Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

21 marzo 2012

Emanata la circolare flussi 2012. Il Governo apre a 35mila lavoratori immigrati stagionali.
Le anticipazioni dei Ministeri dell’interno e del lavoro in attesa della pubblicazione in GU del decreto che prevede 35.000 ingressi per lavoratori stagionali e 4.000 per cittadini extracomunitari che abbiano completato programmi di formazione all’estero.
ImmigrazioneOggi, 21-03-2012
Maria Rita Porceddu
Con una circolare congiunta emanata ieri 20 marzo dal Ministero dell’interno e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali si è reso noto che è in corso di registrazione presso la Corte dei conti il decreto relativo alla programmazione dei flussi stagionali per l’anno 2012 firmato lo scorso 13 marzo dal Presidente del Consiglio.
Il decreto, di imminente pubblicazione in GU, prevede una quota massima di 35.000 ingressi di cittadini extracomunitari provenienti da Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Herzegovina, Croazia, Egitto, Repubblica delle Filippine, Gambia, Ghana, India, Kosovo, Repubblica ex Jugoslava di Macedonia, Marocco, Moldavia, Montenegro, Niger, Nigeria, Pakistan, Senegal, Serbia, Sri Lanka, Ucraina, Tunisia. All’interno di questa quota sono anche compresi i lavoratori extracomunitari provenienti dai medesimi Paesi che abbiano già fatto ingresso come lavoratori stagionali in Italia per almeno due anni consecutivi e per i quali il datore di lavoro faccia richiesta di nulla osta pluriennale. L’art. 2 del decreto prevede inoltre che, come anticipazione della quota massima di ingresso di lavoratori extracomunitari per motivi di lavoro non stagionale per l’anno 2012, possano essere ammessi anche 4.000 cittadini stranieri che abbiano completato programmi di formazione ed istruzione nei Paesi d’origine ai sensi dell’art 23 del TU.
La circolare informa che le domande di nulla osta per l’ingresso dei lavoratori stagionali (mod C-stag) e quelle per coloro che hanno completato programmi di formazione all’estero (mod BPS), possono essere presentate dalle ore 8 del giorno successivo alla pubblicazione del decreto e fino alle ore 24 del 31 dicembre 2012 esclusivamente con modalità informatiche attraverso il sito www.interno.it. A partire da questa mattina inoltre sarà a disposizione l’applicativo per la compilazione dei moduli da trasmettere nei tempi indicati.
Per quanto riguarda l’istruttoria delle domande si rimanda a quanto già detto con la circolare del 25 febbraio 2011. Importanti novità sono comunque state introdotte dal decreto per le semplificazioni attraverso l’introduzione del comma 2 bis all’art. 24 del TU con il quale si afferma che la richiesta di nulla osta si deve intendere accolta se dopo 20 giorni lo Sportello Unico non ha comunicato al datore di lavoro il proprio diniego e se ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni “a) la richiesta riguardi uno straniero già autorizzato l’anno precedente a prestare lavoro stagionale presso lo stesso datore di lavoro richiedente ; b) il lavoratore stagionale nell’anno precedente sia stato regolarmente assunto dal datore di lavoro e abbia rispettato le condizioni indicate nel permesso di soggiorno”. Se il lavoratore si trova in queste condizioni, sarà possibile specificare nel mod C-stag i dati relativi all’autorizzazione rilasciata in precedenza. Trascorsi i 20 giorni senza comunicazione da parte dello Sportello unico, non è prevista l’emissione del nulla osta ma quando sul portale “verifica avanzamento domande online” la pratica sarà visualizzata nello stato di “richiesta di visto inoltrata” potrà essere richiesto direttamente il visto presso l’autorità consolare.



