Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

21 ottobre 2014

Diritti civili Dalla famiglia agli stranieri Cosa potrebbe cambiare
Corriere della sera, 21-10-14
«Abbiamo messo in campo oltre alla legge sul lavoro anche una norma sulle unioni civili e sullo ius soli. Un altro impegno che aveva preso Pier Luigi Bersani». È orgoglioso, Matteo Renzi, della svolta sui diritti civili annunciata domenica in diretta tv. E ieri ha ribadito alla direzione del Pd che non tralascerà di portare all`attenzione del Parlamento temi che in passato hanno tenute impegnate le Camere senza approdare a un risultato finale. Il premier si sbilancia: «Sullo "ius soli temperato" è possibile una mediazione alta», ripete di fronte al quartier generale del suo partito. Convinto di scaldare il cuore promettendo di superare quella discriminazione che da Barbara D`Urso ha identificato con un esempio comprensibile a tutti gli italiani: Mario Balotelli. Nei giorni roventi dello scontro fra il sindaco di Roma Ignazio Marino e il Viminale, annuncia anche l`arrivo di norme che renderebbero vano e superato quel braccio di ferro sulla registrazione delle coppie gay. Anticipa anche una legge sul terzo settore. Ma non accenna a questioni più spinose dal punto di vista etico come la legge sul «fine vita» o sull`eutanasia.



Cittadino chi nasce qui a studi finiti
Corriere della sera, 21-10-14
V.Pic.
ROMA Nella girandola di nuove iniziative parlamentari, Matteo Renzi annuncia anche l`adozione dello ius soli: il diritto di cittadinanza per i ragazzi stranieri nati, ma anche giunti, sul suolo italiano. Attualmente lo si ottiene solo dopo aver presentato richiesta al compimento del diciottesimo anno di età.
Di proposte di legge per allargare o restringere le maglie di questa norma in Parlamento ce ne sono molte. Neanche una, invece, sta attualmente impegnando gli uffici tecnici del Viminale. Il premier ha fatto riferimento ad uno «ius soli temperato». Cosa intende? Che i ragazzi diventino cittadini italiani al completamento di un cico di studi. Se sono nati qui, al termine della scuola dell`obbligo. Se sono arrivati quando erano già adolescenti, alla fine della licenza di scuola superiore. Potrebbero essere 50 mila l`anno i nuovi italiani, se passasse questa norma. Ora il 47,2% degli stranieri iscritti nelle nostre scuole nel 2013 è nato in Italia. Soddisfatto il garante dell`Infanzia Vincenzo Spadafora: «Lo chiediamo da tempo. Sono 4 milioni gli stranieri che vivono in Italia e più di un milione dì loro è minorenne». Per Filippo Miraglia dell`Arci la proposta è un bluff: «Dalla nascita a 16 anni continuerebbero a essere considerati stranieri nella terra di nascita». Mentre, secondo il governatore leghista Luca Zaia, è «solo un`iniziativa per distrarre i cittadini dai problemi reali».



Immigrati. L`idea del premier di dare il passaporto ai figli di stranieri nati in Italia
Cittadinanza: 230mi1a domande in attesa, rispunta lo «ius soli»
il sole 24 ore, 21-10-14
M. Lud.
ROMA - Il premier Matteo Renzi rilancia lo ius soli: l`idea è di concedere il diritto di cittadinanza ai figli degli immigrati, nati in Italia e con un certo numero di anni di studi compiuti. Il tema, insieme a quello delle unioni gay (si veda l`articolo in alto) impatta sulle competenze del ministero dell`Interno. È possibile però alla fine che il ministro Angelino Alfano su questi argomenti si renda disponibile, a fronte delle aperture di Renzi sugli incentivi alle famiglie. Al momento non c`è traccia di norme definite dal Viminale sullo ius soli, argomento richiamato più volte persino dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Alla Camera però il sottosegretario all`Interno Domenico Manzione (Pd) segue la discussione alla commissione Affari costituzionali e ha chiesto al relatore, Marilena Fabbri (Pd), di stilare un testo unificato tra le varie numerose proposte di legge. Il percorso immaginato da
Renzi- la cittadinanza ai bambini che abbiano studiato un certo numero di anni in Italia - è quello che trova più consensi (o meno dissensi) tra le anime della maggioranza. Così, in attesa di un progetto governativo, anche in Parlamento è possibile che l`orientamento alla fine sia di questo genere, a dispetto di proposte più ardite ma anche meno facili da condurre in porto.
Certo è che l`idea di una cittadinanza dopo la nascita e prima della maggiore età, con un percorso scolastico compiuto, non è nuova. All`Interno, per esempio, è ben noto che in nessun paese europeo esiste lo ius soli puro: cittadinanza, cioè, concessa sulla base della sola nascita senza altro criterio. La questione comunque non può essere ignorata: «Sono quattro milioni gli stranieri che vivono ín Italia e più di un milione di loro è minorenne» sottolinea, apprezzando il progetto dì Renzi, Vincenzo Spadafora, Garante per `infanzia e l`adolescenza. Né è possibile ignorare che, comunque, il numero di domande di cittadinanza è ogni anno più elevato e la sofferenza degli uffici dell`Interno si sente. Nel 2012 ci sono state 67.502 istanze, di cui 46.776 con parere favorevole; nel 2013 ci sono state rispettivamente richieste pari a 79.847 e 65.678 accoglimenti. Nei primi nove mesi di quest`anno la stima è di oltre 67mila domande e 47mila conclusioni positive. In totale oggi ci sono quasi 23omila fascicoli in istruttoria, cifra destinata a lievitare ancora. Nel frattempo il leader 5 Stelle, Beppe Grillo, va giù duro: «Chi entra in Italia con i barconiva identificato immediatamente, i profughi vanno accolti ma i cosiddetti clandestini rispediti da dove venivano».



