Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

11 giugno 2014

Profughi, 310 nuovi arrivi famiglie accampate a Garibaldi e in Centrale
L`ira di Majorino: "Da soli ne abbiamo accolti 8mila" Il Comune contro Alfano: "È assente e incapace"
la Repubblica Milano, 11-06-14
ZITA DAZZI

Mancano solo le tende, per il resto c`è tutto. La stanchezza, i volti tirati, l`incertezza per il domani dipinto sulle facce di 260 persone fra uomini, donne e bambini. Tutti siriani, tutti scappati dai bombardamenti.
SCENDONO da un treno in Garibaldi e subito vengono trasferiti dalla Protezione civile al mezzanino della stazione Centrale. Per 260 profughi siriani, ieri pomeriggio questo è stato il primo centro d`accoglienza.Peggio è andata a circa 50 sudanesi sbarcati qualche ora prima a Rogoredo, distrutti dopo un lungo viaggio in pullman. Ad accoglierli non c`era nessuno e nessuno è in grado di dire dove si siano andati a sistemarsi per la notte. L`assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino, stanco di chiacchiere da parte del governo, questa volta alza lavoce: «Non esiste alcuna forma di organizzazione e gestione nazionale dell`accoglienza dei migranti e dei profughi che stanno arrivando da mesi. Questo è evidente dalla totale assenza di risposte alle numerose proposte che abbiamo avanzato per far fronte all`emergenza». Ce l`ha col ministro degli Interni Angelino Alfano, che un mese fa aveva promesso fondi e coordinamento degli aiuti, oltre a un hub di prima accoglienza in stazione. «Dal 18 ottobre a oggi abbiamo accolto assieme al Terzo Settore 8.600 cittadini siriani, di cui almeno duemila bambini - prosegue Majorino - Dalla visita a Milano più di un mese fa del ministro Alfano sono giunte 3.500 persone e il ritmo aumenta. Non si capisce quale ruolo svolga Alfano e che lavoro faccia: dovrebbe seriamente valutare di dedicarsi ad altro, visto che evidentemente non intende far fronte alla situazione generatasi. Alfano, infatti, si è mostrato totalmente assente e incapace di assumersi responsabilità e di prendere decisioni».
(z.d.)



Il mezzanino della Centrale campo profughi d`emergenza
la Repubblica Milano, 11-06-14
ZITA DAZZI
LA PIÙ piccola si chiama Angelica, indossa una tutina rosa col colletto bianco e a compiuto un mese sul barcone che li ha portati dalla Libia a Siracusa, lei e i suoi genitori.IlpapàHamed, 30 anni, aDamasco faceva l`elettricista, mentre la mamma Fatima, 29 anni, coperta da un niqab nero che le lascia scoperta solo una finestra del volto all`altezza degli occhi, faceva semplicemente la mamma. Angelica guarda il mondo da quell`osservatorio strano che è la stazione Centrale, con il suo via vai di turisti e viaggiatori, che lanciano occhiate sorprese quando con le scale mobili arrivano all`altezza del mezzanino. È lì che, alle quattro del pomeriggio, si crea un piccolo campo profughi.
L'ULTIMO CONTINGENTE DI PROFUGHI assomiglia a tutti quelli che l`hanno preceduto e a quelli che sicuramente seguiranno. I siriani arrivano con i vestiti buoni e le valigie con le rotelle, desiderosi solo di proseguire il viaggio verso la Svezia, come hanno già fatto gli altri 8600 loro connazionali negli ultimi mesi. Dall`altra parte della città, a Rogoredo, un altro campo profughi, questa volta di africani, una cinquantina, arrivati in mattinata da Taranto, a bordo di un pullman-pare-pagato dalla prefettura della città pugliese. A Rogoredo sono tutti uomini adulti, nessuna donna, nessun bambino. Facce stravolte, vestiti laceri, la fame e la sete e la paura che si leggono negli occhi di chi non sa più che cosa aspettarsi dalla vita. Qualcuno spiega in un inglese stentato qual è stato il percorso, ma non c`è nessuno che li aiuti. «Ci hanno detto di venire a Milano, altri si sono fermati aRoma. Appena arrivati, ci hanno fatto scendere senza darci spiegazioni, né indirizzi. Adesso non sappiamo dove andare», dice l`unico che mastica qualche parola di inglese. Dopo aver dormito un po`, stesi a terra come bestie, gli africani verso le 16 hanno preso l`autobus e se ne sono andati, nessuno sa dove.
