Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

Pietro e José



Mauro Valeri

Anche in ambito sportivo, la storia delle migrazioni giovanili sembra confermare un’ipotesi che dovrebbe aiutare a eliminare alcuni persistenti pregiudizi: la carriera di un ragazzo o di una ragazza d’origine straniera dipende essenzialmente dalle possibilità e dalle occasioni che gli vengono offerte sul territorio che li accoglie e dove crescono. Esemplificative le storie di due ragazzi, che hanno molto in comune. Entrambi sono nati a La Vega, la storica cittadina della Repubblica Dominicana, dove si racconta che Cristoforo Colombo abbia pronunciato le celebri parole: “E’ la terra più bella che abbia mai visto l’occhio umano”. Nonostante ciò, entrambi hanno dovuto vedere la propria madre partire per un altro paese in cerca di lavoro. Entrambi sono rimasti a vivere con parenti, ma con il sogno di poter un giorno riunire la famiglia in Italia. Entrambi sono riusciti, grazie ai sacrifici del genitore e al ricongiungimento familiare, a coronare questo sogno. Entrambi hanno avuto la “fortuna” di acquisire la cittadinanza prima dei diciotto anni, elemento che gli ha permesso di avviare una carriera sportiva già da cadetti. Entrambi hanno indossato la maglia della Nazionale italiana. Entrambi sono giovani campioni. L’unica differenza è che hanno intrapreso discipline sportive assai differente: uno il pugilato, l’altro l’atletica leggera.
Il primo ragazzo si chiama Pietro José Ogando Rodriguez, nato a La Vega nel novembre 1987. La sua infanzia è contrassegnata dalla morte del padre, tragedia che obbliga la madre a tentare la fortuna in Italia. O meglio, in un piccolo paesino in Puglia, non lontano dal confine con il Molise: Serracapriola. Come spesso accade è una scelta vincolata da quella catena parentale e amicale che per decenni ha segnato – e segna - i destini dei migranti (al di là di qualsiasi “logica di flusso”). Dall’Italia la madre invia soldi e la promessa che presto sia Pietro che l’altro figlio più piccolo, Carlos, potranno raggiungerla in Italia. “Mia madre mi mancava molto. La sentivo per telefono e lei diceva che l’Italia era bella e che mi avrebbe fatto venire anche a me”. Bisogna però avere pazienza e molta fiducia. Ci vorranno due anni perché queste parole si possano concretizzare. Ma alla fine Pietro e Carlos riescono a raggiungere la madre, la quale, nel frattempo, si era risposata con un italiano. Da lì a poco, lei ottiene la cittadinanza italiana, che, come prevede la legge, può trasmettere anche ai figli nati dal matrimonio precedente. A Serracapriola, Pietro gioca a pallone con la squadra locale, perché in Italia il calcio è il primo integratore sportivo. Ma non è il “suo” sport. Vuole qualcosa che gli permetta di dar sfogo alle tensioni che vive soprattutto a scuola, dove qualcuno lo prende in giro per via del colore della sua pelle, e dove è costretto a tornare indietro di qualche classe soltanto perché non conosce l’italiano. E’ anche per questo che – come nella migliore tradizione - si avvicina alla palestra di pugilato del paese, messa su da un italiano, Eugenio Iovannelli, che aveva conosciuto la durezza dell’emigrazione in Germania e che, forse anche per questa esperienza, ha un occhio di riguardo verso Pietro. In palestra e sul ring lui trova il “suo” mondo. Così lascia il calcio per il pugilato, arrivando presto a buoni risultati. Il 6 luglio 2003, quando non ha ancora 16 anni, diviene campione italiano cadetti nella categoria minimosca. Nel 2004 viene convocato anche in Nazionale. Pietro vince diversi incontri, ma altri ne perde perché fa fatica a stare nel peso. Comunque, in breve totalizza 8 convocazioni in maglia azzurra e partecipa ai campionati Europei di categoria. E’ una soddisfazione doppia, perché per un pugile dilettante quelle convocazioni sono anche piccole gratificazioni economiche. Qualcosa però poi si blocca: nonostante le buone qualità di Pietro José, le convocazioni diminuiscono (e il suo allenatore sospetta anche motivi di ordine “etnico”). Sta di fatto che senza la Nazionale, per vivere Pietro Josè deve lavorare. E così, nonostante la giovane età, si cerca un lavoro che è quello di muratore. Ma la passione resta. Nel marzo 2005 riesce anche ad arrivare a disputare la finale nazionale nella categoria juniores (Under 19), perdendo però ai punti. Continua a gareggiare anche se ormai i suoi sogni sono lontani dal ring.

