Premesso che non sono razzista

Silvio Di Francia
L’anno che finisce ci ha regalato, nel giro di pochi giorni, un pogrom in un quartiere periferico di Torino ai danni di un campo Rom e un ragioniere di Pistoia, che una mattina si alza, ripone con cura una Smith & Wesson in un borsello, si cerca dei bersagli facili in alcuni ambulanti senegalesi a Firenze, li uccide e poi si spara in un garage.


In pochi giorni, dunque, siamo effettivamente divenuti più europei anche se non per il pareggio di bilancio. Abbiamo avuto anche noi il nostro pogrom stile Germania dell’est e il nostro Breivik, il metodico sparatore di giovani norvegesi imbevuto di ideologie nazi-scandinave. A Torino la spedizione punitiva parte dalla denuncia di una ragazzetta che s’inventa uno stupro e vede in prima fila ultrà juventini attivissimi nell’organizzare l’incendio di un vicino campo Rom e nella caccia ai suoi abitanti. A Firenze la biografia di Gianluca Casseri, aderente a Casa Pound, fa emergere un assiduo commentatore dei Protocolli dei Savi di Sion, il falso documento confezionato dalla polizia zarista, ripreso dal Mein Kampf di Hitler che lo fece diventare, lungo tutto il secolo uno dei principali strumenti di propaganda antisemita. Forse gli ultrà juventini che hanno trasformato una mobilitazione di quartiere in un tentativo di linciaggio, aspettavano solo un pretesto, lungamente accarezzato; forse la lucida follia di Casseri si è appuntata sugli obiettivi più visibili e facili da raggiungere. Certo è che in un paese nel quale tutti – ma proprio tutti – quelli che stanno per pronunciare parole forti nei confronti dell’immigrato o del Rom, sono pronti a utilizzare la formula: “Premesso che non sono razzista”, si finisce nell’autorassicurarci sull’eccezionalità e occasionalità dei singoli episodi. La follia - eccolo il termine - individuale o collettiva che assolve appassionati di calcio e abitanti di quartieri periferici, commercianti indignati dalla presenza molesta di venditori di merci contraffatte e anche Casa Pound. Sicuramente non direttamente mandante, quest’ultima, della follia del ragioniere di Pistoia, eppure ambigua persino nel richiamo a Ezra Pound, un grande poeta, il cui culto, da parte della medesima associazione, poco ha a che fare con l’uso della sestina in poesia e piuttosto con la sua ossessione per l’usura, la finanza mondiale e, va da sé, gli ebrei.

Va bene non siamo razzisti, è stato scritto, e si è scritto che Torino non merita quegli ultrà, come Firenze non merita questo eccidio. E l’Italia non merita i titoli della Padania e le iniziative di alcuni politici della Lega. E se per una volta, una volta soltanto, si dicesse che quei Rom, quei senegalesi, non meritavano tutto questo?
Paese Sera

 

Share/Save/Bookmark