Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

10 giugno 2013

La Corte costituzionale dichiara illegittima la legge del Trentino Alto Adige che prevede 5 anni di residenza ai cittadini non comunitari per l’erogazione dell’assegno al nucleo familiare.
Nella motivazione i giudici spiegano che non c’è “alcuna ragionevole correlazione tra la durata della residenza e le situazioni di bisogno o di disagio, riferibili direttamente alla persona in quanto tale”.
Immigrazioneoggi, 10-06-2013
La Corte costituzionale ha bocciato come illegittima una disposizione contenuta in una legge del Trentino Alto Adige che, predisponendo misure nel campo della famiglia e della previdenza sociale, introduce una distinzione tra cittadini italiani ed extracomunitari ai fini dell’erogazione dell’assegno al nucleo familiare per figli ed equiparati, richiedendo ai primi la semplice residenza nella regione, ai secondi la residenza in regione da almeno cinque anni.
Le norme finite nel mirino della Consulta sono contenute nella legge regionale n. 8 del 2011 che ha modificato precedenti misure varate nello stesso ambito nel 2005. Come già aveva specificato anche in precedenti decisioni che investivano questioni analoghe, nella sentenza 133 depositata venerdì scorso la Consulta ribadisce che “al legislatore, sia statale che regionale, è consentito introdurre una disciplina differenziata per l’accesso alle prestazioni eccedenti i limiti dell’essenziale” allo scopo di “conciliare la massima fruibilità dei benefici previsti con la limitatezza delle risorse finanziarie disponibili”. Ma non si può operare una discriminazione, chiedendo il possesso di determinati requisiti solo a una categoria di cittadini, perché questo viola l’art. 3 della Costituzione sul principio di uguaglianza. La richiesta di 5 anni di residenza valida per i soli extracomunitari “introduce nel tessuto normativo elementi di distinzione arbitrari” sottolinea la Corte, perché non c’è “alcuna ragionevole correlazione tra la durata della residenza e le situazioni di bisogno o di disagio, riferibili direttamente alla persona in quanto tale”. Non è, infatti, possibile presumere, in termini assoluti, che gli stranieri immigrati nel territorio regionale o provinciale “da meno di cinque anni, ma pur sempre ivi stabilmente residenti o dimoranti, versino in stato di bisogno minore rispetto a chi vi risiede o dimora da più anni”.



Portopalo, nuovo sbarco dalla Libia in 239 su una carretta di 15 metri
In mare da quattro giorni, scortati a Portopalo in provincia di Siracusa. Fra loro 35 donne, quattro in stato di gravidanza, e quattro bambini. Alcuni erano stremati. Poche ore dopo un'altro soccorso al largo di Lampedusa
la Repubblica, 08-06-2013
ALESSANDRO PUGLIA
Duecentotrentanove immigrati di nazionalità eritrea sono stati salvati dalla Guardia Costiera che ha intercettato il barcone di 15 metri sul quale viaggiavano da quattro giorni, scortandolo intorno alle 15,30 al porto di Portopalo di Capo Passero. Fra loro 35 donne e, quattro, in stato di gravidanza sono state soccorse e portate all'ospedale Umberto I di Siracusa, assieme ad altri minori e adulti
I migranti sarebbero partiti dalla Libia martedì 4 giugno su un barcone di 15 metri e avrebbero pagato anche una cospicua forma di denaro. L'attività di salvataggio è stata coordinata dalla direzione marittima della Sicilia orientale, come spiega il capitano di fregata Roberto D'Arrigo: "Si è trattata di un'operazione abbastanza complessa sia per il numero di persone presenti a bordo sia per il fatto che a causa dei lunghi giorni di navigazione sono arrivati in porto stremati".
Poche ore dopo, una seconda operazione di soccorso, al largo di Lampedusa. Con la collaborazione della guardia costiera tunisina, le motovedette italiane hanno intercettato a 33 miglia a sud dell'isola un'imbarcazione con a bordo 36 migranti, fra cui una donna.



