Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

16 maggio 2013

Class action contro il Cie di Bari. Cambiare si può
l'Unità, 16-05-2013
Italia-razzismo
Il 13 maggio scorso a Roma è stato presentato dall’associazione Medici per i Diritti Umani (MEDU) il rapporto “Arcipelago CIE. Indagine sui centri di identificazione ed espulsione”. Si tratta di un’indagine svolta nel corso di un anno (febbraio 2012 – febbraio 2013) e, oltre al lavoro di monitoraggio compiuto effettuando visite all’interno delle strutture, lo studio si è basato sull’analisi di dati statistici e sulla raccolta di testimonianze dirette degli stranieri trattenuti e del personale che vi opera. Le domande cui MEDU ha cercato di dare una risposta sono: i Cie garantiscono il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali?; l’istituto della detenzione amministrativa è davvero efficace nel contrasto dell’immigrazione irregolare?; esistono altri strumenti meno afflittivi per affrontare questo fenomeno?
I risultati, c’era da aspettarselo, sono sconfortanti: viene confermata in modo univoco l’inadeguatezza della detenzione amministrativa nel tutelare la dignità e i diritti fondamentali dei migranti trattenuti, tra cui la salute e l’accesso alle cure. Inoltre, anche sulla base dei dati forniti dalla Polizia di Stato, il sistema dei Cie si dimostra fallimentare in quanto scarsamente rilevante nel contrasto dell’immigrazione irregolare. Il prolungamento dei tempi di trattenimento a 18 mesi non ha sortito alcun effetto significativo in termini di efficacia nei rimpatri mentre ha contribuito ad aggravare la tensione all’interno dei centri; inoltre l’insieme dei costi economici necessari ad assicurare la gestione, la sorveglianza, il mantenimento e la riparazione di queste strutture non appare commisurato ai modesti esiti conseguiti.
Questi risultati si collegano a una vicenda di cui già scrivemmo lo scorso anno, relativa al Cie di Bari Palese. Gli avvocati Luigi Paccione e Alessio Carlucci si sono sostituiti al Comune e alla Provincia di Bari e hanno citato in giudizio civile la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e la locale Prefettura chiedendo al Tribunale di disporre l’immediata chiusura del Cie barese per violazione dei diritti universali dell’uomo. La domanda è stata ammessa ed è stato disposto un accertamento tecnico che ha confermato lo stato di detenzione degli “ospiti” nonché le carenze strutturali e igienico-sanitarie del centro e la totale assenza di un presidio del Servizio Sanitario Nazionale all’interno della struttura.
Il Cie di Bari è stato interessato da recenti lavori di ristrutturazione e il Tribunale ha disposto una nuova perizia per verificare le condizioni attuali del centro e la sua conformità ai parametri legali. Il rapporto di MEDU e la class action contro il Cie di Bari ci portano alle stesse conclusioni: i centri di identificazione ed espulsione vanno chiusi per la loro inadeguatezza, inefficacia e inefficienza e il trattenimento dello straniero in attesa di espulsione deve tornare a essere una misura eccezionale. Trovare soluzioni umane e dignitose è possibile. http://www. mediciperidirittiumani.org/ http://www.classactionprocedimentale.it/



Sbarco immigrati in Calabria, sono 71
Nel gruppo anche 11 donne, due sono incinte. Portate in ospedale
Corriere dello sport, 16-05-2013
(ANSA) - PALIZZI (REGGIO CALABRIA), 16 MAG - Sbarco di immigrati stamattina a Palizzi, lungo la fascia jonica della provincia di Reggio Calabria. Gli immigrati sbarcati sono 71, tra cui 15 minori e 11 donne, due delle quali sono incinte. Due bambini e le due donne in stato di gravidanza sono stati portati in ospedale per accertamenti. Gli immigrati sono arrivati a bordo di un vecchio barcone che si e' arenato poco lontano dalla riva. Sul posto i carabinieri, insieme a polizia e guardia di finanza.



