Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

26 settembre 2012

“L’ora di religione va modificata” I cattolici all’attacco di Profumo
la Repubblica, 26-09-2012
Adriano Prosperi collaboratore di LEFT
HA SENSO l’insegnamento della religione nella scuola pubblica italiana «così com’è oggi concepito»? Secondo il ministro dell’Istruzione non più. La sua osservazione ha suscitato un putiferio.
L’Avvenire per la penna autorevole di Giuseppe Dalla Torre l’ha definita «sorprendente»: e ha fatto presente che il ministro aveva appena firmato un accordo col presidente della conferenza episcopale italiana cardinal Bagnasco relativo proprio a tale insegnamento. Questo porrebbe il problema di quello che i ministri pensano come singoli e quello che fanno come ministri: un problema che non è certo limitato a questo tema ma che è troppo vasto per essere affrontato qui. Ricordiamo che, mentre leggiamo l’esternazione del ministro Profumo, si avanza nelle viscere del Parlamento la legge sul fine vita: e che da tempo l’Europa attende misure fiscali adeguate per i beni della Chiesa in Italia.
Quando questo governo è nato ci si è posti la domanda se fosse il governo dei cattolici seri, scesi in politica per rimediare ai disastri provocati dal collateralismo della Chiesa gerarchica e della Santa Sede col governo Berlusconi. Oggi abbiamo molti elementi per rispondere: e non possiamo dire che la risposta sia positiva. Ma intanto all’argomento dell’Avvenire – che l’insegnamento della religione è “l’anima d’Italia”, quell’anima che dovremmo imporre soprattutto ai figli degli immigrati, la risposta la dà lo spettacolo offerto in questi giorni dal governo della Regione Lazio: un governo nato dalla battaglia contro il rischio della vittoria di una esponente radicale, Emma Bonino, vista di malocchio e variamente osteggiata dai politici cattolici e cinici d’ogni partito, spaventati dalla semplice possibilità che la città del Papa vedesse all’opera un governatore dichiaratamente e fattivamente laico. Allora si scelse la salvezza dell’anima d’Italia: e quell’anima si è rivelata nel suo fondo clerico fascista e nell’immoralità impudente e contenta di sé di cui abbiamo quotidianamente tante fiorite esternazioni. Davanti a cui perfino il cardinal Bagnasco si è stracciato le vesti e ha gridato all’urgenza di un risanamento morale della classe politica.
Ma intanto l’esternazione del ministro ha offerto una zattera ai naufraghi del defunto berlusconismo: la Lega ha tuonato che l’ora di religione non si tocca, il ciellino Maurizio Lupi ha detto che bisogna difendere gli italiani dal pericolo del relativismo (rieccola la bestia nera della Chiesa ratzingheriana, a deludere chi sperava che le parole di apertura e di tolleranza del discorso papale in Libano valessero anche per l’Italia). Insomma la difesa dell’ora di religione ricompone lo scenario e ridà parvenza di unità ai brandelli di quello che fu un partito. Vorremmo mettere in guardia il mondo cattolico dal cadere ancora in questa trappola: soprattutto perché troviamo intollerabile la condizione di totale assenza di informazione religiosa e di consapevolezza dello stato del mondo che segna chi attraversa i percorsi scolastici avvalendosi dell’insegnamento suddetto. E riteniamo che nella confusione tra religione e morale e nella zuppa della religione scolastica fatta di buoni sentimenti e di ignoranza dell’esistenza e delle ragioni di altre culture stia una radice non minore dell’immoralità rampante e impunita e del malgoverno della cosa pubblica in Italia.