Cittadinanza veloce, piace la riforma
Avvenire, 21-10-14
Ilaria Sesana
Tempi più brevi per la concessione della cittadinanza ai figli dei cittadini stranieri. L’annuncio, domenica pomeriggio in diretta tv, è di Matteo Renzi: «Dopo la legge elettorale – ha spiegato il premier – il governo ha intenzione di portare in Parlamento il tema della cittadinanza ai bambini nati in Italia da genitori stranieri». Parole molto apprezzate da vari esponenti di «L’Italia sono anch’io», campagna promossa da 19 organizzazioni (tra cui Caritas italiana, Fondazione Migrantes, Acli, Rete G2 e Libera) che nel 2012 ha raccolto più di 100mila firme per chiedere la riforma della legge sulla cittadinanza.
«Siamo molto felici che ci sia stato un intervento di Renzi su questo tema» commenta Mohamed Tailmoud, portavoce della Rete G2, che rappresenta le cosiddette «seconde generazioni » di immigrati, quelli nati in Italia e direttamente interessati dal provvedimento.
Al centro della vicenda c’è la legge sulla cittadinanza, la 91 del 1992, basata sul cosiddetto ius sanguinis (cittadinanza solo ai figli e ai discendenti di italiani). Una legge che penalizza un milione e 87mila giovani, italiani 'di fatto' ma non agli occhi della legge, malgrado quasi il 60% di loro sia nato qui mentre il 21% è arrivato nel Belpaese prima dei cinque anni. L’obiettivo di Matteo Renzi è quello di passare dallo ius sanguinis a uno ius soli temperato. Ovvero diventa cittadino chi nasce in Italia da genitori immigrati, a patto che venga concluso un ciclo scolastico. È il cosiddetto ius culturae.
«Come Rete G2 chiederemo un incontro al premier. Accogliamo molto volentieri la sua proposta, ma vorremmo discutere di come verrà articolata», spiega Tailmoud. Il punto centrale è il concetto di ciclo di studio. «A nostro avviso, sarebbe meglio indicare un numero minimo di anni di frequenza», spiega il portavoce della Rete.
Soddisfatto, ma cauto Oliviero Forti, responsabile immigrazione della Caritas Italiana: «L’annuncio di Renzi è sicuramente positivo, ma non basta – commenta – e speriamo che alle parole seguano i fatti: non bisogna abbassare la soglia dell’attenzione». Del resto, la riforma della legge sulla cittadinanza sembrava cosa fatta solo due anni fa, eppure nessun governo è riuscito a chiudere la partita. «Chiediamo che la riforma venga calendarizzata da Parlamento entro la fine dell’anno », conclude Forti.
«Speriamo che si arrivi a un’intesa sui temi fondamentali», auspica monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, che definisce l’estensione della cittadinanza «una responsabilità che porta le persone a sentirsi parte di una comunità». Anche monsignor Perego invita a non abbassare l’attenzione: «Sono già state presentate tante proposte, ma a oggi non abbiamo ancora visto un testo comune e condiviso – conclude – mentre l’associazionismo ha già fatto le sue proposte. Il fatto che si arrivi a una forma temperata di ius soli
al termine di un percorso scolastico è un importante passo avanti».
«Stiamo aspettando la riforma della legge sulla cittadinanza da più di dieci anni», commenta Antonio Russo, responsabile immigrazione delle Acli. Il giudizio sulla proposta del premier è positivo anche se restano da chiarire le modalità con cui mettere in atto la riforma: «Bisogna comprendere meglio la proposta e poi avviare un ragionamento per capire quale sarà la durata del ciclo scolastico di cui si parla». Tema a parte, la questione dei nati in Italia: «Per noi resta fermo il principio che se un bambino nasce in Italia è italiano », conclude Russo.
Intanto, sul tema immigrazione, torna a farsi sentire Beppe Grillo: «Chi entra in Italia con i barconi è un perfetto sconosciuto: deve essere identificato immediatamente. I profughi vanno accolti, gli altri, i cosiddetti clandestini rispediti da dove venivano », scrive sul suo blog. Il leader dei Cinque Stelle, inoltre propone l’obbligo di visita medica all’ingresso.



