Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

22 luglio 2010

Immigrazione: espulsa e arrestata in Nigeria rischia morte
Il caso segnalato dal suo legale. Era nel Cie di Bologna
(ANSA)
Faith Aymoro, la nigeriana di 23 anni espulsa ieri mattina dal Cie di Bologna nonostante la richiesta di asilo politico, e' arrivata in Nigeria. Qui e' stata arrestata per l'omicidio di un uomo che aveva tentato di stuprarla, e ora rischia la pena di morte per impiccagione. A riferirlo e' il suo avvocato Alessandro Vitale.
Poche le speranze di salvarla. ''Non appena l'arresto della donna sara' ufficializzato, faremo appello allo Stato italiano perche' intervenga, oppure a un'associazione internazionale come Amnesty international'', ha detto l'avvocato. (ANSA).



cadavere clandestino trovato in spiaggia
Non ancora identificato, Procura ha disposto autopsia

(ANSA) -
BELCASTRO (CATANZARO), 21 LUG - Il cadavere di un immigrato clandestino di eta' compresa tra i 20 e i 25 anni e' stato trovato in spiaggia a Belcastro, nel catanzarese.
L'immigrato, di cui non e' stata accertata ancora l'identita' e che sarebbe di nazionalita' afghana, farebbe parte del gruppo di clandestini che viaggiava a bordo di un'imbarcazione e 14 dei quali erano stati fatti sbarcare la scorsa notte a Sellia Marina, dove erano stati bloccati dalla Guardia di finanza. Il cadavere e' stato portato nell'ospedale di Catanzaro per essere sottoposto all'autopsia disposta dalla Procura. (ANSA).



"Anche noi prigionieri del Cie"