Basterà richiamare l’opera di uomini come Piero Calamandrei e Arturo Carlo Jemolo, che partendo da una profonda sensibilità verso il fatto religioso si batterono per il rispetto della libertà di ogni individuo e per un’educazione all’integrità morale dei cittadini contro la tradizione di dominio di un’unica Chiesa accampata nello spazio pubblico italiano, preoccupata di ogni finestra spalancata sul mondo, sulle fedi altrui, sulla ricchezza di altre culture. La battaglia per la libertà religiosa è stata la prima in ordine di tempo e resta la prima in ordine d’importanza nel processo di nascita dell’Europa moderna. L’Italia uscita dall’abiezione del fascismo non riuscì a liberarsi dall’assuefazione a considerare “religione” la scipita minestra unica distribuita nelle scuole sotto controllo dei vescovi. Di fatto i principi di uguaglianza e di pari dignità degli italiani espressi nella Costituzione repubblicana furono invalidati col semplice inserimento dei Patti Lateranensi: da quella porta come da un cavallo di Troia entrarono nella vita del paese continue e sistematiche lesioni di quei diritti. E l’insegnamento della cosiddetta religione nelle scuole pubbliche è nello stesso tempo la radice e la bandiera degli abusi. Vogliamo forse dimenticare lo statuto alieno degli insegnanti di religione, nominati col placet dell’autorità ecclesiastica? Si tratta di una specie di “fuori sacco” del corpo docente, un’infrazione al principio fondamentale che governa dal ’700 in poi la selezione e la promozione dei capaci e meritevoli nel moderno sistema dei diritti. Quanto al fantasma dell’identità italiana evocato dall’Avvenire, fino ad ora ha trovato corpo soltanto in una normativa sulla cittadinanza che non è definibile se non col termine di razzismo, fondata com’è sulla successione di sangue.
Ma si aprano gli occhi sul mondo una buona volta: si guardi a come l’ultimo fascicolo di “Le Monde des religions” in edicola in questi giorni informa l’opinione pubblica di un paese laico sullo stato delle religioni nel mondo, sui fantasmi dell’islamismo politico, sui progressi di culti e devozioni nell’universo di un cristianesimo sempre più florido in Africa e sempre più asfittico e demotivato in Europa. E pensare che tra ’500 e ’600 fu un autore italiano, Giovanni Botero, a informare i lettori di tutta Europa sullo stato delle religioni nel mondo. A noi oggi, testimoni dello stato morale del Paese, non resta che masticare fra i denti le parole di un altro italiano: quel Niccolò Machiavelli che accusò la Corte di Roma di aver reso gli italiani: «Sanza religione e cattivi».



L’ora delle religioni
La cultura laica in passato ha frenato. Spero che si cambi
l'Unità, 26-09-2012
Michele Ciliberto
È IMPORTANTE IL PROPOSITO ESPRESSO OGGI DAL MINISTRO FRANCESCO PROFUMO DI INTRODURRE NELLA SCUOLA MEDIA L’INSEGNAMENTO DELLE RELIGIONI. È una proposta importante sia dal punto culturale che da quello civile. Non è la prima volta, in verità, che viene avanzato un progetto di questo genere, ma purtroppo è sempre caduto nel vuoto, senza riuscire ad ottenere una pratica realizzazione.
Alla base di questo fallimento ci sono stati contrasti, opposizioni, diffidenze di vario genere. C’è una diffidenza di matrice ecclesiale. Ma va detto che ostilità sono scaturite anche da vecchie forme di anticlericalismo di matrice vetero risorgimentale che impedivano di cogliere l’importanza della conoscenza storica delle religioni, e il valore che esse hanno avuto, sia pure da punti di vista differenti e configgendo tra di loro, nella formazione dell’uomo moderno e, in generale, della modernità. Basta pensare all’importanza che l’ebraismo ha avuto nella cultura rinascimentale per fare un solo nome: Giovanni Pico della Mirandola con la sua Biblioteca ebraica e al significato dell’islamismo già nel Medioevo nella costruzione complessa e stratificata dell’identità europea, che non può essere ridotta alla sola matrice cristiana. Essa è il risultato, in varie forme e con differente rilievo, delle tre «religioni del Libro».
E lo stesso atteggiamento negativo e dannosissimo che ha impedito lungamente lo studio della teologia nelle università italiane, non rendendosi conto che senza conoscere le discussioni, e i conflitti, di ordine teologico è impossibile comprendere filosofi di prima grandezza come Cartesio, Spinoza, Leibniz, Kant, Hegel... Un atteggiamento di cui non è il caso di sottolineare la miopia e la cecità, anzitutto sul piano scientifico, ma anche su quello civile perché impedisce di mettere a fuoco la molteplicità di vie e di forme attraverso cui si è formata, e continua a formarsi, l’esperienza umana, in cui confluiscono, anche polemicamente, correnti e tradizioni religiose di cui occorre mettere in luce, e valorizzare, sia la specificità che l’originalità.
