Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

15 aprile 2011

Maroni: la fase acuta degli arrivi è finita
Il Sole 24 Ore 15 aprile 2011
M. Lud.
«La fase acuta dell'emergenza si è conclusa». Parola del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che sottolinea: «L'ac-

cordo con la Tunisia comincia a funzionare, ma non dobbiamo abbassare la guardia - precisa - perché l'emergenza è

tutt'altro che conclusa». Se pure il fronte con Tunisi si fosse risolto - ma va confermato sul medio período - gli

sbarchi dalla Libia sono una possibilità concreta e pressante. Ne ha parlato ieri al Copasir (comitato parlamentare

per la sicurezza délla Repubblica) il direttore dell'Aisi (agenzia informazioni e sicurezza interna), generale Giorgio

Piccirillo. Il regime di Gheddafi non ha più interesse né è in grado di bloccare la ripresa dei traffïci di esseri

umani verso l'Italia. E il vicepresidente délla Commissione europea, Antonio Tajani, ha parlato di «oltre 100mila

rifugiati politici che possono cercare di lasciare la Libia. Se è vero che Gheddafi vuole utilizzare l'emigrazione di

massa come arma c'è da preoccuparsi». Ettore Rosato (Pd), membro del Copasir, lancia però una stoccata a Maroni: «Il

ministro dell'Interno è ottimista sulla conclusione della fase acuta dell'emergenza umanitaria: se davvero è cosi,

Maroni - sostiene Rosato - deve allora dar ragione all'Europa e cambiare completamente atteggiamento, magari

recuperando un tono diplomático alquanto compromesso nelle ultime ore».
Va avanti, intanto, il confronto tra Regioni, Province, Comuni e Protezione civile per definire il piano di

accoglienza di rifugiati e nordafricani con il permesso di soggiorno temporaneo. Un sistema che dovrebbe decollare in

pochi giorni. Non tutto fila liscio, però. Ai governatori è stata consegnata la bozza di ordinanza che prevede «l'equa

e contestuale distribuzione dei Cittadini extracomunitari fra tutte le Regioni» con un primo stanziamento di no

milioni di euro. Ma le reazioni non sono state positive. «Abbiamo proposto una serie di emendamenti al provvedimento»

ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani, e il vicepresidente, Michele Iorio, ha aggiunto

che «1'ordinanza non è chiara sul punto che riguarda i fondi. Chiederemo maggiore chiarezza sul fatto che sia a carico

dello Stato sia 1'accoglienza dei profughi che dei clandestini».
Mentre il presidente dell'Anci, Sergio Chiamparino, ha inviato una lettera al capo della Protezione civile, Franco

Gabrielli - neo commissario straordinario per 1'emergenza immigrazione - per manifestare la preoccupazione emersa fra

i Comuni e chiedere 1'esclusione delle spese per la gestione di questa emergenza dalle regole del patto di stabilità.

Da parte sua, il capo della Protezione civile attende ancora l'ok del ministero dell'Economia che dovrà assegnare i

110 milioni di euro. Intanto il ministero dell'Interno comincia a consegnare i primi permessi di soggiorno temporaneo

per motivi umanitari, tessere elettroniche formato carta di credito. Le prime, circa un centinaio, sono state già

consegnate in Toscana (sessanta solo a Firenze) e Umbria dagli uomini del dipartimento di pubblica sicurezza. Le

operazioni in tutta Italia avverranno con gradualità in questi giorni.
Una volta consegnato il permesso, all'immigrato saranno date indicazioni sulla struttura dove potrà essere ospitato.

L'interessato, però, è libero di non aderire alla proposta e circolare liberamente sul território nazionale e, stando

alle affermazioni di Maroni e del premier Berlusconi, in tutta l'area Schengen.




Eppure gli altri ne hanno accolti più di noi
L'Epresso
Piero Ignazi
FINCHE SI NAVIGA IN ACQUE TRANQUILLE, ANCHE UN GOVERNO Dl QUALITÀ MODESTE COME L'ATTUALE PUÒ MANTENERE IN EQUILÍBRIO I

PROPRI RAPPORTI INTERNAZIONALI. È QUANDO SCOPPIANO LE CRISI CHE EMERGONO I LIMITI. NEL NOSTRO CASO HANNO IL SEGNO DEL

DILETTANTISMO E DEL PROVINCIALISMO.
In questi mesi il ministro dell'Interno Roberto Maroni si è rivelato o un incapace totale, che non prevede che la

rivoluzione dei gelsomini tunisina del l7gennaio (tre mesi fa!) porterà un aumento di migranti dalle coste

nordafricane, e non attrezza Lampedusa, luogo principe di attracco, per accoglierli e trasferirli; oppure uno

spregiudicato che gioca sulla pelle della povera gente - migranti e lampedusani - per creare allarme sociale e

diffondere cosi il messaggio xenofobo della Lega.
Messo di fronte alle proprie inettitudini e alle proprie responsabilità il ministro degli Interni ha incominciato a

incolpare l'Unione europea per «averci lasciati soli a fronteggiare l'invasione». A parte l'ironia insita in questi

lamenti - l'esponente del partito più anti-europeo, in prima fila nel lanciare accuse e insulti all'Ue, che va a

pietire aiuti da Bruxelles - la realtà è ben altra. Sul fronte dei migranti l'Italia non è in credito con gli altri

Paesi europei, tutt'altro.
In primo luogo l'agenzia dell'Ue che si occupa délla sicurezza delle frontière, Frontex, su richiesta del nostro

governo, ha anticipato al 20 febbraio l'operazione Hermes di pattugliamento comune delle coste e ha inviato 20

funzionari in supporto alle attività di accoglienza dei migranti.
In secondo luogo, se guardiamo al numero di immigrati e di rifugiati politici vediamo che siamo noi a dover andare in

soccorso degli altri Paesi. Mentre nei primi nove mesi del 2010 il flusso degli immigranti illegali provenienti dal

