici, non alzare barriere contro quei lavoratori».

Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links