Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

24 luglio 2013

La barriera del Forte che vieta l'ombra ai venditori immigrati
Ma il sindaco: «Garantisce il decoro»
Corriere della sera, 24-07-2013
Marco Gasperetti
FORTE DEI MARMI (Lucca) — Che una ventina di metri di rete metallica, «da pollaio», scherzano in Versilia, sarebbe diventata il muro della discordia (e una pugnalata politica), Umberto Buratti, sindaco democratico e votatissimo di Forte dei Marmi, non lo avrebbe mai immaginato. E dopo l'ennesima protesta per i bivacchi, soprattutto nei mezzogiorni di fuoco di fine luglio, ha dato ordine di usarla quella recinzione e chiudere un tratto delle fondamenta del Pontile, monumento della cittadina più mondana della Versilia, amato da Giacomo Puccini, Thomas Mann, Aldous Huxley, la famiglia Agnelli, Henry Moore, Luchino Visconti e tanti altri personaggi.
Un metodo, un po' spartano ma efficace, per evitare intrusioni sotto i piloni in quella «zona d'ombra» dove ogni giorno si rifugiavano schiere di venditori ambulanti, spesso abusivi, per riposarsi dopo chilometri e chilometri sotto il sole resi insopportabili dal cilicio dei borsoni carichi di mercanzia. Poche ore di lavoro di una squadra di operai comunali, ed ecco risolto il problema: niente ombra per i «vu' cumprà», più decoro sulla passeggiata a mare, nessun bivacco. E invece, come uno tsunami, ecco l'ondata delle polemiche, insidiosa e trasversale e in un attimo il «pontile pollaio» si trasforma in un caso nazionale. Con Diop Mbaye, presidente della Federazione africana della Toscana, coordinatore della comunità senegalese e membro della direzione livornese del Pd, indignatissimo con il sindaco Buratti, suo compagno di partito. «Il suo gesto è disumano, un'offesa alla dignità delle persone — accusa —. Ed è pura demagogia. L'ombra i venditori ambulanti la cercheranno altrove e nulla cambierà. Protesteremo per questo gesto».
E a poco serve il chiarimento del sindaco che giura di non aver firmato quell'ordinanza per togliere l'ombra ai venditori ma «solo per evitare atti di illegalità come bivacchi», prevenire «situazioni di pericolo in caso di mare mosso», e dare decoro alla spiaggia «visto che purtroppo a livello nazionale nulla è stato fatto per arginare il fenomeno dell'abusivismo commerciale». No, il pontile-proibito piace a pochi, anche tra coloro che Buratti sostengono da sempre apertamente. «Capisco che il sindaco abbia cercato di risolvere un problema che indubbiamente affligge le nostre spiagge — commenta Roberto Santini, patron del blasonato Bagno Piero — ma una rete non serve. La situazione va risolta con la legalità e interventi nazionali».
Stesso il pensiero di Adriano Panatta, l'ex campione di tennis che al Forte trascorre le estati. «È un atto che mi dispiace profondamente — commenta — perché di fatto priva persone di un rifugio all'ombra, quel piccolo sollievo di una giornata faticosissima. Anche se il problema esiste, gli accampamenti sotto il pontile ci sono, e qualcosa doveva essere fatto, ma in modo diverso».
Tutti contrari? No, Buratti può contare anche su importanti estimatori. Come Franco Giannotti, presidente della potente associazione dei proprietari dei bagni: «La rete è un elemento di sicurezza e Buratti ha fatto bene, il resto è solo demagogia». E Paolo Corchia, presidente degli albergatori: «È un'assurdità accusare il sindaco di razzismo. Quella recinzione serve a evitare bivacchi. Le regole vanno rispettate, sempre».
Resisterà la rete del Pontile alla corrosiva bufera delle polemiche? Buratti ci scommette: «Nessuno di noi vuole lasciare al sole cocente gli extracomunitari — spiega il sindaco — ma solo eliminare pericoli, situazione indecorose, far rispettare le regole e assicurare la sicurezza ai cittadini. Che vale per tutti, extracomunitari, residenti e turisti».