Cristian, il giovane disabile con la sindrome di Down, è cittadino italiano.
Gloria Ramos, la mamma, annuncia che grazie al presidente Napolitano “il decreto è stato predisposto”.
Immigrazioneoggi, 10-06-2013
“Oggi voglio baciare il mondo, amo tutti. È come vivere in un sogno”. È con queste parole al portale SuperAbile che Gloria Ramos ha commentato la notizia della predisposizione del decreto di concessione della cittadinanza italiana al figlio, Cristian, persona con sindrome di Down. La donna, di origine colombiana, iscritta all’Associazione italiana persone Down e affiancata dagli operatori dello sportello di Telefono D, ha iniziato a combattere legalmente per vedere riconosciuto il diritto di cittadinanza al figlio. Il ragazzo si era visto negare la cittadinanza perché giudicato incapace di prestare il necessario giuramento per completare l’iter burocratico per diventare italiano a tutti gli effetti.
L’appello a livello politico era stato raccolto dal parlamentare del Partito democratico Khalid Chaouki, che aveva presentato un’interrogazione in Commissione affari costituzionali alla Camera dei deputati. Il decreto attende la firma del Presidente Napolitano e la notifica alla famiglia di Cristian per diventare operativo a tutti gli effetti. “Avevo una grande speranza –continua Gloria Ramos – sapevo che anche se il cuore delle persone sembra duro poi c’è una grande sensibilità su questi temi. Ringrazio tutti, tutti dal primo all’ultimo, per averci aiutato a combattere questa battaglia di civiltà”.



Immigrazione, Prodi: «Serve lo ius soli»
Per l'ex premier: «I nuovi cittadini saranno i prossimi operai».
Lettera 43, 10-06-2013
«Lo ius soli lo adottano in tutto il mondo: servono serie modalità di applicazione, ma se vogliamo avere un Paese che funzioni domani ne abbiamo bisogno». Così l'ex premier Romano Prodi che a Bologna ha partecipato alla festa multietnica della Cirenaica insieme al ministro per l'Integrazione Cecile Kyenge: «L'idea che ci possa essere della gente che nasce e vive in Italia e che non sia cittadina mi sembra un po' strana», ha aggiunto Prodi, lanciando anche l'ipotesi di una festa della cittadinanza, una sorta di cerimonia «dove solennemente si diventi cittadini italiani attraverso un riconoscimento pubblico».
IMMIGRATI, I NUOVI OPERAI. Parlando dei nuovi italiani, Prodi ha detto: «Abbiamo bisogno di loro come cittadini, perché saranno i prossimi tecnici e i prossimi operai». Insomma, ha proseguito l'ex premier, «vogliamo tenerli come non cittadini? Nei grandi Paesi non fanno così». Anzi per Prodi, che ha poi ribadito il concetto in un breve intervento dal palco, «in tutti i Paesi che vanno forte sono gli stranieri che spingono sull'innovazione: il mondo ha sempre avuto bisogno di uomini nuovi».

    
    
