Straniere in Italia, quanti luoghi comuni sfatati...

 

Osservatorio Italia-razzismo 18 ottobre 2012
La Provincia di Roma è uno dei territori in Italia in cui si concentrano maggiormente le donne straniere. Di esse conosciamo la provenienza “ma non dove vanno quando hanno finito i loro, spesso pesantissimi, turni di lavoro”. È con queste parole che l’assessore alle Politiche Culturali della Provincia di Roma, Cecilia D’Elia, introduce e motiva la ricerca “Così vicine, così lontane” sui bisogni e i consumi culturali di 85 donne straniere residenti e impiegate nelle zone di Anzio, Bracciano, Fiumicino, Ladispoli, Lanuvio, Mazzano Romano, Tivoli e Zagarolo, che sarà presentata oggi alle ore 17,30, a Palazzo Valentini.
 Una sezione dello studio è dedicata alla biblioteche nel senso che è anche in questi luoghi di strategica importanza per la promozione di politiche interculturali, che il progetto si è svolto. Le ricercatrici (anch’esse donne di origine straniera) hanno cominciato la loro analisi dalla raccolta delle informazioni anagrafiche e familiari delle intervistate fino alla ricostruzione del progetto migratorio e, alla scelta dell’Italia, come meta finale. Da qui hanno cercato di capire quale fosse l’organizzazione del tempo di non lavoro e se, e con che frequenza, ci fossero degli interessi culturali. I dati emersi sono davvero stupefacenti nel senso che smontano i luoghi comuni più diffusi, come ad esempio quello che vuole le donne immigrate prive di aspettative sul loro futuro e con una scarsa cultura. Pare infatti che il 76,5% delle intervistate ami leggere soprattutto autori italiani e che frequenti le librerie (68,2%), anche se più del 50% ammette di aver ridotto il tempo dedicato alla lettura a causa dei ritmi di lavoro pressanti (il 60% delle intervistate svolge un lavoro domestico). Questo aspetto trova conferma nel fatto che appena il 15,3% delle persone si rivolge alla biblioteca per il prestito dei libri proprio a causa dello scarso tempo a disposizione. E per smontare altri pregiudizi, il 38,8% ha una conoscenza della lingua italiana considerata buona, il 35% parla un’altra lingua straniera oltre all’italiano e il 20% addirittura due o più lingue. Le necessità lavorative però impediscono al 75% delle donne di dedicarsi alla formazione personale, inclusa quella linguistica. Questo dato è associabile a quello che riguarda l’insoddisfazione del lavoro svolto, spesso di carattere domestico e non qualificato, ovvero il 21%, e a quello che esprime invece la soddisfazione, il 37%. È da tener presente però che quest’ultimo dato è legato all’instaurarsi delle relazioni affettive con le persone assistite e che pare ridurre la frustrazione legata allo svolgimento di un mestiere così totalizzante e non sempre associabile a una professione sanitaria (operatrice socio-sanitaria o infermiera). Inoltre la maggior parte delle donne arrivate sole denuncia una mancata corrispondenza tra le aspettative da emigrate e la situazione reale da immigrate. Ecco, questi sono solo alcuni degli aspetti del fenomeno descritti nella ricerca in cui si mette in evidenza ciò che spesso è trascurato: i loro desideri invece che i nostri bisogni.       
 
Share/Save/Bookmark