La sinistra ama gli stranieri ma non a casa sua
Libero, 24-07-2013
FRANCESCO BORCONOVO
Umberto Buratti, sindaco Pd di Forte dei Marmi, ha fatto installare sotto il pontile della rinomata località balneare una rete metallica, onde evita re che sotto la struttura si formino «bivacchi» di vu cumpra ed extracomunitari. La spiegazione che ha for-  
nito e cristallina: «Forte dei Marmi e come un hotel a cinque stelle e dunque dobbiamo garantire servizi a cinque stelle». La morale che si ricava dalla vicenda e altrettanto chiara: ai democratici gli immigrati vanno bene, basta che stiano ben lontani da casa loro. Soprattutto se si tratta di una dimora di gran lusso, un «albergo a cinque stelle» la cui immagine non dev'essere (...)
 (...) rovinata per niente al mondo. Dunque vai con la rete, che ha l'obiettivo di «garantire il decoro». Saremmo curiosi di sapere cosa pensa di quest'idea la ministra per l'Integrazione Cécile Kyenge, che è del Partito democratico, lo stesso del sindaco dei Forte. La signora è una grande sostenitrice dello ius soli, approfitta di ogni occasione per spiegare che l'Italia è un Paese «meticcio», ed è pure favorevole alla cancellazione del reato di immigrazione clandestina. Stesse idee ha Laura Boldrini, presidentessa della Camera in quota Sel. Peccato che i loro compagni impegnati ad amministrare il territorio, alla prova pratica, non facciano corrispondere il pensiero all'azione. Un po' come nel caso di Flavio Zanonato, attuale ministro dello Svilluppo economico (sempre del Pd). Ora governa conle due dame di cui sopra, ma quand'era sindaco di Padova alzò un bel muro per difendere i suoi Cittadini da piccoli criminali e spacciatori di origine straniera.
Il fatto è che le sparate buoniste e terzomondiste, specie se elargite nel corso di conferenze stampa o in qualche trasmissione tv, non costano nulla. Più fastidioso è farsi rovinare la mattinata in spiaggia da qualche ambulante che insiste a venderti occhiali o magliette taroccate. Costoro, fral'altro, rappresentano il male minore. La rete di Forte dei Marmi, al massimo, impedisce a qualche povero cristo - che passa la giornata sulla sabbia carico come un somaro - di sedersi qualche minuto all'ombra. Le idee della Kyenge e della Boldrini, invece, nel momento in cui vengono messe in pratica o trasformate in legge, favoriscono una delinquenza ben peggiore e odiosa. Che importa: se un immigrato, magari clandestino, accoltella qualcuno a Lodi, è ordinaria amministrazione. Se, al contrario, turba il turista con ombrellone vista mare nel paesino molto chic, bisogna levarselo dagli occhi e dalle palle. Ma forse, nel caso dei Forte, si tratta di un riflesso condizionato d'antica origine. Come ha raccontato il bravissimo Fabio Genovesi nel libro Morte dei Marmi, apopolare la costosa Versilia sono perlo più i russi. Non saranno sovietici come si auspicava un tempo, ma si fa quel che si può.



Indonesia,affonda barcone immigrati Morto un bambino, 100 persone salvate
TGcom24, 24-07-2013
09:34 - Sono oltre 100 gli immigrati soccorsi in mare dopo che l'imbarcazione sulla quale stavano viaggiando si è rovesciata al largo dell'isola di Giava, in Indonesia, in un naufragio nel quale è morto almeno un bambino ma in cui il numero di vittime è ancora sconosciuto. "Non sappiamo esattamente quante persone c'erano a bordo e ci stiamo concentrando nella ricerca di eventuali altri naufraghi", ha spiegato un responsabile del salvataggio indonesiano.