Lo "ius soli temperato" di Renzi: tanto fumo e poco ius
Il vice presidente dell'Arci analizza e commenta gli annunci sul diritto di cittadinanza per i figli di stranieri nati e cresciuti in Italia. Viene subordinato per i ragazzi stranieri il completamento della scuola dell'obbligo, cioè a 16 anni. In pratica, dopo tante chiacchiere, dalla nascita ai 16 anni i figli di immigrati continuerebbero a essere considerati stranieri
la Repubblica,it, 21-10-14
FILIPPO MIRAGLIA *
Caro direttore,
Il metodo è sempre lo stesso: l'annuncio calcolato nei tempi e nei modi per avere il massimo impatto sui media (e magari spostare l'attenzione dai problemi del giorno), i tempi di realizzazione rimandati a un futuro non meglio definito, l'uso improprio dei termini per descrivere un provvedimento che con la definizione che gli viene attribuita ha poco a che fare. Stiamo parlando della dichiarazione del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sulla volontà di introdurre lo ius soli  "temperato", ma temperato al punto che di "ius", cioè di diritto soggettivo, conserva ben poco.
Tanto fumo per abbassare la soglia di 2 anni. Viene infatti subordinato, per i ragazzi stranieri nati e/o cresciuti in Italia al completamento di un ciclo di studi: scuola dell'obbligo - da noi contemplata fino ai 16 anni - per chi è nato in Italia, oppure la scuola secondaria superiore per chi è arrivato adolescente (dando per scontato che chi arriva abbia completato il precedente ciclo di studi nel suo paese d'origine o che debba frequentare qui l'intero ciclo scolastico preuniversitario). Una autentico bluff che, rispetto alla situazione attuale (a 18 anni chiunque sia nato in Italia può presentare richiesta di cittadinanza), abbasserebbe nel migliore dei casi solo di due anni l'età di accesso alla cittadinanza: in pratica, dopo tante chiacchiere, dalla nascita ai 16 anni i figli di immigrati continuerebbero a essere considerati stranieri nel Paese dove sono nati e cresciuti.
Eppure, ci sono 200 mila firme per lo "ius soli". Si continua poi a fare scientemente confusione sulle condizioni che dovrebbero, per temperare lo ius soli, riguardare i genitori, e quelle che invece riguardano i bambini e le bambine che continuerebbero ad essere considerati cittadini di serie B. Il tutto, mentre in Parlamento giace da anni una proposta di legge di iniziativa popolare di riforma della cittadinanza per la quale la campagna L'Italia sono anch'io ha raccolto ben 200mila firme, che prevede sì uno ius soli temperato, ma condizionato soltanto alla residenza di uno dei genitori da almeno un anno.  E mentre la competente Commissione della Camera, dopo varie audizioni di organizzazioni sociali che sul tema lavorano (compresa la Campagna citata) sta lavorando a un testo unificato da portare in Aula.
Il gioco del consenso. Insomma, oltre al solito metodo un po' furbesco di affrontare argomenti così seri e che riguardano la vita di centinaia di migliaia di giovani stranieri, si conferma, da parte di Renzi, il solito fastidio non  solo per il parere dei cittadini (in questo caso addirittura firmatari di una proposta di legge), ma anche per il lavoro del Parlamento. Non è più accettabile che per acquisire consenso si giochi sulla pelle delle persone, mentre nel paese rimangono divisioni, ingiustizie, discriminazioni e crescono le pulsioni razziste. Una legge che riformi l'attuale normativa sulla cittadinanza va fatta presto e bene, per il futuro non solo di quei giovani, ma di tutti noi.
* Filippo Miraglia è il vicepresidente nazionale Arci



Riccardi: «Bene Renzi, scelta coraggiosa»
Avvenire, 21-10-14
Giovanni Grasso
Sulla cittadinanza ai figli degli immigrati «Renzi mostra coraggio e lungimiranza». Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, da ministro per l’Integrazione nel governo Monti lanciò la proposta dello ius culturae.
Ossia quella di concedere la cittadinanza ai figli dei lavoratori stranieri in Italia che avessero terminato un ciclo di studi. Un’idea che assomiglia molto a quanto delineato di recente dal presidente del Consiglio. «Quello che mi interessa – spiega Riccardi – non è di rivendicare primogeniture, ma di prendere atto che i tempi sono finalmente maturi per compiere una reale inversione di tendenza, culturale oltre che politica, nella gestione dell’immigrazione».
Che cos’è che non andava finora?
Sul tema dell’immigrazione si è giocata una brutta partita politica ed elettoralistica che non ha mai guardato veramente in faccia al problema. Abbiamo ridotto un fenomeno globale, complesso e inarrestabile alla sola emergenza sbarchi. L’immigrazione è stata vissuta come un’invasione, invece di coglierne, insieme ai drammi e ai problemi, anche le potenzialità positive. E non si sono fatte vere politiche di integrazione. Invece, una società aperta e coesa, nella quale tutti si sentano 'italiani' al di là delle provenienze, fa parte dell’interesse nazionale. Non si tratta di fare 'buonismo' nei confronti degli immigrati: costruire percorsi di integrazione significa porre le basi per la convivenza, per un futuro migliore. L’integrazione è una questione che interessa tutti: vecchi e nuovi italiani.
E perché cominciare proprio dai ragazzi?
I ragazzi sono i più sensibili ai temi dell’integrazione. Basta uscire dal Palazzo e andare in una scuola per capire come stanno le cose. Ci sono ragazze e ragazzi, figli di stranieri, che parlano e sognano in italiano, che pensano all’Italia come alla loro casa, presente e futura. Sono amici dei nostri figli e i nostri figli non li percepiscono come 'diversi'. Ma per troppi anni la politica ha negato loro, per meschini interessi elettoralistici, il sogno di essere e di sentirsi italiani, come tutti gli altri. E mi lasci dire che anche tra i cattolici questa battaglia, che è insieme di civiltà e di lungimiranza, è stata spesso combattuta in modo troppo tiepido.
Lei provò a far approvare una legge sulla cittadinanza, ma senza successo. Perché?
Il governo Monti, a cui, credo, vada ascritto il merito di aver invertito la rotta sui temi dell’integrazione, si reggeva sul consenso di tre partiti. Fu lo stesso Monti a dirmi che l’argomento cittadinanza ai bambini era tabù per uno dei tre partiti, quello all’epoca guidato da Berlusconi e Alfano. E che insistere su questo tema avrebbe significato mettere in crisi il governo tecnico. Come ministro dell’Integrazione mi accorsi subito di muovermi su un terreno minato. Come quando riuscii, tra le polemiche di quella stessa parte politica, a far emergere dal nero 130 mila lavoratori stranieri. Anche quella volta si parlò, totalmente a sproposito, di un favore fatto agli immigrati. Poi ci si accorse che il provvedimento veniva in realtà incontro a tante famiglie italiane, che davano lavoro a colf e badanti in nero, e che senza questa emersione avrebbero rischiato enormi sanzioni, pecuniarie e penali.
C’è chi dice: con la cittadinanza ai bambini, migliaia di straniere verranno a partorire in Italia.
È una sciocchezza. Lo ius soli temperato non si applica meccanicamente a tutti i bimbi partoriti in Italia, che è un Paese di passaggio, ma ai figli dei lavoratori stranieri stabiliti da tempo in Italia e che intendono far fare ai loro figli un percorso formativo, che comprende lo studio della lingua, l’accettazione dei nostri principi e il rispetto delle leggi. Per il resto è il solito gioco: si confonde strumentalmente l’immigrazione economica, di chi cerca in Italia il proprio futuro (che in verità sono sempre meno, data la crisi), con la povera gente che è costretta a fuggire dalle proprie case per via delle guerre e delle persecuzioni. Ci rendiamo o no conto che l’Italia, per la sua posizione geografica, è la retrovia di un campo di battaglia? Immigrati e rifugiati sono due questioni che vanno tenute separate e per le quali servono ottiche e politiche diverse.