Napolitano: «Diritto d'asilo a chi ha i titoli»
il sole, 21-03-2012  
Marco Ludovico
ROMA.-Diritto d'asilo a chiunque ne abbia titolo, permesso di soggiorno solo a chi ha i requisiti. Nient'affatto scontato, il messaggio lanciato ieri dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, riprende le politiche dei dicasteri dell'Integrazione e dell'interno - quest'ultimo guidato da Napolitano dal 1996 al 1998 - oggi condotte dai ministri Andrea Riccardi e Anna Maria Cancellieri. «Quando sbarcano disperati e ci troviamo di fronte persone che hanno titolo a chiedere l'asilo bisogna fare accertamenti rapidi, seri e anche severi. Non c'è dubbio -ha sottolineato il capo dello Stato - che biso- gna dare lo status di rifugiato a chi ne ha titolo». Ed è certo, del resto, che durante lo scorso governo il diritto d'asilo sia stato quantomeno messo in secondo piano nelle politiche sull'immigrazione. Senza contare la recente condanna della Corte di Strasburgo contro l'Italia sui respingimenti. Poi, con altrettanta chiarezza, Napolitano ha spiegato come la questione sia «completamente diversa» per chi viene in Italia per «motivi economici». Può essere «una forza lavoro» di cui l'Italia «ha bisogno» ma tutto deve svolgersi attraverso «canali legali» di immigrazione. E «quelli senza alcun titolo debbono poter essere respinti sulla base della legge vigente» nel quadro auspicato di «una forte collaborazione con i Paesi» d'origine. Ieri ha fatto visita al Quirinale il presidente della Repubblica di Malta, George Abela, presente anche il ministro degli Affari Esteri, Giulio Terzi di Sant'Ágata. Napolitano, inoltre, ha inviato un messaggio al collega della  Repubblica Tunisina, Moncef Marzouki.
«L'ltalia sostiene la transizione democratica in Tunisia e lo sforzo del suo Paese in direzione di un equo sviluppo economico e sociale» scrive Napolitano a Marzouki. Malta e Tunisi sono due nodi strategici dei viaggi di disperati, sia immmigrati clan- destini sia stranieri che chiedono diritto d'asilo. Per il presidente della Repubblica si tratta di un «problema comune» da affrontare con «un impegno collettivo». L'Unione Europea, insomma: «La politica sull'immigrazione dell'Europa deve essere davvero solidale» raccomanda il capo dello Stato. Ma Stefano Manservisi, direttore generale affari interni della Commissione europea, ieri ha affermato che durante la recente crisi dei flussi immigratori illegali dalla sponda sud verso l'ltalia l'Europa ha «fatto tutto quello che poteva fare» e quello che non si è potuto fare è perché, sostiene, i governi nazionali in tutti questi anni «non hanno dato all'Unione europea e alla Commissione i poteri per farlo». Gli sbarchi, del resto, sono ripresi e c'è da mettere mano, al più presto, all'approdo di Lampedusa, dove al momento i due centri per gli immigrati sono chiusi dopo le decisioni prese dall'allora ministro dell'Interno, Roberto Maroni. La visita il 2 marzo di Cancellieri e Riccardi nell'isola siciliana, del resto, non è stata un caso. Le parole di Napolitano non piacciono però alla Lega Nord: «Quanti immigrati dovremmo accogliere? Dieci milioni, venti, centocinquanta? - afferma Roberto Castelli - Napolitano ci spieghi a quante persone dovremmo dare asilo».
Apprezza le parole del capo dello Stato, invece, il Pd. «Ci richiama ad affrontare una delle più grandi vergogne della nostra società: gli sbarchi di disperati che raggiungono le nostre coste in cerca di asilo e l'inaccettabile e disumana strage di mi- granti nel nostra mare» sottolinea il presidente della Província di Roma, Nicola Zingaretti.



Majorino: i Cie hanno fallito, sono luoghi che producono ingiustizie. È ora di ripensarli
«E' surreale che sia più facile entrare a San Vittore che in via Corelli»
Corriere della sera, 21-03-2012
Alessandra Coppola
MILANO - La «presunzione» di Pierfrancesco Majorino è quella di dettar legge a Roma. Letteralmente.
Da Milano?
«Non mi accontento più di restare nell'ambito locale...», sorride. La gestione dell'emergenza profughi dal Nordafrica, la lettera ai diciottenni stranieri perché facciano domanda di cittadinanza,
l' immigration center. L'assessore alle Politiche sociali si è particolarmente dedicato, in questi nove mesi di amministrazione, alle questioni dei migranti e delle seconde generazioni, con la pretesa di fare da apripista in Italia. «C'è l'esperienza di Torino, certo, ma Milano vuole proporre un modello innovativo, utile a una riflessione nazionale. Da qui formuliamo proposte per cambiare le leggi a Roma».