Razzismo, l’ultimatum di Balotelli “La prossima volta lascio il campo”
I cori di San Siro: “Io e Boateng avevamo pensato di andarcene”
la Repubblica, 16-05-2013
Stefano Scacchi
MILANO Due minuti di sospensione e 50.000 euro di multa non bastano a Mario Balotelli. Per evitare di sentire ancora gli odiosi “buu” razzisti, piovuti l’ultima volta domenica dal settore dei tifosi giallorossi durante Milan-Roma a San Siro, il centravanti rossonero ha deciso che adotterà il provvedimento più drastico: smettere di giocare. «Avevo sempre pensato che, di fronte a manifestazioni di razzismo in uno stadio, mi sarei detto: “Nessuno dice niente e allora io non mi preoccupo”. Ma dopo quello che è successo domenica sera, ho cambiato un po’ il mio modo di considerare il problema. Se succederà ancora una volta, lascerò il campo perché è una cosa troppo stupida», ha dichiarato Balotelli alla Cnn.
Sguardo serio, la maglietta aperta sul petto e due collane da rapper: così Mario ha lanciato la sua battaglia. «Dobbiamo lottare contro il razzismo in ogni stadio», aveva detto lunedì sera Boateng, il calciatore che ha aperto questo fronte il 3 gennaio scorso interrompendo l’amichevole Pro Patria- Milan a causa dei “buu” degli ultrà locali (il 5 giugno arriverà la sentenza nei confronti dei sei tifosi imputati a Busto Arsizio). Proprio confrontandosi con Boateng domenica sera in campo, Balotelli era arrivato a un passo dall’abbandonare: «Ho parlato con Prince durante la partita. Stavo per lasciare il terreno. Ma qualcuno avrebbe potuto dire che avevo deciso di farlo perché il Milan stava incontrando qualche difficoltà con la Roma e così io avrei cercato un modo per vincere 3-0 a tavolino. Meglio continuare a giocare e parlare dopo. Se non fosse stato per questa ragione, domenica avrei smesso di giocare». Ma già in quei minuti, scanditi dagli
ululati e dall’interruzione voluta dall’arbitro Rocchi, Balotelli matura il proposito di dire a tutto il mondo che non permetterà mai più allo scempio di arrivare fino al 90’. «Se succederà ancora una volta», dice Mario. Vuol dire che, da questo momento, non tollererà più nessun ululato.
Planetario il mezzo di comunicazione scelto da Balotelli (nel suo servizio on line la Cnn ricorda anche la frase di Paolo Berlusconi a febbraio: «Andiamo a vedere il negretto di famiglia») perché globale è stata la risonanza dei fatti di domenica sera. «Non basta una multa da 50.000 euro. Servono penalizzazioni per le squadre e sanzioni identiche in tutto il mondo », ha detto martedì il presidente della Fifa, Blatter. Ieri ha replicato il n. 1 dell’Uefa, Platini: «Non sono d’accordo con chi vuole togliere punti – dice il francese a Sky Sport – sono i tifosi che devono essere puniti, non i club. Rocchi è stato bravissimo. Ha usato il buon senso. Dopo la sospensione e gli avvisi dello speaker, non ci sono più stati cori razzisti. Noi dobbiamo legiferare in modo da aiutare l’arbitro. E dobbiamo punire severamente i giocatori che in campo insultano un collega». Ma Balotelli non ha tempo di aspettare norme e regolamenti innovativi: al prossimo “buu” se ne andrà. E, a quel punto, come successo dopo la pallonata di Boateng a Busto Arsizio, nulla sarà più come prima nella lotta al razzismo da stadio.



La Lega contro Kyenge per la strage di Milano
La Stampa, 16-05-2013
ROMA -La Lega aveva fatto sapere che ci sarebbe stato «casino» alla Camera durante il question time per le interrogazioni alla ministra dell'integrazione Kyenge. L'onorevole Molteni voleva chiarimenti sulle reali intenzioni per le politiche dell'immigrazione. Al centro lo ius soli, ossia il diritto di cittadinanza per i bambini che nascono sul suolo italiano. Ma lei, Cecile Kyenge, impeccabile in un tailleur grigio e con atteggiamento distaccato, non ha reso possibile nessuna intemperanza, ricordando che su questi argomenti (eventuali modifïche della legge sulla cittadinanza, abrogazione del reato di immigrazione clandestina, chiusura dei Cie dove, fa notare, si può restare privati di libertà fino a 18 mesi) la competenza è dei ministri della Giustizia e dell'Interno. «Talune mie dichiarazioni sono state ampiamente e rapidamente strumentalizzate nei primi giorni dei mio incarico governativo». In risposta poi ad una distinta interrogazione di Fabio Rampelli (Fratelli d'Italia), Kyenge ha ribadito che «nessuna invasione di campo era ed è nelle mie intenzioni».
