Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

05 dicembre 2013

Prato, false residenze a cinesi undici ordini di arresto
L'accusa: associazione a delinquere. Coinvolto anche un pubblico ufficiale. Iscrivevano all'anagrafe persone che non ne avevano diritto, in cambio di denaro e altri benefici
la Repubblica, 05-12-2013
PRATO - Meno di una settimana dopo il rogo nella fabbrica clandestina, a Prato sono state emesse undici ordinanze di custodia cautelare nei confronti di italiani e cinesi accusati di far parte di un'associazione a delinquere che a Prato favoriva il rilascio di falsi certificati di residenza ad immigrati di origine cinese. Nell'inchiesta è coinvolto anche un pubblico ufficiale, un dipendente del Comune di Prato addetto alle certificazioni di residenza. La Guardia di finanza ha eseguito gli arresti.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, l'organizzazione - attraverso la complicità del pubblico ufficiale - riusciva ad ottenere illecitamente, in cambio di denaro e altri benefici, l'iscrizione all'anagrafe di cittadini cinesi che non ne avevano i requisiti ed erano entrati in Italia illegalmente. Dalle indagini sarebbe emerso che almeno 300 cittadini della Repubblica popolare hanno ottenuto i documenti grazie a questo canale
illegale pagando una tangente che variava tra i 600 e i 1.500 euro a persona. I soldi sarebbero finiti ad alcuni loro connazionali che, dopo essersi fatti consegnare i passaporti dagli immigrati, giravano parte del compenso ai loro soci italiani. In otto mesi l'organizzazione avrebbe guadagnato tra i 180mila e i 450mila euro.
Contestualmente agli arresti, centinaia di militari della Guardia di Finanza, coordinati dalla procura di Prato, stanno eseguendo oltre 300 perquisizioni.



Sugli immigrati la Commissione è meno scettica. E fa pressing sul Consiglio Ue
In vista del prossimo vertice dei capi di stato e di governo, Bruxelles lancia la task force annunciata dopo la strage di Lampedusa
Europa, 05-12-2013
Fabrizia Bagozzi     
Se l’Europa si mostra scettica sul contenimento del nostro debito pubblico, sembra invece più disposta a riconoscerci, sull’onda della tragedia di Lampedusa, una maggiore «solidarietà» nell’affrontare i flussi migratori. E la novità, al netto dell’irrompere sulla scena delle elezioni per il parlamento Ue e dello standing di cui Enrico Letta gode a livello europeo, sta forse  più nella seconda cosa. Un tempo impensabile, per quanto rimanga sempre all’interno del tipico andamento della diplomazia europea e delle infinite mediazioni che ne rallentano i processi.
La Commissione si prepara al match che si terrà nel consiglio europeo dei capi di stato e di governo del 19 dicembre, quando i paesi membri saranno chiamati prendere decisioni operative anche sull’immigrazione. Un nodo su cui la macchina diplomatica è in moto fin dalla visita di Barroso e Malmstrom sull’isola.
Ieri il Commissario per gli affari interni ha presentato le linee di fondo all’interno delle quali intende operare la task force per il Mediterraneo guidata dalla Commissione e istituita appunto dopo Lampedusa. Al primo posto il rafforzamento dei pattugliamenti sulla sponda sud con l’obiettivo di bloccare il traffico e salvare vite umane. Un’azione determinante, sulla quale esiste un consenso di fondo fra gli stati membri e di cui la missione italiana Mare nostrum ha fornito un’anticipazione. Ma che costerà all’Europa, secondo le stime di Frontex (l’attuale sistema di pattugliamento già sottofinanziato), 14 milioni di euro l’anno. Una cifra impegnativa, che avrà un suo peso nelle valutazioni del 19 dicembre.
L’attivazione di Eurosur (un sistema che mette in comune i dati delle autorità nazionali di sorveglianza) era già prevista e verrà accelerata, così come il potenziamento degli accordi Ue con i paesi di provenienza e transito (che pure non sarà a costo zero). Sarà invece ben più difficile affrontare il tema (su cui Malmstrom ha posto l’accento) di una redistribuzione maggiore e più solidale di chi chiede la protezione internazionale, pur senza lambire l’intoccabile regolamento Dublino 2. Per non parlare della possibilità dell’introduzione di un visto umanitario (un qualcosa che ricorda vagamente i corridoi umanitari), su cui del resto  il linguaggio è molto cauto: si parla di «esplorare la possibilità di entrate protette nell Ue» di stranieri che chiedano asilo fuori dall’area Ue. Qui non basteranno neppure le (combattive) intenzioni della presidenza italiana Ue nel 2014.
Intanto, l’Italia fa il suo. Il ministro per l’integrazione Kyenge ha annunciato che entro la fine dell’anno il nostro paese recepirà tutte le direttive europee in materia per arrivare entro la fine del 2014 a un testo unico che renda meno farraginosa l’accoglienza italiana e la metta a sistema.