Per cominciare, lei che valutazione dà di luoghi controversi come i Cie, i Centri di identificazione e di espulsione?
«Così come sono non dovrebbero esistere, perché sono luoghi che producono ingiustizie. Dove persone che hanno commesso reati e vanno espulse sono trattenute insieme a donne e uomini incensurati. Dove le pratiche sono troppo lunghe. Dove le condizioni di detenzione sono difficilmente indagabili. Sono centri che restano oscuri».
Il Cie di via Corelli è ancora chiuso ai giornalisti, dopo le proteste di gennaio e lavori di ristrutturazione molto lunghi...
«E invece dovrebbe essere particolarmente trasparente, aperto ai media, all'associazionismo, al volontariato, a forme di aiuto. Si arriva a una situazione surreale in cui San Vittore è più accessibile di via Corelli. I Cie sono strutture che vanno completamente riformate: si può pensare a un centro per l'identificazione, ma i tempi di accertamento devono essere sensibilmente diversi. È bene che il Parlamento cominci a pensarci, nell'ambito naturalmente di una revisione totale della legge sull'immigrazione».
Che cosa non funziona nella Bossi-Fini?
«Ha dimostrato di essere un fallimento, funzionale ad alimentare l'irregolarità nel lavoro: va modificata. Regolarizzare solo chi arriva con un contratto si è rivelato un incentivo al lavoro nero. Il contratto può essere una condizione per l'immigrazione, ma bisogna pensare anche a delle forme di accompagnamento che intervengono quando l'immigrato è alla ricerca del lavoro o quando perde il posto».
L'«immigration center» in costruzione potrebbe avere anche questo ruolo di «collocamento»?
«Sì, ci stiamo lavorando, è un'ipotesi. Per farlo bisognerà cambiare la legge. Intanto lo sportello intende trasferire progressivamente dalla questura al Comune l'organizzazione dell'immigrazione, oltre a dare informazioni».
Perché ha firmato per la proposta di legge di iniziativa popolare sulla riforma della cittadinanza?
«Perché la legge attuale, che contempla solo lo ius sanguinis (italiano chi è figlio di italiani, ndr ) produce ingiustizie, costringendo ragazzi a tutti gli effetti milanesi, italiani, a un iter lunghissimo per poter diventare cittadini».
Per lo «ius soli» (italiano chi nasce in Italia), si è espresso il presidente della Repubblica Napolitano, ma in Parlamento non c'è ancora una maggioranza favorevole. Molti chiedono che vengano poste condizioni: per esempio, italiani solo i figli di immigrati stabilmente residenti.
«Io sono per lo ius soli tout court, dopodiché capisco chi dice che bisogna stabilire delle condizioni, ne possiamo discutere. L'importante è che quella legge obsoleta sia finalmente riformata».



Andrea e Senad ancora nel Cie di Modena. Ieri nuova udienza. Forse oggi il giudice di pace disporrà la loro uscita.
Supportati dalla rete delle associazioni del “Primo marzo”, per i due giovani figli di bosniaci e nati in Italia si muove l’Unhcr per la richiesta di apolidia.
ImmigrazioneOggi, 21-03-2012
Nuova udienza ieri per il caso Andrea e Senad: i due fratelli nati a Sassuolo, ma di genitori bosniaci, ora rinchiusi nel Cie di Modena. Su di loro pesa il prolungamento del trattenimento a 18 mesi secondo l’art 14 comma V del pacchetto sicurezza, motivato da un permesso di soggiorno emesso a Rovigo che fa fede al loro inserimento nel passaporto dei genitori, risalente al 1998, quando ancora esisteva l’attuale ex Yugoslavia. Il giudice di pace toglierà la riserva entro 48 ore pronunciandosi sull’eventuale trattenimento o sulla scarcerazione richiesta dall’avvocato Lunari che si è appellato all’incostituzionalità dello stesso. L’avvocato è inoltre intenzionato a portare il caso in Cassazione.