Mediterrâneo e sbarcato sulle nostre coste era diminuito del 65 per cento rispetto all'anno prima (da 8.289 a 2.866),

quello via terra, al confine tra Turchia e Grécia, era schizzato da 6.607 a 31.186, a cui vanno aggiunti altri 27.030

migranti che arrivavano in territorio ellenico dall'Albania (fonte Frontex).
Grazie ai lager di Gheddafi nel deserto, Lampedusa ha respirato, ma la Grécia è scoppiata. Bene, qual è stata la so-

lidarietà dell'Italia? Si è offerto il nostro Paese di accogliere i migranti arrivati in Grécia come ora Maroni e gli

altri ministri richiedono queruli ai partner europei? Meglio stendere un velo.
Se poi passiamo alla categoria dei rifugiati politici la nostra situazione rispetto agli altri Paesi peggiora ulte-

riormente. Secondo 1'agenzia Onu che si occupa dei richiedenti asilo (Unhcr) nel 2010 1'Italia è scesa dal 5° posto

del 2008 al 14° posto per numero di richiedenti asilo (8.200).
Per fare un confronto, non solo grandi Paesi come Francia e Germania ne hanno accolti molti di piú (47.800 e 41.300

rispettivamente), ma altrettanto hanno fatto Paesi piccoli: 31.800 la Svezia, 19.900 il Bélgio, 13.300 rOlanda, 11

mila l'Austria e 10.300 la Grécia (http://www.unhcr.org/4d8 c5bl09.html).
Da queste cifre si ricavano due considerazioni. La prima è che negli anni del governo Berlusconi 1'Italia ha sigillato

le proprie frontiere con accordi vergognosi chiudendo 1'accesso anche a chi fuggiva da regimi dittatoriali. La seconda

è che lo standard internazionale di una nazione si valuta anche dalla sua capacità di fronteggiare le crisi, senza

piagnucolare in cerca di aiuto, soprattutto quando non ci si è curati dei problemi altrui: delle decine di migliaia di

migranti arrivati in Svezia o in Grécia, non ne abbiamo accolto mezzo.
Per insipienza o calcolo politico di bassa Lega, anche in questa occasione il governo italiano ha fatto di tutto per

abbassare la nostra già non eccelsa considerazione internazionale. (E a questo proposito, vorrebbe il ministro degli

Esteri Franco Frattini spiegare la genesi e rapidíssima morte del fantomatico piano italo-tedesco per risolvere la

crisi libica?).




Londra Stretta di Cameron sugli immigrati: «Portano disagi»
Il Giornale 15 aprile 2011
Dopo aver dichiarato «fallito» il multiculturalismo, per decenni considerate anima del Regno Unito, il nuovo premier

britannico David Cameron ha annunciato ieri, durante un discorso al partito nello Hampshire, la linea dura

sull'immigrazione, considerata «troppo alta» negli ultimi dieci anni. Secondo il capo del governo «immiganti incacaci

di parlare inglese» hanno creato «disagio» e «disgregazione» nella società. Cameron, che si è prefisso di tagliare i

numeri dell'immigrazione in Gran Bretagna a «decine di migliaia», ha attaccato i governi laburisti che lo hanno

preceduto per aver adottato un approccio che ha permesso a gruppi estremisti di destra come il British National Party

di far proseliti.




Ultima fermata Lampedusa
L'Espresso
Fabrizio Gatti
La disfatta europea di Silvio Berlusconi e Roberto Maroni è nei numeri. La Tunisia ha dato assistenza finora a 200

mila 899 profughi in fuga dalla Libia, oltre a 20 mila tunisini ormai senza lavoro. L'Egitto a 177 mila cittadini, di

cui soltanto 81 mila egiziani. II poverissimo Niger a 29 mila 134 persone. L'Algeria a 10 mila stranieri. Il Ciad a

4.700. Il Sudan a 2.800. E sono numeri in crescita: secondo i registri dell'Oim, l'organizzazione intergovernativa per

le migrazioni, una media di 8 mila migranti continua a uscire quotidianamente dai confini libici. Con punte di 4 mila

al giorno in Tunisia. Eppure l'ltalia, la ex quinta potenza industriale del mondo, è andata in crisi per 25 mila

persone sbarcate in un mese e mezzo. E non andrà meglio. Ora che dalla Libia è cominciata la fuga diretta verso

Lampedusa, Berlusconi non potrà nemmeno tranquillizzare i suoi elettori con un accordo show. Come l'intesa

superficiale ottenuta a fatica con Tunisi. Perché è impensa bile oggi una missione a Tripoli o a Bengasi. E perché si

tratta di veri rifugiati che non possono essere rimpatriati.
L'unica possibilità d'uscita sarebbe stata l'Unione Europea. E puntualmente è mancata l'attività diplomatica. Perfino

in sede militare, quando l'ltalia avrebbe potuto contrattare meglio le basi e gli aerei messi a disposizione per

l'attacco alla Libia. Con l'inefficacia dei ministri degli Esteri, Franco Frattini, e délla Difesa, Ignazio La Russa,

la sconfitta dell'immagine del nostro Paese è totale. Le parole pronunciate da Berlusconi e Maroni sull'inutilità

dell'Ue e l'eventuale uscita dell'Italia dimostrano l'avventatezza, l'incapacità e l'impreparazione in cui dieci anni

quasi ininterrotti di berlusconismo hanno ridotto il Paese. La crisi però comincia da lontano. E ancora una volta la

rivelano i numeri. Berlusconi e Maroni accusano l'Europa, Francia e Germania in testa, di non aiutare l'ltalia

nell'assistenza ai rifugiati. E vero che i ministri dell'interno francesi e tedeschi, durante il vertice di lunedi

scorso, hanno trattato la questione immigrati come fosse ordinaria amministrazione. E non come conseguenza di una

svolta epocale nei rapporti con il Nord Africa. Ma è anche vero che Parigi e Berlino hanno sempre fatto molto di più.
Secondo le tabelle dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, la Germania, con Norvegia e Svezia,

ospita sette rifugiati ogni mille abitanti. La Francia poco di meno. Grécia, Portogallo e Spagna un rifugiato ogni

mille abitanti. L'Italia 0,7 ogni mille. Sempre in Italia soltanto durante la fase di richiesta dell'asilo, uno

straniero ha diritto a una forma di accoglienza. Una volta ottenuto lo status, finisce letteralmente sulla strada.

