Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

01 marzo 2012

Presidi, cortei, flash mob: è «Piazze gialle» lo sciopero nazionale degli immigrati
Il primo marzo manifestazioni a Roma e in tutta Italia: migliaia di stranieri mobilitati per i propri diritti
Corriere della sera, 01-03-2012
ROMA - Non c'è soltanto lo sciopero dei mezzi a mettere in difficoltà chi si sposta a Roma giovedì primo marzo. Tornano in piazza in tutta Italia, per lo sciopero nazionale, migliaia di stranieri: è «Piazze gialle», la manifestazione nazionale (colore scelto per la sua neutralità politica e perchè considerato simbolo del cambiamento) per chiedere: l'abrogazione della legge Bossi-Fini, la cancellazione del contratto di soggiorno per lavoro e la chiusura di tutti i Cie in Italia e in Europa.
La locandina della manifestazione «Piazze gialle»La locandina della manifestazione «Piazze gialle»
TRUFFE SUI PERMESSI DI SOGGIORNO - Gli immigrati della Rete nazionale dei comitati per il Primo marzo, che organizza presidi in tutta Italia, si battono poi per la cittadinanza immediata ai bambini nati in Italia, per il No al permesso a punti e a nuove tasse sul rinnovo del permesso di soggiorno, per una regolarizzazione generale di chi non ha un permesso di soggiorno, «senza truffe e senza produrre altre gerarchie». Tra i punti della battaglia anche «il riconoscimento di fatto del diritto d'asilo senza ritardi, lungaggini e discrezionalità».
«RAZZISMO ISTITUZIONALE» - Tante le iniziative, alle quali hanno aderito movimenti, associazioni e sindacati. In programma presidi, cortei, dibattiti, convegni, flash-mob, e musica «contro il razzismo istituzionale e la precarietà», si legge nell'appello alla mobilitazione della Rete Primo marzo. «La data del primo marzo - si legge nell'appello alla mobilitazione della Rete nazionale - è diventata così un punto di riferimento importante: anche quest'anno vogliamo che sia un giorno di mobilitazione e sperimentazione di nuove forme di lotta. Questo è ancora più importante dopo i pogrom di Rom come quello di Torino e l'uccisione a Firenze di Samb Modou e Diop Mor. Un omicidio razzista che ha visto una grande reazione il 17 dicembre, guidata da migliaia di migranti scesi in strada a Firenze».



Lo sciopero degli immigrati Provate: "Un giorno senza di noi"
Senza operai né braccianti, senza infermieri né muratori, senza imprenditori, colf e badanti, E' la terza volta che i migranti lanciano la "sfida" tingendo di giallo le piazze italiane. Le richieste: abrogazione della Bossi-Fini, cancellazione del contratto di soggiorno per lavoro e la chiusura di tutti i Cie in Italia e in Europa. Inoltre: la cittadinanza immediata ai bambini nati in Italia
la Repubblica, 01-03-2012
VLADIMIRO POLCHI
ROMA - Sit-in, cortei, dibattiti, convegni, flash mob, letture e musica. Da Bolzano a Palermo. L'appuntamento è fissato per oggi, 1° marzo. È lo sciopero degli immigrati: "Un giorno senza di noi 1", senza operai, braccianti, infermieri, muratori, imprenditori, colf e badanti. Per il terzo anno consecutivo, i migranti si apprestano a tingere di giallo le piazze italiane.
I precedenti. Più che di sciopero si dovrebbe più propriamente parlare di "mobilitazione". Del resto le esperienze dei due anni passati 2 ne sono la riprova: salvo parziali astensioni dal lavoro in alcune fabbriche del Centro-Nord (soprattutto in Emilia-Romagna), lo sciopero, in senso tecnico, degli immigrati non ha funzionato. Gli appuntamenti del primo marzo e l'appello della portavoce. Tutti i programmi locali e i convegni del primo marzo 2012 sono scaricabili dal sito del Comitato 3 organizzatore. Online anche il video della portavoce nazionale del Primo marzo Cécile Kashetu Kyenge.
Indumenti gialli e copri-passaporto. Oltre ai consueti indumenti gialli che vogliono "caratterizzare la neutralità del movimento", la novità del 2012 è la distribuzione di un copri-passaporto, che riporterà
il primo e l'ultimo articolo della Carta mondiale dei migranti sulla libera circolazione delle persone, firmata lo scorso anno a Gorèe. Il copri-passaporto è scaricabile, con click sulla lingua corrispondente, sempre sul sito del Comitato.
Le "parole d'ordine". Diverse le richieste con le quali si scenderà quest'anno in piazza: "Per l'abrogazione della legge Bossi-Fini, la cancellazione del contratto di soggiorno per lavoro e la chiusura di tutti i Cie in Italia e in Europa; per la cittadinanza immediata ai bambini nati in Italia; per dire no al permesso a punti e a nuove tasse sul rinnovo del permesso di soggiorno; per una regolarizzazione generale di chi non ha un permesso di soggiorno".