Due ospiti del centro Cie durante le proteste
la Stampa.it
MASSIMO NUMA
TORINO
Da quattro giorni questo quartiere è invivibile. Frastuono e caos per tutta la notte, esplosioni di petardi, “battiture” con i martelli sui lampioni, musica a tutto volume. Poi: scritte e slogan con lo spray sulle facciate, appena ripulite, dei condomini. Infine la sporcizia: gente che orina contro i muri e altri spettacoli indecorosi, anche da parte delle donne. I telefonisti del 112 e del 113 ci chiudono il telefono in faccia, non appena diciamo che siamo di corso Brunelleschi». Toni esasperati e immediata replica - non ufficiale - dei responsabili del 113: «Non è esatto. E’ che, dopo decine di segnalazioni dello stesso tenore, prese le misure necessarie, non si possono intasare i centralini».
Sono le 15,30 di ieri, sul tetto del Cie vagola ancora l’ultimo tunisino in attesa di essere rimpatriato nel suo Paese. Scende e sale. Quando gli va. Alle 18,30, nuova incursione. Questa volta, i clandestini, sono due. C’è sempre il solito Sabri, in contatto telefonico con i «No Cie» e un altro, per ora, sconosciuto. L’accordo tra Italia e Tunisia, operativo dal 12 luglio per il rimpatrio immediato dei clandestini, ha fatto da detonatore alle rivolte in atto in tutti i Cie d’Italia, da Gradisca a Roma, sotto un’unica regia. Siamo nei giardini pubblici. Una ventina di persone, tra cui molti anziani e qualche giovane, si ritrovano lì, in modo spontaneo, a pochi metri dal presidio anarchico. Rappresentano decine di famiglie. Si fanno fotografare. Con una precisa richiesta: «Niente nomi, sennò ci individuano subito. E volti coperti, siamo indifesi e soli, in questa battaglia persa troppe volte in passato. Comune e Circoscrizione non esistono. Scomparsi come fantasmi».
Gli anarchici, che hanno iniziato da mesi, da anni, una campagna contro le espulsioni, dicono che il tunisino ribelle si chiama «Sabri». Echi della rivolta del 7 luglio, con danni gravi (una sezione distrutta) e tentativi falliti di evasione in massa.Gli anarco-insurrezionalisti hanno organizzato un presidio permanente davanti al Cie. Sono pochi, non più di una trentina. Si rischia di innescare una contro-reazione violenta: «O se ne vanno o li cacciamo noi, con i bastoni», dice un inquilino.
Ieri, assemblea dei «No-Cie». Accampati sotto una specie di tendone, auto e camper parcheggiati in seconda fila, persino sulle strisce del semaforo angolo via Monginevro («E dov’è la polizia municipale?», denunciano gli abitanti), i No-Cie si preparano a un’altra notte di protesta. C’è chi dorme sdraiato sull’erba, chi lancia oggetti contro la polizia schierata a difesa degli ingressi, chi si intrufola nei portoni. «Ce li siamo trovati persino in casa - segnala una donna - perchè il figlio di un inquilino è uno di loro e li fa entrare. Con noi ci sono anziani e malati. O persone che devono alzarsi presto per andare a lavorare. Alle 2, alle 3 di notte, la “battitura” si interrompe. Appena una cerca di riaddormentarsi, riprendono. Esplodono petardi, urla scomposte. Come se lo facessero apposta. Ma noi, chi abita qui, non abbiamo colpa per quanto accade all’interno del Cie».
Aprire un dialogo? Tentare di convincerli a manifestare in un modo più civile e rispettoso della tranquillità altrui? Chissa, magari funziona. «E’ vero il contrario. Ci abbiamo provato. Ci rispondono che hanno il diritto di manifestare e che noi possiamo solo stare zitti. Nessuno contesta la facoltà, o il diritto, di criticare la politica del governo sull’immigrazione, ma la forma non va. Dovrebbero cacciarli via con la forza o stabilire un orario in cui possono esprimere le loro idee, in modo pacifico». E i poliziotti? «Stanno lì, sotto il sole, poveri ragazzi. “Non possiamo fare niente, pensateci voi”, rispondono». Alcuni residenti che hanno osato protestare con gli anarchici sono stati pesantemente e personalmente minacciati. «Mio marito stava cercando di entrare con l’auto nel garage. Gli hanno detto che “no, non poteva”. E’ partito di scatto, si sono spostati per non essere investiti. Ma è possibile vivere così?».




Dossier C.I.E., le legislazioni passano ma i governi aguzzini restano

21 luglio 2010
Centro di Identificazione ed Espulsione di Corso Brunelleschi (Torino) – Habib (Sabri, secondo i registri del Centro) da lunedì è salito sul tetto, ed è ancora lì, nel pieno della sua lotta. Se riesce a resistere fino a venerdì sarà un uomo libero, perché venerdì 23 è la data di scadenza dei 6 mesi massimi di reclusione nei C.I.E. È anche per questo che la sua storia deve circolare il più possibile, perché vincere questa battaglia per Habib significa riguadagnare la libertà, per le altre e gli altri reclusi significa un piccolo passo in più verso la distruzione totale di questi lager che le menti “democratiche e civili” hanno ideato per mantenere ordine e disciplina.
L’ immagine che vedete in basso a destra è la scansione della data di scadenza del farmaco somministrato ad Habib per curargli l’ asma. Una svista? Se credessi ancora in Babbo Natale, nella Befana o nella Democrazia degli Stati nazionali potrei rispondere di sì, ma la realtà è ben diversa. Perché la Croce Rossa Italiana è qualcosa di ben diverso da quello che la televisione vuole farci credere. Nei C.I.E. la Croce Rossa cura qualunque cosa con aspirine, tranquillanti e psicofarmaci (spesso usati come “ingrediente nascosto” nei cibi); porta i manganelli alle forze del (dis)ordine quando queste devono ricordare ai ed alle recluse chi è che comanda; si gira dall’altra parte quando uno di quelli che nell’immaginario collettivo sono chiamati “poliziotti” – Vittorio Addesso – tenta di stuprare una reclusa (Joy, finalmente libera da qualche settimana). Ma di tutto questo, potete starne certi, non ne verrete mai a conoscenza. Perché tutto quello che gira intorno ai Centri di Identificazione ed Espulsione non è materia di competenza dei pennivendoli italiani, e per trovarne notizie bisogna cercare nei circuiti alternativi (Radio OndaRossa con il programma “Silenzio Assordante” del venerdì alle 17, Radio BlackOut, Macerie e IndyMedia su tutti…), quelli cioè che fanno informazione.