Save the Children presenta la proposta per un disegno di legge organico per la protezione e la tutela dei minori stranieri non accompagnati.
Si tratta di una proposta per superare le principali criticità del contesto normativo e operativo attuale e che verrà illustrata domani alla Camera dei deputati.
Immigrazioneoggi, 24-07-2013
Il flusso di arrivo di minori stranieri soli, senza adulti di riferimento, in Italia è costante, e la loro accoglienza viene affrontata ormai da troppi anni solo in termini di emergenza, senza poter contare su un sistema nazionale organizzato, con un continuo rimpallo di competenze e responsabilità tra istituzioni locali e nazionali e tra gli stessi Ministeri. Da qui la proposta di Save the Children per un disegno di legge organico per la protezione e la tutela dei minori stranieri non accompagnati, che sarà presentata giovedì, alle 13, presso la Sala stampa della Camera dei deputati.
Un’iniziativa – si legge in una nota – che per la prima volta vuole modificare nel suo complesso questa materia, e nasce da un’esperienza specifica pluriennale sul tema in oggetto maturata nel nostro Paese da Save the Children. I minori stranieri non accompagnati rappresentano un gruppo particolarmente a rischio, hanno alle spalle viaggi che talvolta sono durati anni, arrivano in Italia spesso dopo aver vissuto violenze di ogni tipo, talvolta caricati da debiti di viaggio da restituire.
Nonostante l’impegno di tanti, sia all’interno delle istituzioni che nelle reti associative e di volontariato, ancora oggi nel nostro Paese i loro diritti essenziali non sono rispettati – denuncia Save the Children – come il diritto al riconoscimento della minore età o quello ad un’accoglienza decorosa, il diritto alla nomina di un tutore o la possibilità di essere ascoltati nelle scelte che li riguardano. La proposta di Save the Children, condivisa con alcuni esperti in materia, e che punta a superare le principali criticità del contesto normativo e operativo attuale, ha già raccolto una forte adesione trasversale tra esponenti dei principali gruppi politici presenti alla Camera, e il sostegno diretto di alcuni parlamentari, che saranno presenti e interverranno in occasione della presentazione ufficiale.