Questo per quanto riguarda il passato. Ma oggi la conoscenza ,e lo studio, delle religioni appare perfino più importante e necessario per le trasformazioni della composizione demografica sia italiana che europea. Oggi sia nel nostro continente che in Italia si sta faticosamente, ma progressivamente, affermando una società multietnica e multireligiosa, che costituisce l’orizzonte attuale della nostra storia, ponendo una serie di problemi nuovi e inediti con cui è indispensabile confrontarsi. Questo processo richiede la maturazione di nuovi punti di vista e di nuove forme di cittadinanza che impongono di andare al di là della pur fondamentale idea moderna di «tolleranza» e richiedono la costituzione di nuovi modelli e di nuovi istituti di reciproco riconoscimento e convivenza, che non possono, evidentemente, prescindere da una forte e diffusa conoscenza delle reciproche fedi ed esperienze religiose.
In questo senso il problema posto dal ministro Profumo è centrale e riguarda direttamente la figura e l’identità del nuovo Stato nazionale e della nuova identità europea che intendiamo costruire. Occorre naturalmente vedere se ci siano le condizioni per attuare finalmente questo progetto uscendo da vecchie e superate forme di laicismo e da vecchie contrapposizioni tra credenti e non credenti. E se non ci sono queste condizioni occorre quanto prima crearle, anzitutto sul piano giuridico e istituzionale. E i primi a muoversi in questo senso dovrebbero essere proprio i «laici», se hanno a cuore la formazione di una nuova, e più ricca e più avanzata Italia civile, per riprendere un’espressione cara a un maestro come Norberto Bobbio.
Ma il discorso va al di là della pur importante dimensione civile: l’esperienza religiosa, quando è autentica e profonda, è un patrimonio essenziale per tutti: conoscerla e salvaguardarla è fondamentale per laici e non laici, per credenti e non credenti qualunque sia la «fede» che professano.



Non toccate l’ora di religione. Profumo fa dietrofront
il Fatto, 26-09-2012
Chiara Paolin
La materia è notoriamente esplosiva. E il ministro dell’istruzione, Francesco Profumo, se n’è reso conto troppo tardi. “Credo che l'insegnamento della religione nelle scuole, così come concepito oggi, non abbia più molto senso. Probabilmente quell’ora di lezione andrebbe adattata, potrebbe diventare un corso di storia delle religioni o di etica" aveva detto venerdì sera alla festa di Sel.
CONCETTO neanche tanto innovativo considerato che il programma ministeriale della scuola italiana, approvato nel 1985 dopo il rinnovo dei Patti Lateranensi, aveva già messo nero su bianco l’obbligo di fornire agli alunni una preparazione di base sulla storia delle religioni. Contestualmente, veniva confermato il diritto del Vaticano a tenere corsi di religione cattolica dalla materna alle superiori, con insegnanti abilitati direttamente dagli organi ecclesiastici. D’altra parte, i genitori avevano la libertà di scegliere un’attività alternativa per i propri figli, completamente estranea alla religione. Tutto perfetto dunque? “Proprio no - spiega Antonia Sani, pasionaria della scuola laica -. Perché in concreto è successo che l’ora di religione l’hanno dovuta fare tutti. Da sempre, chi chiede l’alternativa viene spedito in altre classi, o in corridoio. I dirigenti scolastici accampano la solita scusa: non ci sono soldi per gli insegnanti in più. Falso, perchè i fondi esistono e basta chiederli”.
Ogni anno si spendono 800 milioni di euro per insegnare la religione cattolica, ma tra i fondi stanziati a questo scopo ci sono anche quelli per la materia alternativa: man mano che le famiglie richiedono corsi diversi, i milioni vengono dirottati. Se nessuno chiede, tutto resta com’è, ma non è facile pretendere dalle scuole il rispetto della norma. Nel 2011 il ministero dell’Istruzione ha inviato una circolare per spiegare alle direzioni scolastiche come attivare i corsi alternativi e dove trovare i soldi: “I genitori di una scuola di Padova avevano chiesto i danni al Tar perchè i loro ragazzi non godevano della materia extra - spiega ancora la Sani - I giudici hanno condannato la scuola a pagare 1.500 euro per ogni studente”.