«Non possiamo ospitare tutti: degli africani sinceramente non ci stiamo occupando, non so dove andranno a dormire stanotte, proprio non ne ho idea», ammette l`assessore Majorino, mentre dirige le operazioni di soccorso ai siriani prima in stazione Garibaldi e poi in Centrale. Accanto al Comune, come sempre i volontari e i mediatori dell`associazione Progetto Arca e quelli dei Giovani musulmani, gli unici che sanno l`arabo e che quindi sono in grado di comunicare con i profughi.
In Centrale sono famiglie intere, donne giovanissime e già madri, quasi tutte velate con l`hij ab che lascia scoperto l`ovale del volto, molte col chador. «Non vogliamo stare qui, perché tutte queste telecamere?», chiede una signora che cerca di allattare riparandosi dietro a una coperta sostenuta da altre parenti. «Io voglio andare in Svezia, devo raggiungere mio zio e mia sorella, Milano e l`Italia non ci interessano, non è qui che vogliamo abitare». Gli uomini, appena sbarcati dal treno, cominciano a darsi da fare per organizzare il secondo tratto del viaggio. «Ho pagato 5000 euro per venire via da Aleppo, siamo partiti io e mia moglie che attende un bambino. Siamo stati in un campo profughi in Giordania, poi siamo passati in Egitto, da lì in Libia, in attesa di imbarcarci», spiega con un inglese semplice ma chiaro Said, 32 anni, jeans Levi`s e scarpe Adidas, che in Siria faceva il commerciante e che ha in mente di andare in Germania. «Per venire a Milano dalla Sicilia non abbiamo speso niente però - aggiunge sempre sorridente- Quando i militari della marina ci hanno sbarcati, ci hanno dato tutto quello che ci serviva. Acqua, cibo, sigarette, schede telefoniche e anche il biglietto del treno per venire a Milano».
L`assessore Majorino lì di fianco si mette le mani nei capelli. «Capite? Il governo sta scaricando su Milano tutto il flusso di immigrati e profughi che sbarca al sud, come se noi potessimo accogliere chiunque. Abbiamo 800 posti letto pieni fra noi e il terzo settore che ci sostiene. Di più è impossibile. Ci avevano promesso ci darci uno spazio da allestire con brandine qui in Centrale, ma il ministro Alfano evidentemente si sta rimangiando le promesse che aveva fatto quando è venuto in prefettura. Da allora abbiamo accolto altri 3500 profughi».
Di nuovo tutto il terzo settore è mobilitato per non lasciare nessun siriano a dormire in stazione. Oltre a Progetto Arca, sono i pista i frati della Fondazione Fratelli di san Francesco che ospitano 108 persone in via Saponaro; altrettante sono da don Virginio Colmegna alla Casa della Carità di Crescenzago, mentre Caritas Ambrosiana che ne tiene un centinaio alla Casa di Nazareth in via Salerio, san Siro.
In Centrale ci sono i vertici della comunit à siriana a Milano: cercano di dare una mano ai neo arrivati. «È solo l`inizio. Ne arriveranno dieci volte tanto, il mondo non ha capito che cosa succede in Siria, oppure se ne disinteressa - spiega il dottor
Mohamed Maher - La mia città natale, Aleppo, che era patrimonio dell`Unesco, è devastata e nessuno muove un dito quando il dittatore Assad bombarda i civili. L`unico che si sta occupando di noi è il Comune di Milano, che st a facendo un grandissimo lavoro. Ma dove sono i governi? I capi di Stato?».



