15 aprile 2011
Maroni: la fase acuta degli arrivi è finita
Il Sole 24 Ore 15 aprile 2011
M. Lud.
«La fase acuta dell'emergenza si è conclusa». Parola del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che sottolinea: «L'ac-
cordo con la Tunisia comincia a funzionare, ma non dobbiamo abbassare la guardia - precisa - perché l'emergenza è
tutt'altro che conclusa». Se pure il fronte con Tunisi si fosse risolto - ma va confermato sul medio período - gli
sbarchi dalla Libia sono una possibilità concreta e pressante. Ne ha parlato ieri al Copasir (comitato parlamentare
per la sicurezza délla Repubblica) il direttore dell'Aisi (agenzia informazioni e sicurezza interna), generale Giorgio
Piccirillo. Il regime di Gheddafi non ha più interesse né è in grado di bloccare la ripresa dei traffïci di esseri
umani verso l'Italia. E il vicepresidente délla Commissione europea, Antonio Tajani, ha parlato di «oltre 100mila
rifugiati politici che possono cercare di lasciare la Libia. Se è vero che Gheddafi vuole utilizzare l'emigrazione di
massa come arma c'è da preoccuparsi». Ettore Rosato (Pd), membro del Copasir, lancia però una stoccata a Maroni: «Il
ministro dell'Interno è ottimista sulla conclusione della fase acuta dell'emergenza umanitaria: se davvero è cosi,
Maroni - sostiene Rosato - deve allora dar ragione all'Europa e cambiare completamente atteggiamento, magari
recuperando un tono diplomático alquanto compromesso nelle ultime ore».
Va avanti, intanto, il confronto tra Regioni, Province, Comuni e Protezione civile per definire il piano di
accoglienza di rifugiati e nordafricani con il permesso di soggiorno temporaneo. Un sistema che dovrebbe decollare in
pochi giorni. Non tutto fila liscio, però. Ai governatori è stata consegnata la bozza di ordinanza che prevede «l'equa
e contestuale distribuzione dei Cittadini extracomunitari fra tutte le Regioni» con un primo stanziamento di no
milioni di euro. Ma le reazioni non sono state positive. «Abbiamo proposto una serie di emendamenti al provvedimento»
ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, e il vicepresidente, Michele Iorio, ha aggiunto
che «1'ordinanza non è chiara sul punto che riguarda i fondi. Chiederemo maggiore chiarezza sul fatto che sia a carico
dello Stato sia 1'accoglienza dei profughi che dei clandestini».
Mentre il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, ha inviato una lettera al capo della Protezione civile, Franco
Gabrielli - neo commissario straordinario per 1'emergenza immigrazione - per manifestare la preoccupazione emersa fra
i Comuni e chiedere 1'esclusione delle spese per la gestione di questa emergenza dalle regole del patto di stabilità.
Da parte sua, il capo della Protezione civile attende ancora l'ok del ministero dell'Economia che dovrà assegnare i
110 milioni di euro. Intanto il ministero dell'Interno comincia a consegnare i primi permessi di soggiorno temporaneo
per motivi umanitari, tessere elettroniche formato carta di credito. Le prime, circa un centinaio, sono state già
consegnate in Toscana (sessanta solo a Firenze) e Umbria dagli uomini del dipartimento di pubblica sicurezza. Le
operazioni in tutta Italia avverranno con gradualità in questi giorni.
Una volta consegnato il permesso, all'immigrato saranno date indicazioni sulla struttura dove potrà essere ospitato.
L'interessato, però, è libero di non aderire alla proposta e circolare liberamente sul território nazionale e, stando
alle affermazioni di Maroni e del premier Berlusconi, in tutta l'area Schengen.
Eppure gli altri ne hanno accolti più di noi
L'Epresso
Piero Ignazi
FINCHE SI NAVIGA IN ACQUE TRANQUILLE, ANCHE UN GOVERNO Dl QUALITÀ MODESTE COME L'ATTUALE PUÒ MANTENERE IN EQUILÍBRIO I
PROPRI RAPPORTI INTERNAZIONALI. È QUANDO SCOPPIANO LE CRISI CHE EMERGONO I LIMITI. NEL NOSTRO CASO HANNO IL SEGNO DEL
DILETTANTISMO E DEL PROVINCIALISMO.
In questi mesi il ministro dell'Interno Roberto Maroni si è rivelato o un incapace totale, che non prevede che la
rivoluzione dei gelsomini tunisina del l7gennaio (tre mesi fa!) porterà un aumento di migranti dalle coste
nordafricane, e non attrezza Lampedusa, luogo principe di attracco, per accoglierli e trasferirli; oppure uno
spregiudicato che gioca sulla pelle della povera gente - migranti e lampedusani - per creare allarme sociale e
diffondere cosi il messaggio xenofobo della Lega.
Messo di fronte alle proprie inettitudini e alle proprie responsabilità il ministro degli Interni ha incominciato a
incolpare l'Unione europea per «averci lasciati soli a fronteggiare l'invasione». A parte l'ironia insita in questi
lamenti - l'esponente del partito più anti-europeo, in prima fila nel lanciare accuse e insulti all'Ue, che va a
pietire aiuti da Bruxelles - la realtà è ben altra. Sul fronte dei migranti l'Italia non è in credito con gli altri
Paesi europei, tutt'altro.
In primo luogo l'agenzia dell'Ue che si occupa délla sicurezza delle frontière, Frontex, su richiesta del nostro
governo, ha anticipato al 20 febbraio l'operazione Hermes di pattugliamento comune delle coste e ha inviato 20
funzionari in supporto alle attività di accoglienza dei migranti.