L'integrazione, ha sottolineato la ministra, è «questione ineludibile a cui una democrazia moderna e avanzata non dovrebbe sottrarsi». La Kyenge, accusata dalla Lega di non aver espresso la sua condanna per gli ultimi delitti commessi da Cittadini extracomuntari a Castgneto Carducci e a Milano, ha ricordato che «è giusto punire i reati, indipendentemente dal colore della pelle e dall'origine» di chi li commette, ma non bisogna «fomentare l'odio e speculare sul grave dolore delle famiglie colpite». «Esprimo le mie profonde e sentite condoglianze, ha continuato, alle famiglie delle vittime e mi unisco al cordoglio dell'Italia migliore». [M. COR.



Non basta essere nati in Italia per essere italiani
Sullo ius soli forse un'ipotesi di mediazione c'è: concedere la cittadinanza solo al compimento del ciclo scolastico delle elementari
Panorama, 16-05-2013
Paolo Guzzanti
L’Italia ha davvero una vocazione multirazziale? Mica tanto. Bisogna distinguere fra la necessità di integrare degli immigrati che sono venuti in Italia in cerca di lavoro e desiderano diventare italiani e il principio americano secondo cui basta essere nati sul suolo dello Stato per diventare cittadini di quello Stato.
Gli Stati Uniti, diversamente dall’Italia, sono un Paese che si è sviluppato con la vocazione di una terra di emigranti provenienti da tutto il mondo: “Land of opportunities” per tutti. E funziona: oggi l’America è meticcia come mai prima. I tratti asiatici prendono il sopravvento, lo spagnolo sta per diventare o è già diventato seconda lingua ufficiale nei diversi Stati dell’Unione. Basta avere l’accortezza di far nascere i figli su suolo americano, e quelli sono americani, una volta e per tutte. Conosco molte donne che sono andate a partorire in America per garantire ai propri figli i privilegi di quella nazionalità. Ma, attenzione: negli Stati Uniti il figlio d’immigrati clandestini, generalmente messicani ma non soltanto, è sì un cittadino americano, ma la madre immigrata clandestina scoperta anni dopo il suo ingresso illegale, viene senza complimenti deportata nel Paese d’origine e separata dal figlio “americano” che resta negli States fra scene drammatiche di lacrime e urla davanti alla televisione.
Lo zio Sam è inflessibile: solo chi è nato su suolo americano è americano, ma chi è entrato illegalmente, non importa quanto sia stato laborioso ed eroico, viene cacciato. Adesso Obama sta preparando una legislazione meno drastica, ma questa è stata finora la regola.
C’è poi il caso di grandi nazioni ex imperiali come la Francia e il Regno Unito che ospitano sul proprio suolo e nelle proprie capitali molti milioni di cittadini provenienti dalle loro colonie ed ex colonie: milioni di pakistani in Inghilterra stanno modificando l’identità stessa di quel Paese e, fra quei milioni, molti sono risultati simpatizzanti o arruolati da al-Qaeda. L’Italia ebbe il suo breve periodo imperiale di cartapesta, ma a parte i buoni propositi enunciati nella canzoncina coloniale fascista “Faccetta nera” (“sarai romana e per bandiera tu c’avrai quella italiana”) il nostro Paese non ha praticamente mai avuto una rappresentanza permanente di cittadini di origine somala, etiope o libica. Negli anni Cinquanta ricordo che nelle scuole italiane si vedevano dei ragazzini africani con padre italiano, ma erano una sparuta minoranza. Da noi è mancata l’abitudine alla presenza delle altrui culture, degli altrui colori, delle lingue esotiche.
In Italia vige fin dall’inizio della nostra storia unitaria il cosiddetto ius sanguinis diritto di sangue: tu sei italiano se almeno uno dei tuoi genitori è italiano, non importa dove tu sia nato. Adesso ci troviamo di fronte a fatti e considerazioni e pulsioni nuove.
Provo ad elencarle. È cresciuta in questi anni almeno una generazione di ragazze e ragazzi italiani come Balotelli: pelle di un altro colore, parlata di casa nostra, lombarda o romana, napoletana o piemontese. I nostri figli hanno per compagni di scuola figli di emigrati che dopo un mese parlano come loro e dunque questo fatto mette in luce un’ingiustizia: perché quel bambino identico al mio, salvo l’aspetto esteriore, non deve essere un mio concittadino con uguali diritti e doveri?