Caricati sul bus e abbandonati in stazione
Avvenire, 11-06-14
Marina Luzzi  e Ilaria Sesana
Non si arrestano gli sbarchi, con oltre 50mila persone arrivate in Italia in questi primi mesi dell’anno. Ma il nostro Paese sembra procedere a tentoni sul fronte dell’accoglienza dei profughi. E quanto accaduto ieri fra Taranto, Roma e Milano ne è la surreale conferma.
Poche ore dopo aver messo piede a terra, circa 250 profughi sbarcati lunedì nella città pugliese sono stati caricati su autobus e trasportati a Roma o Milano. «È stato loro detto che sarebbero stati sistemati in centri di accoglienza, invece sono arrivati all’alba di oggi (ieri per chi legge, ndr) nei piazzali delle stazione di Anagnina e di Rogoredo – denuncia la portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, Carlotta Sami –. Sono stati lasciati soli, abbandonati a sé stessi».
Circa 170 i profughi arrivati a Roma, che sono poi stati sistemati in un centro d’accoglienza dello Sprarr, il sistema di protezione per richiedenti asilo. A Milano invece il gruppo era composto da siriani - che si sono subito dileguati - e da una quarantina di giovani uomini provenienti da Ghana, Nigeria, Sudan, Gambia, Mali. Visibilmente stremati dal lungo viaggio, moltissimi erano scalzi e indossavano gli stessi abiti da giorni. Dalle sette di mattina e fino al tardo pomeriggio, i 43 profughi hanno potuto contare solo sulla solidarietà dei passanti e di chi abita nel quartiere: chi ha portato acqua, chi delle mele, chi dei biscotti, chi magliette pulite. Solo intorno alle 17 sono stati trasferiti alla Questura di Milano per formalizzare domanda d’asilo.
Ma a organizzare il viaggio da Taranto non sono stati - come si potrebbe immaginare - gli stessi migranti o un gruppo di trafficanti particolarmente smaliziati. Il viaggio, denuncia l’assessore alle politiche sociali del Comune di Milano, Pierfrancesco Majorino, «è stato organizzato dalla Prefettura di Taranto. È un fatto incredibile e gravissimo». Anche la portavoce dell’Acnur non concede attenuanti: «È inaccettabile che i profughi siano stati abbandonati così. Riconosciamo che la situazione è difficile, ma sono mesi che chiediamo un piano di accoglienza strutturato, che evidentemente non c’è».
Taranto però non ci sta a passare per città negligente. «Abbiamo affrontato la questione dei profughi siriani con la massima serietà - spiega il vice sindaco Lucio Lonoce -. I profughi ci hanno detto di voler raggiungere Milano e Roma, così abbiamo pensato di mettere a disposizione degli autobus che li accompagnassero. Premunendoci che lì ci fossero ad attenderli dei volontari delle associazioni umanitarie». Qualcosa, però, nella catena informativa deve essersi inceppato.
I profughi siriani (ma anche eritrei e di altre nazionalità) non vogliono fermarsi in Italia ma puntano ad arrivare in Svezia, Danimarca o Germania. Milano rappresenta una tappa obbligata lungo questa rotta e da otto mesi la città affronta una grave emergenza. Da ottobre a oggi nel capoluogo lombardo sono stati accolti circa 8.300 profughi siriani, di cui almeno duemila bambini.
Ieri è stato probabilmente il giorno più difficile: a fronte di una capienza di 500 posti letto, sono stati accolti nei centri milanesi 800-850 profughi siriani. E purtroppo non c’è spazio per tutti: almeno 160 siriani hanno trascorso la notte in Stazione Centrale. Una situazione insostenibile. Gli assessori Majorino (servizi sociali) e Granelli (sicurezza)  puntano il dito contro il ministro dell’Interno Angelino Alfano che «si è mostrato totalmente assente, incapace di assumersi responsabilità e di prendere decisioni».



