Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

08 maggio 2014

Aiuti ai Paesi in viadi sviluppo L’Italia ha fatto poco
l'Unità, 08-05-14
Italia-razzismo
Qualche giorno fa la Fondazione Leone Moressa ha reso noto che nel 2013 è stato registrato un calo del 20% delle rimesse degli immigrati. Ciò significa che in quei dodici mesi sono stati spediti nei paesi di origine 5,5 miliardi di euro, ovvero 1,3 miliardi di euro in meno rispetto agli anni precedenti. Nel 2007, ad esempio, erano stati versati da ogni migrante quasi 800 euro in più, l'equivalente di circa duemila euro. Nel dettaglio, il Paese che più ha risentito di questa diminuzione è stata la Cina che ha perso oltre 1,5 miliardi di euro (-59%) ma rimane comunque tra i principali destinatari insieme a Filippine, Messico e Bangladesh.
A livello regionale è il Lazio ad aver subito il calo più forte (-48%), seguito dalla Campania (-0,20%), dalla Sicilia (-0,33%) e dalla Lombardia (- 19%).
Secondo la Banca Mondiale i tassi di cambio giocano un ruolo cruciale nella determinazione dei flussi delle rimesse. Un costo basso della valuta locale fa aumentare i trasferimenti di denaro e, viceversa, una forte moneta nazionale può far posticipare l'invio, in attesa di tassi favorevoli.
Le rimesse hanno in parte sostituito, o comunque sono andate ad affiancare, i contributi inviati da organismi internazionali e da altri stati verso i paesi più poveri. Contribuiscono, dunque, alla crescita economica di paesi più arretrati e il loro impatto è più immediato rispetto a quello degli aiuti umanitari. Esse, infatti, arrivano direttamente alle famiglie dei migranti che possono decidere autonomamente come investire quei capitali.
I Paesi in Via di Sviluppo sono poi quelli in cui le rimesse giocano un ruolo cruciale dal momento che, almeno per quanto riguarda l'Italia, nell'arco di tempo 2008-2012 il fondo per la cooperazione internazionale era stato letteralmente svuotato. E non solo. Ad aggravare la situazione nel 2011 era stata introdotta una tassa del 2% su ogni rimessa inviata al paese d'origine. Al tempo del governo Pdl-Lega, dunque, non solo si è investito poco nella cooperazione ma si è cercato anche di ostacolare l'invio di capitali in patria da parte dei risparmiatori migranti. Viene quasi da pensare che quelle espressioni come "fora da i ball" e "aiutiamoli a casa loro", perdano di senso in assenza di gesti concreti, come appunto l'incremento del fondo per la cooperazione internazionale. Con la nuova legge di stabilità quel contributo è stato aumentato ma bisognerà aspettare un po' di tempo prima di vedere come saranno impiegati quei fondi. A questo proposito l'Italia si è posizionata al 60° posto del rapporto annuale "Aid Transparency Index 2013" per quanto riguarda la trasparenza nella comunicazione e rendicontazione degli interventi.
Insomma, pare che finora si sia fatto poco e male su questo fronte. Una sottovalutazione ai cui effetti nei prossimi anni bisognerà trovare rimedio, ad esempio rispettando l'incremento del 10% delle risorse complessivamente stanziate per il 2013, corrispondente a 250 milioni di euro.

 