“È assurdo che si motivi una limitazione della libertà personale riferendosi a uno Stato attualmente inesistente per ovvie ragioni storico politiche: la Bosnia non li ha mai censiti, a differenza dell’anagrafe italiana che attesta i documenti comprovanti la loro nascita a Sassuolo – ha commentato Cécile Kyenge, responsabile regionale del Forum immigrazione del Pd e portavoce nazionale della Rete Primo marzo, all’uscita dal tribunale – ed è ugualmente atroce che la legislazione nazionale permetta che si prolunghino i tempi di permanenza nei Cie oltre l’anno che è il tempo massimo concesso anche ai carcerati che sono in attesa di processo per reati penali gravi. I Cie si riconfermano essere carceri etniche degne delle leggi razziste dove viene rinchiuso chiunque, anche se nato in Italia. Si deve fare chiarezza sulla tipologia della persone rinchiuse nei centri cercando di capire quanti siano gli Andrea e Senad privati dei diritti e della libertà personale. Per accertare il loro stato di apolidia si sta attualmente interessando al caso anche l’ufficio nazionale dell’Unhcr sui rifugiati che mi ha contattata la scorsa settimana perché è un rischio che grava su altri casi”.



Niente telefonini ed esplode la protesta al Cpa di Pozzallo
Nel centro restano ora solo venti ospiti
Corriere di Ragusa.it, 21-03-2012
Antonio Di Raimondo
Momenti di tensione al Centro di prima accoglienza di Pozzallo. Trenta tunisini hanno inscenato una protesta nella notte dopo la decisione delle forze dell’ordine di ritirare i telefonini agli ospiti della struttura.
I tunisini erano arrivati da Porto Empedocle ed erano in procinto di essere avviati a Palermo per il rimpatrio a bordo di un charter. Subito dopo la decisione dei responsabili dell’ordine pubblico di ritirare i telefonini gli immigrati hanno annunciato lo sciopero della fame ed hanno poi cominciato a battere sulle brande con oggetti recuperati all’interno del cento.
Solo dopo l’assicurazione che i telefonini sarebbero stati restituiti in mattinata i tunisini hanno desistito. Do buon’ora i trenta immigrati sono stati poi trasferiti a Palermo a bordo di un pullman per il rimpatrio.
All´interno della struttura pozzallese restano altri venti immigrati, il cui trasferimento dovrebbe avvenire nelle prossime ore.
Resta da verificare se la destinazione sarà un altro centro o se, a loro volta, saranno rimpatriati.



Oggi la Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale dal tema “Razzismo e conflitto”.
Il messaggio del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon.
ImmigrazioneOggi, 21-03-2012
“Il razzismo costituisce una minaccia per pace, sicurezza, giustizia e progresso sociale e rappresenta una violazione dei diritti umani che colpisce profondamente gli individui e lacera il tessuto sociale” così il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, commenta in un messaggio l’odierna Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale.
Nel suo messaggio, Ban Ki-moon spiega che il tema scelto per la giornata è “razzismo e conflitto” perché “discriminazione razziale e razzismo sono stati utilizzati come armi per generare paura e odio. In casi estremi, leader politici spietati hanno promosso una politica di istigazione al pregiudizio, al genocidio, e ai crimini di guerra e crimini contro l’umanità”.
Il segretario Onu, dopo aver ricordato le numerose vittime di tale odio, ricorda che “esistono numerosi trattati e strumenti validi – oltre ad un quadro normativo mondiale – a prevenire e porre fine a razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e l’intolleranza che ne deriva. Purtroppo, però, milioni di persone nel mondo continuano a soffrire a causa del razzismo, fenomeno che si nutre di ignoranza, pregiudizi e stereotipi”.
Per il diplomatico “le Nazioni Unite combattono il razzismo rafforzando inclusione sociale, dialogo, riconciliazione e rispetto dei diritti umani. Laddove le società sono state distrutte dai conflitti, le Nazioni Unite si fanno promotrici di processi di pace che puntino a rafforzare tali valori. Porre fine a razzismo e pregiudizi è un passo cruciale da compiere affinché le società straziate dai conflitti possano riconciliarsi”.
L’invito del segretario generale dell’Onu è quello di “unirsi nella lotta per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale. Dobbiamo porre fine al razzismo, allo stigma sociale e ai pregiudizi agendo sia individualmente sia collettivamente”.