Seconda considerazione, stavolta negativa. In molti Paesi arabi e africani si raccomanda alle donne incinte di andare a partorire in Europa e trasferire da noi i pesi e i costi della sanità e dell’istruzione. C’è anche un risvolto, una venatura che ha a che fare con il terrorismo: al-Qaeda considera una vittoria politica poter far nascere migliaia o decine, centinaia di migliaia di bambini arabi e musulmani in Europa, da usare in futuro come elementi disgreganti delle nazioni occidentali. Secondo questo piano, che si legge anche su Internet, i bambini una volta nati dovrebbero tornare nel Paese d’origine materna, mantenendo però la cittadinanza di un Paese europeo, per potervi tornare a far danni quando verrà il momento.
Che fare? A complicare la questione è arrivato lo shock del picconatore Mada Kabobo che ha ucciso per strada a picconate tre poveri cittadini italiani, innocenti e sereni cui è stato sfondato il cranio e il petto. Il signor Kabobo, africano del Ghana, non solo uccideva, ma prendeva dalle sue vittime il portafoglio e il cellulare, come un animale predatore. Questo delitto ha sconvolto l’opinione pubblica perché appartiene ad un genere finora sconosciuto. Tutti i delitti sono orrendi, pensiamo al tipico delitto americano commesso dal cecchino che da una terrazza uccide venti studenti col fucile. Ma quello di Kabobo ha certamente una valenza così torbida, così primitiva da suscitare grandi e giustificate paure. Tanto è vero che ha provocato un grande malumore, disapprovazione e insulti l’improvvido intervento alla Camera del deputato, e medico neurologo, Gian Luigi Gigli di Scelta Civica che ha cercato di minimizzare e persino di giustificare il delitto sostenendo che fame e disoccupazione possano “far uscire di testa chiunque”. L’intervento di Gigli ha anche provocato applausi a sinistra, in polemica con la Lega che esprimeva sdegno per l’accaduto.
Ci pare anche il caso di citare l’arringa della dottoressa Ilda Boccassini alla fine del processo Ruby, quando ha descritto la ragazza marocchina con parole che da molti sono state considerate del tutto inopportune: la ragazza Ruby vive in Italia da moltissimi anni, parla un italiano perfetto con un lieve accento milanese e si presenta, comunque la si voglia considerare, come una ragazza italiana di origine straniera. Ma per la Boccassini quel che conta, è sembrato capire, è il lascito antropologico, anzi genetico, della sua origine “orientale”. Da notare che il Marocco, di cui è originaria Ruby, è il più occidentale degli Stati Africani, molto più ad Ovest dell’Italia: ma per Ilda Boccassini non c’è dubbio che prevalga la permanenza dell’indole, il ritratto lombrosiano di una ragazza “levantina” e dunque furba, dedita all’inganno, sull’italianizzazione della persona.
Stiamo freschi: se la magistratura considera i giovani immigrati irreparabilmente marchiati dal Dna d’origine, un Dna apparentemente deplorevole, infido, primitivo, sarà difficile sostenere la loro naturalizzazione.
Dunque che fare? Il gioco, o meglio il problema, è aperto e le soluzioni anche. Si tratta di usare la giusta misura di buon senso e rispetto per regole e identità di tutti. E’ evidente che bisogna trovare una soluzione per tutti quei bambini e ragazzi che sono, pensano e parlano come perfetti italiani e che non si sanno spiegare perché debbano essere considerati diversi dai loro coetanei nati da “sangue” italiano.
C’è una soluzione che già era stata prospettata dal precedente governo e che mi sembra molto ragionevole: negare la cittadinanza italiana immediata al bambino soltanto perché è nato sul nostro suolo da genitori stranieri immigrati. Ma concederla al compimento del ciclo scolastico delle elementari. E’ un’antica regola quella di considerare come proprio Paese d’origine quello in cui si sono fatte le elementari. E’ in quel ciclo scolastico che si forma l’identità, la personalità e la base culturale del futuro adulto. In questo modo si potrebbe anche evitare di distribuire a piene mani certificati di nazionalità a bambini che, una volta venuti al mondo in Italia, fossero subito portati nel Paese d’origine dei genitori, salvo pretendere di rientrare in Italia con pieno diritto, una volta arrivati all’età adulta. Insomma, porte aperte ai nuovi cittadini italiani desiderosi di essere italiani e che hanno studiato nelle nostre scuole, ma no ad ogni automatismo: questo il certificato di nascita, questo il passaporto. Sarebbe un compromesso umano e accettabile che garantirebbe all’Italia una certificata qualità di nuovi cittadini, senza cedere sul diritto automatico a scatola chiusa.



