Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

Dossier di Un camper per i diritti sugli Afghani a Roma

Secondo i dati ufficiali il Comune finanzia 22 centri di accoglienza dedicati ai richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, per un totale di circa 1.366 posti letto. A fronte di questa disponibilità, nel novembre 2009 risultavano esserci 3.426 richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale in lista d’attesa per essere accolti in una delle suddette strutture. Nel 2008, nei 22 centri capitolini sono stati accolti 1.435 stranieri (1.218 uomini). Le nazionalità più rappresentate, dopo l’Afghanistan (381), sono state l’Eritrea (224) e la Guinea (125). La grave inadeguatezza del sistema di accoglienza ufficiale ha portato allo sviluppo di situazioni abitative precarie, costituite per lo più da stabili occupati o da insediamenti spontanei.
Tra le realtà più significative di questo tipo, oltre all’insediamento afgano dell’Ostiense e a quello eritreo di Ponte  Mammolo, si segnalano gli edifici occupati situati nelle periferia della città (Collatino e Romanina) dove vivono circa mille persone per la maggior parte di nazionalità eritrea. Come già accennato, tra i profughi afgani obbligati a vivere sulla strada nella città di Roma vi è un numero rilevante di minori. I ragazzi afgani rappresentano attualmente il gruppo più importante in Europa di minori non accompagnati. Più di 5.900 minori afgani hanno cercato asilo in Europa lo scorso anno, rispetto ai 3.380 del 2008. Nel 2009, il 45 per cento dei minori non accompagnati richiedenti asilo erano afgani, percentuale quasi tre volte superiore a quella dei Somali, che costituivano il secondo gruppo. A Roma l’arrivo dei minori afgani è in costante aumento a causa della situazione di pericolo e instabilità diffusa in Afghanistan. Molti di essi non fanno però richiesta d’asilo in Italia (come risulta chiaramente anche dai dati presentati in questo rapporto) poiché il loro obbiettivo è raggiungere il Nord Europa, in particolare la Gran Bretagna, la Norvegia, la Svezia, la Finlandia, l’Austria. Durante il 2008 le strutture accreditate con il Comune di Roma hanno ospitato 329 minori afgani non accompagnati; prima nazionalità per numero di presenze davanti alla Romania. Per raggiungere l’Italia e l’Europa, i profughi afgani affrontano un viaggio lungo, difficile ed estremamente rischioso. La prima tappa per molti è arrivare a Kabul, da dove partono i camion che giungono al confine con il Pakistan o l’Iran. Dal confine, l’attraversamento dell’Iran è affidato alle mani dei “passatori” anche detti “agenti” o “contrabbandieri”; intraprendere il viaggio senza avvalersi di queste figure comporterebbe un rischio altissimo. La frontiera con l’Iran è infatti disseminata di mine ed è fondamentale avere un’esatta conoscenza dei percorsi. Si cammina per tutta la notte, fino all’ulteriore ostacolo del viaggio rappresentato dai controlli al primo posto di blocco della polizia iraniana, sulla strada verso Teheran. In questa parte del viaggio i contrabbandieri nascondono i giovani profughi nei bagagliai degli autoveicoli affrontando i controlli stradali, in genere di notte e molto spesso non senza incidenti mortali. Dall’Iran - dove il tempo di permanenza può variare notevolmente in funzione anche della disponibilità di risorse economiche per proseguire il viaggio - si passa di solito alla Turchia, pagando un’altra somma di denaro ai contrabbandieri kurdi che vivono al confine dei due paesi. Si attraversano paesaggi innevati, montagne molto alte e attentamente sorvegliate dall’esercito turco; le linee di confine sono minate e controllate da elicotteri e pattuglie militari per impedire che i piccoli gruppi di profughi possano entrare nel paese. Non meno pericoloso è il passaggio via mare: dalle coste turche i migranti forzati cercano di raggiungere l’isola greca di Lesbo su imbarcazioni di fortuna, spesso piccoli gommoni. Remando per tutta la notte, senza giubbotti di salvataggio i profughi arrivano finalmente in Europa affrontando spesso i maltrattamenti della guardia costiera greca, che non permette loro nemmeno di avvicinarsi all’isola. In alcuni casi la guardia costiera greca cerca di bucare i gommoni, obbligando i profughi a tornare indietro oppure, secondo altre testimonianze raccolte alla stazione Ostiense, sequestra i remi delle imbarcazioni, lasciando i migranti alla deriva. Chi riesce a superare il mare che separa la Turchia dalla Grecia finisce poi direttamente nei centri di detenzione ellenici, in condizioni di massima precarietà e sottoposto spesso a violenze quotidiane. Dopo un periodo di internamento accade frequentemente che le persone, in assenza del via libera da parte del governo turco, non vengano rinviate in Turchia e vengano liberate e abbandonate al confine. Da lì, i profughi provano a raggiungere Atene e successivamente Patrasso o Igoumenitsa , consapevoli che in Grecia, per loro, non c’è alcun futuro, data l’impossibilità, di fatto, di accedere al diritto d’asilo in questo paese. Dalle due città della costa occidentale greca, i giovani afgani cercano ogni giorno di raggiungere i porti adriatici italiani nascondendosi sotto i tir o tra le merci che trasportano i camion in partenza, rischiando continuamente di venire scoperti e picchiati dalla polizia. Chi riesce ad imbarcarsi, deve comunque affrontare decine di ore di viaggio in condizioni rischiose e proibitive e una volta raggiunti i porti italiani corre l’ulteriore pericolo di essere rinviato direttamente in Grecia dalla polizia di frontiera, considerando che ad Ancona, Bari, Venezia, è purtroppo prassi frequente procedere direttamente al respingimento con affido al comandante, prima ancora di aprire qualunque tipo di procedimento. Tale e tanto è il timore di fare tappa in Grecia, come confermano le innumerevoli e drammatiche testimonianze raccolte, che molti migranti forzati ultimamente utilizzano un altro passaggio via terra: percorrono a piedi i pericolosissimi valichi della frontiera greca per entrare in Bulgaria, attraversando la Serbia, l’Ungheria fino ad arrivare alla Slovenia o all’Austria e da lì in Italia. Viaggiano spesso nascosti nel rimorchio di un tir, senza cibo o acqua, rischiando di soffocare o di essere picchiati e abbandonati per strada.

http://www.mediciperidirittiumani.org/camper_diritti_2009.pdf

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