In secondo luogo, se guardiamo al numero di immigrati e di rifugiati politici vediamo che siamo noi a dover andare in
soccorso degli altri Paesi. Mentre nei primi nove mesi del 2010 il flusso degli immigranti illegali provenienti dal
Mediterrâneo e sbarcato sulle nostre coste era diminuito del 65 per cento rispetto all'anno prima (da 8.289 a 2.866),
quello via terra, al confine tra Turchia e Grécia, era schizzato da 6.607 a 31.186, a cui vanno aggiunti altri 27.030
migranti che arrivavano in territorio ellenico dall'Albania (fonte Frontex).
Grazie ai lager di Gheddafi nel deserto, Lampedusa ha respirato, ma la Grécia è scoppiata. Bene, qual è stata la so-
lidarietà dell'Italia? Si è offerto il nostro Paese di accogliere i migranti arrivati in Grécia come ora Maroni e gli
altri ministri richiedono queruli ai partner europei? Meglio stendere un velo.
Se poi passiamo alla categoria dei rifugiati politici la nostra situazione rispetto agli altri Paesi peggiora ulte-
riormente. Secondo 1'agenzia Onu che si occupa dei richiedenti asilo (Unhcr) nel 2010 1'Italia è scesa dal 5° posto
del 2008 al 14° posto per numero di richiedenti asilo (8.200).
Per fare un confronto, non solo grandi Paesi come Francia e Germania ne hanno accolti molti di piú (47.800 e 41.300
rispettivamente), ma altrettanto hanno fatto Paesi piccoli: 31.800 la Svezia, 19.900 il Bélgio, 13.300 rOlanda, 11
mila l'Austria e 10.300 la Grécia (http://www.unhcr.org/4d8 c5bl09.html).
Da queste cifre si ricavano due considerazioni. La prima è che negli anni del governo Berlusconi 1'Italia ha sigillato
le proprie frontiere con accordi vergognosi chiudendo 1'accesso anche a chi fuggiva da regimi dittatoriali. La seconda
è che lo standard internazionale di una nazione si valuta anche dalla sua capacità di fronteggiare le crisi, senza
piagnucolare in cerca di aiuto, soprattutto quando non ci si è curati dei problemi altrui: delle decine di migliaia di
migranti arrivati in Svezia o in Grécia, non ne abbiamo accolto mezzo.
Per insipienza o calcolo politico di bassa Lega, anche in questa occasione il governo italiano ha fatto di tutto per
abbassare la nostra già non eccelsa considerazione internazionale. (E a questo proposito, vorrebbe il ministro degli
Esteri Franco Frattini spiegare la genesi e rapidíssima morte del fantomatico piano italo-tedesco per risolvere la
crisi libica?).
Londra Stretta di Cameron sugli immigrati: «Portano disagi»
Il Giornale 15 aprile 2011
Dopo aver dichiarato «fallito» il multiculturalismo, per decenni considerate anima del Regno Unito, il nuovo premier
britannico David Cameron ha annunciato ieri, durante un discorso al partito nello Hampshire, la linea dura
sull'immigrazione, considerata «troppo alta» negli ultimi dieci anni. Secondo il capo del governo «immiganti incacaci
di parlare inglese» hanno creato «disagio» e «disgregazione» nella società. Cameron, che si è prefisso di tagliare i
numeri dell'immigrazione in Gran Bretagna a «decine di migliaia», ha attaccato i governi laburisti che lo hanno
preceduto per aver adottato un approccio che ha permesso a gruppi estremisti di destra come il British National Party
di far proseliti.
Ultima fermata Lampedusa
L'Espresso
Fabrizio Gatti
La disfatta europea di Silvio Berlusconi e Roberto Maroni è nei numeri. La Tunisia ha dato assistenza finora a 200
mila 899 profughi in fuga dalla Libia, oltre a 20 mila tunisini ormai senza lavoro. L'Egitto a 177 mila cittadini, di
cui soltanto 81 mila egiziani. II poverissimo Niger a 29 mila 134 persone. L'Algeria a 10 mila stranieri. Il Ciad a
4.700. Il Sudan a 2.800. E sono numeri in crescita: secondo i registri dell'Oim, l'organizzazione intergovernativa per
le migrazioni, una media di 8 mila migranti continua a uscire quotidianamente dai confini libici. Con punte di 4 mila
al giorno in Tunisia. Eppure l'ltalia, la ex quinta potenza industriale del mondo, è andata in crisi per 25 mila
persone sbarcate in un mese e mezzo. E non andrà meglio. Ora che dalla Libia è cominciata la fuga diretta verso
Lampedusa, Berlusconi non potrà nemmeno tranquillizzare i suoi elettori con un accordo show. Come l'intesa
superficiale ottenuta a fatica con Tunisi. Perché è impensa bile oggi una missione a Tripoli o a Bengasi. E perché si
tratta di veri rifugiati che non possono essere rimpatriati.
L'unica possibilità d'uscita sarebbe stata l'Unione Europea. E puntualmente è mancata l'attività diplomatica. Perfino
in sede militare, quando l'ltalia avrebbe potuto contrattare meglio le basi e gli aerei messi a disposizione per
l'attacco alla Libia. Con l'inefficacia dei ministri degli Esteri, Franco Frattini, e délla Difesa, Ignazio La Russa,
la sconfitta dell'immagine del nostro Paese è totale. Le parole pronunciate da Berlusconi e Maroni sull'inutilità
dell'Ue e l'eventuale uscita dell'Italia dimostrano l'avventatezza, l'incapacità e l'impreparazione in cui dieci anni
quasi ininterrotti di berlusconismo hanno ridotto il Paese. La crisi però comincia da lontano. E ancora una volta la
rivelano i numeri. Berlusconi e Maroni accusano l'Europa, Francia e Germania in testa, di non aiutare l'ltalia
nell'assistenza ai rifugiati. E vero che i ministri dell'interno francesi e tedeschi, durante il vertice di lunedi
scorso, hanno trattato la questione immigrati come fosse ordinaria amministrazione. E non come conseguenza di una
svolta epocale nei rapporti con il Nord Africa. Ma è anche vero che Parigi e Berlino hanno sempre fatto molto di più.
