Marcinelle, una strage che molti non vogliono ricordare

Questi i criteri per la regolarizzazione: potranno presentare domanda gli stranieri che hanno un legame o un impegno sociale con il territorio o un lavoro stabile e quelli che da un tempo particolarmente lungo sono in attesa del riconoscimento del diritto di asilo.

Ottimo, vero? Criteri semplici e razionali ancor prima che equi. Peccato che, non siano stati adottati dal governo italiano, come abbiamo creduto per un vertiginoso istante, bensì da quello belga. Può essere che, a suggerire una scelta così limpida abbia contribuito il peso della storia nazionale: il Belgio è, da un secolo, terra di immigrazione e non è facile dimenticarlo. Cosa riuscita benissimo agli italiani, immemori del fatto che, in un secolo e mezzo, i connazionali emigrati sono stati oltre 40 milioni. Tra essi i 136 che, proprio in Belgio, persero la vita a causa dell’incendio nella miniera di  Marcinelle. L’anniversario della tragedia è imminente (8 agosto 1956).  E proprio questa è la data che quel simpatico fascistone di Mirco Tremaglia, aveva proposto come giornata della memoria per gli emigrati italiani. Non se n’è fatto nulla. E così quella memoria è andata spegnendosi, nell’incapacità del paese, della sua classe politica e dei suoi intellettuali, di farne epopea nazionale e narrazione collettiva. Restano, della tragedia di Marcinelle poche tracce: un documentario televisivo, alcuni testi popolari e una ballata di Ivan della Mea (deceduto qualchegiorno fa): “La famm col pan bagnà matina e sera:/ ciapa el bigliett, teron, forsa, gh'è 'l treno!/ e va a crepà ind el fumm de la minera”. Per chi non fosse nato in Lombardia: “la fame col pane inzuppato mattina e sera/ prendi il biglietto, terrone, forza che c'è il treno!/e va a crepare nel fumo della miniera”.

 

 

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