Sbarchi, Italia travolta L’ipotesi delle caserme usate per l’accoglienza
Pinotti: finiti i soldi per i soccorsi in mare
Corriere della sera, 11-06-14
Fiorenza Sarzanini

ROMA — Un provvedimento urgente per affrontare l’emergenza legata agli sbarchi dei migranti in Sicilia. Un piano per obbligare i Comuni di tutta Italia ad accogliere gli stranieri e per ottenere dall’Economia lo stanziamento dei fondi necessari a garantire l’assistenza delle migliaia di persone già arrivate e di quelle che nelle prossime settimane continueranno ad approdare sulle nostre coste. Soprattutto per trovare adeguata sistemazione alle centinaia di minori giunti negli ultimi mesi, spesso da soli.
È l’impegno preso dal ministro dell’Interno Angelino Alfano al termine dell’incontro con il presidente dell’Anci Piero Fassino e con i sindaci dell’isola Enzo Bianco di Catania e Leoluca Orlando di Palermo, che ieri sono tornati a invocare misure immediate «di fronte a una situazione ormai fuori controllo», come ricorda proprio Bianco. Un quadro che diventa drammatico se si ascoltano le parole del ministro della Difesa Roberta Pinotti quando spiega che «tutto il peso dell’operazione “Mare Nostrum” ricade sulle spalle del dicastero, ma noi non ce la facciamo più, quindi se deve continuare bisogna inserirla nel decreto Missioni». Oppure se si assiste a quanto accade ogni giorno nelle stazioni ferroviarie di Milano e Roma dove decine di profughi vengono smistati dai volontari nelle strutture provvisorie, in attesa di ricevere lo status di rifugiati.
C’è anche chi rimane senza assistenza, come denuncia l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati che esprime «sconcerto per il trattamento riservato a circa 400 persone provenienti principalmente da Siria, Somalia e Africa Sub Sahariana che dopo essere stati sbarcati ieri a Taranto, sono stati caricati su pullman e, dopo aver viaggiato tutta la notte, sono stati abbandonati nei parcheggi di Roma Anagnina e Milano Rogoredo».
Ecco perché bisogna trovare nuove strutture e a questo punto non si esclude che anche le caserme possano andare bene per dare sistemazione a chi, altrimenti, rischia di trascorrere l’estate in tenda.
Il piano sarà messo a punto oggi e presentato domani alla Conferenza Stato-Regioni. L’ipotesi è di portare dagli attuali 9 mila a 20 mila il numero di posti previsti dal sistema Sprar per l’accoglienza di profughi e rifugiati, potendo però contare anche su strutture pubbliche e private messe a disposizione da prefetture ed Enti locali. La circolare firmata ad aprile da Alfano prevedeva il reperimento di circa 5 mila posti in tutte le città italiane. Se le previsioni di questi giorni saranno confermate e gli arrivi supereranno durante l’estate quota 100 mila, bisognerà trovarne almeno il doppio. Moltissimi migranti dopo aver ottenuto asilo preferiscono infatti spostarsi verso altri Paesi europei, ma chi rimane ha diritto a ottenere una sistemazione adeguata.
Certamente sono necessari nuovi stanziamenti e su questo è già stata avviata la trattativa tra Viminale e ministero dell’Economia. Indicazioni certe sulla cifra non sono state fornite durante la riunione di ieri, ma la stima dei sindaci, fatta propria da Bianco, parla di «almeno 300 milioni di euro». Del resto bisogna tenere conto che gli arrivi hanno già superato quota 50 mila e i numeri forniti dalla Sip, la Società italiana pediatria, dimostrano che «rispetto agli anni precedenti il numero di minori migranti in arrivo sulle coste italiane è aumentato di dieci volte».
All’accoglienza bisogna aggiungere i servizi di assistenza, tenendo conto che queste persone arrivano nella maggior parte dei casi da Paesi in guerra, fiaccati da epidemie. Ieri il capo di Stato maggiore della Marina, Giuseppe De Giorgi, ha confermato che otto militari impegnati nell’operazione “Mare Nostrum” «non hanno sintomi della malattia, ma sono positivi al test della tubercolosi».