Secondo le tabelle dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, la Germania, con Norvegia e Svezia,
ospita sette rifugiati ogni mille abitanti. La Francia poco di meno. Grécia, Portogallo e Spagna un rifugiato ogni
mille abitanti. L'Italia 0,7 ogni mille. Sempre in Italia soltanto durante la fase di richiesta dell'asilo, uno
straniero ha diritto a una forma di accoglienza. Una volta ottenuto lo status, finisce letteralmente sulla strada.
Pochi Comuni modello si impegnano nei progetti di formazione e inserimento nel lavoro. Dopo anni di stenti, decine di
profughi somali ed eritrei hanno trovato un modo dolorosissimo per inventarsi una nuova identità e fuggire dall'Italia
verso il Nord Europa. Devono prima bruciare le impronte digitali, che li costringerebbero a un ritorno forzato. Come
si fa? Si riempie di acido un guanto di gomma e ci si infila dentro tutta la mano. Le ustioni corrodono i
polpastrellli e, in teoria, cancellano i dermatoglifi che ci rendono unici al mondo.
Berlusconi e Maroni da qualche giorno sembrano docili emissari di un'associazione pro rifugiati. Ma in Europa hanno
fama ben diversa. Dal 2009 fino allo scoppio delle rivolte il governo italiano ha fatto respingere in Libia migliaia
di profughi somali ed eritrei. E non si è preoccupato delle tante segnalazioni su arresti, maltratiamenti e violenze,
anche sessuali, nei loro confronti. Operazioni per le quali l'Italia ha fornito motovedette e armi. E promesso il
pagamento a Gheddafi di 250 milioni di dollari 1'anno per 20 anni. Berlusconi e Maroni hanno ignorato le richieste di
aiuto della Grécia quando, chiusa la rotta per Lampedusa, si è aperta la via Libia-Istanbul-Atene: negli ultimi tre
anni la polizia italiana ha respinto in Grécia centinaia di profughi afghani, anche minorenni. Esattamente come sta
facendo adesso con l'Italia il presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha schierato la polizia e 1'esercito ai
confine di Ventimiglia.
A Bruxelles hanno lasciato il segno due dichiarazioni dei ministro Maroni. La prima dei febbraio 2009: «Per
contrastare l'immigrazione clandestina non bisogna essere buonisti ma cattivi, determinati, per affermare il rigore
della legge». La seconda nel settembre 2010, dopo che un peschereccio di Mazara dei Vallo era stato mitragliato da una
motovedetta libica con a bordo militari della Guardia di finanza: «Evidentemente c'è stato un errore di
interpretazione, posso immaginare che abbiano scambiato il peschereccio, come avviene ogni tanto, per una barca che
non fermandosi all'alt immaginavano potesse avere a bordo dei clandestini», ha detto il ministro dell'Interno, «o cose
dei genere». Ammettendo come normale 1'uso delle armi contro i profughi già allora in fuga da Gheddafi. Una posizione
indifendibile davanti all'Unione Europea. Soprattutto ora che sono morti più di settecento profughi, in maggior parte
eritrei e somali, cittadini di ex colonie italiane. Tra loro anche rifugiati riconsegnati a Gheddafi. Erano su tre
barconi. Partiti dalla Libia dopo il 23 marzo, non sono mai arrivati a Lampedusa.
Sull'isola i rimpatri simbolici verso la Tunisia verrebbero eseguiti seguendo criteri sommari. «II governo italiano
sta tenendo centinaia di tunisini richiusi senza che nessun giudice abbia mai convalidato il loro fermo», rivela
Alessandra Ballerini, avvocato e volontaria dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione: «Hanno sequestrato i
loro cellulari. E anche i rimpatri avvengono secondo procédure collettive, vietate dalle convenzioni
internazionali».La guerra civile in Libia sta destabilizzando una fascia estesa che attraversa tutto il Sahara. Prima
conseguenza sono gli emigranti che stanno scappando dal deserto libico verso il Niger e l'Algeria. I governi di Algeri
e Niamey, con il supporto dei fondi dell'Oim, hanno gia rimpatriato migliaia di lavoratori verso 1'Africa
subsahariana. Cittadini e famiglie che avevano un lavoro in Libia e che ora dovranno riprogettare la loro vita.
A Djanet, in Algeria vicino al confine con la Libia, i profughi vengono ospita- ti nel liceo Omar el Khattab. Nella
citta in mezzo al deserto in poche ore sono arrivati 1760 lavoratori in fuga. Molti di loro sono stati abbandonati nel
Sahara dalle imprese europee che li avevano assunti. Altri sono stati feriti a fucilate. Alcuni funzionari del Niger
raccontano a 'L'Espresso" che centinaia di tuareg hanno risposto all'appello del colonnello Muhammar Gheddafi, loro
alleato di sempre: «Sono andati in Libia a combattere contro i ribelli. Gheddafi ha soldi, sta distribuendo armi a
tutti. II Sahara rischia di esplodere. La Libia non si ferma a Tripoli».
Gli egoismi nazionali prevalgono. Christopher Hein, direttore del Cir: «Ma ci sono responsabilità politiche anche
dell'Italia"
Terra 15 aprile 2011
Bartolo Scifo
Quali sono i dati reali sui rifugiati arrivati nel nostro paese dall'inizio delle rivolte nord africane?