Il male oscuro dell’Europa
la Reoubblica, 21-03-2012
Barbara Spinelli
TUTTI ci stiamo trasformando, senza quasi accorgercene, in tecnici della crisi che traversiamo: strani bipedi in mutazione, sensibili a ogni curva economica tranne che alle curve dell´animo e del crimine.
L´occhio è fisso sullo spread, scruta maniacalmente titoli di Stato e Bund, guata parametri trasgrediti e discipline finanziarie da restaurare al più presto. Fino a quando, un nefasto mattino, qualcosa di enorme ci fa sobbalzare sotto le coperte del letto e ci apre gli occhi: un male oscuro, che è secrezione della crisi non meno delle cifre di bilancio ma che incide sulla carne viva, spargendo sangue umano. La carneficina alla scuola ebraica di Tolosa è questo sparo nel deserto, che ci sveglia d´un colpo e ci immette in una nuova realtà, più vasta e più notturna. Come in una gigantesca metamorfosi, siamo tramutati in animali umani costretti a vedere quello che da mesi, da anni, coltiviamo nel nostro seno senza curarcene. Il naufragio del sogno europeo, emblema di riconciliazione dopo secoli di guerre, e di vittoria sulle violenze di cui Europa è stata capace, partorisce mostri. Non stupisce che il mostro colpisca ancora una volta l´ebreo, capro espiatorio per eccellenza, modello di tutti i capri e di tutti i diversi che assillano le menti quando son catturate da allucinazioni di terrene apocalissi.
In tedesco usano la parola Amok (in indonesiano significa «uccisione-linciaggio in un impulso d´ira incontrollata»), e tale è stato l´attacco di lunedì alla scuola di Tolosa. Uno squilibrato, ma abbastanza freddo da uccidere serialmente, ammazza in 15 minuti il maestro Jonathan Sandler, due suoi figli di 4 e 5 anni (Gabriel e Arieh), una bambina di 7, Myriam. Chi cade preda dell´amok è imprevedibile e socialmente reietto, ma se ha potuto concepire il crimine (e spesso parlarne sul web) vuol dire che per lungo tempo non si è badato al pericolo, che l´ambiente da cui viene era privo di difese immunitarie. I massacri nelle scuole sono considerati episodi tipici del comportamento amok. Nella cultura malese l´assalto amok evoca lo stato di guerra, ma l´omicida seriale interiorizza la guerra. La spedizione militare è condotta da individui che vivono nel nascosto, ed escono allo scoperto in una sorta di raptus. Non dimentichiamo che il nazismo quando prese il sopravvento aveva caratteristiche affini, e assecondava la furia amok: «Marcia senza approdo, barcollamento senza ebbrezza, fede senza Dio», così lo scrittore socialdemocratico Konrad Heiden descriveva, nel 1936, la caduta di milioni di tedeschi nel nazismo e nell´«era dell´irresponsabilità». È nelle furie di quei tempi che hanno radice i contemporanei massacri palingenetici, e anche lo spavento stupefatto che scatenano. Non era stato detto, a proposito delle fobie annientatrici: «Mai più?». Invece tornano, perché un tabù infranto lo è per secoli ancora. Il piccolo racconto di Zweig (Amok è il titolo) racconta proprio questo: l´esplosione in mezzo a bonacce apparenti di una "follia rabbiosa, una specie di idrofobia umana... un accesso di monomania omicida, insensata, non paragonabile a nessun´altra intossicazione alcolica". Un torbido passato ha fatto del medico protagonista un mutante: nella solitudine si sente «come un ragno nella sua tela, immobile da mesi». Amok è scritto nei primi anni Venti: un´epoca non meno vacillante della nostra. Già prima del ´14-18, Thomas Mann vedeva l´Europa sommersa da «nervosità estrema».
«L´amok è così – spiega Zweig nel racconto– all´improvviso balza in piedi, afferra il pugnale e corre in strada… Chi gli si para davanti, essere umano o animale, viene trafitto dal suo kris (pugnale, in malese, ndr), e l´orgia di sangue non fa che eccitarlo maggiormente… Mentre corre, ha la schiuma alle labbra e urla come un forsennato… ma continua a correre e correre, senza guardare né a destra né a sinistra, corre e basta. L´ossesso corre senza sentire… finché non lo ammazzano a fucilate come un cane rabbioso, oppure crolla da solo, sbavando». Ci furono opere profetiche, negli anni ´20-´30: i film Metropolis e Dottor Mabuse di Fritz Lang, o il racconto di Zweig. Dove sono oggi opere che abbiano quell´orrida e precisa visione del presente?