Il Mezzogiorno riparte dai diritti dei migranti
Corriere della sera, 21-10-14
Dacia Maraini
Un viaggio nel sud, dove i treni diventano lenti e rari, dove si mangia benissimo ma sempre col sospetto dell`inquinamento dei terreni e delle acque marine. Dove le scuole sono danneggiate, le strade piene di immondizie, il disordine architettonico e la speculazione edilizia regnano sovrane. Eppure, nel disastro di una Italia che va a pezzi, si ha la sorpresa di incontrare persone responsabili a appassionate del proprio lavoro, ligie alle regole di convivenza, oneste intellettualmente e capaci dí sacrifici, Caserta, Maddaloni, Bacoli, Nola, città dove ho incontrato insegnanti generosi e preparati, studenti che hanno voglia dì discutere sui grandi temi dell`attualità, piccoli imprenditori che affrontano risolutamente la criminalità organizzata...
A Caserta un gruppo di ragazzi ha messo su una organizzazione per aiutare gli immigrati senza casa e senza diritti. All`ex Canapificio si incontrano decine di senegalesi, nigeriani e malesi che da anni lavorano nel nostro Paese, senza nessuna prospettiva per il futuro se non quella di fuggire via. Eppure l`Italia è un Paese che invecchia, un Paese che ha bisogno di mano d`opera per i lavori più duri. Ma appena questa mano d`opera chiede i suoi diritti, molti si inalberano e diventano intolleranti. Fuori gli stranieri! Salvo quando fa comodo che si spezzino la schiena per quattro soldi.
Il 18 c`è stata una grande manifestazione a Castel Volturno, in cui gli immigrati hanno dimostrato pacificamente, sapendo che la violenza non serve, se non a creare altra violenza e a dare argomenti al razzismo strisciante, Era per dire no alla legge Bossi Fini ehe in tanti anni non ha diminuito i viaggi della disperazione, non ha contrastato l`immigrazione clandestina e non ha dato diritti ai lavoratori stranieri, Era per chiedere una nuova legge sulle migrazioni «Una legge che non sia frutto di isteria ideologica, ma che punti a trovare soluzioni reali».
insomma niente di fanatico e viscerale, ma proposte concrete e fattibili e neanche costose: «corsi di formazione professionale per italiani e stranieri, scuole di alfabetizzazione e forme di sostegno al reddito». Una sfida che il Movimento dei migranti e dei rifugiati di Caserta sta lanciando dal 2012. Sembrano davvero richieste così impossibili? L`emigrazione di popoli che scappano dalle guerre, dalla fame, dalle tirannie, non si può fermare. Ma si può regolare, ed è su questo che dovremmo impegnarci.



Bonus bebè e cittadinanza: benvenuti, figli nostri
Avvenire, 21-10-14
Marco Tarquino
Matteo Renzi ha deciso di parlare davvero di futuro. E così, domenica scorsa, ha tirato fuori dall’angolo in cui stavano da troppo tempo idee e soldi per i nostri figli, per gli italiani di domani. Per ora, per la verità, ha speso più idee che soldi (80 euro al mese per tre anni a ogni nuovo nato, circa 500 milioni di euro in tutto per il 2015; una legge che finalmente riconosca "italiani" i bambini e i giovani che regolarmente vivono qui e qui studiano). Ma l’importante è cominciare, e fare sul serio. L’Italia che per decenni non ha pensato affatto ai nuovi italiani, che li ha considerati poco e male, che li ha guardati e trattati come se fossero un lusso sventato o un problema o addirittura un impaccio è finita su un binario morto. Per uscirne c’è un solo modo: cambiare direzione o, come ama dire il premier, «cambiare verso». E questo è il momento.
Si deve partire da loro. Dalle risorse umane, dicono odiosamente quelli del nuovo lessico dell’Azienda Mondo. Dalle persone, diciamo noi che amiamo stare coi piedi sulla Terra e sappiamo che il Cielo non è vuoto. Si deve cioè partire dai nostri figli. Dai figli che mettiamo al mondo noi altri, che in questo Paese siamo di casa per antica eredità «di sangue», cioè per lunga convivenza, storia condivisa e mai facile eppure solare costruzione di un’identità comune. E dai figli che abbiamo avuto dal mondo che ci è venuto in casa, figli «per cultura», dono di padri e madri che lavorano con noi e frutto della nostra scuola vituperata e preziosa. Figli diversi, ma che sono già fratelli qualunque cosa dicano le carte perché lo dicono loro, e basta ascoltarli. Fratelli d’Italia, come nell’Inno. E se qualcuno pensa che sia retorica provi a resistere alla strana allegria che si accende – non importa se a Roma o a Milano a Bari o a Verona – quando senti lo stesso accento, le stesse parole, gli stessi progetti sulla bocca di tua figlia o di tuo figlio e di ragazzi e ragazze dall’aria esotica.
Certo, la realtà è faticosa e balbettante, i fatti sono tutti da vedere, ma il tono del presidente del Consiglio è sicuro e le parole si sono fatte chiare. C’è da esserne contenti, come per un "buongiorno" ben detto al principio di un giorno lungo e con un gran lavoro da fare. C’è da esserne sollevati, come per un "benvenuto" sorridente, scandito al posto di silenzi e monosillabi amari e sospettosi, di preoccupazioni che chiudono le strade, di indifferenze ed egoismi che lasciano marcire i frutti sugli alberi.
Qualcuno già ripete che si può ricominciare solo dalle porte sbattute in faccia ai bebè e agli "stranieri", perché – per un verso o per l’altro – in Italia siamo troppi e troppo arrabbiati. I luoghi comuni cattivi vanno sconfitti di verità, cioè di regole sagge e salde e, semplicemente, di buone politiche.