INSOMMA l’uscita di Profumo casca a pennello tra le esigenze delle famiglie che sempre più numerose non vogliono la religione cattolica (perché di altra fede o semplicemente contrarie alla dottrina in aula) e l’oggettiva disponibilità ministeriale ad applicare finalmente la legge. I fondi 2011, riuniti in un unico asset nazionale, sono generosi: 25 milioni per la scuola materna, 308 per le elementari, 101 per le medie e 224 per le superiori. Dal 1993 al 2011 la percentuale di chi non frequenta l’ora di religione è salita dal 6,5 al 10,2, dice la Cei (cioè 800mila alunni su 8 milioni).
Certo ormai lo Stato italiano ha assunto in pianta stabile 25mila insegnanti di religione scelti dal Vaticano per diffondere la religione cattolica, personale con busta paga garantita e spazio di docenza automatico: qualcosa bisognerà pur fargli fare. Oltretutto nel 1985, allungando l’orario scolastico, si decise di raddoppiare l’ora settimanale e adesso che molte scuole non riescono più a garantire i turni lunghi per mancanza di risorse le ore di religione restano comunque due.
Il ministro Profumo, dopo la consueta zuffa dei pareri (basti la Binetti: “Chi non vuole può uscire di classe”), ha fatto un bel passo indietro: “L’Italia è cambiata, credo che debba cambiare il modo di fare scuola, che debba essere più aperto" ha detto. Un po’ imbarazzato.



Ora di religione. Contro Profumo l’ira dei cattolici
Il ministro: «Rivedere i programmi di religione Il Paese è diventato multiculturale»
La Cei: fa confusione con il catechismo
l'Unità, 26-09-2012
Luciana Cimino
ROMA Non è la prima volta che si discute dell’ora di religione cattolica nella scuola pubblica. Stavolta però a riprendere la questione è il ministro Francesco Profumo in persona. L’argomento lo aveva già affrontato venerdì scorso ad una festa di Sel: «Credo che l’insegnamento della religione nelle scuole così come concepito oggi non abbia più molto senso. Quell’ora di lezione potrebbe diventare un corso di storia delle religioni o di etica», aveva detto.
Ma le polemiche sono scoppiate ieri mattina quando il titolare dell’Istruzione (in occasione dell’apertura della biblioteca del suo dicastero) ha ribadito, estendendola anche alla geografia, la sua posizione. «Credo che il paese sia cambiatoha spiegato Profumo nelle scuole ci sono studenti che vengono da culture, religioni e paesi diversi. Il modo di fare scuola deve essere più aperto». E ha aggiunto quindi che «non solo per la religione, ma anche per la geografia ci vorrebbe una revisione dei nostri programmi. Oggi la scuola deve essere più aperta, multietnica e capace di correlarsi al mondo attuale».
E subito il mondo politico si spacca in favorevoli e contrari. È Maurizio Lupi, pidiellino molto vicino a Comunione e Liberazione, il primo a manifestare contrarietà: «Non possiamo annacquare ciò che siamo per far piacere agli altri. È solo ripartendo dal riconoscimento della nostra cultura fondata sulle radici giudaico-cristiane che è possibile instaurare un dialogo con chi è diverso». Sulla stessa lunghezza di pensiero la Lega e Paola Binetti (Udc) mentre la Cei si difende dicendo che i nuovi programmi sono stati «già adeguati rispetto al passato e infatti oggi l'insegnamento della religione cattolica consiste in una presentazione del cristianesimo dal punto di vista culturale, che tiene conto della attuale realtà multietnica». Stesse parole per il segretario dello Snadir (Sindacato autonomo docenti di religione) che però trova l’uscita di Profumo «inopportuna e inadeguata».