Se fosse un caso isolato non ne parleremmo come di un fatto di cultura, colmo di presagi. Ma non è un evento isolato, solo criminale. Quest´odio del diverso (dell´ebreo o del musulmano o del Rom: tre figure di capro espiatorio) pervade da tempo l´Europa, mescolando storia criminale e storia politica. E ogni volta è una fucilata subitanea, che interrompe finte normalità. Fu così anche quando nella composta Norvegia scoppiò la demenza assassina del trentaduenne Behring Breivik, il 22 luglio 2011. L´attentato che compì a Oslo fece 8 morti. Il secondo, nell´isola Utoya, uccise 69 ragazzi.
Fenomeni simili, non immediatamente mortiferi, esistono anche in politica e mimeticamente vengono imitati. Nell´America degli odii razziali, in prima linea: l´odio suscitato da Obama meteco tendiamo a sottovalutarlo, a scordarcene. Ma l´Europa è terreno non meno fertile per queste idrofobie umane, peggiori d´ogni intossicazione alcolica. Colpisce la loro banalizzazione, più ancora del delitto quando erompe. In Italia abbiamo la Lega, e banalizzati sono i suoi mai sconfessati incitamenti ai linciaggi. Nel dicembre 2007, il consigliere leghista Giorgio Bettio invita a «usare con gli immigrati lo stesso metodo delle SS: punirne dieci per ogni torto fatto a un nostro cittadino». Lo anticipa nel novembre 2003 il senatore leghista Piergiorgio Stiffoni, che menzionando un gruppo di clandestini sfrattati prorompe: «Peccato. Il forno crematorio di Santa Bona è chiuso». Il gioco di Renzo Bossi (vince chi spara su più barche d´immigrati) è stato tolto dal web ma senza autocritiche.
Com´è potuto succedere che gli italiani divenissero indifferenti a esternazioni di questa natura? Com´è possibile che l´Europa stessa guardi a quel che accade in Ungheria alzando appena le sopracciglia? Eppure il premier Viktor Orbán, trionfalmente eletto nell´aprile 2010, non potrebbe esser più chiaro di così. Il suo sogno è di creare un´isola prospera separata dal turbinio del mondo: una specie di autarchia nordcoreana. A questo scopo ha pervertito la costituzione, le leggi elettorali, l´alternanza democratica, scagliandosi al contempo contro l´etnicamente diverso. A questo scopo persegue una politica irredentista verso la diaspora ungherese in Europa. Il sacrificio di due terzi del territorio nazionale, imposto al Paese vinto dal trattato di Trianon del 1920, è definito «la più grande tragedia dell´Ungheria moderna». Ben più tragica dello sterminio di 400.000 ebrei e zigani nel 1944. Il vero scandalo dei tempi presenti è la punizione inflitta alla democrazia greca, e la non-punizione dell´Ungheria di Orbán. I parametri economici violati e gli spread troppo alti pesano infinitamente più dell´odio razzista, della banalizzazione del male che s´estende in Europa, della democrazia distrutta.
In due articoli sul Corriere della Sera, il 7 e 12 marzo, lo storico Ernesto Galli della Loggia ha difeso lo Stato-nazione oggi derubato di sovranità: lo descrive come «unico contenitore della democrazia», poiché senza di lui non c´è autogoverno dei popoli. È una verità molto discutibile, quantomeno. Lo Stato nazione è contenitore di ben altro, nella storia. Ha prodotto le moderne democrazie ma anche mali indicibili: nazionalismi, fobie verso le impurità etnico-religiose, guerre. Ha sprigionato odii razziali, che negli imperi europei (l´austro-ungarico, l´ottomano) non avevano spazio essendo questi ultimi fondati sulla mescolanza di etnie e lingue. La Shoah è figlia del trionfo dello Stato-nazione sugli imperi. Vale la pena ricordarlo, nell´ora in cui un fatto criminoso isolato, ma emblematico, forse ci risveglia un po´.







 

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