Cnel, nel 2018 senza immigrati carenza di occupati

adnkronos.com
Roma, 20 lug. (Labitalia) - Nel 2018, in Italia, i lavoratori immigrati saranno necessari per far fronte al calo demografico nel nostro Paese. A dirlo è il 'Rapporto sul mercato del lavoro 2009' del Cnel, coordinato da Carlo Dell'Aringa, economista all'Università Cattolica di Milano e presidente Ref (Ricerche per l'economia e la finanza), e presentato oggi a Roma. Secondo il rapporto, infatti, "sulla base delle proiezioni Istat sulla popolazione per età, gli occupati italiani fino a 64 anni risulteranno pari a 19,9 milioni nel 2018, in riduzione di quasi 1,4 milioni di persone rispetto a quanto osservato nel 2008. In assenza di lavoratori immigrati, dunque, ci troveremmo un'ampia carenza di occupati. Tale lacuna verrebbe però in parte colmata dall'apporto dei lavoratori stranieri".
Sempre secondo il Cnel, "risultano 1,3 milioni di occupati stranieri in più nel 2018 rispetto a quanto registrato nel 2008, e l'incremento sarebbe il risultato solo della dinamica demografica vivace di questa componente della popolazione". "Sebbene la crisi economica abbia evidenziato ampi eccessi di capacità produttiva per alcuni settori, per i quali probabilmente si assisterà - spiega - a un sottodimensionamento rispetto a quanto osservato nel recente passato, è però plausibile pensare che, dopo un decennio, l'occupazione complessiva possa esser tornata almeno sui livelli pre-crisi".
Il Rapporto Cnel dice che "prendendo le proiezioni dello scenario centrale Istat, si osserva come la popolazione straniera tra il 2009 e il 2018 crescerà di quasi il 53% (a un ritmo medio annuo del 4,8%), a fronte di una leggera contrazione della popolazione italiana, che nello stesso periodo si ridurrà complessivamente dell'1,1%. La crescita della popolazione immigrata permetterebbe comunque di più che compensare il calo di quella italiana; i residenti in Italia nel 2018, secondo le previsioni Istat, saranno 61,5 milioni, con un incremento complessivo del 2,4% rispetto al 2009 (circa 1,4 milioni di persone in più)".
Ma è sulla popolazione in età lavorativa (convenzionalmente, le persone tra i 15 e i 64 anni) che, secondo il Cnel, gli effetti dell'invecchiamento della popolazione italiana e quelli dell'immigrazione appaiono più rilevanti. Tra il 2009 e il 2018, la componente italiana è prevista ridursi complessivamente del 4,8%, pari a oltre 1,7 milioni di persone in meno. Al contrario, la popolazione straniera in età lavorativa crescerà, secondo l'Istat, del 47% nello stesso periodo, pari a oltre 1,4 milioni di persone in più. E' quindi evidente, secondo il Cnel, che "l'arrivo e la stabilizzazione di immigrati in Italia permetterebbe di compensare la maggior parte della riduzione prevista nella popolazione potenzialmente attiva".