I migranti arrivati in Italia dall'inizio dellanno sono circa 28mila di cui 23mila tunisini e 4.680 profughi libici.
Un numero elevato, ma sicuramente non un flusso ingestibile. Basta confrontarlo con la vera emergenza con cui si
stanno misurando i paesi confinanti con la Libia. Secondo i dati dell'Unhcr, sono circa 500mila i libici fuggiti via
terra e di questi 236mila sono entrati in Tunisia e 200mila in Egitto. Questi flussi migratori gravano su paesi,
ricordiamolo, che stanno vivendo non solo difficili transizioni democratiche, ma anche profonde crisi economiche.
Malgrado non si possa parlare di "esodo bíblico", non sembra però che 1'Europa sia molto disponibile ad aiutarci,
bocciando di fatto 1'ipotesi della libera circolazione nell'area Schengen a chi viene concesso un permesso temporaneo.
Su questo tema è necessário fare chiarezza. Un primo punto fermo è che il rilascio di un permesso di soggiorno
straordinario a fini umanitari è senza dubbio legittimo anche nei confronti degli altri Stati Schengen. È altresi vero
che ogni stato dell'Ue può richiedere per 1'ingresso sul territorio alcuni requisiti, come un titolo di viaggio e
delle possibilità economiche, ma lo può fare senza applicare controlli sistematici alla frontiera che violerebbero di
fatto lo spazio interno comunitário e obbligherebbero teoricamente il paese in questione ad uscire dalla Convenzione
Schengen.
L'Europa sta facendo il suo dovere o ci ha lasciati soli come ha detto il ministro Maroni?
Dal punto di vista técnico all'Europa poteva essere chiesta l'applicazione della protezione temporanea, fondi
straordinari e 1'intervento dell'agenzia europea Frontex. Ma le risposte sono state deludenti, questo è il segnale di
un impianto normativo e politico comunitário non sufficientemente flessibile per rispondere a scenari di crisi
internazionale come questi. l'áttuale dibattito dimostra il prevalere di egoismi nazionali e impedisce di trovare
risposte autenticamente comunitarie. Come valuta le azioni messe in campo dal Governo Italiano? Sicuramente
l'attivazione della protezione temporanea richiesta dall'Italia è la strada più opportuna per gestire i flussi. Allo
stesso tempo ci sono forti responsabilità politiche dell'Italia: un conto è impostare le proprie politiche nel nome
dell'accoglienza, un'altra cosa è il messaggio che passa, anche a livello europeo, di utilizzare la protezione
temporanea come una "regolarizzazione" per permettere ai migranti arrivati in Italia di andarsene e circolare in
Europa. Da questo punto di vista è paradossale che l'applicazione della protezione temporanea sia limitata alla
mezzanotte del 5 aprile. O esiste una rilevante esigenza umanitaria, e quindi si può applicare la protezione
temporanea, o non esiste. Certamente le esigenze umanitarie non possono piü essere tali solo perché un decreto le
considera fuori tempo massimo.
«Ai migranti libero accesso agli ospedali»
La Stampa 15 aprile 2011
F. Sch.
Tutti i migranti, «indipendentomente dal loro status giuridico, dovrebbero ricevere un tempestivo accesso ai servizi
sanitari essenziali». È una delle conclusioni del vertice «Circolazione delle popolazioni migranti nei Pacsi
mediterranei délla Ue» organizzato a Roma dal ministero della Salute, in collaborazione con l'organizzazione mondiale
della sanità. Il tempostivo accesso degli immigrati ai servizi sanitari essenziali, si sottolinea, «è anche un
prerequisilo per proteggere la salute della popolazione dei Paesi ospitanti». Dal gennaio 2011, 27.000 migranti, l'80%
di origine tunisina, hanno raggiunto le coste europee.
Chi la lasciato morire 63 persone su un gommone?
EUROPA 15 aprile 2011
Don Mussie Zerai
SONO STUPITO: il diritto internazionale marittimo che obbliga di salvare chi si trova in pericolo di vita, che valore
ha oggi? Perché il 90 per cento della stampa ha scelto il silenzio di fronte ad un atto cosi grave, crudele e
disumano? Più volte abbiamo segnalato la scomparsa del gommone partito da Tripoli il 25 marzo con 72 persone a bordo,
e di cui si sono perse le tracce dal 26 marzo tardo pomeriggio. Sono stati localizzati per l'ultima volta a circa 60
miglia da Tripoli e poi il nulla, ci è stato detto che non sono stati trovati. In questi giorni siamo stati contattati
da 9 persone sopravvissute alla tragedia, dopo due settimane in mare sono tornati a Tripoli, raccontano di essere
sopravissuti in 11 persone, due donne 9 uomini: la corrente del mare li ha portati a Zelatien dove i militari di
Gheddafî li hanno presi e messi in cárcere dove sono morti un ragazzo e una ragazza. Dopo qualche giorno 7 dei
sopravvissuti sono stati trasferiti nel cárcere di Tuweshia a Tripoli, mentre due sono stati portati in ospedale a
Zelatien. Raccontano che sono stati abbandonati da «diversi navi militari, una di queste era italiana, addirittura un
elicottero si è avvicinato fornendo loro da bere» ma lasciando morire 63 persone donne e bambini. Un atto disumano.
Queste nove persone sono testimoni della tragedia, ho parlato con uno che ha perso la moglie dalla fame e sete.
Chiediamo che la Nato faccia piena luce su questa vicenda: di chi era l'elicottero che si è limitato a fornire acqua
ai profughi senza poi mandare i soccorsi? Quali sono le navi militari che hanno avvistato questo gommone nei giomi tra
il 25 e il 30 marzo?