Pochi Comuni modello si impegnano nei progetti di formazione e inserimento nel lavoro. Dopo anni di stenti, decine di

profughi somali ed eritrei hanno trovato un modo dolorosissimo per inventarsi una nuova identità e fuggire dall'Italia

verso il Nord Europa. Devono prima bruciare le impronte digitali, che li costringerebbero a un ritorno forzato. Come

si fa? Si riempie di acido un guanto di gomma e ci si infila dentro tutta la mano. Le ustioni corrodono i

polpastrellli e, in teoria, cancellano i dermatoglifi che ci rendono unici al mondo.
Berlusconi e Maroni da qualche giorno sembrano docili emissari di un'associazione pro rifugiati. Ma in Europa hanno

fama ben diversa. Dal 2009 fino allo scoppio delle rivolte il governo italiano ha fatto respingere in Libia migliaia

di profughi somali ed eritrei. E non si è preoccupato delle tante segnalazioni su arresti, maltratiamenti e violenze,

anche sessuali, nei loro confronti. Operazioni per le quali l'Italia ha fornito motovedette e armi. E promesso il

pagamento a Gheddafi di 250 milioni di dollari 1'anno per 20 anni. Berlusconi e Maroni hanno ignorato le richieste di

aiuto della Grécia quando, chiusa la rotta per Lampedusa, si è aperta la via Libia-Istanbul-Atene: negli ultimi tre

anni la polizia italiana ha respinto in Grécia centinaia di profughi afghani, anche minorenni. Esattamente come sta

facendo adesso con l'Italia il presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha schierato la polizia e 1'esercito ai

confine di Ventimiglia.
A Bruxelles hanno lasciato il segno due dichiarazioni dei ministro Maroni. La prima dei febbraio 2009: «Per

contrastare l'immigrazione clandestina non bisogna essere buonisti ma cattivi, determinati, per affermare il rigore

della legge». La seconda nel settembre 2010, dopo che un peschereccio di Mazara dei Vallo era stato mitragliato da una

motovedetta libica con a bordo militari della Guardia di finanza: «Evidentemente c'è stato un errore di

interpretazione, posso immaginare che abbiano scambiato il peschereccio, come avviene ogni tanto, per una barca che

non fermandosi all'alt immaginavano potesse avere a bordo dei clandestini», ha detto il ministro dell'Interno, «o cose

dei genere». Ammettendo come normale 1'uso delle armi contro i profughi già allora in fuga da Gheddafi. Una posizione

indifendibile davanti all'Unione Europea. Soprattutto ora che sono morti più di settecento profughi, in maggior parte

eritrei e somali, cittadini di ex colonie italiane. Tra loro anche rifugiati riconsegnati a Gheddafi. Erano su tre

barconi. Partiti dalla Libia dopo il 23 marzo, non sono mai arrivati a Lampedusa.
Sull'isola i rimpatri simbolici verso la Tunisia verrebbero eseguiti seguendo criteri sommari. «II governo italiano

sta tenendo centinaia di tunisini richiusi senza che nessun giudice abbia mai convalidato il loro fermo», rivela

Alessandra Ballerini, avvocato e volontaria dell'Associazione studi giuridici sull'immigrazione: «Hanno sequestrato i

loro cellulari. E anche i rimpatri avvengono secondo procédure collettive, vietate dalle convenzioni

internazionali».La guerra civile in Libia sta destabilizzando una fascia estesa che attraversa tutto il Sahara. Prima

conseguenza sono gli emigranti che stanno scappando dal deserto libico verso il Niger e l'Algeria. I governi di Algeri

e Niamey, con il supporto dei fondi dell'Oim, hanno gia rimpatriato migliaia di lavoratori verso 1'Africa

subsahariana. Cittadini e famiglie che avevano un lavoro in Libia e che ora dovranno riprogettare la loro vita.
A Djanet, in Algeria vicino al confine con la Libia, i profughi vengono ospita- ti nel liceo Omar el Khattab. Nella

citta in mezzo al deserto in poche ore sono arrivati 1760 lavoratori in fuga. Molti di loro sono stati abbandonati nel

Sahara dalle imprese europee che li avevano assunti. Altri sono stati feriti a fucilate. Alcuni funzionari del Niger

raccontano a 'L'Espresso" che centinaia di tuareg hanno risposto all'appello del colonnello Muhammar Gheddafi, loro

alleato di sempre: «Sono andati in Libia a combattere contro i ribelli. Gheddafi ha soldi, sta distribuendo armi a

tutti. II Sahara rischia di esplodere. La Libia non si ferma a Tripoli».





Gli egoismi nazionali prevalgono. Christopher Hein, direttore del Cir: «Ma ci sono responsabilità politiche anche

dell'Italia"

Terra 15 aprile 2011
Bartolo Scifo
Quali sono i dati reali sui rifugiati arrivati nel nostro paese dall'inizio delle rivolte nord africane?
I migranti arrivati in Italia dall'inizio dellanno sono circa 28mila di cui 23mila tunisini e 4.680 profughi libici.