Libia, i soldi europei per costruire lager?
L'appello accorato di don Moses Zerai direttore di Habeshia Agency Cooperation for Development, un'agenzia di informazione eritrea, al mondo politico dell'Unione Europea, affinché si ponga fine al martirio dei profughi africani, in fuga dai paesi subsahariani e dalle regioni occidentali del continente, assiepati nei gulag libici, costruiti con i fondi della commissione europea
la Repubblica, 10-06-2013
ROMA - Il 20 Giugno prossimo verrà celebrata  la "Giornata mondiale dei rifugiati". "Ma cosa c'è da celebrare?" - si domanda in una nota diffusa da Habeshia Agency Cooperation for Development, diretta da don Moses Zerai -  nei ultimi anni, complice anche la crisi morale e sociale del continente europeo, dove si nota una forte regressione dei diritti umani, dove avanzano sempre più le politiche meno propense all'accoglienza, abbiamo ascoltato discorsi apertamente xenofobi. La verità - prosegue il documento - è che c'è in giro una forte insicurezza, volutamente disseminata nei ultimi anni, amplificando a dismisura notizie di cronaca che vede coinvolti gli 'extracomunitari', addirittura inventando un reato inesistente, come quello della 'clandestinità', facendo cosi allarmare maggiormente l'opinione pubblica, per un tornaconto elettorale".
Nella galera con la targa della Commissione Europea. Si tratta, in verità di una tendenza in atto un po' in tutta l'europa, "compresa la 'civilissima' Svizzera - sottolinea Zerai - si appresta a celebrare un referendum per tentare di modificare la legge sul diritto di asilo, praticamente per tentare di chiudere le porte in faccia, a migliaia di richiedenti asilo. Cosi l'Europa preferisce finanziare paesi come la Libia, affinhcè trattenga nei suoi lager centinaia di profughi in fuga dai loro paesi come la Somalia, l'Eritrea, il Sudan. Ecco - dice il direttore di Habeshia - ho ricevuto due segnalazioni dalla libia da gruppi di profughi eritrei che sono trattenuti nei lager, dove è affissa la targa della Commissione Europea e quello del IOM" (l'Organizzazione mondiale delle migrazioni).
Bersagli da tiro a segno per militari ubriachi. "I profughi - dice ancora Zerai - mi chiedevano il perché si trovassero in una struttura costruita con fondi europei, dove 54 eritrei di fede cristiana sono costretti a vivere ammassati, e dove ogni giorno vivono l'incubo a causa dei militari ubriachi o drogati che sparano all'impazzata, o si divertono a tirare i sassi per colpire nel mucchio". Tutto questo accade ogni sera, secondo molte testimonianze, nel centro di Burshada, targato IOM e Commissione Europea, strutture nate con fondi europei usati per costruire galere dove i profughi subiscono torture e umiliazioni inimmaginabili. "E' questo l'uso che si voleva fare di quelle strutture? - si chiede il direttore di Habeshia - in cosa consiste la 'via libera alla cooperazione tra UE e Libia per combattere l'immigrazione clandestina?"
Tra i detenuti anche 15 bambini. In un altro centro, a Suman (Libia), sono trattenute donne africane, di cui 95 eritrei, 10 etiope, altre 10 di diversa provenienza dalle regioni occidentali del continente. Ci sono 10 donne in avanzato stato di gravidanza, alcune stanno quasi per partorire, all'ottavo e nono mese, che non hanno mai visto un medico, nessuna assistenza o controlli preventivi per evitare rischi legati al parto, in luoghi non idonei per le pessime condizioni igenico sanitarie delle strutture e per il sovraffollamento. Con loro ci sono anche 15 bambini, di età variabile, dai 7 mesi ai 5 anni, tutti costretti a vivere in detenzione senza nessuna colpa. Devono subire sofferenze inspiegabili, e tutto - a quanto pare - in nome della protezione della "fortezza Europa". "Le donne - afferma ancora Zerai - mi hanno riferito che tra loro ci sono anche delle malate bisognose di cure, che soffrono al cuore, che hanno gravi problemi all'utero, altre ancora asmatiche. Tutte faticano a sopravvivere in quelle condizioni di violenza e sporcizia".
"Che uso si sta facendo dei fondi in Libia?". "Quello che ci chiediamo - scrive ancora nel suo documento Moses Zerai - è chi deve proteggere i profughi e rifugiati, se le persone bisognose di protezione internazionale sono stipate in questo modo nei lager, sulla facciata dei quali ci sono le targhe dell'UE o dell'IOM, istituzioni che dovrebbero rappresentare per molti profughi e rifugiati la 'salvezza', la protezione, l'accoglienza, invece di vivere in un incubo che sembra non finire mai. Faccio appello all'Unione Europea - conclude la nota - di cooperare con la Libia per combattere le violazioni dei diritti umani, contro le discriminazioni di cui sono vittime le comunità Cristiane e quelli di origine Sub-Sahariana. L'Unione Europea dovrebbe combattere i motivi che spingono i popoli dell'Africa Orientale a lasciare la loro terra, per cercare un posto più sicuro dove vivere. Serve una seria lotta contro la fame, contro le guerre e le dittature. l'UE non deve diventare complice degli abusi, dei lager dove le persone vengono massacrate di botte fino alla morte. L'UE rischia di spingere questa gente nelle mani dei trafficanti, spesso in divisa militare e per questo chiedo ai politici europei di chiarire che uso si sta facendo dei fondi europei in Libia".

 

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