Immigrazione, le paure dei cittadini stanno cambiando la politica
Cameron sta pensando di introdurre una quota fissa di ingressi. La Francia: nel nostro paese non c’è più spazio per gli extra-europei
La Stampa, 21-10-14
Cesare Martinetti
David Cameron pensa a quote di ingresso nel Regno Unito anche per i cittadini dell’Unione europea: centomila lavoratori non qualificati all’anno, non di più. Sarebbe lo strappo vero da Bruxelles che non fece nemmeno Margaret Thatcher: la libera circolazione di merci e uomini è una delle regole fondative dell’Unione. Manuel Valls, dopo aver guadagnato il rango di politico più popolare di Francia per la durezza usata nei confronti dei Rom da ministro dell’Interno, ha già detto che nel suo Paese - un tempo «dolce» e «terre d’accueil» per perseguitati e diseredati di tutto il mondo – non c’è più spazio per gli extraeuropei: «La nostra società non capirebbe e non lo giustificano il mercato del lavoro né la demografia».  
Angela Merkel non prevedeva di doversi confrontare con due nemici imprevisti: terrorismo e Ebola. Dal melting pot delle sue periferie, centinaia, forse migliaia, di giovani musulmani e curdi sono partiti per andare a combattere in Siria e Iraq. Alcuni sono tornati e costituiscono un’incognita vivente. E intanto il primo morto di Ebola in Germania (a Lipsia, un sudanese funzionario Onu) ha innescato reazioni irrazionali: la maggioranza dei tedeschi chiede che nuovi eventuali contagiati vengano tenuti fuori dal paese.
Le paure quotidiane di milioni di cittadini europei sono diventate lo spauracchio politico per i leader della vecchia Europa. Incalzati dai nuovi capipopolo che chiamiamo «populisti» come per esorcizzarli, i capi di governo dei partiti tradizionali reagiscono in ordine sparso. Se l’euro è la misura contabile di tenuta dell’Unione europea, l’immigrazione ne è la misura umana, oggi più importante dell’altra, perché la contiene e la condiziona al punto da poter dire che è oggi la grande questione dell’Europa.
Sono paure legittime e comprensibili perché vere. Se il partito di Marine Le Pen è ora il primo di Francia e lei può ambire all’Eliseo non è tanto merito del suo semplicistico e surreale programma di chiudere le frontiere e uscire dall’euro. Ma piuttosto del fatto che gli altri non hanno saputo offrire una politica di prospettive e soluzioni per quelle paure piccole e quotidiane. Quando nel 2002 Jean-Marie Le Pen arrivò al ballottaggio nelle elezioni presidenziali umiliando il premier socialista Lionel Jospin, per mesi si discusse sull’influenza che poteva aver avuto sul voto un servizio del telegiornale delle 20 trasmesso la sera prima su due anziani rapinati e malmenati da una banda di immigrati. Ora Marine ha ripulito il suo discorso dalle allusioni che il padre non faceva mai mancare all’indirizzo dei «negri», ha persin manifestato solidarietà con musulmani di Francia che temono di essere accomunati ai tagliagole dell’Is. Ma il fondo del suo programma non cambia: restituire la Francia ai francesi.
In Germania l’AfD (Alternative für Deutschland) ha invece seguito un percorso opposto rispetto al Front National. Fondato come partito anti-euro da un gruppo di economisti dell’università di Amburgo e raccolti risultati incoraggianti alle prime apparizioni elettorali, è ora diventato un partito generalista approdando dunque anche alla questione immigrazione affrontata col medesimo piglio dei partiti euroscettici. Il successo ottenuto recentemente nelle elezioni locali di Sassonia, Turingia e Brandeburgo stanno molto preoccupando Angela Merkel, anche perché l’imprevisto rallentamento dell’economia ha innescato una febbre inedita dentro il suo partito - la Cdu – con frange che rincorrono le posizioni dell’AfD. E anche il discorso interno della cancelliera, sempre prudente nei confronti dell’est per non urtare i polacchi di cui è grande sponsor, si è notevolmente indurito.
A Londra David Cameron deve poter rispondere a Nigel Farage leader dell’Ukip (United Kingdom Independence Party) che ha sfondato alle europee e che i sondaggi danno ora come potenziale primo partito. Alleato di Beppe Grillo al parlamento europeo, anche Farage è partito dal no agli stranieri per arrivare ad una proposta politica generale che, detta in sintesi è: via dall’Unione europea. lo stesso Grillo ieri è interventuo con durezza: “La guerra di Is sta producendo flussi immigratori insostenibili, ebola sta per arrivare in Italia: fuori tutti i clandestini”. L’altro storico polo euroscettico italiano – la Lega, alleata in Europa con Marine Le Pen – si sta invece trasformando da partito del nord in partito nazionale. Salvini è uscito dal ridotto bossiano della battaglia contro Roma e meridionali e capito che la battaglia sull’immigrazione è questione generale.
Il monopolio del cuore, dei sentimenti, della condivisione di paure spesso irrazionali ma non infondate non può essere lasciato ai partiti «euroscettici», il suffisso «euro» deve essere una bandiera positiva, non l’istintiva trascrizione del concetto di lontano e nemico. Analizzando l’incredibile successo del libro di Eric Zemmour in Francia (un mattone di 550 pagine con tutti i luoghi comuni del Front e persino una rivalutazione del governo di collaborazione con i nazisti durante la seconda guerra mondiale) Le Monde attribuiva parte della colpa al linguaggio dei politici al governo: vuoto e tecnocratico. Si può ridurre l’ideale europeo a un’infinita disputa sul 3 per cento di deficit?  
I leader e i partiti democratici devono trovare soluzioni riconoscibili, altrimenti le difficoltà quotidiane dei cittadini europei a confrontarsi con l’immigrazione travolgeranno non solo l’euro, ma l’idea stessa di Europa. Douglas Carswell, il primo deputato dell’Ukip eletto nei giorni scorsi al parlamento inglese, ha raccontato nel suo blog sul Telegraph perché ha abbandonato il partito conservatore per abbracciare Farage: «Alle 5 del pomeriggio, nella tea room dei Comuni, i deputati non facevano altro che talk about talk». Chiacchiere su chiacchiere. Ecco, quell’ora lì, è finita.  