Migranti, l'Onu: «L'Italia non sarà sola»
Avvenire, 08-05-14
Angelo Picariello
Profonda gratitudine per il ruolo svolto dall’Italia verso il popolo libico, e anche per il sostegno offerto al governo somalo. Ban Ki-Moon in visita in Italia esprime gratitudine, ma assicura anche la vicinanza dell’Onu: l’Italia non sarà lasciata sola in questa opera che ne fa l’avamposto dell’Occidente nel Mediterraneo: Ma da parte del segretario generale delle Nazioni Unite arriva anche una richiesta pressante a non recedere da questo impegno.
Ban Ki-Moon ha incontrato prima il presidente del Consiglio Matteo Renzi e poi il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e a entrambi ha manifestato profonda preoccupazione per la violenza verbale, e non solo verbale, che riesplode in Libia. Ma da Napolitano, come aveva fatto anche Renzi, è arrivata la sottolineatura sui costi enormi e sulle enormi difficoltà che si trova ad affrontare il nostro Paese. «Assicuro il mio impegno perché anche gli altri Paesi della Ue si facciano carico di questo problema comune», ha detto Ban Ki-Moon.
Il ministro della Difesa Roberta Pinotti aveva ribadito nel question time alla Camera che l’operazione italiana "Mare Nostrum" per soccorrere i migranti in difficoltà nel Mediterraneo costa in media 9,3 milioni di euro al mese («7 per i mezzi, i rimanenti per le indennità del personale»), coperti - per ora - dalla disponibilità ordinaria del ministero. Dall’avvio dell’operazione, lo scorso ottobre, Marina militare e Guardia costiera impegnate nell’operazione hanno tratto in salvo 27.790 migranti, più di 3.000 dei quali minori, ha ricordato. «Pensiamo a quanto tragica avrebbe potuto essere la conta delle perdite. Ma si tratta di un’operazione a tempo», ha sottolineato il ministro, anche se poi dal numero numero uno delle Nazioni Unite è arrivata ieri la pressante richiesta a proseguire nell’impegno, anche sul fronte diplomatico.
Fu il governo Letta a inaugurare l’operazione sull’onda delle grandi tragedie in mare di ottobre in cui persero la vita centinaia di migranti. «Ma Mare Nostrum non dev’essere nostro e basta, una posizione che sarà ulteriormente rafforzata nel semestre di presidenza europea», annuncia Pinotti. È toccato poi a Renzi spiegare al segretario dell’Onu l’impegno italiano «nel semestre a nostra guida, affinché sia sempre più l’Europa sempre più a farsi carico di un problema che stiamo affrontando da soli». E qui Ban Ki Moon è intervenuto con le sue rassicurazioni. «Mi ha colpito Renzi, già a Bruxelles», ha detto. «È giovane, premier di un paese molto importante per l’Onu, e ha rinnovato l’impegno a rafforzare la nostra partnership». Dal segretario dell’Onu in particolare un riconoscimento per «l’ottimo lavoro, in particolare in Libano, dove avete prodotto bravi comandanti della missione Onu, fra cui ora Paolo Serra, che ha svolto un’opera eccezionale».
Napolitano, nel colloquio, ha posto con forza anche il tema dei Marò trattenuti da oltre due anni in India senza un regolare processo, arrestati nell’ambito di un’operazione anti-pirateria. Anche qui l’interlocutore ha assicurato che farà per intero la sua parte. E nel colloquio col capo dello Stato Ban Ki Moon ha posto anche il tema dei mutamenti climatici, auspicando che l’Europa, nel semestre italiano, svolga un ruolo guida nella riduzione delle emissioni. Tema che il segretario dell’Onu considera strettamente collegato, essendo la siccità fra le cause di crescenti migrazioni.



