Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

Oggi la fiaccolata a Roma in solidarietà dei reclusi del Sinai

l'Unità, 01-02-2011
Osservatorio  Italia-razzismo
Martedì 1 febbraio, a Roma, alle ore 18.00, sulla scalinata del Campidoglio, si terrà una fiaccolata per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla drammatica vicenda che vede coinvolti centinaia di profughi, eritrei etiopi sudanesi somali, i quali, da oltre due mesi, si trovano nelle mani dei trafficanti di uomini nel deserto del Sinai.
Una vicenda che, nonostante il numero notevole di persone coinvolte, e di morti e di torturati, non ha avuto alcuna eco nella comunità internazionale. E se questo pesante silenzio – interrotto a tratti dalle denunce di alcune organizzazioni – avveniva in una situazione di stabilità politica del regime egiziano, che cosa accadrà ora che quel paese è in rivolta? Sicuramente la prospettiva non è quella di una immediata soluzione della vicenda. La polizia egiziana, in questi giorni alle prese con ben altre priorità, non verrà impiegata certo al fine di liberare quei disperati prigionieri nel suo territorio. Il rischio, ora, è che queste persone possano essere vendute al mercato del lavoro schiavistico e del sesso, o che finiscano nelle mani di trafficanti di organi umani. Non vogliamo pensare che sia troppo tardi e rinunciare, data la complicata situazione egiziana, a parlare di loro. Anche perché la responsabilità di quanto sta avvenendo nel Sinai non può essere addebitata unicamente allo stato nord africano. Non possiamo dimenticare, infatti, come questa situazione sia una delle conseguenze della politica europea di chiusura delle frontiere, tesa ad allontanare le persone che cercano protezione nel nostro continente. Protezione che, lo abbiamo ricordato più volte, le convenzioni internazionali da noi sottoscritte ci impongono di dare.

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