“I clandestini vanno rispediti a casa loro”
Su Isis e ebola: “Flussi migratori insostenibili, epidemie inevitabili
Il Fatto, 21-10-14
L. D. C.
I clandestini? “Vanno rispediti da dove vengono”. Grillo torna sul tema immigrazione, suo vecchio pallino, con un post (non firmato) sul blog in cui disegna un’Italia presto invasa da torme di immigrati e dall’Ebola, per poi invocare misure draconiane. Righe che sembrano una risposta all’avanzata nei consensi della Lega Nord, trainata da Matteo Salvini. E forse pure un modo per spostare l’attenzione dalla nuova ondata di espulsioni. Di certo il post è durissimo. Inizia con scenari da apocalisse: “L’Isis sta producendo flussi migratori insostenibili, negli ultimi mesi sono arrivati in 100.000, e in futuro la situazione peggiorerà. Ebola sta penetrando in Europa, è solo questione di tempo perché in Italia ci siano i primi casi”. Nel frattempo “i partiti si stanno baloccando tra razzismo e buonismo un tanto al chilo, ma sempre sulle spalle delle fasce più deboli della popolazione, il tutto per un pugno di voti”. E allora Grillo monita: “È tempo di affrontare l’immigrazione come un problema da risolvere e non come un tabù”. Come? “Chi entra in Italia con i barconi è un perfetto sconosciuto: deve essere identificato immediatamente, i profughi vanno accolti, gli altri, i cosiddetti clandestini rispediti da dove venivano (consecutio avventurosa , ndr). Chi entra ora deve essere sottoposto a una visita medica obbligatoria all’ingresso per tutelare la sua salute e quelle degli italiani che dovessero venirne a contatto”. Non solo: va disdetto il Trattato di Dublino, in base a cui “il profugo che arriva in un Paese non può più uscirne per essere accolto altrove. Chi arriva in Italia dalla Siria per esempio non può andare in un altro Paese della Ue e passa il tempo a cercare di fuggire”. Male, malissimo per Grillo: “L’Italia è diventata la sala di aspetto dei disperati del mondo. Chi arriva qui deve avere il diritto di muoversi liberamente nella Ue”. Così la pensa il blog. Concludendo: “In mancanza di queste immediate misure avremo sempre più razzismo e malattie epidemiche. È questo quello che vogliamo?”. Così il numero uno dei 5 Stelle. Salvini si sente invaso sul proprio terreno. E risponde su Twitter: “Per Grillo i migranti vanno rispediti a casa. Ma se M5S ha votato contro reato di immigrazione clandestina”. Nel dettaglio, a presentare un emendamento contro il reato furono i senatori Buccarella e Cioffi. Grillo e Casaleggio si infuriarono, pubblicamente. Ma il voto sul web dette ragione ai due parlamentari del Movimento.



Navi fantasma, passaporti e dollari Viaggio nella Libia-connection industria dei sogni e di disperazione
Dal Paese distrutto dalla guerra scappati quest`anno in 165 mila
La Stampa, 21-10-14
CHRIS STEPHEN
Tom WESTCOTT
TRIPOLI E TUNISI,