«Ondata di migranti in arrivo dalla Libia»
Corriere della Sera 15 aprile 2011
Virginia Piccolillo
ROMA — Oltre quindicimila libici liberati da Muammar Gheddafi in arrivo sulle nostre coste. L'allarme
dell'intelligence ha acceso ieri l'audizione del direttore dell'Aisi, Giorgio Piccirillo al Copasir. Il capo
dell'agenzia di sicurezza interna avrebbe confermato i timori per un'impennata di partenze dalla Libia dei profughi
del Corno d'Africa, del Ciad e dell'Africa subsahariana, finora detenuti nei centri di raccolta-lager del rais. Anche
se avrebbe escluso la possibilità di infiltrazioni terroristiche tra quelli già sbarcati.
«Quello che succéde in Libia è sotto stretta osservazione» assicura il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che
dichiara invece «conclusa la fase acuta dell'emergenza» sbarchi dalla Tunisia. «L'accordo sta funzionando», azzarda il
ministro.
«Sono iniziati i pattugliamenti e tutti i giorni vengono fatti i rimpatri di chi è giunto dopo il 5 aprile. Anche se
resta l'emergenza umanitaria». Tra le mani l'ultimo report degli sbarchi, che complici forse le cattive condizioni del
mare, induce alla speranza.
Anche dall'Europa il titolare dei Viminale vede arrivare «segnali positivi». E all'indomani dell'aut aut lanciato
all'Ue (via libera ai nostri clandestini regolarizzati «o Schengen non esiste più») si lascia andare all'ottimismo:
«Spero che queste sollecitazioni forti che abbiamo fatto smuovano i Paesi europei. C'è una questione geopolítica del
Maghreb. L'Europa deve reagire».
«Qualcosa si sta muovendo» conferma da Praga il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Ho molto apprezzato.
L'Europa è una realtà, è un intreccio in cui siamo compenetrati, non solamente un contesto di trattati e istituzioni»
sottolinea il capo dello Stato.
Ma le difficoltà non sono ancora risolte. Le parole dei primo ministro francese François Fillon, che Maroni ha
annoverato tra i segnali positivi, lo dimostrano. Al termine di un incontro con il presidente Ue Manuel José Barroso,
Fillon ha si assicurato di voler «dare prova di solidarietà» al nostro Paese. Ma poi ha aggiunto che le «regole devono
essere rispettate». E «non c'è n'è una che preveda 1'accoglienza e la libera circolazione nell'Ue degli immigrati
economici, che non hanno vocazione a essere ripartiti fra gli Stati membri, come alcuni propongono, ma a tornare al
loro Paese».
Fillon rimarca che la Francia è il secondo Paese al mondo, dopo gli Usa, per numero di asili politici: «5omila
all'anno, contro i 10mila italiani». Il messaggio è chiaro: le frontiere francesi resteranno chiuse. E allora? Sarebbe
più «intelligente», dice Fillon se la missione europea Frontex «riportasse in Tunisia» i migranti che intercetta,
piuttosto che «portarli a Lampedusa come fa ora».
Già, ma quelli che sono già qui? Barroso auspica una «co-mune politica europea» e rassicura che «soluzioni pratiche»,
sul problema della circolazione possono essere trovate tra Italia e Francia «con il dialogo».
Intanto iniziano le regolarizzazioni. Ieri a Firenze sono stati rilasciati i primi permessi. Abdel, che lo ha avuto,
tradisce le speranze del governo: «Resterò in Italia».
Allarme dei servizi: 15mila in arrivo dalla Libia
Il Giornale 15 aprile 2011
Roberto Fabbri
Nuove conferme dell'intenzione di Muammar Ghed-dafi di usare l'immigrazione di massa come un'arma imprópria contro il
nostro Paese e, più in generale, l'Europa. Secondo informazioni raccolte dai nostri servizi segreti, il Colonnello
avrebbe infatti già fatto liberare le oltre 15mila persone fuggite da diverse aree dell'Africa subsahariana che finora
erano state trattenute in appositi centri di detenzione. Ma il vicepresidente della Commissione europea, Antonio
Tajani, in una intervista a SkyTg24 ha citato una cifra ben più imponente quando ha detto che sono «oltre 1OOmila i
rifugiati politici che possono cercare di lasciare la Libia».
Questa massa di disperati, pronti a riversarsi in Italia e da li nella maggior parte dei casi intenzionati a
proseguire il loro viaggio verso altri Paesi europei come la Francia, la Germania, il Bélgio e l'Olanda, verrebbe
avviata verso il porto di Zuara, a poca distanza da Tripoli e dal confine tunisino, da cui avverrebbero le partenze
per le coste italiane.
Ieri il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha detto che «l'emergenza immigrazione, soprattutto da parte della Libia,
è ancora sotto stretta osservazione da parte nostra». Più sotto controllo, invece, la questione delle partenze dalla
Tunisia: Maroni ha spiegato che la fase acuta dell'emergenza deve considerarsi esaurita, perché l'accordo concluso con
Tunisi funziona. Da Praga invece, dove si trova in visita ufficiale, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
ha osservato con soddisfazione che «qualcosa si sta muovendo» e che i massimi esponenti di governo della Repubblica
Ceca «hanno mostrato di considerare il problema degli immigrati come non solo italiano».
Sempre ieri, a Berlino, il vertice dei ministri degli Esteri della Nato ha visto il raggiungimento di un'intesa
sull'idea di un percorso che preveda un cessate il fuoco e, in parallelo, la creazione di un'assemblea costituente
nazionale libica destinata a rappresentare il Paese nordafricano al posto del regime di Gheddafi. Obiettivo finale
della road map la stesura di una Costituzione e le prime elezioni libere nella storia della Libia. L'Alleanza
Atlantica, sempre convinta che la soluzione della crisi libica debba essere conseguita per via politica e non con
l'uso delle armi, intende dunque intensificare la pressione militare sul regime di Tripoli per accentuare il suo
isolamento. Al tempo stesso, la Nato intende raggiungere tre obiettivi: la cessazione delle violenze contro i civili,
il ritiro di tutte le forze militari attualmente attive contro di loro (inclusi mercenari e altri paramilitari come i
cecchini che sparano sui civili inermi specialmente a Misurata) e il libero accesso degli aiuti umanitari alle
popolazioni libiche.