L’altro ragazzo di La Vega è José Reynaldo Bencosme De Leon. Nel 1993, quando lui ha appena un anno, la madre è costretta ad emigrare in Italia, lasciando sull’isola, oltre a José anche un’altra figlia e il marito. Parte lei perché in Italia è più facile per una donna che per un uomo trovare lavoro (all’epoca la comunità dominicana in Italia era composta per oltre l’80% da donne). Anche la madre di José, come quella di Pietro, lavora sodo perché il desidero è quello di farsi raggiungere quanto prima da tutta la famiglia in Italia. Riesce a farlo, sebbene sia costretta ad una selezione temporale che obbliga a scelte non facili. Riesce a farsi raggiungere prima dal marito, poi dalla figlia e infine anche da José, anche perché nel frattempo la nonna, che lo accudiva, era diventata troppo anziana per stargli dietro. Anche José, come Pietro, conosceva l’Italia soprattutto dai racconti che la madre gli faceva ogni volta che riusciva a rientrare a La Vega per lenire la distanza. Comunque, nel 2004, quando arriva in Italia, José ha già 12 anni. Con la famiglia vive a Borgo San Dalmazzo, in provincia di Cuneo. A differenza di Pietro, per José l’inserimento scolastico nella scuola media non è un problema, anche perché ha la fortuna di avere come compagna di classe una ragazza d’origine argentina, che fa da mediatrice linguistica e culturale, con ottimi risultati. Finite le medie, si iscrive all’ITIS e, al primo anno, avviene la svolta. Il professore di educazione fisica lo nota subito e gli propone un test, che José supera, anche se inizialmente non è molto convinto che quegli sforzi valgano la pena, perché è ancora cittadino straniero e il futuro è assai dubbio. E poi c’è già il calcio nella squadra della parrocchia! Certo, la madre, trascorsi i dieci anni di permanenza in Italia, aveva chiesto la cittadinanza, ma sui tempi nessuno può garantire. Vinta un po’ la pigrizia e un po’ la sfiducia, decide di impegnarsi con l’Atletica Cuneo. Le specialità sono le corse veloci, dai 100 ai 400 metri, e poi anche quelle con gli ostacoli. Nell’ottobre 2007 ha la sua prima grande occasione sui 300 ostacoli, ai campionati italiani; ma quando è nettamente in testa ed è ormai in vista del traguardo, cade sull’ultimo ostacolo. José non si perde d’animo, anche grazie al suo allenatore, il professor Luigi Catalfamo, ritrova la determinazione necessaria per andare avanti e migliorarsi. E forse ha anche un po’ di fortuna. Infatti, a gennaio 2009 arriva la tanto aspirata cittadinanza. E arriva nel momento giusto, quando José – che tutti chiamano “Negi” - è in una forma fisica davvero incredibile, tanto da infilare, nel giro di pochi mesi, prestazioni sensazionali. Il 13 giugno batte il record italiano Allievi (cioè Under 18) 400 ostacoli, facendolo scendere a 51”50’. A dimostrazione che la qualità c’è tutta, a luglio, ai Mondiali Allievi di Bressanone, sulla medesima distanza vince una inaspettata medaglia di bronzo, che diventa d’argento a Tampere, alle Olimpiadi Europee Giovanili (EYOF), dove fa registrare il tempo di 52.27. Ormai José è una certezza dell’atletica giovanile e nessuno più si turba quando, a Grosseto, all’inizio di ottobre, vince i Campionati Italiani Allievi sulla sua distanza, con 51.77. Subito dopo, batte anche il record allievi sui 150 metri con 16”79. E tutti sono convinti che i margini di miglioramento sono ancora molti! Per ora José sorride felice e si prepara per le Gymnasiade che si disputeranno a Doha, l’11 e il 12 dicembre prossimi.
Storie vincenti di ragazzi di “seconda generazione” che

A scommettere su di lui è anche Ashraf Saber, uno dei primi Black Italians  a partecipare ad un’Olimpiade (Atlanta 1996), che sui 400 hs detiene

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