Rifugiati e vittime della tortura non avranno più un centro per curarsi
Chiude il Centro per il Trattamento delle Patologie Post-Traumatiche e da Stress del San Giovanni a Roma è stata la prima struttura pubblica in Italia a garantire cure e terapie specifiche e innovative per i sopravvissuti a tortura e violenze
la Repubblica, 01-03-2012
STEFANIA MARTANI
ROMA - Sulla pelle dei torturati. E' stata decisa la chiusura dell'Ambulatorio per le Patologie Post-Traumatiche del San Giovanni-Addolorata di Roma 1, centro di eccellenza nel trattamento e nella riabilitazione di rifugiati e richiedenti asilo vittime di tortura. Il dottor Massimo Germani, internista e psichiatra responsabile della struttura in funzione dal 2004, è stato invitato, senza alcuna precedente comunicazione o preavviso ufficiale, a riconsegnare le chiavi del Centro a partire da oggi, primo marzo.
Un centro di eccellenza. Sono uomini e donne spesso giovani, non di rado in difficile equilibrio tra il desiderio di continuare a vivere e quello di farla finita, che potrebbero trovare sbarrate le porte dell'unico luogo dove si tenta di curarli nel corpo e nella psiche. Il Centro per il Trattamento delle Patologie Post-Traumatiche e da Stress  del San Giovanni è stata la prima struttura pubblica in Italia a garantire cure e terapie specifiche e innovative per i sopravvissuti a tortura e violenze. Gli elevati standard clinici e diagnostici, le numerose pubblicazioni scientifiche specifiche, la partecipazione a numerose iniziative e progetti nazionali e internazionali sui Richiedenti Asilo "altamente vulnerabili" sopravvissuti a traumi estremi, hanno reso l'Ambulatorio del San Giovanni un punto di riferimento fondamentale per tutti gli Enti e
le Istituzioni operanti nel campo dell'Asilo e della tutela dei Diritti Umani.
Gli effetti sui pazienti in cura. Nel 2011 sono state effettuate 1.240 visite mediche, sono stati presi in carico 206 nuovi pazienti sopravvissuti a tortura, eseguite 974 valutazioni specifiche e redatte oltre 260 certificazioni finalizzate al giudizio sul riconoscimento della protezione internazionale. Attualmente ci sono circa 200 persone in trattamento regolare e continuativo. "Si tratta - dice il dottor Massimo Germani - di cure specialistiche, sia farmacologiche che medico-psicologiche per pazienti affetti da quadri clinici specifici e, nella maggior parte dei casi, gravi e complessi, conseguenti alle torture e agli abusi subiti. Per questi pazienti l'eventualità di una improvvisa interruzione delle cure, rappresenterebbe un grave trauma con conseguenze severe sul loro stato di salute".
Il progetto del Cir e dell'UNHCR. Persone così fragili non possono, da un giorno all'altro, essere  lasciate senza cure e alternative specialistiche adeguate. L'ambulatorio per la cura delle vittime di tortura  del San Giovanni è il più grande e importante ambulatorio specialistico di quelli che operano nel pubblico e dal 2007 è Centro di Coordinamento Nazionale del NIRAST (Network Italiano per i Richiedenti Asilo Sopravvissuti a Tortura), una rete integrata di centri medico-psicologici ospedalieri del Servizio sanitario nazionale, specializzati nella cura dei richiedenti asilo vittime di tortura. Il progetto promosso e sostenuto anche dal Consiglio Italiano per i Rifugiati 2 (Cir), dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati 3 (UNHCR) e dal Ministero dell'Interno 4, conta dieci centri specializzati disseminati in tutta Italia.
La fine di una buona prassi. Negli anni la rete del NIRAST si è rafforzata ed è diventata vera e propria buona prassi, a cui guardano anche gli altri Paesi europei. La chiusura dell'ambulatorio significherebbe anche la fine di questo network. In tempi di crisi ma anche di stipendi milionari per alcuni e pensioni d'oro per altri, la sopravvivenza di questo Centro d'eccellenza viene messa a rischio dai tagli di bilancio della sanità. Sembra che la decisione di sbarrare le porte in faccia alle vittime della tortura - spesso erroneamente scambiate per immigrati generici - venga dalla Direzione dell'Ospedale.
Il motivo ufficiale. La ragione della chiusura sta nel fatto che a novembre è terminata una convenzione col Ministero dell'Interno grazie alla quale il San Giovanni riceveva un supporto  per l'attività di coordinamento del NIRAST. Il venir meno della convenzione e il mancato rinnovo doveva però riguardare evidentemente solo l'attività di coordinamento del NIRAST e non quella clinica dell'ambulatorio. I richiedenti asilo infatti sono tutti dotati di tesserino sanitario e codice fiscale e hanno diritto all'assistenza sanitaria del SSN che viene rimborsata dalla Regione Lazio. Inoltre si tratta di attività ambulatoriale dai costi estremamente contenuti. E se davvero verrà chiusa la struttura principale del NIRAST, mentre le vittime di tortura sono in aumento, potrebbero derivarne gravi conseguenze sulle condizioni di salute dei pazienti in trattamento e rispetto agli enti e ai centri di accoglienza del privato sociale che inviano i richiedenti asilo vittime di traumi estremi e torture.
Gli appelli andati a vuoto. Le richieste di chiarimento da parte del responsabile del centro non hanno finora ricevuto risposta. A nulla sembrano serviti gli appelli epistolari lanciati da Laurens Jolles, delegato per il sud Europa dell'UNHCR, a Gianluigi Bracciale, direttore generale del complesso ospedaliero, al Direttore Sanitario Gerardo Antonio Bruno Corea, oltre che alla presidente della Regione Lazio, Renata Polverini. Ma Germani non si dà per vinto. "Proverò comunque - ha detto - a far valere le ragioni dei pazienti che già tanto hanno sofferto e a cercare di salvaguardare la sopravvivenza di una struttura ad alta specializzazione con capacità e competenze riconosciute anche a livello europeo, che dimostra come anche la sanità pubblica italiana sappia rispondere con sensibilità e in modo altamente qualificato a una problematica così drammatica umanamente quanto grave e specifica clinicamente".