Mentre un assist inaspettato viene dai genitori aderenti all’Agesc (Associazione genitori scuole cattoliche): «L’Italia è un Paese multiculturale ed è giusto ampliare l'insegnamento della religione alla scienza delle religioni», dice Roberto Gontero, il presidente. D’accordo anche Idv e Radicali che sottolineano «oggi nelle scuole italiane non si insegna storia delle religioni, ma si fa catechismo coi soldi pubblici». E interviene anche la Flc – Cgil che per bocca del suo segretario nazionale, Mimmo Pantaleo, dice che Profumo «ha perfettamente ragione». «L’aumento degli alunni stranieri deve essere una grande opportunità per un nuovo approccio all’educazione interculturale».
La Rete degli studenti medi chiede di partire da qui per «aggiornare tutti i programmi e per rivoluzionare la didattica italiana, cambiare i sistemi di apprendimento e riformare il sistema di valutazione, tutto fermo a 40 anni fa». L’Uaar (Unione atei agnostici razionalisti) invita il ministro «a dar seguito ai suoi dubbie a cominciare a intervenire seriamente». Mentre il Pd si concentra sulla mancanza di alternative per quei bambini e ragazzi che non optano per l’insegnamento religioso. Arriva un plauso per Profumo da Marco Pacciotti, coordinatore del Forum immigrazione del Pd e Khalid Chaouki, responsabile Nuovi Italiani dei Democratici. Intanto Francesca Puglisi, responsabile scuola, spiega «il programma dell'ora di religione discende dal Concordato tra Stato e Chiesa. Il governo Monti vuole modificarlo? Il primo atto concreto che potrebbe realizzare Profumo è assegnare alle scuole gli insegnanti che servono per poter svolgere l'ora di alternativa, invece di costringere gli studenti a dover abbandonare la classe o di studiare in palestra».
E invita a concentrarsi su altro: «l’ora di religione non serva a distrarre l'attenzione dell'opinione pubblica dal bisogno di risorse della scuola italiana o dai nuovi tagli che il governo ha in animo di fare e che il Pd è pronto a contrastare in ogni modo»



Quell’insegnamento che offre a tutti l’anima d’Italia
Avvenire, 25-09-2012
Giuseppe Dalla Torre
Ha ancora una ragione l’insegnamento di religione cattolica nelle scuole? L’interrogativo nasce a seguito di una sorprendente esternazione del ministro dell’Istruzione, secondo il quale tale ragione sarebbe sostanzialmente venuta meno col volgere della nostra società nelle forme della multietnicità, e quindi del pluralismo religioso, seguente al consistente fenomeno immigratorio che caratterizza la nostra storia più recente.
L’esternazione è sorprendente non solo, e non tanto, perché dinnanzi ai molti e gravissimi problemi che assediano il Paese, e anche il dicastero governato dal ministro Profumo, la questione dell’ora di religione appare davvero del tutto marginale; non solo, e non tanto, perché lo stesso ministro ha appena firmato un accordo con il presidente della Conferenza episcopale italiana, cardinale Bagnasco, relativo proprio a questo insegnamento; non solo, e non tanto, perché la questione investe profili di diritto internazionale, che quindi esulano dalle competenze del Ministero della Istruzione. Si tratta di una esternazione che in particolare sorprende per almeno due ordini di ragioni. La prima riguarda i contenuti e i destinatari dell’insegnamento. Al riguardo occorre ricordare che esso, previsto dall’articolo 9 del Concordato, non è catechesi, non ha la finalità di preparare alla recezione di sacramenti, come il battesimo, la comunione, la cresima o il matrimonio; non presuppone un atto di fede da parte dei destinatari e non è, quindi, riservato ai credenti. Esso ha invece lo scopo di presentare oggettivamente ciò che il cattolicesimo crede e professa, con una precisa finalità culturale. Tanto è vero che l’insegnamento di religione cattolica è offerto a tutti, seppure la disposizione concordataria garantisca il diritto di scegliere se avvalersene o non avvalersene.
