Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri
Da oggi siamo tutti un po' meno liberi
Oltre quarant’anni fa, l’Avanti! titolava: da oggi ognuno è più libero. Sia detto senza alcuna retorica: con l’approvazione del cosiddetto “pacchetto sicurezza” quell’annuncio (allora motivatamente ottimista) va rovesciato. È vero, nell’anno di grazia 2009 siamo tutti un po’ meno liberi.
Le norme approvate vanno analizzate, ma già si può dire che la classificazione come reato dell’immigrazione irregolare e l’introduzione delle “ronde” costituiscono due lesioni profonde come non mai inferte al nostro ordinamento giuridico. E un significativo passo indietro nel sistema dei diritti e delle garanzie. Il risultato è di criminalizzare i migranti non per i loro comportamenti ma per il solo fatto di non essere nati in Italia, subordinando la regolarità del soggiorno al possesso di un permesso ‘a punti’, che la pubblica autorità potrà azzerare sulla base di criteri alquanto fumosi.
Ma qui emerge una questione ancora più profonda: per la prima volta nel nostro sistema penale viene sanzionata la mera condizione di irregolarità.
È reato, e aggravante nel caso si commettano altri reati, un semplice stato, una condizione, un dato esistenziale (migrante: come, in altre epoche e in altri regimi, povero, omosessuale, zingaro...). Il “pacchetto” contiene, poi, una serie di dispositivi che renderanno i processi di regolarizzazione e di integrazione sempre più complessi e tortuosi. Dall’obbligo di regolarità del soggiorno ai fini dell'accesso ai servizi a quello di dimostrazione di validità del soggiorno per il perfezionamento degli atti di stato civile; dall’obbligo di certificazione dell'idoneità alloggiativa ai fini del ricongiungimento, all’introduzione di un contributo (tra 80 e 200 euro) per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno.
Tutto ciò avrà l’effetto di disincentivare i meccanismi di ingresso nella legalità e nella visibilità del sistema di cittadinanza e la conseguente crescita dell’area dell’irregolarità.
Altrettanto grave è il fatto che si sia riconosciuta a comuni cittadini la possibilità di co-gestire il monopolio della violenza legittima (l’uso della forza legale), da sempre prerogativa esclusiva dello Stato e suo stesso fondamento costitutivo. Lo Stato si spoglia, così, di un suo compito primario per “appaltarlo a privati”, che potranno usare il potere terribile della forza verso chi identificheranno come minaccia.
Strana idea di sicurezza, questa, che finisce col subordinare il diritto a un’asimmetria radicale: inflessibile con chi è percepito come diverso, indulgente se non del tutto inerte con chi si arroga il potere di definire il parametro della diversità.


Oltre che brutta, inefficace

Maurizio Ambrosini
Con l’approvazione del pacchetto sicurezza, blindato dal voto di fiducia, e il contemporaneo ricorso ai respingimenti verso la Libia, il governo Berlusconi afferma di aver risolto il problema dell’immigrazione definita “clandestina” e rafforzato la sicurezza degli italiani. 
Come esito finale, tutta una serie di norme della legislazione vigente (che non è altro che la legge quadro del ’98, già modificata con la cosiddetta Bossi-Fini) sono state o verranno emendate a senso unico, penalizzante per gli  immigrati, senza nessun cambiamento nel segno dell’integrazione.  Si può ricordare come esempio emblematico il cosiddetto “permesso di soggiorno a punti”: punti che gli immigrati possono solo perdere, mai guadagnare, per quanto bene si possano comportare. Neppure se salvassero delle vite umane, come è già successo.
Vorrei però segnalare qualche problema sul piano dell’efficacia delle norme adottate, che ne rivela a mio avviso il vero intento: quello di un’operazione propagandistica, talmente ben riuscita da riuscire a far breccia anche nelle file della sinistra e tra alcuni intellettuali.
Anzitutto, le espulsioni portate a compimento sono state poco più di 6.000 (fine ottobre), e non potrebbero essere molte di più. In tutta Italia, i posti nei centri di identificazione ed espulsione sono meno di 1.200. L’insistenza sui 18 mesi di trattenimento è fuorviante: non si farebbe altro che intasare, con pochi malcapitati, i pochi posti disponibili. Va ricordato che con l’ultimo decreto flussi sono state presentate domande per 740.000 immigrati, normalmente già di fatto presenti e occupati in Italia. La Fondazione Ismu stima in un milione gli irregolari presenti sul territorio: persone che non arrivano via mare (30.000 sbarchi a Lampedusa nel 2008), ma con un permesso turistico che ad un certo momento arriva a scadenza, spesso proprio perché i migranti hanno trovato un qualche lavoro. Il tasso di espulsione si attesta quindi al di sotto  dell’1% dei casi .
Tra sanatorie e decreti flussi, gli immigrati transitano progressivamente dall’irregolarità alla regolarità, con il beneplacito dei datori di lavoro: ancora ricorrendo alle analisi della Fondazione Ismu, in Lombardia 2 immigrati su 3, oggi regolari, sono passati attraverso un periodo di irregolarità. Tra i lavoratori, i valori sono ancora più alti, giacché gli immigrati che sono sempre stati regolari sono per lo più quelli che arrivano per ricongiungimento familiare.
Va rilevato, a questo riguardo, che  il governo non è intervenuto sulla molla principale dell’immigrazione irregolare, ossia le grandi opportunità di lavoro nero che il nostro mercato offre. Anzi, ha alleggerito ispezioni e controlli. Ha proseguito sulla strada delle sanatorie mascherate attraverso i decreti-flussi. Se nel 2009 non autorizzerà nuovi flussi di ingresso, a motivo della recessione, ha però promesso di regolarizzare un nutrito contingente (pare intorno alle 150.000 unità)  di immigrati rimasti esclusi dal decreto flussi 2008, con ciò confermando che si tratta appunto di una manovra di sanatoria.  Una severità di facciata è contraddetta dai comportamenti effettivi sul fronte decisivo della regolazione del mercato del lavoro