Quei figli dimenticati
Avvenire, 08-05-14
Paolo Lambruschi
Dallo scorso luglio è aumentato in modo inarrestabile il numero di minori non accompagnati che sbarcano sulle nostre coste. Quasi due su dieci migranti arrivati via mare sono under 18 soli. Secondo le stime di "Save the Children" al momento in Italia rasenterebbero quota 3.000. Molti, troppi, spariscono dopo l’accoglienza. Secondo i dati dell’Anci, su quasi 8.000 minorenni stranieri non accompagnati accolti dai Comuni al 30 settembre, ben 1.600 – uno su cinque – risultava irreperibile, per lo più nella fascia tra i 15 e i 17 anni. Ma inquieta anche la sparizione di 184 bambini tra i 7 e i 14 anni. Se va bene, raggiungono amici e parenti in Italia e in Europa. Ma su questi figli dimenticati, su questi ragazzi perduti nell’invisibilità e nella vulnerabilità aleggiano gli spettri del reclutamento nella malavita, l’immondo sfruttamento pedopornografico e la prostituzione.
Le due etnie più rappresentate sono eritrei ed egiziani, poi ci sono maliani, senegalesi e gambiani. Molti scappano dal reclutamento forzato, dalla miseria di un campo profughi o di una baraccopoli. Gli eritrei sono di passaggio, vogliono proseguire il lungo viaggio iniziato in Sudan o in Etiopia, arrestatosi per mesi in Libia e ripartito verso la Sicilia, per avvicinarsi al grande Nord europeo. Ma gli altri vorrebbero costruirsi un futuro in Italia. Purtroppo oggi, dicono gli operatori umanitari, l’accoglienza proposta dallo Stato italiano è inadeguata. Spesso non si pensa nemmeno a dare ai minori soli una scheda telefonica per comunicare con i propri congiunti, e la burocrazia allunga i tempi del ricongiungimento persino con parenti già residenti – anche regolarmente – sul territorio nazionale. Ci risultano casi di persone ferme da più di un mese nella cosiddetta prima accoglienza. Tutto ciò solletica la voglia di fuggire, esponendo questi ragazzi a nuovi pericoli.
La scorsa settimana quattro minori egiziani non accompagnati fuggiti dalla Sicilia sono stati rapiti da una gang di connazionali nel Lazio i quali, prima di venire arrestati, avevano chiesto e ottenuto dai parenti un riscatto per liberarli. L’odioso rapimento dei profughi, come i lettori di questo giornale sanno bene, viene abitualmente praticato in Libia, in Sudan o nel Sinai – con modalità più cruente, certo – e non deve assolutamente prendere piede anche in Italia.
Il cuore della comunità di Augusta e l’impegno concreto di una parrocchia (lo raccontiamo a pagina 6) consente ad alcuni di questi ragazzi di studiare e vivere parentesi di normalità. È una delle belle storie scritte nella Chiesa italiana, una mano tesa agli ultimi e uno "schiaffo" a un sistema che non si cura dei minori e dei loro problemi.
Senza contare le condizioni igienico sanitarie precarie degli improvvisati centri istituiti in Sicilia. Ancora vibra, purtroppo inascoltata, la denuncia che lo scorso febbraio proprio i parroci di Augusta avevano lanciato in un appello a chi ha il potere e avrebbe il dovere di cambiare questo stato di cose. «Nonostante gli sforzi, certamente lodevoli e generosi, delle Istituzioni locali, del Comune e di volontari della comunità civile e delle comunità cristiane – dicevano i sacerdoti siciliani – è estremamente difficile dare una accoglienza dignitosa a questi minori nell’attesa di una collocazione in centri idonei dal punto di vista umano e formativo. Collocati provvisoriamente in strutture improprie e inadeguate, sono necessariamente soggetti a condizioni igieniche carenti, scarsa assistenza sanitaria (affidata a medici volontari), mancanza di screening medico sistematico».
L’esperienza di Augusta ricorda a tutti che l’integrazione parte da una buona accoglienza, dall’umanità, dal decoro. Dice che occorre collaborazione tra Governo centrale, Comuni e Terzo Settore per programmare ed evitare emergenze prevedibili. Solo così si diventa credibili agli occhi di un ragazzo che a 15 anni ha già conosciuto la durezza della vita, la guerra, la miseria e la violenza. Solo così si riesce a dare un’alternativa alla fuga e a prosciugare la palude della malavita pronta sempre a inghiottire chi viene lasciato solo.