La versione libica della Mary Celeste, il brigantino canadese che fu trovata senza nessuno a bordo alla deriva verso lo Stretto di Gibilterra nel 1872, se ne sta lì a ondeggiare fissata a un ormeggio nel porto di Tripoli: un malconcio Zodiac nero rinvenuto dalla Guardia costiera mentre andava alla deriva in mare, senza motore e senza alcun segno dei migranti somali salpati con quella mbarcazione alla ricerca di una nuova vita in Europa.
Rimangono solo i loro effetti personali: passaporti, carte di identità, cellulari, contanti e fotografie ormai quasi illeggibili delle loro famiglie. Per la Guardia costiera si tratta di un ritrovamento molto sinistro: «Alcune di queste persone le conoscevamo, le avevamo già incontrate», dichiara un funzionario che rifiuta di rivelare il nome. «Temo siano morti. Se qualcuno li avesse soccorsi prima di noi, sicuramente non si sarebbero lasciati tutte queste cose alle spalle». Scene simili si ripetono ogni giorno lungo i 1.800 chilometri di coste libiche: quotidianamente, i resti di uomini e imbarcazioni sopraffatti dal mare sono riaccompagnati dalle onde sulle spiagge immacolate del Paese, tragica dimostrazione del costo in vite umane della migrazione che ha origine in questo angolo del Nord Africa. La guerra e il caos hanno trasformato la Libia in un gigantesco imbuto che accoglie migranti provenienti da Africa, Asia e Medio Oriente, tutti alla disperata ricerca di un futuro in Europa. Fuggono dalla guerra in Siria, Palestina e Afghanistan, dalla miseria del Bangladesh e del Senegal o dall`oppressione dell`Eritrea e della Somalia.
Secondo le Nazioni Unite, quest`anno già 165 mila persone sono sbarcate in Italia rispetto alle 60 mila del 2013. E anche il macabro conteggio delle vittime cresce: più di 2.500 corpi sono stati già recuperati dalla Marina militare italiana, contro i 600 dello scorso anno, e molti di più ogni giorno sono riportati dalle correnti sulla costa della Libia e dimenticati. Nonostante il rischio, decine di migliaia di disperati attendono di mettersi in viaggio.
Un diciannovenne del Ghana, muscoloso e pieno di energie, passa le giornate a riordinare gli scaffali di un supermercato di Tripoli, risparmiando per comprarsi un posto sulla prossima nave che attraverserà il Mediterraneo. Il ragazzo ha lasciato la propria casa lo scorso anno quando è morta sua madre, utilizzando tutti i risparmi per arrivare a Tripoli. Il viaggio ha richiesto diversi giorni di cammino nel deserto, trascinandosi dietro sette litri d`acqua per mantenersi in vita. Il suo sogno è trovare un lavoro in Europa che gli permetta di mandare qualche soldo ai propri fratelli rimasti a casa. «Devo arrivare in Europa a tutti i costi - ci dice -. È il solo modo per aiutare la mia famiglia».
Il business del traffico di esseri umani che ha origine dalla Libia è un`attività altamente organizzata e incredibilmente redditizia. Ha inizio a migliaia di miglia di distanza, con una rete di agenti che abbraccia tre continenti e che si è specia- lizzata nel radunare migranti per il viaggio verso il confine libico attraverso il deserto del Sahara. Alcuni riescono a entrare clandestinamente nel Paese, altri pagano 400 dollari alle guardie dì confine. Altri ancora, per cifre che vanno dai 200 ai 400 dollari, si comprano un passaggio fino alla costa dove questi agenti, solitamente della stessa nazionalità dei migranti, li mettono in contatto con un trafficante.
I trafficanti offrono due tipi di servizi. Per i clienti più facoltosi, solitamente siriani, c`è un biglietto da 5.000 dollari che assicura un posto su uno Zodiac puntato verso la Francia, un viaggio più lungo rispetto a quello verso le coste italiane ma anche molto più sicuro. Su quella rotta non viene effettuato alcun tipo di controllo da parte di pattuglie navali. Gli altri, con 1.000 dollari, possono aggiudicarsi un angolino su un peschereccio strabordante di disperati.
«Vorrei poter andare in Francia, lo vogliono tutti, ma non ho i soldi», dice Mohammed, un giovane siriano fuggito dai combattimenti di Damasco e che ora vive in un piccolo hotel di Tripoli aspettando l`occasione per imbarcarsi. Migliaia di aspiranti migranti sono incarcerati presso 19 centri di raccolta in tutta la Libia, molti in condizioni quantomeno precarie. All`inizio di quest`anno, l`Osservatorio per i diritti umani ha denunciato la presenza di persone detenute in container per spedizioni, nutrite con cibo marcio e continuamente sottoposte a violenze.
Gli eritrei sono uno dei gruppi più numerosi tra quelli che arrivano a Tripoli. Si tratta di persone appartenenti alla classe media in fuga dal pugno di ferro del Presidente Isaias Afewerki. A questi, parenti e amici già arrivati in Europa inviano con Western Union soldi per il trasporto, l`alloggio e per un posto su uno dei tanti barconi pronti a salpare.
La chiesa cattolica di San Francesco di Tripoli mette a disposizione per i cristiani provenienti dall`Eritrea una clinica settimanale nella quale è data la precedenza alle donne in gravidanza, restie a rivolgersi agli ospedali al momento del parto per il timore di essere arrestate. «Molte donne eritree arrivano incinte, dobbiamo aiutarle - dice Inma Moya, una suora spagnola -. Perché così tante gravidanze? Perché se sei una donna, in queste condizioni, hai bisogno di un uomo che ti protegga durante il viaggio, e così viaggi con lui e ti ritrovi incinta».
Tripoli è il punto di ritrovo per la maggior parte dei migranti, tuttavia i trafficanti si tengono alla larga dalla capitale,
preferendo espletare le operazioni di imbarco a Zuware, 80 chilometri più a ovest, vicino al confine tunisino, o a Garibulli, una striscia di sabbia battuta dal vento 60 chilometri più a est.
Zuwara è famosa per la sua vicinanza con la Sicilia, 500 chilometri più a nord e, secondo la polizia di Tripoli, anche perché è abitata dall`etnia Amazigh (i Berberi), che esclude qualsiasi forza di sicurezza esterna e lascia mano libera ai trafficanti. La fama di Garabulli dipende invece dal fatto che questa località è protetta dall`autostrada costiera da promontori sabbiosi che nascondono la presenza dei migranti alla vista delle pattuglie di passaggio.
In netto contrasto con la miseria nella quale sguazzano, i trafficanti di esseri umani libicitraggono grandi profitti, con ogni viaggio che riesce a portare nelle loro tasche un quarto di milione di dollari, abbastanza per ripagare in un sol colpo il costo del barcone.
La Marina militare italiana pattuglia le rotte battute dai trafficanti, ripescando i naufraghi dalle acque e intercettando le barche. Per paura di essere arrestati; molti scafisti affidano le imbarcazioni agli stessi migranti. «Si limitano a dare le chiavi a uno dei passeggeri», spiega Ben Suleiman, vicecomandante della Brigata Supporto 20, un corpo che si occupa di condurre i migranti catturati al centro di raccolta dello zoo di Tripoli. «E così quei poveretti si avventurano in mare senza alcuna preparazione».
In agosto, in reazione all`aumento delle vittime, l`agenzia dell`Unione europea per le frontiere, Frontex, ha annunciato di essere pronta a supportare la Marina militare italiana, tuttavia le navi da guerra non possono essere onnipresenti. Il 15 settembre, un barcone carico di disperati ne ha speronato un altro al largo di Malta, apparentemente di proposito, lasciandosi dietro undici sopravvissuti e cinquecento dispersi, probabilmente annegati. La Guardia costiera ritiene che i trafficanti potrebbero trasportare tre o quattro volte l`attuale numero di clandestini se solo avessero le barche necessarie. Ma la maggior parte delle navi effettua un solo viaggio, e quelle nuove sono sempre più difficili da trovare. Ma d`altra parte gli armatori libici lamentano il fatto che la guerra civile ìn corso ha tagliato i rifornimenti di legname dall`Egitto, uno dei pochi fattori che limita il numero di migranti che prendono
il largo.