IMMIGRATI: THORNE, ITALIA HA BISOGNO DI QUESTI NUOVI LAVORATORI
AGI - Genova, 29 feb. - L'immigrazione "e' importante per il futuro dell'Italia che ha bisogno di questi nuovi lavoratori.
  E' importante trovare il modo per integrare questi lavoratori per mantenere la crescita, la vitalita' della societa' italiana". Cosi' l'ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, David Thorne, che oggi pomeriggio ha visitato la mostra sull'emigrazione ed immigrazione al Galata - Museo del Mare di Genova, in attesa di assistere, questa sera allo stadio Ferraris, all'amichevole Italia-Usa. "In America - ha affermato l'ambasciatore - ci sono 30 milioni di italo-americani che hanno fatto tanto per il nostro paese. Senza gli immigrati non ci sarebbe l'America. Per noi - ha aggiunto - non e' stata una transizione semplice, felice. E' stato, invece, un passaggio difficile non solo perche' gli immigrati erano poveri ma anche perche' c'era un senso di resistenza da parte di chi gia' si era stabilito in America verso i nuovi immigrati che prendevano il lavoro. Alla fine, pero', siamo riusciti a trovare il modo di integrare queste genti, in tanti anni. Per noi - ha concluso - e' stata un'esperienza difficile ma necessaria".(AGI) Ge2/Mav