Sono gli immigrati i più colpiti dalla crisi. Presentato il rapporto della Commissione di indagine sull’esclusione sociale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

A Napoli si registra uno “spostamento sommerso” di immigrati che perdendo lavoro nelle regioni del nord diventano irregolari.
22luglio2010 ImmigrazioneOggi
La crisi economica ha avuto, negli ultimi due anni, un carattere “selettivo”, ossia ha colpito “quelli che erano già i poveri, i giovani e gli immigrati”, soprattutto nel Meridione: è quanto emerge, in sintesi, dalle 200 pagine del Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale presentato ieri a Roma dalla Commissione di indagine sull’esclusione sociale (Cies).
Il Rapporto, che aggrega dati da diverse fonti ufficiali aggiornati ai primi mesi del 2010, dimostra che nel 2009 il Pil italiano è diminuito del 5% e che nel biennio 2008-2010 sono stati persi 600.000 posti di lavoro (420.000 nel solo 2009, considerato “l’anno nero della crisi”). È calato anche il numero delle ore lavorate (-5%) ed aumentato il ricorso alla cassa integrazione (il 12% delle ore lavorate). Il tasso di occupazione generale, al 57,5% è ulteriormente calato dell’1,2% confermandosi come “il peggiore in Europa”. Il maggior calo occupazionale si è registrato nel Meridione, e i più colpiti sono stati i giovani (-6,3% di occupati), soprattutto i “figli” che vivono a casa con i genitori e gli stranieri (-2,5%).
In particolare, da un approfondimento su tre aree urbane – Roma, Napoli e Torino – emerge come la situazione degli stranieri sia stata la più difficile.
Nella Capitale la Commissione parla di un progressivo incremento degli immigrati sul totale dei senza lavoro: si va infatti dal 9,3% del 2007 al 13,5% del 2008 fino al 16,6% del 2009, con una forte prevalenza per la componente maschile (+85,9%), composta in maggioranza da lavoratori che hanno perso la precedente occupazione.
A Napoli – dove la popolazione straniera è più che raddoppiata nell’ultimo decennio e risulta molto alta la presenza irregolare – ai tradizionali flussi migratori si è aggiunto recentemente il flusso di migranti provenienti da altre regioni italiane (prevalentemente del Nord) costretti dalla crisi delle aree originarie di destinazione (e dunque dal fallimento del proprio “progetto migratorio”) a ripiegare verso il Sud, dove il minor costo di beni primari, dell’abitazione e degli affitti, unito a una maggiore “informalità” delle relazioni sociali e a un minore controllo del territorio, sembrano offrire condizioni di esistenza comunque difficilmente accettabili ma quantomeno possibili. Si tratta – secondo il Rapporto – di un “sommerso spostamento” dai territori con tessuto sociale più forte, ma anche più “costoso”, ad aree territoriali economicamente e socialmente più fragili, ma caratterizzate da costi e da livelli di controllo più limitati.
Una situazione confermata dai dati provenienti da Torino ove si registra una diminuzione del 20% nell’ultimo anno di assunzioni di lavoratori stranieri.
La flessione della domanda di lavoro straniera è rilevabile con più forza laddove, come nella provincia di Torino, le attività industriali assumono maggiore rilevanza. In particolare, sono i bacini della cintura torinese a maggiore vocazione industriale quelli in cui la popolazione immigrata sperimenta le maggiori difficoltà. Il fenomeno è particolarmente evidente anche nel settore dell’edilizia, dove circa la metà dei lavoratori sono stranieri.



Immigrati: “Notizie che non si leggono sui giornali”

21 luglio 2010 Redattore Sociale
Giunge una denuncia da Oliviero Forti, responsabile del settore Immigrazione della Caritas italiana riguardo all’impiego di irregolari nella ricostruzione a L’Aquila: “Ci sono arrivate segnalazioni di stranieri che dormono per strada”.
Anche i media sono sotto accusa: “In Italia si fa poco giornalismo d’inchiesta e queste notizie non si leggono sui giornali. Come non si parla più degli sbarchi, mentre la questura di Otranto ci ha chiesto una mano perché sono ricominciati”.


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