Un numero elevato, ma sicuramente non un flusso ingestibile. Basta confrontarlo con la vera emergenza con cui si

stanno misurando i paesi confinanti con la Libia. Secondo i dati dell'Unhcr, sono circa 500mila i libici fuggiti via

terra e di questi 236mila sono entrati in Tunisia e 200mila in Egitto. Questi flussi migratori gravano su paesi,

ricordiamolo, che stanno vivendo non solo difficili transizioni democratiche, ma anche profonde crisi economiche.

Malgrado non si possa parlare di "esodo bíblico", non sembra però che 1'Europa sia molto disponibile ad aiutarci,

bocciando di fatto 1'ipotesi della libera circolazione nell'area Schengen a chi viene concesso un permesso temporaneo.
Su questo tema è necessário fare chiarezza. Un primo punto fermo è che il rilascio di un permesso di soggiorno

straordinario a fini umanitari è senza dubbio legittimo anche nei confronti degli altri Stati Schengen. È altresi vero

che ogni stato dell'Ue può richiedere per 1'ingresso sul territorio alcuni requisiti, come un titolo di viaggio e

delle possibilità economiche, ma lo può fare senza applicare controlli sistematici alla frontiera che violerebbero di

fatto lo spazio interno comunitário e obbligherebbero teoricamente il paese in questione ad uscire dalla Convenzione

Schengen.
L'Europa sta facendo il suo dovere o ci ha lasciati soli come ha detto il ministro Maroni?
Dal punto di vista técnico all'Europa poteva essere chiesta l'applicazione della protezione temporanea, fondi

straordinari e 1'intervento dell'agenzia europea Frontex. Ma le risposte sono state deludenti, questo è il segnale di

un impianto normativo e politico comunitário non sufficientemente flessibile per rispondere a scenari di crisi

internazionale come questi. l'áttuale dibattito dimostra il prevalere di egoismi nazionali e impedisce di trovare

risposte autenticamente comunitarie. Come valuta le azioni messe in campo dal Governo Italiano? Sicuramente

l'attivazione della protezione temporanea richiesta dall'Italia è la strada più opportuna per gestire i flussi. Allo

stesso tempo ci sono forti responsabilità politiche dell'Italia: un conto è impostare le proprie politiche nel nome

dell'accoglienza, un'altra cosa è il messaggio che passa, anche a livello europeo, di utilizzare la protezione

temporanea come una "regolarizzazione" per permettere ai migranti arrivati in Italia di andarsene e circolare in

Europa. Da questo punto di vista è paradossale che l'applicazione della protezione temporanea sia limitata alla

mezzanotte del 5 aprile. O esiste una rilevante esigenza umanitaria, e quindi si può applicare la protezione

temporanea, o non esiste. Certamente le esigenze umanitarie non possono piü essere tali solo perché un decreto le

considera fuori tempo massimo.




«Ai migranti libero accesso agli ospedali»
La Stampa 15 aprile 2011
F. Sch.
Tutti i migranti, «indipendentomente dal loro status giuridico, dovrebbero ricevere un tempestivo accesso ai servizi

sanitari essenziali». È una delle conclusioni del vertice «Circolazione delle popolazioni migranti nei Pacsi

mediterranei délla Ue» organizzato a Roma dal ministero della Salute, in collaborazione con l'organizzazione mondiale

della sanità. Il tempostivo accesso degli immigrati ai servizi sanitari essenziali, si sottolinea, «è anche un

prerequisilo per proteggere la salute della popolazione dei Paesi ospitanti». Dal gennaio 2011, 27.000 migranti, l'80%

di origine tunisina, hanno raggiunto le coste europee.




Chi la lasciato morire 63 persone su un gommone?
EUROPA 15 aprile 2011
Don Mussie Zerai
SONO STUPITO: il diritto internazionale marittimo che obbliga di salvare chi si trova in pericolo di vita, che valore

ha oggi? Perché il 90 per cento della stampa ha scelto il silenzio di fronte ad un atto cosi grave, crudele e

disumano? Più volte abbiamo segnalato la scomparsa del gommone partito da Tripoli il 25 marzo con 72 persone a bordo,

e di cui si sono perse le tracce dal 26 marzo tardo pomeriggio. Sono stati localizzati per l'ultima volta a circa 60

miglia da Tripoli e poi il nulla, ci è stato detto che non sono stati trovati. In questi giorni siamo stati contattati

da 9 persone sopravvissute alla tragedia, dopo due settimane in mare sono tornati a Tripoli, raccontano di essere

sopravissuti in 11 persone, due donne 9 uomini: la corrente del mare li ha portati a Zelatien dove i militari di

Gheddafî li hanno presi e messi in cárcere dove sono morti un ragazzo e una ragazza. Dopo qualche giorno 7 dei

sopravvissuti sono stati trasferiti nel cárcere di Tuweshia a Tripoli, mentre due sono stati portati in ospedale a

Zelatien. Raccontano che sono stati abbandonati da «diversi navi militari, una di queste era italiana, addirittura un

elicottero si è avvicinato fornendo loro da bere» ma lasciando morire 63 persone donne e bambini. Un atto disumano.

Queste nove persone sono testimoni della tragedia, ho parlato con uno che ha perso la moglie dalla fame e sete.

Chiediamo che la Nato faccia piena luce su questa vicenda: di chi era l'elicottero che si è limitato a fornire acqua

ai profughi senza poi mandare i soccorsi? Quali sono le navi militari che hanno avvistato questo gommone nei giomi tra

il 25 e il 30 marzo?