La Provincia di Pisa conferisce la cittadinanza simbolica a minori stranieri nati in Italia.
“Scopo dell’iniziativa, del tutto simbolica e senza valore giuridico, è di portare al centro dell’attenzione il tema della cittadinanza quale elemento di primaria importanza per uno Stato democratico”.
ImmigrazioneOggi, 01-03-3012
Saranno alcuni minori stranieri nati nel nostro Paese e residenti nella provincia di Pisa i protagonisti della cerimonia che si terrà questo pomeriggio a partire dalle ore 15,00 presso la sala del Consiglio provinciale in piazza Vittorio Emanuele II, 14 a Pisa. A loro verrà consegnato un simbolico attestato di cittadinanza italiana dall’Amministrazione provinciale di Pisa aderente alla campagna “L’Italia sono anch’io” per la raccolta firme su due proposte di legge di iniziativa popolare, che saranno depositate al Parlamento il prossimo 6 marzo.
“Lo scopo di questa iniziativa, del tutto simbolica e senza valore giuridico – hanno spiegato il presidente Pieroni e l’assessore all’Integrazione Silvia Pagnin – è di portare al centro dell’attenzione il tema della cittadinanza quale elemento di primaria importanza per uno Stato democratico che tende a far sì che le persone possano godere pienamente di tutti i diritti”. Al primo gennaio 2011 sono 36.982 gli stranieri residenti nel territorio provinciale della città toscana, 577 i bambini stranieri nati nel 2011, molti dei quali pienamente integrati nel tessuto sociale che, ciononostante, potranno diventare cittadini italiani solo al compimento del diciottesimo anno di età se dimostreranno di avere risieduto in Italia in modo continuativo. “La consegna dell’attestato simbolico a ciascuno di loro è un modo per far sì che la cittadinanza non sia il risultato di un lungo e tortuoso percorso burocratico di acquisizione, ma un diritto soggettivo in una società inclusiva e sempre più coesa” hanno aggiunto il presidente Pieroni e l’assessore Pagnin.
(Maria Rita Porceddu)



L’Italia all’Onu: fermate le mutilazioni genitali
Ogni anni tre milioni di bambine restano vittime della barbarie
Il ministro Fornero al Palazzo di Vetro: risoluzione entro l’anno
La Stampa, 01-03-3012
Paolo Mastrolilli

