Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

“I Cavallier, l’arme, gli amori, le sorti dell’umana gente, io canto”

 

Marga Esposito
Questa volta Viola Di Massimo finalmente decide di divulgare uno dei suoi monologhi della raccolta di lettere d’Amore, precisamente la “lettera d’Amore da A.P. ma… sono di Destra o di Sinistra?”.
Viola Di Massimo, non è un’interprete e neanche un attore ma ha comunque da “dire” ancora una volta e, questa volta, certo un dipinto non basterebbe. Continua la sua ricerca artistica andando a cimentarsi con qualsiasi mezzo possa aiutarla a trovare l’opera: che sia la sua voce, la sua immagine, i suoi disegni, va bene tutto pur di raccontare al meglio l’ultima scoperta di vita o l’ultima emozione provata.
Le lettere d’amore sono scritte da un personaggio Protagonista (artista di professione) che, per incrementare i suoi guadagni, accetta lavori di vario genere e ad ogni esperienza avuta nasce una lettera che ne racconta la sua ultima relativa; lei,  immancabilmente stupita, delusa, stravolta, esterrefatta, contenta… e  con un dignitoso idealismo ottimista, mantiene l’entusiasmo nonostante… tutto.
La Protagonista quindi è il Personaggio che, in ogni lettera, si firma in modo diverso: la Viaggiatrice da Cavacecio,  la Venditrice di Caramelle Bianche, la Viola Ecchimosi o la Pascolatrice di Egofili*, come il lavoro in cui si sta cimentando proprio all’inizio di questa ultima lettera.
Soliti sarcasmi sui qualunquismi? Soliloqui  sui partitismi settari? Grottesche disquisizione contro ogni fede assoluta? No, il video-monologo di Viola Di Massimo è altro e oltre tutto ciò. E’ una piece virtuale nata attraverso un monologo su cui si è poi plasmato un video complementare quanto un elemento di puzzle; e proprio come un puzzle, la dimensione espressiva si compone a raggiera ogni volta di un elemento in più per la comprensione totale , da cui rimanda emozioni così interagenti da divenire complesse e spontanee al tempo stesso. Si tratta di satira così sagace ed umana da commuovere per i picchi da acuta ironia, le cui motivazioni e reazioni emotive eventuali, suscitano una tale ilarità da possedere il fruitore.
Ma tutta questa Arte da cosa nasce? Dall’avvicendamento tra incanto e disincanto del personaggio-protagonista; l’artista che, implume ma curiosa, inizia ad aggirarsi  nei meandri dell’ortodossia politica, faziosa, classista, imbattendosi in codificati compromessi, tatticismi grotteschi, stitici sorrisi, in paradossali contraddizioni e premeditate cortesie; ingredienti fondamentali per una Buona Politica, ossia il grande sistema di riferimento in cui i corsi di Strumentalizzazione ed Egofilia, sono le variabili al primo posto, mentre l’ignoranza ne è la costante. Il gap esistenziale nasce proprio dal motivo per cui la protagonista accoglie la proposta di fare il Politico: per una sopravvivenza più garantita in termini di sussistenza, della propria arte. E questa è la chiave, qui si svela l’arcano, si scioglie il nodo dei significati profondi della natura di quest’opera: è una grande metafora sull’Umanità, sul’attenzione che si deve ad ogni essere umano, (diverso e unico tra tutti gli individui), sulla verità e autenticità di ognuno, sugli ideali e sui principi conquistati con l’impegno dell’onestà mentale ed emotiva, sui sogni da perseguire  e sulla capacità di scegliere in virtù di tutto questo. E’ un messaggio contro l’integrazione amorfa, l’adeguamento facile, l’omologazione, l’ignavia, la logica della sistemazione istituzionalmente legittimata. E’ un invito all’immediatezza, alla ricerca di se stessi e dell’altro. E’ un grido di liberazione delle coscienze dai vincoli dell’opportunismo, dalle ipocrisie e facili auto assoluzioni. Verso la fine del monologo troviamo infatti un appello esplicito alla capacità di mantenere sempre in vita, in questa nostra vita, la speranza di poter ancora esperire, ascoltare, toccare, inebriarsi “di”,  in una parola Sentire. 
Mai rinunciare all’ Umanità nostra, di ognuno, di chiunque, di tutte le genti, i popoli, le sensibilità, le menti della civiltà Umana.
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