Ragazzi africani, miracolo in Sicilia
Avvenire, 08-05-14
Alessandra Turrisi
«Il mare era agitato, nella barca c’erano 200 persone, mangiavamo biscotti e acqua. La gente gridava per la paura. Durante il viaggio ero agitato e molto triste, perché non so nuotare e la barca si muoveva molto, avevo paura di cadere in acqua e annegare. La sete e la fame mi facevano stare sveglio, ero scoraggiato e preoccupato». Ad appena 14 o 15 anni hanno attraversato da soli a piedi il deserto e almeno quattro o cinque Stati africani, hanno lavorato duramente in Libia per un tozzo di pane, hanno subìto le torture della prigionia e l’angoscia di poter morire affogati nell’ultimo braccio di mare che li separa dalla libertà. Sono i mi­nori stranieri non accompagnati che arrivano a centinaia, ogni giorno, sulle coste siciliane. Sono quelli che trovano ospitalità in strutture inadeguate, caotiche e d’emergenza approntate da Comuni sull’orlo del dissesto finanziario, come accade ad Augusta, ogni giorno, da mesi. Riacquistata la precaria serenità per essere sopravvissuti, sono loro stessi a raccontare la loro storia ai mediatori, agli operatori o scrivendo quelle terribili avven­ture di proprio pugno, come ha fatto Memba, un giovane di 16 anni della Guinea Bissau.
 In cinque mesi di permanenza in Sicilia ha già imparato non solo a parlare l’italiano, ma anche a scriverlo quasi correttamente, studiando dalla mattina alla sera. È il miracolo della casa della carità Talità Kum, accanto alla parrocchia Santa Lucia di Augusta, dove quattro giovanissimi africani, due del Senegal e due della Guinea Bissau, sono stati accolti dal parroco don Angelo Saraceno e “adottati” dall’intera comunità, che si fa carico del vitto, del vestiario e della loro istru­zione. Loro sono giunti a ottobre coi barconi in balia del mare, prima che partisse l’operazione Mare nostrum. Il loro futuro non è in Germania o in Olanda, loro se lo stanno costruendo in questo lembo di Magna Grecia.
«Si tratta di un progetto di accompagnamento di autogestione – spiega don Angelo Saraceno, che è anche responsabile cittadino della Caritas e direttore dell’Ufficio regionale per i problemi sociali e il lavoro della Conferenza episcopale siciliana –. I ragazzi vivono in un gruppo appartamento, ci sono i tutor di Siracusa che li seguono sotto l’aspetto legale. Qui loro vivono, imparano a gestire la propria giornata, a cucinare. Li stiamo abituando alle regole. Ma soprattutto stiamo puntando molto sull’istruzione e l’avviamento al lavoro». Eduardo, Kaba, Dembo e Memba non hanno un momento libero. La mattina arrivano Pina Briguglio e Serena La Ferla, due insegnanti in pensione, per le lezioni individuali di italiano. Nel pomeriggio frequentano la scuola serale per conseguire la licenza media e la sera imparano un mestiere: due vanno a un corso per elettricisti e due per meccanico.
«Vogliamo trovare qui una nuova vita – racconta ancora Memba –. Abbiamo lasciato la nostra famiglia, abbiamo affrontato il viaggio nel deserto, lavorato come camerieri, muratori. Poi la traversata col barcone. In quello in cui viaggiavo io eravamo 92 persone. Siamo rimasti in mare per tre giorni senza cibo, solo qualche galletta di riso. Mi sento miracolato, lo so che sono fortunato. L’Europa dovrebbe fare qualcosa per risolvere la situazione ». Don Angelo conosce bene le loro storie, come quelle delle decine di somali, eritrei e siriani ospitati nel novembre scorso in un’altra struttura. «All’inizio i somali non volevano mangiare e non capivamo il perché – dice don Angelo –. Poi abbiamo scoperto che temevano di ingrassare, perché, sul barcone in cui avevano viaggiato, le persone più robuste erano state buttate in acqua per alleggerire il carico». Adesso questa nuova forma di assistenza sembra portare buoni frutti, anche se riguarda solo numeri piccolissimi. «Il nostro obiettivo è inserire questi ragazzi nel nostro tessuto territoriale e familiare» aggiunge don Angelo, che durante il Giovedì santo ha distribuito, assieme agli altri parroci di Augusta, una lettera rivolta ai 'fratelli africani o asiatici'. Si punta all’affido dei giovani a famiglie siciliane, come è accaduto per Abdullaj, un ragazzo somalo che adesso vive e studia ad Augusta. Ha lo sguardo sereno, volto in avanti. Sogna di fare il calciatore, come i suoi idoli del Chelsea.
    