Una questione ancora bollente ma la crisi ora scotta di più
In tutti i Paesi l’accettazione dell’immigrazione stabile supera il 50%: ma in Francia, Italia e Spagna diminuisce, mentre in Germania e Olanda è in lieve aumento
La Stampa, 21-10-14
Giovanna Zincone
In Europa, e non solo, l’immigrazione è una patata bollente, ma non scotta dovunque allo stesso modo. I sondaggi effettuati ci dicono che l’insofferenza tra le opinioni pubbliche europee non cresce con ritmi ugualmente preoccupanti, non è omogenea su tutti gli aspetti della questione e convive con un’ampia accettazione degli immigrati regolari.
Cito i dati di una ricerca demoscopica (Transatlantic Trends) che include, oltre a vari Paesi europei, anche Usa e Canada. Rispetto alla accettazione di una immigrazione stabile si rileva una flessione dei favorevoli nell’Europa latina (Francia, Italia e Spagna), ma un lieve aumento in Germania e Olanda. In tutti i Paesi l’accettazione dell’immigrazione stabile supera il 50%; nel Regno Unito, però, solo di poco. E qui comincia a profilarsi una peculiare preoccupazione dei britannici, scettici sull’integrazione, in particolare degli adulti. Del resto - diciamo la verità - qualche ragione di preoccupazione c’è: attentati, rivolte, recenti anche se marginali adesioni all’Isis.
Tuttavia il dato più interessante è la perdita di rilevanza dell’immigrazione come problema prioritario. Chi presenta i dati parla di «eclissi della crisi migratoria». Il termine eclissi mi sembra appropriato: il problema immigrazione scotta sempre, ma è oscurato (almeno per ora) da altre più gravi preoccupazioni.  
Secondo Eurobarometro, tra i problemi percepiti come più gravi dai cittadini dell’Ue l’immigrazione nella primavera 2014 era quasi un fanalino di coda, penultima. In testa troviamo il costo della vita. Seguono la disoccupazione, le tasse, la situazione economica, le pensioni e solo a questo punto troviamo l’immigrazione. Insomma, la crisi morde, ma non sono gli immigrati i protagonisti negativi di quel film. D’altra parte, l’Ue perde punti come personaggio positivo. Anche in Italia, Paese tradizionalmente europeista, il 36% degli intervistati pensa che l’Ue non sia un buon affare. Ovviamente gli scettici raggiungono le percentuali più alte in Grecia (42%) e in Gran Bretagna (40%), che sono anche i Paesi nei quali le pulsioni anti-Ue possono trovare un pericoloso sbocco politico. Quanto ai timori e alle ostilità nei confronti degli immigrati, questi diventano rilevanti se si possono innestare su altre paure, se possono allinearsi a quei pianeti che hanno oscurato, ma certo non spento, le pulsioni negative nei confronti delle immigrazioni. Ci sono già politici capaci di compiere l’innesto.
Danimarca e Gran Bretagna hanno aderito all’Ue un po’ alla carta: sono fuori dall’euro, sono riusciti a svicolare, volendo, dalle politiche migratorie Ue. Con il consueto gioco dei birilli, per non farsi spiazzare nelle urne i conservatori imitano la destra radicale. Cameron dichiara di voler mettere una quota massima al rilascio del codice fiscale e di sicurezza sociale per gli stranieri, per bloccare così i troppi comunitari che vengono non solo dall’Europa dell’Est, ma anche del Sud.
La crisi, il timore del terrorismo, la paura del cambiamento stanno producendo arroccamenti, propensioni degli Stati a chiudersi nei propri veri o presunti interessi nazionali. Continuano a stimolare le regioni più ricche verso una maggiore autonomia, ma anche i Paesi in maggiore difficoltà a cercare armi improprie. Se da una parte la situazione genera o rafforza formazioni di destra, può fornire un propellente per fughe a sinistra. In Grecia, il successo di Alba Dorata è stato bloccato dai suoi stessi eccessi. Se poi in Gran Bretagna sfondasse l’Ukip di Farage, l’Ue si troverebbe lacerata da una doppia trazione. La Grecia ne uscirebbe distrutta, ma anche la Gran Bretagna non avrebbe vita rosea. Ma queste scosse sarebbero sostenibili dalla già frammentata compagine europea? Non date poi la colpa agli immigrati.



Servizio Civile. Bando da 1300 posti, aperto anche ai giovani stranieri
stranieriinitalia.it, 21-10-14
Si cercano volontari per i progetti autofinanziati. Non c'è più il requisito della cittadinanza italiana, ok ai cittadini Ue e agli extra ue con un permesso per lungosoggiornanti, asilo o protezione sussidiaria
Roma – 21 ottobre 2014 -  Il Servizio Civile cerca 1304 giovani tra i diciotto e i ventotto anni e stavolta non fa distinzioni tra fiigli di italiani e figli di immigrati
II Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale ha pubblicato mercoledì scorso un bando straordinario per reclutare volontari per progetti "autofinanziati", cioè realizzati in tutta Italia grazie alle risorse messe a disposizione da Regioni e associazioni. Qui c'è l'elenco.
Nel bando viene confermata una novità importante, resa possibile da un recente parere del Consiglio di Stato. La cittadinanza italiana non è più indispensabile: possono partecipare anche giovani cittadini Ue, familiari di cittadini Ue  titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, extracomunitari titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo oppure titolari di permesso di soggiorno per asilo o per protezione sussidiaria.  
Le domande di presentano  entro le or 14 del 14 novembre direttamente all'ente cche promuve il prgetto,  a mano, per racccomandata ar o per posta elettronica. I moduli sono allegati al bando.
 

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