Benvenuti al binario disperazione

 

Silvio Di Francia
In una foto degli anni trenta si può vedere la vecchia e monumentale Stazione Ostiense nel giorno dell’inaugurazione, con Hitler che arriva in treno e Mussolini che lo attende sulla banchina.
Altra foto (questa volta a colori): siamo negli anni ottanta in occasione dell’inaugurazione di un gigantesco e avveniristico hangar ad arco che sovrasta la vecchia stazione di marmo; l’Air Terminal dovrà servire da collegamento con l’aeroporto di Fiumicino per i Mondiali di calcio del ’90. Pavimenti tirati a lucido, negozi scintillanti degni di un free shop. Nelle foto successive, degli anni novanta, si possono vedere i segni del degrado che avanza: negozi che aprono e chiudono rapidamente, progetti di rilancio sempre più fantasiosi e inattuabili che si susseguono, mentre i treni si ostinano a passare per la vecchia stazione.
Fatalmente clochard e qualche immigrato di passaggio iniziano a  trovarvi riparo. Quello che vertici delle Ferrovie e le amministrazioni che si succedono non sanno è che l’indirizzo dell’Air Terminal inizia a passare di mano in mano in diverse province dell’Afghanistan, dove la stazione viene segnata come tappa di passaggio per chi vuole fuggire per raggiungere il nord Europa, possibilmente la Svezia e la Norvegia.
Quello che però, a loro volta, gli afghani ignorano è lo standard di trattamento che l’Italia riserva a chi fugge da una guerra, dalla persecuzione, dal rischio di morte. Non sanno che il fuggiasco in attesa di riconoscimento dello status di rifugiato diviene una sorta di presenza fantasma, obbligata alla permanenza sul territorio italiano. Sottoposto al rilascio delle impronte, privo di documenti validi al soggiorno, impossibilitato sia a integrarsi che a lasciare il paese, il rifugiato precario inizia un’odissea senza via d’uscita, fatta di degrado, talvolta malattia, tetti precari, indigenza assoluta. Una condizione che può durare anni.
L’ultima foto abbraccia tutti gli anni del nuovo secolo e riprende una tendopoli installata nei pressi del binario 15, abitata da un centinaio di afghani. Ogni tanto qualcuno ce la fa e riesce ad abbandonare l’Italia, subito rimpiazzato da qualcuno che arriva, qualcun altro non ce la fa e ci rimette la vita. L’ultima foto è del 21 giugno del 2011, Giornata Mondiale del Rifugiato: due associazioni, Medici per i diritti umani, (che da qualche anno presta una difficilissima prima assistenza nella tendopoli) e A Buondiritto, organizzano una manifestazione-concerto per denunciare la drammatica situazione del binario 15 e proporre una minima forma di accoglienza stabile. Impresa difficile per smuovere istituzioni che pure distano un paio di chilometri in linea d’aria, che non vedono, non sanno. Anzi, una battaglia quasi persa.
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