Profughi. Da Viminale e Comuni nuovo piano per l’accoglienza
Il ministero dell’interno gestirà la prima fase, poi ci sarà l’inserimento nello Sprar. Fassino (Anci): “SI passa dall’emergenza a una pianificazione a lungo termine”. Alfano: “Mare Nostrum deve concludersi, ora tocca all’Ue”
stranierininitalia.it, 11-06-14
Roma - 11 giugno 2014 - Sarà il ministero dell’Interno a gestire la prima accoglienza di profughi e migranti che arrivano sulle coste italiane, anche attraverso al gestione e l’identificazione nei centri di accoglienza regionali. Poi i richiedenti asilo verranno affidati ai Comuni e inseriti nella rete Sprar.
È il piano definito ieri al Viminale durante l’incontro tra il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia (Anci) Piero Fassino, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il sindaco di Catania Enzo Bianco, e il ministro dell’interno Angelino Alfano, accompagnato dal sottosegretario Domenico Manzione.
“Abbiamo definito una linea e un percorso, per la definizione di un piano di intervento che vada oltre l’emergenza sbarchi di queste ore. Questo piano verrà ratificato in Conferenza Unificata giovedì prossimo e il ministero dell’Interno si è impegnato alla definizione delle risorse necessarie che verranno stabilite in accordo con il ministero dell’Economia” ha detto Fassino.
Si va quindi verso una gestione strutturale dell’emergenza sbarchi “per un piano che è destinato a diventare organico – ha sottolineato Fassino – perché non regge più la cultura dell’emergenza ma occorre una pianificazione a lungo termine per gestire il fenomeno in modo ordinato. Per fare questo però – ha aggiunto il presidente Anci - occorre il coinvolgimento di tutto il Paese e non scaricare l’onere solo sulla Sicilia e i suoi Comuni”. Per questa ragione sabato prossimo, ha annunciato Fassino, si terrà una riunione tra il ministero del Welfare, l'Anci e i sindaci siciliani, per affrontare nello specifico i problemi di gestione.
Fassino ha anche parlato dell’attivazione di un tavolo permanente a cui siederanno tutte le Regioni e l’Anci in rappresentanza dei Comuni “perché il Paese è uno solo e bisogna affrontare l’emergenza con senso di responsabilità, con criteri rigorosi per la sicurezza e senza allarmi e insicurezza per i cittadini”.
Con Alfano, inoltre, Fassino ha affrontato anche il tema del coinvolgimento dell’Europa: “Serve una strategia europea sull’emergenza sbarchi - ha rimarcato il presidente Anci. "Non può essere delegata la gestione solo all’Italia ma l’Ue deve farsi carico, insieme a noi, di questa emergenza e la prossima presidenza del Semestre può dare più forza a questa richiesta”.
Anche dal ministro dell’Interno Angelino Alfano è arrivato l’ennesimo appello all’Europa. “Su Mare Nostrum - ha spiegato il titolare del Viminale - servono risorse e soldi. Noi siamo stanchi, l'Europa non ci sta dando quelle risposte che ci aspettavamo e ci aspettiamo. L'operazione Mare Nostrum deve concludersi - ha affermato - certo non domattina, ma dobbiamo individuare una via d'uscita da Mare Nostrum, perchè questa operazione non può continuare in eterno”.



Sbarchi, Caritas Palermo "chiama" i volontari
Avvenire, 10-06-14
La Caritas diocesana di Palermo lavora per l'accoglienza di 260 degli oltre 500 immigrati sbarcati al porto. Si è svuotata la chiesa di San Carlo, dove 59 dei profughi erano stati alloggiati su brandine di fortuna. Gli ospiti, quasi tutti eritrei, già martedì mattina sono stati trasferiti al centro di accoglienza straordinaria "Santa Rosalia" dov'erano state già sistemate 16 donne.
Il direttore della Caritas, don Sergio Mattaliano, ha espresso alla prefettura la disponibilità ad allargare i posti nel centro, che potrebbero diventare 80. La Caritas ha mobilitato assistenti sociali, psicologi, volontari e operatori addetti alla cucina e alla pulizia. Solo lunedì, per esempio, al Porto sono stati distribuiti 800 panini a migranti e operatori e cucinati 350 pasti a pranzo e 400 a cena. Dei 260 migranti presi in carico dalla Caritas, nel complesso ne sono rimasti un centinaio, divisi tra il centro "Santa Rosalia" e l'"Oasi dei giovani", mentre sono stati trasferiti i 50 accolti al "Punto incontro giovani di padre Messina".