Per quanto riguarda 1'azione militare, il segretario generale Anders Fogh Rasmussen ha chiesto più aerei per i raid,
che devono continuare fino a quando gli attacchi ordinati da Gheddafi contro i civili non saranno cessati. Su questo
punto il nostro ministro degli Esteri Franco Frattini ha espresso «la riluttanza» dell'Italia a partecipare agli
attacchi aerei, spiegando che il nostro ruolo di Paese ex colonizzatore è molto delicato e che sarebbe árduo trovare
comprensione da parte dei popolo libico qualora vi fossero vittime civili in conseguenza dei nostri attacchi. Frattini
ha rimandato la decisione sul tema al prossimo consiglio dei ministri, precisando che 1'Italia è pronta a fornire ai
ribelli «strumenti di autodifesa piuttosto che armi».
I Servizi segreti: in arrivo l'ondata di detenuti libici
Terra 15 aprile 2011
Dina Galano
Non fa in tempo il ministro Maroni a celebrare il trionfo per il funzionamento del trattato con la Tunisia che fonti
del Copasir riferiscono della preoccupazione dei Servizi segreti per «l'ondata in a¬rivo dalla Libia». «Non ci saranno
nuove tendopoli perché la fase acuta dell'emergenza è finita», ha sostenuto ieri il ministro dell'Interno, ribadendo
l'ordine di immediate rimpatrio di tutti i tunisini arrivati dopo il 5 aprile. Ma è uno stesso membro di quel Comitato
per la sicurezza nazionale che ieri ha ascoltato la relazione dei Servizi, il democrático Ettore Rosato, a
sottolineare «la mancanza assoluta di un piano per 1'immigrazione». Secondo il deputato dei Pd, «c'e contraddizione
palese tra quello che il ministro ha detto mercoledi sera e quello che dice oggi (ieri). La verità è che l'allarme che
è stato lanciato è sovradimensionato al punto da aver creato irritazione nei nostri partner europei». Alla luce delle
indiscrezioni sull'audizione di ieri al Copasir del direttore preoccupano le notizie sulla liberazione di detenuti
libici dai carceri-lager; all'incirca 15mila persone che Gheddafi sta liberando per agevolarne la fuga verso 1'Italia,
in maggioranza provenienti dal Corno d'Africa, dal Ciad e dall'Africa subsahariana. Dalle informazioni fornite dal
generale Piccirillo, inoltre, emergerebbe 1'intenzione dei Colonnello di utilizzare il flusso massiccio di profughi
come arma pressante sull'Occidente, anche se finora è stato escluso 1'infiltrazione di frange terroristiche. Certo è
che per la massiccia entità dell'esodo previsto, la relazione al Copasir desta molta inquietudine: sul fronte isolano
dove, dopo le tragedie dei due naufragi a Lampedusa prima e Pantelleria poi la situazione è tornata soltanto ieri a
una precaria normalità; ma anche su quello dell'organizzazione della macchina dell'accoglienza sul território. Oggi
dovrebbe partire il piano per la dislocazione - proporzionale al numero di residenti - dei primi 2.000 migranti tra le
diverse Regioni, ma già si alzano i menti affinché lo sforzo sia limitato a richiedenti asilo e nordafricani in
neo accordato dal governo. Con la puntualizzazione che «le risorse finanziarie anticipate delle Regioni per
fronteggiare 1'emergenza umanitaria devono considerarsi a carico del bilancio dello Stato, anche ai fini
dell'applicazione dei Patto di stabilità». Il piano, d'altronde è stato rimodulato e la bozza dell'ordinanza della
Presidenza dei Consiglio parla di «una prima assegnazione» di 110 milioni di euro al Fondo della Protezione civile;
Franco Gabrielli, capo del dipartimento, viene nominato commissario delegato per la realizzazione di tutti gli
interventi necessari a fronteggiare lo stato di emergenza. E chi tradizionalmente ha curato l'accoglienza in Italia,
di fronte alla commessa alla Protezione civile, inizia a protestare. «Il nostro servizio è stato ignorato e
scavalcato», ha denunciato la direttrice dei Servizio di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati, Daniela Di
Capua. «Ora abbiamo dei sistemi che viaggiano in parallelo: il nostro e quello "appaltato" alla Protezione civile. Con
costi più alti.