«Ondata di migranti in arrivo dalla Libia»
Corriere della Sera 15 aprile 2011
Virginia Piccolillo
ROMA — Oltre quindicimila libici liberati da Muammar Gheddafi in arrivo sulle nostre coste. L'allarme

dell'intelligence ha acceso ieri l'audizione del direttore dell'Aisi, Giorgio Piccirillo al Copasir. Il capo

dell'agenzia di sicurezza interna avrebbe confermato i timori per un'impennata di partenze dalla Libia dei profughi

del Corno d'Africa, del Ciad e dell'Africa subsahariana, finora detenuti nei centri di raccolta-lager del rais. Anche

se avrebbe escluso la possibilità di infiltrazioni terroristiche tra quelli già sbarcati.
«Quello che succéde in Libia è sotto stretta osservazione» assicura il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che

dichiara invece «conclusa la fase acuta dell'emergenza» sbarchi dalla Tunisia. «L'accordo sta funzionando», azzarda il

ministro.
«Sono iniziati i pattugliamenti e tutti i giorni vengono fatti i rimpatri di chi è giunto dopo il 5 aprile. Anche se

resta l'emergenza umanitaria». Tra le mani l'ultimo report degli sbarchi, che complici forse le cattive condizioni del

mare, induce alla speranza.
Anche dall'Europa il titolare dei Viminale vede arrivare «segnali positivi». E all'indomani dell'aut aut lanciato

all'Ue (via libera ai nostri clandestini regolarizzati «o Schengen non esiste più») si lascia andare all'ottimismo:

«Spero che queste sollecitazioni forti che abbiamo fatto smuovano i Paesi europei. C'è una questione geopolítica del

Maghreb. L'Europa deve reagire».
«Qualcosa si sta muovendo» conferma da Praga il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «Ho molto apprezzato.

L'Europa è una realtà, è un intreccio in cui siamo compenetrati, non solamente un contesto di trattati e istituzioni»

sottolinea il capo dello Stato.
Ma le difficoltà non sono ancora risolte. Le parole dei primo ministro francese François Fillon, che Maroni ha

annoverato tra i segnali positivi, lo dimostrano. Al termine di un incontro con il presidente Ue Manuel José Barroso,

Fillon ha si assicurato di voler «dare prova di solidarietà» al nostro Paese. Ma poi ha aggiunto che le «regole devono

essere rispettate». E «non c'è n'è una che preveda 1'accoglienza e la libera circolazione nell'Ue degli immigrati

economici, che non hanno vocazione a essere ripartiti fra gli Stati membri, come alcuni propongono, ma a tornare al

loro Paese».
Fillon rimarca che la Francia è il secondo Paese al mondo, dopo gli Usa, per numero di asili politici: «5omila

all'anno, contro i 10mila italiani». Il messaggio è chiaro: le frontiere francesi resteranno chiuse. E allora? Sarebbe

più «intelligente», dice Fillon se la missione europea Frontex «riportasse in Tunisia» i migranti che intercetta,

piuttosto che «portarli a Lampedusa come fa ora».
Già, ma quelli che sono già qui? Barroso auspica una «co-mune politica europea» e rassicura che «soluzioni pratiche»,

sul problema della circolazione possono essere trovate tra Italia e Francia «con il dialogo».
Intanto iniziano le regolarizzazioni. Ieri a Firenze sono stati rilasciati i primi permessi. Abdel, che lo ha avuto,

tradisce le speranze del governo: «Resterò in Italia».




Allarme dei servizi: 15mila in arrivo dalla Libia
Il Giornale 15 aprile 2011
Roberto Fabbri
Nuove conferme dell'intenzione di Muammar Ghed-dafi di usare l'immigrazione di massa come un'arma imprópria contro il

nostro Paese e, più in generale, l'Europa. Secondo informazioni raccolte dai nostri servizi segreti, il Colonnello

avrebbe infatti già fatto liberare le oltre 15mila persone fuggite da diverse aree dell'Africa subsahariana che finora

erano state trattenute in appositi centri di detenzione. Ma il vicepresidente della Commissione europea, Antonio

Tajani, in una intervista a SkyTg24 ha citato una cifra ben più imponente quando ha detto che sono «oltre 1OOmila i

rifugiati politici che possono cercare di lasciare la Libia».
Questa massa di disperati, pronti a riversarsi in Italia e da li nella maggior parte dei casi intenzionati a

proseguire il loro viaggio verso altri Paesi europei come la Francia, la Germania, il Bélgio e l'Olanda, verrebbe

avviata verso il porto di Zuara, a poca distanza da Tripoli e dal confine tunisino, da cui avverrebbero le partenze

per le coste italiane.
Ieri il ministro dell'Interno Roberto Maroni ha detto che «l'emergenza immigrazione, soprattutto da parte della Libia,

è ancora sotto stretta osservazione da parte nostra». Più sotto controllo, invece, la questione delle partenze dalla

Tunisia: Maroni ha spiegato che la fase acuta dell'emergenza deve considerarsi esaurita, perché l'accordo concluso con

Tunisi funziona. Da Praga invece, dove si trova in visita ufficiale, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano

ha osservato con soddisfazione che «qualcosa si sta muovendo» e che i massimi esponenti di governo della Repubblica

Ceca «hanno mostrato di considerare il problema degli immigrati come non solo italiano».
Sempre ieri, a Berlino, il vertice dei ministri degli Esteri della Nato ha visto il raggiungimento di un'intesa

sull'idea di un percorso che preveda un cessate il fuoco e, in parallelo, la creazione di un'assemblea costituente

nazionale libica destinata a rappresentare il Paese nordafricano al posto del regime di Gheddafi. Obiettivo finale

della road map la stesura di una Costituzione e le prime elezioni libere nella storia della Libia. L'Alleanza