La seconda ragione è di profilo più propriamente culturale. Nel senso che, ancorché investita dalla secolarizzazione, la nostra società – per usare la nota espressione di Croce – non può non dirsi cristiana: basti pensare alla nostra storia, alle opere d’arte sacra disseminate nel Paese, alle tradizioni locali, ai nomi che portiamo o alle feste che celebriamo. Qui si radica la nostra identità. E senza questo 'alfabeto' non si legge nel profondo l’Italia e non si intendono appieno neanche le sue bellezze artistiche. Allora, come si va a sostenere che sarebbe inutile ai nostri studenti si facciano conoscere le radici da cui vengono?, si rappresentino i caratteri di una istituzione molto presente nel Paese?, si dia ragione delle ragioni che spingono porzioni consistenti della società alla solidarietà?, si presenti ciò che costituisce il nucleo della religione che ha costruito le basi della nostra unità culturale? In una società etnicamente pluralista, come insegnano, una consapevole identità è assolutamente necessaria. E per i piccoli venuti anche da lontano a vivere da noi e con noi, e che domani potranno e dovranno essere cittadini italiani, è proprio indifferente avere proposta una conoscenza di questi elementi identitari? Non li si rende più estranei, marginalizzati, dunque poveri, facendo ignorare loro elementi essenziali della realtà sociale e culturale in cui si trovano? Nonostante siano passati ventotto anni dalla revisione concordataria e nonostante le modificazioni profonde verificatesi in tale arco di tempo nella società, le opzioni per l’insegnamento di religione cattolica appaiono ancora altissime; esse comprendono, quindi, anche scelte di non cattolici o non cristiani. Qui è la riprova che l’ora di religione ha una ragione e che la multietnicità sembra aver inciso assai marginalmente.



Richieste di sanatoria per immigrati, Caserta fanalino di coda in Campania
A dieci giorni dall’avvio della procedura in Terra di Lavoro le richieste sono 400, ma sul litorale domizio le presenza sono circa 10 mila
Corriere della sera, 26-09-2012
CASERTA – Sono migliaia, ma solo poche centinaia avranno i documenti in regola, almeno quest’anno grazie alla sanatoria aperta il 15 settembre. L’esercito di immigrati, soprattutto sul litorale domizio, dove si contano oltre 10 mila presenze non ufficiali, si riduce a piccola truppa nelle domande pervenute allo Sportello unico per l’Immigrazione. Ad oggi, a dieci giorni dal via alla sanatoria (il 15 settembre scorso, ndr) prevista dal Decreto Legislativo 109 del 2012, ad un terzo dunque del cammino (si concluderà il 15 ottobre, ndr), sono 394 le richieste di sanatoria, a fronte delle 2766 di Napoli e delle 697 di Salerno. Più basso è il numero registrato ad Avellino (36) e Benevento (10), ma qui la presenza di lavoratori extracomunitari privi di permesso di soggiorno è di gran lunga inferiore rispetto al Casertano e alle altre due province. Solo nel Comune del litorale domizio di Castel Volturno, si stima la presenza di oltre diecimila immigrati clandestini, gran parte dei quali effettua attività lavorativa senza alcun contratto.
LA STIMA - Alla prefettura di Caserta si ipotizza che andando di questo passo si potrebbe arrivare a poco più di 1200 domande di emersione, un numero bassissimo rispetto alle attese, dal momento che la normativa emanata dal Governo prevede l'emersione anche dei lavoratori subordinati, e non solo di colf o badanti come in precedenti sanatorie; è probabile comunque che negli ultimi giorni vi sia un forte incremento dovuto a quegli imprenditori che hanno atteso l'ultimo momento per raccogliere tutta la documentazione necessaria.



Visti d'entrata ai professionisti per far fiorire tante start up
il sole, 26-09-2012
Piero Formica
Per far rípartire l'ltalia con le start up, come vuole il Ministro Passera, un raessaggio forte viene del Canada. I canadesi non si accontentano del 14mo posto (28 posizioni sopra l'ltalia) nella graduatoria mondiale della competitività e prendono l'ascensore delle start up innovative per salire più in alto. Lo fanno con un visto speciale concesso agli stranieri che immigrano nel paese per avviare un'attività imprenditoriale.