Il dramma Bambine del Kenya Il fenomeno della mutilazione genitale è diffuso soprattutto nell’Africa più povera dove da anni diverse ong cercano di combattere la pratica
Martedì sera l’Assemblea Generale dell’Onu si è alzata in piedi, per cantare e ballare. Il «parlamento del mondo» si è preso un’ora di intervallo per ascoltare la voce di Angélique Kidjo, la cantante del Benin vincitrice del premio Grammy. Ma la ragione di questa iniziativa, presa dall’Italia, era seria e per nulla allegra: mettere fine alla mutilazione genitale femminile. Angélique, ambasciatore dell’Unicef, è salita sul palco insieme al ministro del Lavoro Elsa Fornero, per scuoterci dall’apatia e spingere l’Assemblea Generale ad approvare una risoluzione che condanni la pratica e porti al suo divieto in tutto il mondo.
I numeri sono impressionanti. Ogni anno circa tre milioni di bambine e ragazze sono vittime della mutilazione genitale: ottomila al giorno. Una marea di esseri umani, che porteranno per tutta la vita i segni di questa inutile superstizione, quando non moriranno per le complicazioni. Per quale motivo? Nessuno, con tutto il rispetto per la cultura e la tradizione dei Paesi dove questa pratica continua da secoli. Non c’è una ragione religiosa, e tanto meno sanitaria, per giustificare questa violazione dei diritti umani. Basta ascoltare la testimonianza di Sarah Dioubate, una ragazza della Guinea: «Un giorno mia zia mi portò ad essere tagliata. Avevo sei anni, ricordo solo il dolore. Ebbi la sensazione che mi veniva rubata qualcosa, per sempre. Qualche anno dopo, una volta cresciuta, chiesi a mia madre perché aveva permesso che subissi questa violenza. Mi rispose che la pressione della società era troppo forte, per opporsi».
Naturalmente l’eliminazione di una pratica del genere non è un risultato che si ottiene schioccando le dita. «E’ molto radicata spiega Angélique e bisogna lavorare sulla persuasione per cambiare gli animi. Poi in Africa ci sono parecchie persone che vivono di questo: tagliare le ragazze dà loro un lavoro, se possiamo definirlo così, e uno status nella società. Bisogna offrire alternative, per sradicare la pratica. Però, è ora che gli africani comincino a prendere le decisioni giuste per il loro futuro. Abbiamo le nostre leadership legittime, che devono affrontare i problemi che ci affliggono. A partire dalla povertà, che spesso è l’origine di tutti questi mali. All’Occidente chiediamo di aiutarci, rispettandoci: non venite a dirci cosa dobbiamo fare, perché abbiamo il cervello e lo sappiamo da soli. Sosteneteci nel farlo, però».
Nel 2007 Unfpa e Unicef hanno lanciato un programma in 12 Paesi africani per fermare la mutilazione genitale, attraverso aiuti economici e informazione. Il piano ha dato i primi risultati, visto che circa 8.000 comunità hanno rinunciato alla pratica. Però non basta. Perciò l’Italia ha approfittato dell’incontro annuale della UN Commission on the Status of Women, per spingere la risoluzione all’Assemblea Generale: «E’ realistico sperare ha detto la Fornero che sia approvata entro l’anno».



Francia, quei giovani fanatici e l'eterna ossessione antisemita
Stefano Montefiori
Corriere della sera, 01-03-2012
Audrey Pulvar, 40 anni, è di origine antillese, il 49enne Arnaud Montebourg ha antenati algerini. La prima è un'attraente giornalista e commentatrice su radio e tv, il secondo un esponente di spicco del Partito socialista. Martedì sera erano appena usciti da un ristorante parigino quando sono stati aggrediti da un quindicina di ventenni. «Gridavano Juden, Juden Juden (ebrei in tedesco, ndr)! e Le Pen président, Le Pen président!», ha raccontato la Pulvar. «Jean-Marie Le Pen ci ha dato il permesso di ripulire Parigi dagli ebrei, la Francia ai francesi», hanno continuato, prima di tirare sulla coppia bicchieri pieni e bottiglie di birra, e di aggiungere «negra!» per lei e «babbucce!» per lui (in omaggio alle origini arabe). A parte la polemica politica che ne è seguita, con Marine Le Pen che parla di «hooligan estranei al Front National» e «calunnie», non si può non notare quanto l'ossessione antisemita resti nascosta ma presente in Francia. Tanto da colpire anche chi ebreo non è. Lo stilista John Galliano che ubriaco insulta dei ragazzi al bar augurando loro le camere a gas e ripetendo «Amo Hitler»; il deputato Ump Christian Jacob che accusava Dominique Strauss-Kahn (lui sì ebreo) di non rappresentare la «Francia vera»; e ora l'aggressione a Pulvar e Montebourg (peraltro filopalestinesi): non c'è come l'antisemitismo quando si tratta di lasciarsi andare agli istinti più bassi e radicati.

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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