    
    
Bambini immigrati con genitori "irregolari": difficile giocare a calcio
Il problema sono le leggi della federazione internazionale. La Figc (Federazione italiana gioco calcio) analizza i casi di "irregolarità" per poi permettere a tutti di iscriversi. "Segnalateci chi si rifiuta di far giocare i ragazzi cosiddetti 'irregoari' " Ma il regolamento generale, imposto dalla Fifa, dice che senza permesso di soggiorno non si gioca
la Repubblica, 07-05-14
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Vuoi giocare a calcio? Se papà è irregolare, scordatelo! Puoi essere nato in Italia, andare a scuola, curarti negli ospedali pubblici, ma se i tuoi genitori non hanno il permesso di soggiorno, in campo non ci metti piede. Lo dice il regolamento Fifa, ma la Figc (Federazione italiana gioco calcio) avverte: "Segnalateci i casi, interverremo subito".
Fuori gli irregolari dai campi. Le regole della Federcalcio sono chiare: i calciatori stranieri minorenni che richiedono il tesseramento per una società della Lega Nazionale Dilettanti, devono presentare "il certificato di residenza anagrafica attestante la residenza in Italia e il permesso di soggiorno che dovrà avere scadenza non anteriore al 31 gennaio dell'anno in cui termina la stagione sportiva per la quale il calciatore richiede il tesseramento". Il permesso di soggiorno a cui si fa riferimento è quello dei genitori, visto che la regolarità del minore straniero dipende dalla posizione giuridica della madre e del padre.
La "discriminazione". La norma (come ricorda l'agenzia Redattore Sociale) ricalca il regolamento internazionale della Fifa, che richiama le singole leggi statali sull'immigrazione. E così, applicando restrittivamente la Bossi-Fini si rischia di discriminare tutti quei bambini che avrebbero diritto allo sport, ma che non possono giocare per la situazione legale dei genitori. Una norma, questa, criticata da varie associazioni tra cui l'Asgi (Associazione studi giuridici sull'immigrazione), che parla apertamente di "discriminazione".
Le critiche dell'Asgi. Secondo Alberto Guariso dell'Asgi, "così si nega il diritto allo sport dei minori, violando la Convenzione internazionale sui diritti del fanciullo, secondo la quale nessun minore può essere trattato diversamente in relazione allo status giuridico dei genitori". Secondo Guariso "la Figc dovrebbe adeguarsi agli altri settori della società italiana come la scuola e la sanità, dove qualsiasi minore ha diritto allo studio e alle cure mediche, indipendentemente dalla regolarità dei genitori in territorio italiano". Tanto più che, aggiunge Guariso, "i minorenni non possono essere espulsi dall'Italia in base all'articolo 19 del Testo Unico. Un paradosso: il minore può restare in Italia ma non può praticare sport".
La risposta della Figc. L'avvocato Giancarlo Gentile, responsabile dell'ufficio legale della Figc replica: "Le norme internazionali imposte dalla Fifa impongono che i ragazzi debbano essere accompagnati  da genitori con residenza o permesso di soggiorno, per evitare il triste fenomeno della tratta dei giovani talenti calcistici. Nel momento in cui il minore mette piede in Italia si attiva subito una pratica di affidamento, che viene esercitata immediatamente dal Comune in cui si trova il minore, che poi provvede ad incaricare un tutore, sia nella forma di un'associazione o di una persona fisica. A quel punto non ci sono più problemi. Dunque, anche se i ragazzi che vogliono praticare il calcio sono figli di "irregolari" è sufficiente che siano affidati a qualcuno per poter iscriversi alla Figc, che deve così avere una pubblica istituzione o un privato cittadini nominato dal giudice tutelare, come referente".
Figc: "Se qualche caso ci sfugge, avvertiteci". "Già da due anni - dice ancora il responsabile dell'ufficio legae Figc - siamo intervenuti presso la Fifa per cambiare le cose, proprio perché la Federazione internazionale non considera la figura del tutore. Mentre noi cerchiamo di introdurre criteri diversi più in sintonia con i principi di civiltà giuridica e non solo giuridica". E ancora: "La linea seguita dalla nostra Federazione e dettata anche alla nostra Commissione tesseramento minori e di iscrivere pure tutti quei ragazzi che si trovano in temporaneo stato di irregolarità, perché i genitori hanno perso il permesso di soggiorno. Certo qualche caso può sfuggirci, chiediamo perciò che ci vengano segnalati tutti i casi sul territorio per poter intervenire".
La sentenza del tribunale. Sulla questione si è espresso anche qualche tribunale. Come quello di Lodi, con ordinanza depositata il 13 maggio 2010. I giudici hanno accolto il ricorso presentato congiuntamente da un calciatore togolese richiedente asilo in Italia e dall'Asgi e ha dichiarato discriminatorie le norme della Figc che impongono ai cittadini stranieri extracomunitari che richiedono il tesseramento per società della Lega Nazionale Dilettanti il possesso di un permesso di soggiorno valido fino al termine della stagione sportiva corrente.