Atlantica, sempre convinta che la soluzione della crisi libica debba essere conseguita per via politica e non con

l'uso delle armi, intende dunque intensificare la pressione militare sul regime di Tripoli per accentuare il suo

isolamento. Al tempo stesso, la Nato intende raggiungere tre obiettivi: la cessazione delle violenze contro i civili,

il ritiro di tutte le forze militari attualmente attive contro di loro (inclusi mercenari e altri paramilitari come i

cecchini che sparano sui civili inermi specialmente a Misurata) e il libero accesso degli aiuti umanitari alle

popolazioni libiche.
Per quanto riguarda 1'azione militare, il segretario generale Anders Fogh Rasmussen ha chiesto più aerei per i raid,

che devono continuare fino a quando gli attacchi ordinati da Gheddafi contro i civili non saranno cessati. Su questo

punto il nostro ministro degli Esteri Franco Frattini ha espresso «la riluttanza» dell'Italia a partecipare agli

attacchi aerei, spiegando che il nostro ruolo di Paese ex colonizzatore è molto delicato e che sarebbe árduo trovare

comprensione da parte dei popolo libico qualora vi fossero vittime civili in conseguenza dei nostri attacchi. Frattini

ha rimandato la decisione sul tema al prossimo consiglio dei ministri, precisando che 1'Italia è pronta a fornire ai

ribelli «strumenti di autodifesa piuttosto che armi».




I Servizi segreti: in arrivo l'ondata di detenuti libici
Terra 15 aprile 2011
Dina Galano
Non fa in tempo il ministro Maroni a celebrare il trionfo per il funzionamento del trattato con la Tunisia che fonti

del Copasir riferiscono della preoccupazione dei Servizi segreti per «l'ondata in a¬rivo dalla Libia». «Non ci saranno

nuove tendopoli perché la fase acuta dell'emergenza è finita», ha sostenuto ieri il ministro dell'Interno, ribadendo

l'ordine di immediate rimpatrio di tutti i tunisini arrivati dopo il 5 aprile. Ma è uno stesso membro di quel Comitato

per la sicurezza nazionale che ieri ha ascoltato la relazione dei Servizi, il democrático Ettore Rosato, a

sottolineare «la mancanza assoluta di un piano per 1'immigrazione». Secondo il deputato dei Pd, «c'e contraddizione

palese tra quello che il ministro ha detto mercoledi sera e quello che dice oggi (ieri). La verità è che l'allarme che

è stato lanciato è sovradimensionato al punto da aver creato irritazione nei nostri partner europei». Alla luce delle

indiscrezioni sull'audizione di ieri al Copasir del direttore preoccupano le notizie sulla liberazione di detenuti

libici dai carceri-lager; all'incirca 15mila persone che Gheddafi sta liberando per agevolarne la fuga verso 1'Italia,

in maggioranza provenienti dal Corno d'Africa, dal Ciad e dall'Africa subsahariana. Dalle informazioni fornite dal

generale Piccirillo, inoltre, emergerebbe 1'intenzione dei Colonnello di utilizzare il flusso massiccio di profughi

come arma pressante sull'Occidente, anche se finora è stato escluso 1'infiltrazione di frange terroristiche. Certo è

che per la massiccia entità dell'esodo previsto, la relazione al Copasir desta molta inquietudine: sul fronte isolano

dove, dopo le tragedie dei due naufragi a Lampedusa prima e Pantelleria poi la situazione è tornata soltanto ieri a

una precaria normalità; ma anche su quello dell'organizzazione della macchina dell'accoglienza sul território. Oggi

dovrebbe partire il piano per la dislocazione - proporzionale al numero di residenti - dei primi 2.000 migranti tra le

diverse Regioni, ma già si alzano i menti affinché lo sforzo sia limitato a richiedenti asilo e nordafricani in  
neo accordato dal governo. Con la puntualizzazione che «le risorse finanziarie anticipate delle Regioni per

fronteggiare 1'emergenza umanitaria devono considerarsi a carico del bilancio dello Stato, anche ai fini

dell'applicazione dei Patto di stabilità». Il piano, d'altronde è stato rimodulato e la bozza dell'ordinanza della

Presidenza dei Consiglio parla di «una prima assegnazione» di 110 milioni di euro al Fondo della Protezione civile;

Franco Gabrielli, capo del dipartimento, viene nominato commissario delegato per la realizzazione di tutti gli

interventi necessari a fronteggiare lo stato di emergenza. E chi tradizionalmente ha curato l'accoglienza in Italia,

di fronte alla commessa alla Protezione civile, inizia a protestare. «Il nostro servizio è stato ignorato e

scavalcato», ha denunciato la direttrice dei Servizio di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati, Daniela Di

Capua. «Ora abbiamo dei sistemi che viaggiano in parallelo: il nostro e quello "appaltato" alla Protezione civile. Con

costi più alti.




DUE NAUFRAGI E ALTRI DUBBI
Avvenire 15 aprile 2011
Marina Corradi
Raidue, ore 20 e 15 di mercoledi sera. Sull'lsola dei famosi Emanuele Filiberto di Savoia costruisce una capanna per

accogliere i suoi compagni naufraghi: eccoli che arrivano, belli e abbronzati, su una barchetta che approda dolcemente

sulla spiaggia dorata. Raidue, pochi minuti dopo: sul tg le im-magini traballanti del naufragio, vero, di una barca di

migranti a Pantelleria. Il mare è grosso, il naviglio stracarico si è schiantato sugli scogli. Bambini strappati alle

onde, e due donne morte a pochi passi dalla riva. Le facce dei naufraghi, quelli veri: facce nere, facce di uomini

lividi di freddo e di paura dopo una mortale odissea, in fuga dalla guerra o dalla miséria del Corno d'Africa. Lo

spettatore seduto in soggiorno registra sovrappensiero le singolare sequenza di naufragi: la finzione e il vero, il