DUE NAUFRAGI E ALTRI DUBBI
Avvenire 15 aprile 2011
Marina Corradi
Raidue, ore 20 e 15 di mercoledi sera. Sull'lsola dei famosi Emanuele Filiberto di Savoia costruisce una capanna per
accogliere i suoi compagni naufraghi: eccoli che arrivano, belli e abbronzati, su una barchetta che approda dolcemente
sulla spiaggia dorata. Raidue, pochi minuti dopo: sul tg le im-magini traballanti del naufragio, vero, di una barca di
migranti a Pantelleria. Il mare è grosso, il naviglio stracarico si è schiantato sugli scogli. Bambini strappati alle
onde, e due donne morte a pochi passi dalla riva. Le facce dei naufraghi, quelli veri: facce nere, facce di uomini
lividi di freddo e di paura dopo una mortale odissea, in fuga dalla guerra o dalla miséria del Corno d'Africa. Lo
spettatore seduto in soggiorno registra sovrappensiero le singolare sequenza di naufragi: la finzione e il vero, il
gioco e la tragedia. Qualcosa non torna, si dice fra sé. Sembrano, quelle scene a pochi minuti di distanza su una tv
occidentale, segnate da una assurda distonia: come se appartenessero a due evi diversi. Uno il nostro, garantito,
fátuo, e uno remoto; quello in cui le caravelle naufragavano sulla via delle Americhe, portando con sé nel fondo
dell'oceano sfortunati coloni in cerca di nuova terra e fortuna. Ma siccome quei naufragi, il finto e il vero, sono
contemporanei - si dice ancora fra sè il telespettatore - forse i due eventi appartengono a diversi mondi, o piuttosto
pianeti. II primo, dove per ingannare la noia e fare audience si immagina una vita da Robinson Crusoe, però con
adeguate creme di protezione solare; l'altro, il "loro", quello dei miserabili portati dalle onde a Pantelleria,
rigorosamente distinto, e ben separate dal nostro con adeguate misure e frontière. Si, deve essere cosi: ci sono due
mondi temporalmente paralleli, ma non comunicanti; mentre in uno si gioca a naufragare per diletto, nell'altro si
traversa il mare per disperazione, e si annega davvero. II telespettatore sul divano archivia la questione, e ascolta
gli altri servizi del tg. Ma qualcosa continua a lavorargli nei pensieri. Devono essere spinti da un'urgenza feroce
davvero, quei là che traversano il deserto e si imbarcano su delle zattere, perfino con i bambini in braccio, perfino
con un figlio nel ventre. Sembrano il fiotto d'acqua che schizza attraverso la crêpa di una diga: nessuna barriera
riesce a contenerli, il bisogno che li spinge è più forte. Laggiù oltre il deserto, dove noi non vediamo, preme questa
tensione verso una agognata salvezza e abbondanza. Somiglia alla pressione sotterranea di una faglia che spinga forte
contro un'altra. Nel momentâneo apparente equilibrio cova una forza che non si potrà per sempre ignorare - anche la
fame e la miséria possono essere forza, se spingono, a qualsiasi costo, a partire.
Nel nostro mondo intanto si gioca ai naufraghi, e in milioni stanno avvinti a guardare quei bei ragazzi in bermuda
preoccupati della nomination. Ragazzi? Chissà perché poi da noi li chiamiamo cosi, anche quando hanno più di
trent'anni. Mentre i ventenni che annegano nel Mediterrâneo nelle cronache li chiamiamo "uomini", e "donne". Dev'esse-
re, conclude il telespettatore assorto, una diversa regola vigente nei due stranieri separati mondi. In quell'altro là
sotto uomini si diventa subito, con bruciante fretta; e si saluta, e si parte, e si naufraga, e talvolta si muore. E
tuttavia, continuano a partire - con la cieca straordinaria tenacia di chi domanda di vivere. (Sull'Isola, nel
frattempo, i nostri naufraghi immaginari continuano a prendere il sole). Come l'eco di qualcosa che non torna; una
disequità stridente che sotto ai contrapposti mondi, pur ben divisi da rigorosi confini, tuttavia lievita, e preme.
Migranti, siamo indignati. Mauro Palma, dei Comitato europeo per la prevenzione della tortura: «Gestione
approssimativa»
Terra 15 aprile 2011
Marco Incagnola
Abbiamo intervistato Mauro Palma, componente dei Comitato europeo per la prevenzione della tortura e responsabile
immigrazione di Sel in occasione dei Convegno di ieri promosso da Linkontro.info, Associazione Antigone e Progetto
diritti, dal titolo "Profughi: Clandestini? Esseri umani!"
Di fronte al diniego dell'Europa viene spontaneo domandarsi se sono stati commessi errori, da parte dei Governo
nazionale, nella gestione dei profughi e nelle soluzioni adottate. Non vi è dubbio, e nessuno lo ha mai negato, che il
tema dell'immigrazione irregolare in Europa richieda interventi coordinati e richieda grande consapevolezza del fatto
che non si tratta di problemi di singoli stati, in particolare quelli di confine, ma di un tema europeo. E che la
capacità di coesione dell'Europa nel garantire a tutti i diritti fondamentali nel proprio è un indicatore dei suo
tessuto democrático. Tuttavia la gestione approssimativa degli arrivi recenti lascia perplessi e indignati. Perché pur
essendo una situazione annunciata da settimane dallo stesso governo, anche in numeri maggiori, si presenta oggi senza
una strutturazione in grado di distinguere casi e situazioni, di offrire le garanzie giuridiche soprattutto ai
soggetti più vulnerabili, di ospitare in modo meno approssimativo delle tendopoli e con piena trasparenza. Inoltre,
perché il governo non è riuscito a mostrare una capacità di coinvolgimento delle Regioni ed enti locali; è difficile
chiedere all'Europa di distribuire il carico se non si dimostra di essere in grado di distribuirlo su quello del
proprio paese. E perché non si sono viste reazioni ad affermazioni gravi di singoli che hanno responsabilità di
governo.
Il Trattato di Schengen è stato interpretato in senso restrittivo o fedelmente?