"L'accoglienza va ulteriormente potenziata con nuovi volontari". È l'appello lanciato da don Sergio Mattaliano, per rispondere all'emergenza dovuta all'arrivo dei migranti di sabato scorso e ieri. "Siamo entrati in sinergia con il prefetto di Palermo - dice - a cui stiamo garantendo piena accoglienza per i migranti. Mi appello però a tutti i volontari delle parrocchie di Palermo affinché ci possano aiutare nel sostenere questi nostri fratelli più deboli. Da soli non ce la facciamo".



Manifestazioen davanti al Cara di Castelnuovo di Porto
La protesta dei rifugiati respinta a suon di botte
Roma. La polizia carica i rifugiati del «Cara»
il manifesto, 11-06-14
Valerio Renzi
Sono le sei e mezzo del mattino quando richiedenti asilo e rifugiati cominciano ad uscire dal Cara di Castelnuovo di Porto, alle porte della capitale, uno dei più grandi e sovraffollati della penisola. Di solito questa è l’ora verso cui cominciano il loro esodo per raggiungere la città: prima un lungo tratto a piedi, poi i mezzi interurbani. Ma ieri il loro viaggio si è fermato a poche centinaia di metri dal Cara dove sono «ospiti»: con cartelli, pancali e la loro rabbia bloccano la Tiberina. Sono circa due­cento, uomini e donne di tutte le età, alcuni ancora in carrozzina o fasciati ai corpi delle madri. Appena ci vedono arrivare, unici testimoni della loro protesta, cominciano ad urlare in inglese davanti a telecamere e smarth phone le loro ragioni: «siamo trattati come bestie, non come essere umani. Qui il cibo è scadente, siamo completamente isolati e non ci danno il pocket money», ovvero i soldi a cui i rifugiati avrebbero diritto, si parla di due euro e cinquanta centesimi al giorno, ma che da alcuni mesi non gli vengono erogati regolarmente.
I profughi si siedono a terra, urlano, chiedono di essere ascoltati. Ma a parlare con loro vengono polizia e carabinieri in assetto antisommossa, addirittura l’esercito di stanza del Cara indossa scudi, caschi e manganelli. Così, dopo circa un’ora e mezza con la tensione che sale, le forze dell’ordine provano a trascinarli via dalla strada. Loro non ci stanno, vogliano parlare con la coo­perativa Auxilium, che gestisce anche il Cie di Ponte Galeria, e le istituzioni che però latitano. Parte la carica della polizia, violenta, fino alle porte del centro e poi anche dentro, quando vengono date alle fiamme per protesta alcuni suppellettili. Alla fine sei migranti, quattro donne e due uomini, vengono portati via di peso e con brutalità. «Abbiamo visto donne sbattute a terra e insultate, uomini picchiati con calci e pugni, presi a manganellate, trascinati per i capelli e insultati come animali — denun­ciano gli attivisti delle reti antirazzisti Yo Migro, Esc_Infomigrante, Lab! Puzzle e Astra 19, Asailum, Laboratorio 53, Coopera­tiva Be Free che filmano, inviano tweet e fotografie. «In quanto unici testimoni di quello che è accaduto, siamo stati identifi­cati e minacciati di arresto nel tentativo di spaventarci e farci allontanare».
Sul luogo arrivano i deputati Ileana Piazzoni (Sel) e Khalid Chaouki (Pd), che all’uscita dalla struttura hanno dichiarato: «Il dialogo con gli ospiti ha consentito di stemperare il clima di tensione ma riteniamo necessario che il ministero dell’interno con­vochi immediatamente un tavolo di confronto che coinvolga la prefettura e la cooperativa subentrata da poco nella gestione del Cara, per agevolare gli sforzi compiuti da quest’ultima nel garantire condizioni di accoglienza consone».