Col programma "Visa Start up" il governo canadese si propone di individuare, selezionare e accogliere «immigranti giovani, ambiziosi e innovativi che contribuiranno alla crescita dell'occupazione e daranno una spinta propulsiva all'economia canadese». L'identificazione dei candidati avverrà attraverso i fondi di venture capital ai quali sarò richiesto di investire nelle start up fondate dai candidati prescelti. II programma partira con 2750 visti rilasciati annualmente ai soggetti selezionati e ai loro familiari.
L'immigrazione è una ricca fonte d'imprenditorialità e la sua parte più istruita è all'origine di imprese altamente innovative, come dimostra la Silicor Valley dove un terzo delle start up è scaturito all'iniziativa di immigrati asiatici. anzitutto cinesi e indiani. Sono poi gli immigrati
asiatici in testa, che facilitano l'internazionalizzazione delle nuove imprese, sfruttando i 'bamboo network'- dense reti relazioni intrecciare nei paesi di origine dalle loro famiglie allargate.
Il governo indiano favorisce questi comportamenti concedendo la doppia cittadinanza ai cervelli in mobilità. Gli indiani istruiti vanno in America per approfondire i loro studi e poi tradurre il know-how acquisito in ambiziose applicazioni commerciali sia nel paese ospitante che in quello di provenienza. Le nuove sponde orientali infrante dalle onde del "mar dei talenti" si chiamano Bangalore, Pune e Hyderabad in India, Chongqing e Zhongguarncun in Cina, Incheon e Daejeon in Corea. Nell'entroterra si trovano le città cosmopolitane di Mumbai, Shanghai, Pechino e Seoul.
Se il Novecento è stato il secolo della corsa ai pozzi di petrolio, questo primo scorcio del XXI secolo ha visto partire la corsa alle fonti del sapere che si coniuga con l'imprenditorialità. Con il Visa Start up si fa più agguerrita la competizione globale per attrarre talenti imprenditoriali nel proprio paese. È anzitutto ai cugini statunitensi die guarda il Canada.
I tanti brillanti stranieri che negli Stati Uniti sono impegnati nei settori ad alta tecnologia senza ottenere lo status di residenti potranno ora essere accolti dalla sponda canadese. A differenza della gara per il petrolio, questo nuovo gioco competitivo incoraggia la cooperazione tra paesi. Con l'apertura internazionale propria dei capitali di rischio, il legame stretto tra immigrati imprenditori e investitori canadesi crea un clima di competizione cooperativa (0 "co-opetizione", come dicono in Asia) che favorisce la circolazione dei talenti. Questa, a sua volta, è una delle più ricche sorgenti d'imprenditoralita senza frontiere. Ecco perche il nostro Paese deve attrezzarsi per navigare lungo le nuove rotte imprenditoriali dove si scontrano e s'incontrano i fondatori d'impresa conun Dna globale che sfruttano i risultati di una scienza altrettanto globale.
L'andirivieni dei nomadi della conoscenza tra un punt o e l'altro delle zone calde dell'innovazione è un'opportunità da non perdere. Un "Visa Start up Italia" permetterebbe al nostro Paese di navigare lungo la corrente dell'innovazione nel "mar dei talenti", con start up fondate grazie alla collaborazione tra giovani talenti italiani e immigrati.




Gli schiavi dell'elemosina , un racket in tutto il Nord: liberati decine di disabili
«Comprati» in Romania e costretti a mendicare
Corriere della sera, 26-09-2012
Giuseppe Guastella
( ha collaborato Marco Bardesono)
MILANO - L'aguzzina e la gallina dalle uova d'oro. «Date una monetina per favore, aiutate questa poverina» piagnucola la donna indicando l'altra che carponi trascina miserevolmente le gambe paralitiche: due romene chiedono la carità ai milanesi che entrano ed escono frettolosamente dalla metropolitana. È solo uno dei tandem messi in strada ogni giorno da una spietata organizzazione criminale sgominata ieri e che, specie al Nord, come altre controlla militarmente il territorio delle città.
Cocana ha 31 anni e gravi handicap alle gambe che la rendono tragicamente preziosa. Quando un anno fa i suoi genitori adottivi l'hanno venduta a Kemal Pomak per duemila euro è stata caricata su un furgone come una bestia.