Una norma che criminalizza e discrimina

Il disegno di legge n. 733-B attualmente all’esame del Senato prevede varie innovazioni che suscitano rilievi critici.


In particolare, riteniamo necessario richiamare l’attenzione della discussione pubblica sulla norma che punisce a titolo di reato l’ingresso e il soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato, una norma che, a nostro avviso, oltre ad esasperare la preoccupante tendenza all’uso simbolico della sanzione penale, criminalizza mere condizioni personali e presenta molteplici profili di illegittimità costituzionale.

La norma è, anzitutto, priva di fondamento giustificativo, poiché la sua sfera applicativa è destinata a sovrapporsi integralmente a quella dell’espulsione quale misura amministrativa, il che mette in luce l’assoluta irragionevolezza della nuova figura di reato; inoltre, il ruolo di extrema ratio che deve rivestire la sanzione penale impone che essa sia utilizzata, nel rispetto del principio di proporzionalità, solo in mancanza di altri strumenti idonei al raggiungimento dello scopo.

Né un fondamento giustificativo del nuovo reato può essere individuato sulla base di una presunta pericolosità sociale della condizione del migrante irregolare: la Corte costituzionale (sent. 78 del 2007) ha infatti già escluso che la condizione di mera irregolarità dello straniero sia sintomatica di una pericolosità sociale dello stesso, sicchè la criminalizzazione di tale condizione stabilita dal disegno di legge si rivela anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo.

L’ingresso o la presenza illegale del singolo straniero dunque non rappresentano, di per sé, fatti lesivi di beni meritevoli di tutela penale, ma sono l’espressione di una condizione individuale, la condizione di migrante: la relativa incriminazione, pertanto, assume un connotato discriminatorio ratione subiecti contrastante non solo con il principio di eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia penale, in base alla quale si può essere puniti solo per fatti materiali.

L'introduzione del reato in esame, inoltre, produrrebbe una crescita abnorme di ineffettività del sistema penale, gravato di centinaia di migliaia di ulteriori processi privi di reale utilità sociale e condannato per ciò alla paralisi. Né questo effetto sarebbe scongiurato dalla attribuzione della relativa cognizione al giudice di pace (con alterazione degli attuali criteri di ripartizione della competenza tra magistratura professionale e magistratura onoraria e snaturamento della fisionomia di quest'ultima): da un lato perché la paralisi non è meno grave se investe il settore di giurisdizione del giudice di pace, dall'altro per le ricadute sul sistema complessivo delle impugnazioni, già in grave sofferenza.

Rientra certo tra i compiti delle istituzioni pubbliche «regolare la materia dell’immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa coinvolti ed ai gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati» (Corte Cost., sent. n. 5 del 2004), ma nell’adempimento di tali compiti il legislatore deve attenersi alla rigorosa osservanza dei princìpi fondamentali del sistema penale e, ferma restando la sfera di discrezionalità che gli compete, deve orientare la sua azione a canoni di razionalità finalistica.

«Gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le società più avanzate producono condizioni di estrema emarginazione, sì che (…) non si può non cogliere con preoccupata inquietudine l’affiorare di tendenze, o anche soltanto tentazioni, volte a "nascondere" la miseria e a considerare le persone in condizioni di povertà come pericolose e colpevoli». Le parole con le quali la Corte Costituzionale dichiarò l’illegittimità del reato di "mendicità" di cui all’art. 670, comma 1, cod. pen. (sent. n. 519 del 1995) offrono ancora oggi una guida per affrontare questioni come quella dell'immigrazione con strumenti adeguati allo loro straordinaria complessità e rispettosi delle garanzie fondamentali riconosciute dalla Costituzione a tutte le persone.


Angelo Caputo, Domenico Ciruzzi, Oreste Dominioni, Massimo Donini, Luciano Eusebi, Giovanni Fiandaca, Luigi Ferrajoli, Gabrio Forti, Roberto Lamacchia, Sandro Margara, Guido Neppi Modona, Paolo Morozzo della Rocca, Valerio Onida, Elena Paciotti, Giovanni Palombarini, Livio Pepino, Carlo Renoldi, Stefano Rodotà, Arturo Salerni, Armando Spataro, Lorenzo Trucco, Gustavo Zagrebelsky.
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