Sulla vicenda intervengono succesivamente anche la consigliera regionale Marta Bonafoni che parla di fatto «gravissimo» in quanto «siamo costretti ancora una volta a commentare cariche di polizia contro cittadini migranti, obbligati una volta di più a gesti estremi per essere ascoltati. Il Cara di Castelnuovo di Porto dovrebbe essere un luogo con la trasparenza e i diritti al centro dell’attenzione e dell’impegno delle istituzioni e del governo. Ma gli eventi che si stanno susseguendo ci dicono ben altro».



Senegalese picchiato in caserma, l’avvocato: “Denunceremo i responsabili"
Parla Liana Nesta, legale che difende Magnane Niane, ambulante preso a pugni dai finanzieri a Napoli: “Chiediamo con forza che venga istituito il permesso soggiorno umanitario per le vittime di reato"
Redattore sociale, 10-06-14
Napoli - Il 6 giugno, il senegalese Magnane Niane è stato trattenuto nella caserma della Finanza di Gianturco a Napoli e picchiato da 15 finanzieri. A spiegare cosa bisogna fare per evitare gli abusi delle forze dell’ordine è l’avvocato Liana Nesta, da 25 anni in prima linea nella difesa dei migranti, presidente dell’Arci Thomas Sankara.
Nesta, lei è l’avvocato di riferimento della Comunità Senegalese a Napoli e in Campania e ora di Magnane Niane, può raccontarci come è arrivato in caserma?
Magnane è un uomo senegalese incensurato di 47 anni ed è in Italia da 9 anni, ha lavorato molti anni con un commerciante italiano che vende prodotti cinesi e ora vende orologi cinesi e fazzolettini ai semafori, ma non ha mai commerciato prodotti contraffatti. Quando è arrivata la guardia di finanza per effettuare una retata degli ambulanti, M. era sulla porta di un bar che si affaccia su piazza Mancini, nei presi di piazza Garibaldi dove ci sono le bancarelle degli ambulanti. Nonostante in piazza a vendere ci fossero magrebini e italiani e M. non fosse tra gli ambulanti, i finanzieri hanno fermato tutte le persone con la pelle nera che erano scappate nel bar, tra cui il mio assistito. In quella situazione M. ha ricevuto un primo schiaffo da un finanziere.
Cosa è accaduto in caserma?
Magnane ci ha raccontato di essere l’ultimo della fila di una ventina di senegalesi ammanettati;  giunto nello spazio antistante alla caserma il cellulare che aveva in tasca gli è squillato e lui ha provato a prenderlo e a rispondere, ma lo stesso finanziere che gli aveva dato lo schiaffo fuori al bar gli ha fatto cadere telefono con un colpo e l’ha buttato a terra. Circa 15 finanzieri hanno iniziato a riempirlo di pugni e calci. Tanto che lui ci ha raccontato che la sua testa era “come un pallone”. Il finanziere che ha dato il via alla violenza lo ha infine preso per il collo. A questo punto Magnane mosso dalla necessità di autodifendersi dal soffocamento ha reagito mordendo il braccio del finanziere. M. è stato trascinato in caserma e lasciato due ore dolorante e pieno di tagli ed ecchimosi a chiedere aiuto. Neanche gli hanno permesso di andare in bagno. Un altro senegalese fermato dai finanzieri è riuscito a chiamare dal suo cellulare chiedendo aiuto, ed ecco che Pierre Preira, collaboratore della Federconsumatori si è recato fuori della caserma. Ed allora e solo allora dalla caserma hanno chiamato l’ambulanza che ha portato M. all’ospedale Loreto Mare.
Eppure i finanzieri hanno dichiarato che M. si è procurato le ferite da solo.