Da Costanza, la città sul Mar Nero in cui morì il poeta latino Ovidio, autore delle Metamorfosi , come altri 27 schiavi romeni, con i documenti sequestrati dagli aguzzini, terrorizzata e incapace di scappare si è ritrovata a Milano rinchiusa in un lager in balia di un gruppo di connazionali di etnia rom o turca. C'è quello che è stato ingannato con il miraggio di un lavoro onesto e l'altro che ha deciso coscientemente di fare il mendicante. Ci sono giovani e 75enni comprati per pochi euro. Nessuno ha mai avuto un centesimo di «paga», solo botte se si rifiutava di «lavorare».
Il campo si trova in via Calchi Taeggi, periferia ovest di Milano. Lo ha scoperto la Polizia locale durante un anno di indagini (foto, filmati, pedinamenti, intercettazioni) che, coordinate dal pm Antonio Sangermano hanno portato a 12 ordini di custodia cautelare per associazione a delinquere, riduzione in schiavitù aggravate dalla transnazionalità e dal fatto che le vittime sono portatori di handicap. Reati commessi con «totale disprezzo non solo per le più elementari regole di convivenza civile, ma anche del naturale senso di pietà e umanità», scrive il gip Simone Luerti. Baracche fatiscenti, materassi sfondati posati sul cemento tra cumuli di spazzatura sui quali scorrazzano i topi. Le regole sono ferree: ciascun schiavo ha un «padrone» che lo controlla mentre chiede l'elemosina nelle stazioni della metropolitana, ai semafori degli incroci più trafficati, e al quale deve consegnare ogni moneta che riceve; 10/12 ore di lavoro, pioggia o neve non contano; un pasto con patate lesse, qualche ala di pollo e un tozzo di pane, e neanche tutti i giorni perché più si è magri e macilenti e più si fa pietà; vestiti logori, sporchi e puzzolenti che lascino intravedere nudità; chi ha un handicap deve accentuarlo, chi non ce l'ha deve far finta di averlo; imparare solo le parole d'italiano che servono a chiedere la carità.
Ibram «Lahu» Saba, 40 anni, è il capo assoluto al quale i «sottomessi» ogni giorno devono portare almeno 30/35 euro a testa. È lui a dirigere il traffico dei furgoni che, dopo l'apertura delle frontiere, carichi di schiavi fanno la spola tra Romania e Italia. Gli investigatori ritengono che fino ad ora abbia incassato circa un milione di euro con i quali si è fatto una «villa a Medgidia, vicino Costanza, molto grande» dichiara uno dei due mendicanti che ha avuto il coraggio di rivelare i segreti dell'organizzazione. Anche i padroni sono spietati come il boss. Quando gli schiavi portano le monete da 1, 2 e 5 centesimi gliele sbattono in faccia inferociti, ma non sanno che dopo le loro vittime le raccolgono per comprarsi di nascosto un po' di pane. Pretendono che i servi li aiutino a rubare in giro quando capita e perfino che contribuiscano alle spese del viaggio della schiavitù. Se ne sono resi conto gli agenti che, intercettando uno dei negrieri, lo hanno sentito dire al telefono che gli era finito il gasolio a Padova e che doveva mandare due o tre delle sue bestie a raccattare soldi per strada.
Indagini di questo tipo si susseguono in tutta Italia facendo sorgere il sospetto sull'esistenza di una rete che si spartisce il territorio nazionale in zone di controllo. A Torino nei giorni scorsi è stata sbaragliata un'analoga organizzazione che obbligava alcuni mutilati a chiedere l'elemosina lungo le vie della città, in modo particolare nei pressi del Palagiustizia. In manette sono finiti cinque rumeni di una stessa famiglia che obbligavano i loro schiavi a saltellare per vedere se tenevano nascosta qualche monetina tra i vestiti.
Ma la crisi colpisce anche questa attività criminale. Un accattone-testimone racconta di un giorno in cui non è riuscito a racimolare che pochi spiccioli: «Mi sono inginocchiato e ho detto "mi scuso perché non ho portato molto". Forse ora anche loro, gli automobilisti, sono rimasti senza soldi».

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