La Cassazione e l’assistenza sanitaria per i migranti

Italia-razzismo
La Corte Costituzionale, con sentenza numero 4 del 2013 ha dichiarato illegittima la legge 44 della regione Calabria (dal titolo Norme per il sostegno di persone non autosufficienti Fondo per la non autosufficienza), nella parte in cui stabilisce che, per godere dei benefici previsti da quella legge, le persone immigrate residenti in Italia devono essere titolari di «regolare carta di soggiorno».

Tale pronuncia richiama la numero 61 dell’anno 2011 in cui veniva stabilito che gli stranieri in possesso di un valido titolo di soggiorno dovevano poter godere, «senza particolari limitazioni», dei diritti fondamentali della persona come è previsto per i cittadini italiani. Viene specificato, inoltre, che la dicitura «carta di soggiorno», utilizzata nella legge calabrese in questione, è «atecnica» poiché superata dalla nuova denominazione «permesso di soggiorno di lungo periodo».
Ma c’è di più. La norma censurata non risulta rispettare l’articolo 41 del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, in cui i titolari di permesso di soggiorno di durata annuale sono equiparati ai cittadini italiani per quanto riguarda la fruizione delle prestazioni, anche economiche, di assistenza sociale.
La Corte dichiara l’illegittimità anche per contrasto all'articolo 3 della Costituzione (diritto di uguaglianza): «... La discriminazione introdotta dalla disposizione censurata risulterebbe lesiva anche dei principi di ragionevolezza e di eguaglianza (articolo 3 Cost.), essendo basata su un elemento di distinzione arbitrario. Come rilevato dalla Corte costituzionale in rapporto ad analoghe norme regionali (sentenza n. 40 del 2011), non vi sarebbe, infatti, alcuna ragionevole correlazione tra il requisito di accesso ai benefici (possesso, da parte dello straniero, del «permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo») e le situazioni di bisogno e di disagio, riferibili direttamente alla persona in quanto tale, che costituiscono il presupposto di fruibilità delle prestazioni sociali».
Ed è proprio così. Chi necessità di cura ed assistenza, ed è in condizioni di reddito insufficienti a rispondere a queste esigenze, non può rinunciare a farvi fronte solo perché sprovvisto di quel tipo di permesso di soggiorno. La condizione giuridica non può prevaricare su quella psico-fisica.
Se così fosse, come proposto dalla legge della Calabria, si tratterrebbe, come è stato messo in evidenza, di misure ingiuste e irragionevoli. Per fortuna a denunciare tale iniquità è stato il Consiglio dei ministri che ha perciò chiesto il parere della Consulta nel febbraio del 2012. Finalmente, dopo quasi un anno, lo scorso 14 gennaio chiarezza è stata fatta.
l'Unità, 24-01-2013

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