Baglioni: «A Lampedusa si costruisce la pace»
Avvenire, 24-07-2013
Giovanni Ruggiero
Bisogna essere poeti di grande sensibilità per racchiudere un dramma così grande in un verso così breve. Claudio Baglioni lo fa in Isole del Sud, scritta pensando alle Pelagie, Lampedusa in particolare, che per primo ha idealmente candidato a Premio Nobel per la Pace. «Un tempo, un mare, un uomo sa che non si può fermare, se uno arriva un altro va per non tornare, in ogni tempo, in ogni mare, in ogni uomo che è fatto di avvenire, perché partire è vivere e un po’ morire»: c’è la nostalgia dolente di chi deve andare. È il dramma doloroso che esprime Lampedusa. Qui Claudio Baglioni ha fatto nascere il progetto O’ Scià che è acronimo di odori, suoni, colori d’incontro e d’arte, ma è anche l’affido beneaugurante che le mamme danno ai figli che nascono e poi devono andare. Adesso indica Lampedusa come sede di un organismo internazionale o europeo preposto alla migranza per dare valore e concretezza – dice – al percorso che ha fatto O’ Scià. Il richiamo all’accoglienza Baglioni per anni l’ha lanciato dalla spiaggia di Guitgia, come può farlo un cantautore, lasciando al mare e alla speranza il compito di cullarlo.
Baglioni, perché Lampedusa merita questo riconoscimento?
Nel 2009 lanciai questa idea con un sottinteso di provocazione, perché il cosiddetto fenomeno – ed è imbarazzante chiamarlo ancora così dopo 25 anni – aveva comportato in alcuni momenti congiunture difficili e negative per la vita delle isole Pelagie, sia per coloro che vi arrivavano sia per coloro che c’erano già. Questo claim colpiva perché sensazionale.
Se dovesse scrivere lei la motivazione del Premio quale sarebbe?
Scriverei: «Per l’esempio quotidiano, per la normalità dell’accoglienza». In tutto questo non c’è nessun eroismo, ma una quasi naturale accettazione del vivere insieme di fronte a un accadimento non governabile. Oggi si dice che dobbiamo accogliere, ma il "dobbiamo" è una parola in più. L’accoglienza dovrebbe essere una cosa naturale, come il bere o il respirare. A Lampedusa il Nobel dovrebbe andare per la capacità di integrare pur in una situazione complessa e difficile.
Il messaggio del Nobel sarebbe proprio quello di dire che l’accoglienza è un valore fondamentale...
Direbbe anche che l’accoglienza è il primo segnale della convivenza pacifica e di senso di pace. Direbbe che chiunque arriva non è un nemico o un usurpatore, ma è un altro come te. L’integrazione non si fa con uno schiocco delle dita, specialmente in un mondo in crisi non soltanto dal punto di vista economico, ma anche al punto di vista culturale, intellettuale, in termini di valori di progettazione del futuro. Quando arriva l’altro è sempre un incomodo, un ingombro. Allora, invece dell’abbraccio e dell’incontro reale, la questione è trattata sia a livello politico che di opinione pubblica come se si dovesse disinfestare, come se gli altri fossero degli insetti per i quali basterebbe lo spray di una legge più o meno equilibrata. Tutte le leggi fatte non sono perfette e non sono state spiegate bene.
Pensa che l’Italia stia facendo abbastanza per questo dramma dell’immigrazione?
Non è un problema facile: è un tema molto antipatico che trova quasi sempre l’opinione pubblica ostile. Sono però contento di vedere come sulle pagine di Avvenire la proposta stia avendo tanti consensi da diverse parti politiche. Tutti dicono accogliamo, poi al sodo le cose cambiano. Siccome è una rogna, a dirla tutta, ognuno cerca di grattarla via con il minor danno possibile. Noi ci comportiamo bene, perché l’Italia non è un Paese razzista, però è un Paese classista e pigro che dice: «Già ne abbiamo tanti di problemi, non ne vogliamo di più». Con scarsa memoria perché siamo stati emigranti e l’emigrazione è ripresa.
Lei ha affermato che il Papa ha acceso una luce su Lampedusa e ha aggiunto che per ognuno adesso sarà meno facile dire «non lo sapevo». Ma il singolo, ciascuno di noi, cosa può fare per questi disperati?
Non fermarsi alla superficie delle cose. Quando Papa Francesco dice di globalizzazione dell’indifferenza è folgorante. Significa che noi spesso liquidiamo le questioni, se non ci toccano direttamente, con molta superficialità, con poco approfondimento. La questione dell’immigrazione non ha ideologia partitica. Bisognerebbe sfilarla dalla bega elettorale, dal fatto che possa essere usata in un modo o nell’altro per ottenere un consenso. Va attualizzato, al contrario, il monito di Gesù: «Ama il prossimo tuo come te stesso», dove il prossimo non è soltanto chi ci sta vicino, ma anche il prossimo che arriverà. Questo amore andrebbe manifestato senza vergogna o reticenza. Così abbattiamo il muro del cinismo e dell’indifferenza che, come dice Papa Bergoglio, è la malattia del secolo che sta uccidendo tanti valori e anche la speranza di felicità che ciascuno di noi coltiva e alla quale ha diritto.
Ha avuto modo di incontrare il Papa?
L’ho ringraziato per i brividi e il senso di vertigine che ci ha dato quando ha salutato proprio con l’espressione «O’ Scià». Avevo un cappellino con scritto questo saluto. Ho pensato: sarà offensivo darglielo? Poi gliel’ho dato e mi ha ringraziato. Ma è stato il Papa a fare un grande regalo a Lampedusa. Ci sono poche persone capaci nel nostro tempo di dare slanci, in un mondo così ripiegato su stesso.
Questo dramma pare interroghi poco gli intellettuali e gli artisti che non lo elaborano nelle loro creazioni. È un’impressione sbagliata?
È un tema che non porta simpatia. L’intellettuale, l’artista, a volte sta attento. Non si butta in mezzo al fuoco con il rischio di bruciarsi. In due film, Nuovo Mondo e Terra Ferma, se ne è occupato Emanuele Crialese. Ma anche Gianni Amelio con Lamerica. Ma non c’è molto di più. Anche io ho avuto pudore a trattare questi argomenti, perché o si scade nell’ovvietà, che non serve a nessuno, o nella retorica.
Non è retorico dire che ogni uomo è fatto di avvenire...
Mi riferisco a Linosa e a Lampedusa. Con questo verso dico che il viaggio è sempre una ricerca del paradiso. Ma c’è anche il viaggio dei giovani che vanno via da qui perché Lampedusa è il loro inferno. E vanno al Nord. Aggiungo: «Da solo a bordo, ma non c’è un luogo dove non c’è un rogo dentro ad un ricordo». È l’eterno dolore di chi deve lasciare qualcosa. Chi condanna pensi a questo.
Ma una canzone può essere uno strumento per sensibilizzare su temi sociali così importanti?
È un veicolo snello, tascabile, che ha una capacità formidabile, magari con effetti non immediati. Di certo un’emozione che passa così è più forte di tanti saggi, discorsi e proclami. In Strada facendo dico che una canzone è una canzone e neanche questa potrà mai cambiare la vita. In effetti nessuna cosa cambia da sola il mondo.
Joan Baez ha detto: «La musica non cambierà il mondo, ma mi dispiacerebbe se il mondo cambiasse senza la musica».
La canzone è un’arte più piccola rispetto ad altre forme. Ma ha grande forza evocativa, È come un profumo. È un’emozione veloce. Noi abbiamo cantato e letto tante parole su quella spiaggia di Lampedusa. Penso che le canzoni, da lì, un piccolo segno l’abbiano lasciato.

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