Immigrati testimonial per la Lega: "Non venite in Italia"  (Video)

la Repubblica.it, 08-05-14
La Lega Nord ha scelto cinque immigrati come protagonisti di uno spot in cui gli stranieri dissuadono i loro connazionali dal venire in Italia "per fare la fame". L'idea dello spot è di Angelo Ciocca, consigliere regionale in Lombardia, candidato alle europee con un "progetto di respingimento della clandestinità". "L'Italia con Spagna e Grecia è il Paese più povero in Europa", spiegano gli stranieri. "Questo è un Paese che sta attraversando una gravissima crisi economica. Le cose vanno male da anni anche per gli immigrati". E quindi, concludono, "non credete agli scafisti perché sono assassini e non pagateli, non venite in Italia per fare la fame". Il video sarà diffuso nei Paesi di provenienza degli extracomunitari. "Faccio quello che dovrebbero fare Grasso, la Boldrini, la Mogherini", ha spiegato Ciocca



Lo spot respingente
il mattino, 08-05-14
Luca Fazio  
«Datemi cinque negri che vi fermo il mondo'.». LAngelo Ciocca da San Genesio ed Uniti, una delle capitali della lega nella bassa lombarda, ha avuto un'idea geniale delle sue. Questa volta ha confezionato uno spot per vincere alle europee senza far vedere il culo, solo la faccia. L'idea, reclutare cinque immigrati che balbettano una sacrosanta venta davanti alla telecamera: l'Italia fa schifo, dunque, cari amici che affogate nel mediterraneo, statevene a casa vostra. Questo è il cuore del «progetto di respingimento della clandestinità» che Ciocca si è impegnato a portare a Bruxelles, mentre il suo capo, Salvini, senza tante sofisticherie, si sta facendo dare del «buffone» e del «razzista» in giro per l'Italia. Lo spot esprime una forza comunicativa che parla anche agli italiani. Che qui si faccia la fame ormai lo sanno anche gli amici pallidi del Ciocca, e che «ormai l'Italia» non possa «offrire più niente a nessuno» ce lo dice un giorno si e l'altro pure l'Istat. Tant'è che i migranti ormai non hanno nessuna intenzione di restate prigionieri nei centri di detenzione. Scappano anche da noi. Guardate la faccia di Ciocca, ecco il messaggio subliminale in grado di scoraggiare anche il peggiore degli scafisti: quel volto che assomiglia a tantissimi altri, che in qualche modo ci somiglia, fa venire voglia di andarsene da questo paese.



La decisione di giudice sportivo dopo il derby di domenica scorsa. “Discriminazione razziale e territoriale”
stranieriinitalia.it, 08-05-14
Roma – 8 maggio 2014 -  Cinquantamila euro di multa e l’obbligo a disputare una partita il secondo anello verde della Curva nord senza spettatori.  È la pena inflitta ieri all’Inter dal giudice sportivo della Lega di serie A Gianpaolo Tosel per il comportamento dei tifosi durante il derby contro il Milan di domenica sera.
“I sostenitori della Società nero-azzurra – scrive il giudice - al 1°,  4°, 18°, 26° e 33° del primo tempo avevano  indirizzato al calciatore Mario Balotelli delle grida e dei cori (“buuh”), inequivocabilmente  espressivi di “discriminazione per motivi di razza” e che gli stessi al 39° del primo tempo  avevano intonato il coro “Napoli m..., Napoli cole ra, sei la vergogna dell’Italia intera...”,  tipicamente espressivo di “discriminazione per motivi territoriali”.
Salgono così a tre le partite che l’Inter giocherà senza tifosi in curva. La società si era infatti già vista infliggere la stessa pena per due turni a causa di altri cori discriminatori indirizzati ai napoletani durante la partita con il Napoli.

 

Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links