gioco e la tragedia. Qualcosa non torna, si dice fra sé. Sembrano, quelle scene a pochi minuti di distanza su una tv

occidentale, segnate da una assurda distonia: come se appartenessero a due evi diversi. Uno il nostro, garantito,

fátuo, e uno remoto; quello in cui le caravelle naufragavano sulla via delle Americhe, portando con sé nel fondo

dell'oceano sfortunati coloni in cerca di nuova terra e fortuna. Ma siccome quei naufragi, il finto e il vero, sono

contemporanei - si dice ancora fra sè il telespettatore - forse i due eventi appartengono a diversi mondi, o piuttosto

pianeti. II primo, dove per ingannare la noia e fare audience si immagina una vita da Robinson Crusoe, però con

adeguate creme di protezione solare; l'altro, il "loro", quello dei miserabili portati dalle onde a Pantelleria,

rigorosamente distinto, e ben separate dal nostro con adeguate misure e frontière. Si, deve essere cosi: ci sono due

mondi temporalmente paralleli, ma non comunicanti; mentre in uno si gioca a naufragare per diletto, nell'altro si

traversa il mare per disperazione, e si annega davvero. II telespettatore sul divano archivia la questione, e ascolta

gli altri servizi del tg. Ma qualcosa continua a lavorargli nei pensieri. Devono essere spinti da un'urgenza feroce

davvero, quei là che traversano il deserto e si imbarcano su delle zattere, perfino con i bambini in braccio, perfino

con un figlio nel ventre. Sembrano il fiotto d'acqua che schizza attraverso la crêpa di una diga: nessuna barriera

riesce a contenerli, il bisogno che li spinge è più forte. Laggiù oltre il deserto, dove noi non vediamo, preme questa

tensione verso una agognata salvezza e abbondanza. Somiglia alla pressione sotterranea di una faglia che spinga forte

contro un'altra. Nel momentâneo apparente equilibrio cova una forza che non si potrà per sempre ignorare - anche la

fame e la miséria possono essere forza, se spingono, a qualsiasi costo, a partire.
Nel nostro mondo intanto si gioca ai naufraghi, e in milioni stanno avvinti a guardare quei bei ragazzi in bermuda

preoccupati della nomination. Ragazzi? Chissà perché poi da noi li chiamiamo cosi, anche quando hanno più di

trent'anni. Mentre i ventenni che annegano nel Mediterrâneo nelle cronache li chiamiamo "uomini", e "donne". Dev'esse-

re, conclude il telespettatore assorto, una diversa regola vigente nei due stranieri separati mondi. In quell'altro là

sotto uomini si diventa subito, con bruciante fretta; e si saluta, e si parte, e si naufraga, e talvolta si muore. E

tuttavia, continuano a partire - con la cieca straordinaria tenacia di chi domanda di vivere. (Sull'Isola, nel

frattempo, i nostri naufraghi immaginari continuano a prendere il sole). Come l'eco di qualcosa che non torna; una

disequità stridente che sotto ai contrapposti mondi, pur ben divisi da rigorosi confini, tuttavia lievita, e preme.




Migranti, siamo indignati. Mauro Palma, dei Comitato europeo per la prevenzione della tortura: «Gestione

approssimativa»

Terra 15 aprile 2011
Marco Incagnola
Abbiamo intervistato Mauro Palma, componente dei Comitato europeo per la prevenzione della tortura e responsabile

immigrazione di Sel in occasione dei Convegno di ieri promosso da Linkontro.info, Associazione Antigone e Progetto

diritti, dal titolo "Profughi: Clandestini? Esseri umani!"
Di fronte al diniego dell'Europa viene spontaneo domandarsi se sono stati commessi errori, da parte dei Governo

nazionale, nella gestione dei profughi e nelle soluzioni adottate. Non vi è dubbio, e nessuno lo ha mai negato, che il

tema dell'immigrazione irregolare in Europa richieda interventi coordinati e richieda grande consapevolezza del fatto

che non si tratta di problemi di singoli stati, in particolare quelli di confine, ma di un tema europeo. E che la

capacità di coesione dell'Europa nel garantire a tutti i diritti fondamentali nel proprio è un indicatore dei suo

tessuto democrático. Tuttavia la gestione approssimativa degli arrivi recenti lascia perplessi e indignati. Perché pur

essendo una situazione annunciata da settimane dallo stesso governo, anche in numeri maggiori, si presenta oggi senza

una strutturazione in grado di distinguere casi e situazioni, di offrire le garanzie giuridiche soprattutto ai

soggetti più vulnerabili, di ospitare in modo meno approssimativo delle tendopoli e con piena trasparenza. Inoltre,

perché il governo non è riuscito a mostrare una capacità di coinvolgimento delle Regioni ed enti locali; è difficile

chiedere all'Europa di distribuire il carico se non si dimostra di essere in grado di distribuirlo su quello del

proprio paese. E perché non si sono viste reazioni ad affermazioni gravi di singoli che hanno responsabilità di

governo.
Il Trattato di Schengen è stato interpretato in senso restrittivo o fedelmente?
Purtroppo le interpretazioni restrittive dei trattati non possono mai essere evitate, soprattutto quando un tema

assume una valenza elettorale: quello che molti paesi stanno inviando è un messaggio al proprio elettorato e in tale

direzione spingono le interpretazioni, legittime, ma restrittive, dei trattati. Schengen vuole essere un trattato

verso un'apertura - la libera circolazione - anche se ha aspetti di chiusura; la capacità politica, ética e di

speranza delle nostre realtà dovrebbe spingere sulle prime piuttosto che richiudersi nelle seconde. Il tema dei

profughi sembra essere diventato centrale nello scacchiere politico europeo. I governi nazionali temono un effetto

negativo in termine di consensi. Si rischia forse uno sgretolamento dei progetto Europa? Non uno sgretolamento, però

certamente un arretramento di quel processo che l'inserimento della Carta dei diritti fondamentali all'interno del

