Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

Manconi spiega perché ha denunciato Alemanno

Luigi Manconi
Il Riformista del 24 febbraio critica l’iniziativa - presa nella mia qualità di presidente di A Buon Diritto, assistito dall’avvocato Alessandro Gamberini - di denunciare il sindaco di Roma, Gianni Alemanno per omicidio colposo in merito alla morte di quattro bambini rom, bruciati vivi nel rogo della loro baracca il 6 febbraio  2011.

Il Riformista ritiene, peraltro, che il sindaco di Roma possa essere “tacciato di insensibilità, di immobilismo” e stigmatizza “la sua parte politica come propalatrice di una cultura della non accoglienza che sconfina nella xenofobia”; e considera giusta una campagna, fatta di “parole dure che giunga sino a chiedere le dimissioni del sindaco”. L’articolo precisa, tuttavia, che una simile campagna va condotta con strumenti politici e in sedi politiche. E, dunque, non apprezza un’iniziativa, come quella assunta dall’associazione da me presieduta, perché “la lotta politica non si fa chiedendo ai magistrati di mobilitarsi contro l’avversario”. D’accordo, d’accordissimo su questo punto: e, infatti, come il Riformista generosamente mi riconosce, da oltre vent’anni conduco una critica politica e una lotta politica contro quelli che, nel 1988, mi capitò di definire “gli imprenditori politici dell’intolleranza”. Ma qui si tratta d’altro, di tutt’altro. Se è vero che, come scrive ancora il Riformista, la morte dei quattro bambini “rappresenta il fatto più grave successo nella città di Roma negli ultimi anni”, non è improprio ricorrere anche ad altri strumenti, oltre a quelli politici. E per una ragione strettamente fattuale. Quei quattro bambini sono stati discriminati e mortificati, sì, da quella “insensibilità” del sindaco e da quella “xenofobia” della sua parte politica, ma la loro morte si deve ad altro. Si deve, cioè, a una incredibile catena di responsabilità oggettive, fatta di omissioni e negligenze, indifferenza e inerzia. Dunque, qui non stiamo parlando in primo luogo di “clima” e “messaggi” - pessimo il primo e orribili i secondi - quotidianamente prodotti dalla giunta Alemanno. Stiamo parlando, piuttosto, di sgomberi e di vessazioni, di azioni fatte e di interventi mancati, di allarmi colpevolmente inascoltati e di risposte colpevolmente non date. Stiamo parlando di totale inerzia da parte di un sindaco che, secondo la legge, è l’autorità di protezione civile, garante dell’incolumità di quanti risiedono sul territorio da lui amministrato. Totale inerzia, dicevo, di fronte a una serie impressionante di denunce dettagliate e univoche, reiterate nel tempo, provenienti da soggetti istituzionali e tutte lasciate cadere nel vuoto. La prima, redatta dai carabinieri e datata 4 maggio 2010, segnalava esplicitamente un “pericolo di incendio”. Stiamo parlando di questo e non di orientamenti culturali o di pregiudizi emotivi, che pure ci sono. Quanto denunciato, pertanto, può configurare, una precisa responsabilità anche di natura penale nel determinarsi di quella situazione che ha portato alla morte dei quattro bambini: la responsabilità, cioè, di non aver impedito “un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire” (articolo 40 CPV cp).
Infine. La battaglia culturale è, soprattutto, un’opera paziente, quotidiana, “pedagogica” di critica degli stereotipi e dei pregiudizi. Si tratta, pertanto, di demotivare e disincentivare gli umori e le pulsioni che possono trasformare le ansie collettive in manifestazioni di diffidenza, ostilità, intolleranza (come si vede, non parlo di “razzismo” categoria cui ricorro con estrema parsimonia). Ma se un sindaco, garante dell’incolumità di quanti risiedano in quel territorio, omette di ottemperare ai suoi doveri, gliene va chiesto conto in tutte le sedi. Siamo garantisti (io, poi, ipergarantista), mica fighetti.
Ps: ringrazio il Riformista per l’apprezzamento nei confronti del “nome e dell’autorevolezza” di A Buon Diritto. Ma quel “diritto”, contenuto nella denominazione, vogliamo interpretarlo in più accezioni. Per dirne una proprio venerdì scorso il Consiglio di Stato ha dato ragione ad A Buon Diritto e ad altre associazioni, assistite dagli avvocati Laura Barberio, Luca Santini, Arturo Salerni ed Ernesto M. Ruffini, sulla questione delicatissima del rapporto tra arresto in flagranza degli stranieri e mancata ottemperanza all’ordine di allontanamento. Una piccola vittoria per chi crede nell’eguaglianza dei diritti.
Il Riformista, 01-03-2011

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