A 5 giorni dalla strage Pisapia si preoccupa di adottare stranieri
Pisapia inventa lo ius soli alla milanese
Libero, 16-05-2013
SALVATORE GARZILLO
«Concederemo la cittadinanza simbolica a tutti i figli di stranieri nati in Italia».
Cosi Giuliano Pisapia, sindaco di Milano, a cinque giorni dalla tragedia di Niguarda e la follia di Mada Kabobo, il clandestino (...)
(...) ghanese di 31 anni con precedenti penali che all'alba di sabato scorso ha spezzato tre vite e il cuore di una città a colpi di piccone. Cio di cui parla Pisapia è la rassegna culturale intitolata «riGenerazioni». Una kemresse della durata di sei giorni (da oggi a martedi), che aggira l'ostacolo dello ius soli concedendo - simbolicamente - la cittadinanza «a tutti i milanesi da 0 a 17 anni nati in Italia ma figli di genitori stranieri». Quando si dice il tempismo.
A poche ore dal lancio dell'iniziativa pro-cittadinanza facile, infatti, il sindaco aveva dichiarato che il Comune di Milano si costituirà parte civile contro il pluriomicida Mada Kabobo; una decisione attesa da molti che arriva a cinque giorni dalla furia assassina scatenata dall'extracomunitaiio, e che dimostra una indiscutibile seppur tardiva sensibilità politica di Pisapia. Anche Libero lo aveva esortato a prendere posizione in merito, indicando tutti quei Cittadini feriti dal lutto e dall'inedia istituzionale. Ma, si sa, a volte l'attenzione si concentra sulla punta del dito.
Il primo Cittadino ha rilasciato una dichiarazione: «Non c'è dubbio, anche il territorio è vittima ~ ha commentato - tant'è vero che se ci sarà un processo noi come Comune ci costituiremo parte civile contro l'imputato. Noi stiamo dalla parte delle vittime».
Quelle vittime per cui è stato indetto il lutto Cittadino nel giorno dei funerali, e che ora la politica si contende facendo a gara fra chi piange più forte.
In tal proposito, martedi notte esponenti di Casa Pound hanno appeso uno striscione davanti all'ingresso del Comune con questa scritta: «In ricordo delle vittime, non solo lutto Cittadino. Pisapia, sull'immigrazione basta ipocrisia». Il motivo di questo striscione è spiegato cosi: «Se le aggressioni e gli omicidi sono frutto della follia di quest'uomo, dietro questa tragedia si nascondono anche le conseguenze di anni di politiche ipocrite e criminogene sul tema dellìimmigrazione».
Nessuna replica da parte di Pisapia. Che, anzi, rimette al centro dell'attenzione il tema della cittadinanza agli stranieri, stordendo una città ferita a morte da un clandestino pregiudicato, che lo Stato avrebbe dovuto espellere. Qualcuno potrebbe dire che invece il momento è propizio, che questo è un messaggio di distensione, ma non certo gli amici e i parenti delle vittime, in particolare del ventunenne Daniele Carella.
Il suo corpo è ancora nell'Istituto di medicina legale in attesa dell'autopsia, cosi come quello del pensionato Ermanno Masini, di 64 anni. Entrambi sono stati ammazzati con violenti colpi alla testa. Sul corpo di Carella, Kabobo ha infierito tanto da spezzare il ma- nico del piccone. Si è conclusa ieri, invece, l'autopsia di Alessandro Carolè, il quarantenne terza vittima dell'africano, che quella mattina ha incontrato il suo assassino perché era insonne ed è sceso prestissimo in Strada per concedersi un caffe al bar. Oggi la salma dovrebbe essere riaffidata ai suoi cari, che poi potranno liberamente decidere come e quando organizzare i funerali. L'intenzione sembra sia quella di non celebrarli congiuntamente con gli altti, anche se al momento non ci sono conferme in merito.
Intanto, Mada Kabobo ha ricevuto la visita in carcere di un diplomatico ghanese. Non è chiara la natura dell'incontro, sebbene pare che il funzionario si sia impegnato a trovare un interprete in grado di comprendere e tradurre agli inquirenti il dialetto in cui si esprime l'arrestato. Le uniche informazioni rivelate ai cronisti non lasciano ben sperare sulla sua sanità mentale - «ho voci cattive nella testa», avrebbe detto negli interrogatori - e il timore di tutti è che questo possa influire sulla futura condanna.

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