Dire così è la prassi, ma la posizione e il tipo di ferite non possono essere il prodotto di autolesionismo. Così come non è un caso che ad essere fermati sono i senegalesi, privi di tutele legali, e non gli ambulanti italiani o i magrebini che spesso hanno un permesso di soggiorno come rifugiati. Quando io sono arrivata in ospedale i medici non avevano ancora fatto entrare l’interprete, Omar Ndjaye, portavoce della comunità senegalese, avevano realizzato radiografie al cranio e al torace e un’ecografia all’addome ma non avevano refertato le ferite esterne e M. non aveva ancora ricevuto un antidolorifico. Date le condizioni in cui si trovava, la prassi avrebbe voluto che M. restasse in osservazione 48 ore, ma dal Loreto Mare gli hanno fatto una siringa di antidolorifico e lo hanno dimesso per mancanza di posti letto con la prescrizione di 10 giorni di riposo assoluto e l’uso di antidolorifici. Nonostante ciò M. è stato ricondotto barcollante in caserma dove ha trascorso la notte seduto e ammanettato e senza medicine.
Come si è svolta l’udienza?
La mattina dopo in tribunale M., con l’aiuto di un’interprete, ha confermato di aver morso l’agente per legittima difesa ed ha riconosciuto il finanziere che gli ha messo il braccio alla gola. M. è stato rilasciato, e il processo rinviato al 14 gennaio 2015; i reati contestati sono ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale, inoltre M. ha ricevuto il nullaosta per l’espulsione, sebbene pare che sia in attesa del risultato della procedura per il permesso di soggiorno della sanatoria del 2012. D’altro canto domani mattina preparerò la denuncia per violenze, percosse e falso in atti di ufficio contro il finanziere riconosciuto da Niane e gli altri 4 identificati dal verbale come responsabili del pestaggio e gli altri che si sono resi colpevoli della violenza e che speriamo di poter identificare. Inoltre denunceremo anche la dirigenza della caserma che si è resa colpevole di omissione dell’opportuna vigilanza e controllo sui sottoposti, oltre che di falso in atti d’ufficio. Infatti, nonostante Niane mi avesse nominato suo avvocato di fiducia dalla caserma della finanza hanno dichiarato che non erano riusciti a raggiungermi telefonicamente ed hanno tentato di nominare un avvocato d’ufficio. Eppure io ero reperibile sia sul telefono del mio ufficio sia sul mio cellulare.  Ma non sono riusciti a boicottarmi: faccio questo lavoro da 25 anni e mi sono presa cura del mio assistito.
La comunità senegalese è insorta, come legge questo segno?
Molto positivamente. Al grido di "Siamo tutti autolesionisti!" la comunità dei senegalesi e molti napoletani hanno sfilato per le strade di Napoli sabato scorso. Prima della Bossi Fini ho avuto modo di identificare soggetti che si sono resi colpevoli di violenze ai danni di migranti e di farli condannare, ma nell’ultimo periodo anche se le persone sono state vittime di violenza- in alcuni casi  sono arrivati migranti gonfi di botte nel mio ufficio, picchiati da poliziotti o vigili- hanno scelto di  non denunciare temendo di essere espulse dall’Italia.
Cosa si può e si deve fare?
Con Arci Thomas Sankara, Legal Team, Garibaldi 101, Senegalesi Napoli e tante altre associazioni che mettono al centro dell’attenzione i migranti chiediamo con forza che venga istituito il permesso soggiorno umanitario per le vittime di reato comparandole alle vittime di tratta e di sfruttamento garantite dall’Art. 18. Solo tutelando le vittime, queste non avranno paura di denunciare i reati subiti e la legge fungerà da deterrente per episodi come quello avvenuto a Niane. Il 2 giugno è diventata esecutiva in Italia la direttiva 12-13 del 2009 del Consiglio d’Europa che stabilisce i diritti minimi dei migranti che devono essere reali e non virtuali. Primi tra tutti il rispetto della dignità umana e la tutela legale, dunque ad esempio la facoltà di avvalersi immediatamente di un’interprete e di un avvocato. Ma c’è ancora tantissimo da fare a livello italiano perché la normativa in tema di migrazione attiene ad ogni singolo paese. Pare che grazie alla campagna “Lasciateci entrare” stia per partire una commissione di inchiesta sui Cie, ma sono solo voci di corridoio, intanto incrociamo le dita. (AdG, Napoli Città Sociale)














 

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