Trattato dell'Unione aveva lasciato intravedere. Un arretramento della stessa idea di Europa e delle culture che

cementano le società. Non si vede il paradosso tra il proclamare la libertà e non essere pronti a dare risposte ai

problemi che i difficili e tortuosi processi di liberazione pongono? Perché il Governo non consente visite nelle

tendopoli? E' una domanda che pongo anche io. Perché a un parlamentare è permesso di visitare un luogo di detenzione e

non è permesso 1'ingresso in uno di questi luoghi che - tutti sottolineano - non sono detentivi? Le organizzazioni

della società civile potrebbero dare un aiuto considerevole all'effettivo accesso alle garanzie: accesso all'asilo,

individuazione e tutela dei minori, assistenza legale, prevenzione di ogni abuso. Servirebbe anche a chi nelle

tendopoli deve operare.




Accoglienza rifugiati, lo Sprar accusa: “Servizio ignorato e scavalcato”
Redattore Sociale 14 aprile 2011
ROMA - “Abbiamo a disposizione 3 mila posti, che garantiscono un'accoglienza di circa 6-7 mila persone all'anno,

quindi insufficienti rispetto alle migliaia di richiedenti asilo che restano fuori: è il punto debole di un sistema

che vuole essere istituzionale, il braccio dello Stato operativo sul fronte dell'asilo”. E la situazione che il Paese

sta vivendo in questi mesi, con gli sbarchi a Lampedusa? “Non si tratta di un'emergenza umanitaria, ma dell'emergenza

di farvi fronte, con costi spropositati e non tenendo in considerazione una rete di accoglienza che già esiste sui

territorio. Invece ora abbiamo dei sistemi che viaggiano in parallelo: il nostro e quello della Protezione civile”. Lo

ha osservato Daniela Di Capua, direttrice del Servizio di protezione per i richiedenti asilo e rifugiati (Sprar),

intervenendo nel tardo pomeriggio di ieri all'incontro “I rifugiati a Roma: una storia lunga 30 anni”, svoltosi presso

la Sala Assunta di via degli Astalli nell'ambito del corso di formazione “C'era una volta l'asilo”, promosso

dall'associazione Centro Astalli a 60 anni dalla Convenzione di Ginevra.
 
Nato nel 2002 dopo un biennio del “Programma nazionale asilo" (primo sistema pubblico per l'accoglienza di richiedenti

asilo e rifugiati, diffuso su tutto il territorio nazionale), grazie alla legge 189 che in quell'anno ha

istituzionalizzato le misure di accoglienza organizzata, lo Sprar è affidato alla gestione dell'Anci (Associazione

nazionale comuni italiani) e costituito dalla rete degli enti locali che – per la realizzazione di progetti di

accoglienza dei rifugiati – accedono, nei limiti delle risorse disponibili, al Fondo nazionale per le politiche e i

servizi dell'asilo. Pur “avendo standard di accoglienza addirittura superiori a quelli indicati dalla normativa

europea per l'accoglienza dei rifugiati”, e avendo ideato servizi ad hoc per i richiedenti asilo “con disagio mentale,

purtroppo in aumento”, lo Sprar sembra non essere legittimato nel nostro Paese come “cabina di regia” per quanto

concerne i rifugiati, ha denunciato Di Capua, insistendo: “Nelle cosiddette emergenze, improvvisamente lo Sprar - che

dovrebbe essere il perno nella gestione dell'accoglienza - è stato completamente ignorato e scavalcato, come se non

esistesse, se si dovesse ricominciare da capo e tutto dovesse essere ancora inventato nell'ambito dell'asilo in

Italia”. E ha aggiunto: “Il fatto che la gestione sia stata data in mano alla Protezione civile, insieme ai soldi,

significa che si vuole dare un certo tipo di connotazione alla situazione”.
 
Una connotazione che sa di “emergenza”, appunto, e non di progettualità in vista di un percorso d'integrazione: “Le

regioni non volevano le tendopoli, invece sono sorte in Puglia (2.300 posti), Sicilia (600 posti), Campania, a

Campobasso... Ci è stato promesso di aumentare di 1.000 unità i posti gestiti dallo Sprar, ma nulla è stato definito

in merito ai criteri, ai casi vulnerabili, a quali servizi verranno erogati: si limiteranno a vitto, alloggio e

assistenza sanitaria di base, oppure comprenderanno i corsi d'italiano, la mediazione culturale, l'assistenza legale?

Non sappiamo quante risorse avremo a disposizione...”. Infatti non si tratta solo di un problema di “regia” e di

coordinamento: “appaltare” alla Protezione civile e alle forze dell'ordine la gestione dei richiedenti asilo “costa

molto di più: i cosiddetti Cara (Centri accoglienza richiedenti asilo, strutture provvisorie collettive) costano 70-80

euro pro capite, escluse le spese dei controlli di sicurezza, mentre lo Sprar prevede una diaria di 35 euro al

giorno”.

E la sua rete si dipana su tutto il territorio nazionale, nei piccoli comuni come nelle grandi città, “con 153

progetti presenti in tutte le regioni, ad eccezione della Valle d'Aosta: ben poco, se si pensa che in Italia ci sono

8mila comuni...”. Insomma, sul territorio si potrebbe fare molto di più, ma “manca un percorso chiaro e coordinato su

dove andrà un richiedente asilo appena arriva, nel mese successivo, nel lungo periodo: tappe che dovrebbero

accompagnare la persona in un iter omogeneo a Roma come a Milano, a Sezze o a Cuneo, con risposte ad hoc nelle reti

territoriali”.





 




 

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