Purtroppo le interpretazioni restrittive dei trattati non possono mai essere evitate, soprattutto quando un tema
assume una valenza elettorale: quello che molti paesi stanno inviando è un messaggio al proprio elettorato e in tale
direzione spingono le interpretazioni, legittime, ma restrittive, dei trattati. Schengen vuole essere un trattato
verso un'apertura - la libera circolazione - anche se ha aspetti di chiusura; la capacità politica, ética e di
speranza delle nostre realtà dovrebbe spingere sulle prime piuttosto che richiudersi nelle seconde. Il tema dei
profughi sembra essere diventato centrale nello scacchiere politico europeo. I governi nazionali temono un effetto
negativo in termine di consensi. Si rischia forse uno sgretolamento dei progetto Europa? Non uno sgretolamento, però
certamente un arretramento di quel processo che l'inserimento della Carta dei diritti fondamentali all'interno del
Trattato dell'Unione aveva lasciato intravedere. Un arretramento della stessa idea di Europa e delle culture che
cementano le società. Non si vede il paradosso tra il proclamare la libertà e non essere pronti a dare risposte ai
problemi che i difficili e tortuosi processi di liberazione pongono? Perché il Governo non consente visite nelle
tendopoli? E' una domanda che pongo anche io. Perché a un parlamentare è permesso di visitare un luogo di detenzione e
non è permesso 1'ingresso in uno di questi luoghi che - tutti sottolineano - non sono detentivi? Le organizzazioni
della società civile potrebbero dare un aiuto considerevole all'effettivo accesso alle garanzie: accesso all'asilo,
individuazione e tutela dei minori, assistenza legale, prevenzione di ogni abuso. Servirebbe anche a chi nelle
tendopoli deve operare.
Accoglienza rifugiati, lo Sprar accusa: “Servizio ignorato e scavalcato”
Redattore Sociale 14 aprile 2011
ROMA - “Abbiamo a disposizione 3 mila posti, che garantiscono un'accoglienza di circa 6-7 mila persone all'anno,
quindi insufficienti rispetto alle migliaia di richiedenti asilo che restano fuori: è il punto debole di un sistema
che vuole essere istituzionale, il braccio dello Stato operativo sul fronte dell'asilo”. E la situazione che il Paese
sta vivendo in questi mesi, con gli sbarchi a Lampedusa? “Non si tratta di un'emergenza umanitaria, ma dell'emergenza
di farvi fronte, con costi spropositati e non tenendo in considerazione una rete di accoglienza che già esiste sui
territorio. Invece ora abbiamo dei sistemi che viaggiano in parallelo: il nostro e quello della Protezione civile”. Lo
ha osservato Daniela Di Capua, direttrice del Servizio di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati (Sprar),
intervenendo nel tardo pomeriggio di ieri all'incontro “I rifugiati a Roma: una storia lunga 30 anni”, svoltosi presso
la Sala Assunta di via degli Astalli nell'ambito del corso di formazione “C'era una volta l'asilo”, promosso
dall'associazione Centro Astalli a 60 anni dalla Convenzione di Ginevra.
Nato nel 2002 dopo un biennio del “Programma nazionale asilo" (primo sistema pubblico per l'accoglienza di richiedenti
asilo e rifugiati, diffuso su tutto il territorio nazionale), grazie alla legge 189 che in quell'anno ha
istituzionalizzato le misure di accoglienza organizzata, lo Sprar è affidato alla gestione dell'Anci (Associazione
nazionale comuni italiani) e costituito dalla rete degli enti locali che – per la realizzazione di progetti di
accoglienza dei rifugiati – accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i
servizi dell'asilo. Pur “avendo standard di accoglienza addirittura superiori a quelli indicati dalla normativa
europea per l'accoglienza dei rifugiati”, e avendo ideato servizi ad hoc per i richiedenti asilo “con disagio mentale,
purtroppo in aumento”, lo Sprar sembra non essere legittimato nel nostro Paese come “cabina di regia” per quanto
concerne i rifugiati, ha denunciato Di Capua, insistendo: “Nelle cosiddette emergenze, improvvisamente lo Sprar - che
dovrebbe essere il perno nella gestione dell'accoglienza - è stato completamente ignorato e scavalcato, come se non
esistesse, se si dovesse ricominciare da capo e tutto dovesse essere ancora inventato nell'ambito dell'asilo in
Italia”. E ha aggiunto: “Il fatto che la gestione sia stata data in mano alla Protezione civile, insieme ai soldi,
significa che si vuole dare un certo tipo di connotazione alla situazione”.
Una connotazione che sa di “emergenza”, appunto, e non di progettualità in vista di un percorso d'integrazione: “Le
regioni non volevano le tendopoli, invece sono sorte in Puglia (2.300 posti), Sicilia (600 posti), Campania, a
Campobasso... Ci è stato promesso di aumentare di 1.000 unità i posti gestiti dallo Sprar, ma nulla è stato definito
in merito ai criteri, ai casi vulnerabili, a quali servizi verranno erogati: si limiteranno a vitto, alloggio e
assistenza sanitaria di base, oppure comprenderanno i corsi d'italiano, la mediazione culturale, l'assistenza legale?
Non sappiamo quante risorse avremo a disposizione...”. Infatti non si tratta solo di un problema di “regia” e di
coordinamento: “appaltare” alla Protezione civile e alle forze dell'ordine la gestione dei richiedenti asilo “costa
molto di più: i cosiddetti Cara (Centri accoglienza richiedenti asilo, strutture provvisorie collettive) costano 70-80
euro pro capite, escluse le spese dei controlli di sicurezza, mentre lo Sprar prevede una diaria di 35 euro al
giorno”.
E la sua rete si dipana su tutto il territorio nazionale, nei piccoli comuni come nelle grandi città, “con 153
progetti presenti in tutte le regioni, ad eccezione della Valle d'Aosta: ben poco, se si pensa che in Italia ci sono
8mila comuni...”. Insomma, sul territorio si potrebbe fare molto di più, ma “manca un percorso chiaro e coordinato su
dove andrà un richiedente asilo appena arriva, nel mese successivo, nel lungo periodo: tappe che dovrebbero
accompagnare la persona in un iter omogeneo a Roma come a Milano, a Sezze o a Cuneo, con risposte ad hoc nelle reti
territoriali”.