Immigrazione: sventato tentativo fuga da Cie a Caltanissetta
Dopo momenti di tensione l'allarme è rientrato
Gazzetta di Parma, 05-12-2013
(ANSA) - CALTANISSETTA, 5 DIC - Un tentativo di fuga è stato sventato la notte scorsa dalle forze dell'ordine al Cie di Pian del lago a Caltanissetta. I migranti ricoverati nella struttura di prima identificazione ed accoglienza avevano già preparato materassi e suppellettili per darli alle fiamme e quindi scappare approfittando dell'emergenza. Dopo momenti di tensione l'allarme è rientrato e la situazione si è normalizzata.
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“Italiani per Costituzione”: parlano le seconde generazioni (anche in dialetto)
Corriere.it, 05-12-2013
Valentina Ravizza
C’è Omar Hadjar che vive a Palermo e ormai ha dimenticato l’arabo, e c’è Andrea Xu, romano, che avrebbe bisogno di un traduttore per comunicare con la sua famiglia di origine cinese. C’è Tasnim Mohamed che porta il velo e ama Milano perché c’è sempre qualcuno in giro, e c’è Gueye Fatou che è cresciuta a Trento e vuole fare il giudice, ma a casa preferisce parlare «come se fossimo in Africa». La cronaca li definisce “seconde generazioni”, ma loro si sentono “Italiani per Costituzione”, come il titolo del documentario girato da Simona Filippini e Matteo Antonelli, presentato oggi, giovedì 5 dicembre, al Macro di Roma (per informazioni su future proiezioni controllate la pagina Facebook di CAMERA 21). «L’idea mi è venuta tre anni fa» spiega la regista: «Alla fine di uno spettacolo del coro scolastico dell’istituto dove studiavano i miei figli, tutti i ragazzi si sono alzati per l’inno d’Italia. Tra loro c’erano diversi figli di immigrati, anche loro con la mano sul cuore a cantare i versi di Mameli».
Da lì è partita una riflessione su cittadinanza e ius soli e un viaggio che ha portato Filippini e Antonelli da Roma a Trento e Milano, e poi giù fino a Napoli e Palermo, dove hanno incontrato una ventina di ragazzi tra i sette e i 27 anni.
   «Erano figli di amici, studenti di liceo contattati attraverso un professore che si interessa di immigrazione, ragazzi trovati semplicemente facendo girare la voce del progetto a cui stavamo lavorando. È stato tutto molto spontaneo, non c’è stato un casting, non abbiamo detto di no a nessuno».
E che cosa avete chiesto?
    «Siamo partiti chiedendo loro di scegliere un articolo della Costituzione e di commentarlo: un ragazzo di origine eritrea ha voluto addirittura leggercelo in dialetto siciliano! Ci hanno parlato della scuola, delle loro città e della cultura dei loro genitori. In effetti non mi aspettavo che semplicemente parlando della vita di tutti i giorni emergesse così nettamente un messaggio di integrazione. Ne esce una valorizzazione delle differenze: le loro e le nostre, perché sentendo tutti i loro accenti ci si rende conto di quante diversità ci siano anche tra noi italiani. È quanto queste ci arricchiscano».
Il documentario è stato presentato all’interno di Fotografia – Festival Internazionale di Roma, che quest’anno è dedicato alla “vacatio”, «che in questo caso indica la mancanza di leggi serie sull’immigrazione e di una riflessione profonda su come sta cambiando la società».  Grandi assenti dal quadro di “Italiani per costituzione” sono però anche i genitori:
    «Le mamme e i papà di questi ragazzi stanno qui in punta di piedi e continuano a sentirsi ospiti. Loro invece sono sicuri di sé, si sentono italiani».
Ma con un dovere in più: fare da ponte tra famiglia naturale e società adottiva.



Il Servizio Civile apre ai giovani stranieri. Domande entro il 16 dicembre
L’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile obbedisce alla sentenza di Milano e riapre i termini per le domande. Guariso (Asgi): “Un risultato importante, ma il requisito della carta di soggiorno è arbitrario”
stranieriinitalia.it, 05-12-2013
Elvio Pasca
Roma – 4 dicembre 2013 – Il Servizio Civile Nazionale apre le porte, finalmente, ai giovani stranieri.
Si tratta di un passo obbligato. Il 19 novembre scorso, infatti,  il Tribunale di Milano ha giudicato “discriminatorio” il requisito della cittadinanza italiana per gli aspiranti volontari e con un’ordinanza del giudice Fabrizio Scarzella ha imposto all’Ufficio Nazionale per il
Servizio Civile di consentire l’accesso anche agli “stranieri soggiornanti regolarmente in Italia” e di “fissare un termine non inferiore a 10 giorni” per “la presentazione delle ulteriori domande di ammissione”.
È così che, dopo settimane di attesa, oggi sul sito dell’UNSC è stato pubblicato un decreto per la “riapertura dei termini per la presentazione delle domande degli stranieri”. L’ordinanza parlava semplicemente di “stranieri soggiornanti regolarmente in Italia”, ma l’avvocatura dello Stato ha voluto fissare paletti più stringenti. Potranno quindi presentare domanda ragazze e ragazzi non italiani che hanno tra i 18 e 28 anni, ma che appartengono anche a una delle seguenti categorie:
-    cittadini dell’Unione europea,
-    familiari dei cittadini dell’Unione Europea non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente;
-    titolari del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (la cosiddetta "carta di soggiorno");
-    titolari di permesso di soggiorno per asilo;
-    titolari di permesso per protezione sussidiaria.
I posti in palio, da dividere con gli italiani, sono quasi 15 mila, in progetti sparsi in tutta Italia. Gli aspiranti volontari stranieri hanno tempo fino alle 14.00 del 16 dicembre per presentare le domande per posta elettronica certificata, per posta o a mano, secondo la procedura indicata nel bando e utilizzando i moduli pubblicati sul sito dell’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile.
“È un risultato importante. Finalmente si pone fino a un’ingiusta discriminazione: i giovani non italiani, ma che vivono qui stabilmente, potranno partecipare a progetti di solidarietà e integrazione come i giovani italiani” commenta l'avvocato Alberto Guariso di Asgi e APN Onlus, le associazioni che hanno sostenuto il ricorso vincente presentato a Milano da quattro figli di immigrati.
Non si può, però, non considerare che si poteva arrivare a questo traguardo già due anni fa, quando unasentenza su un ricorso analogo, confermata anche in appello, aveva giudicato discriminatorio il bando del Servizio Civile. E comunque, sottolinea il legale, anche stavolta non è stata applicata pedissequamente la decisione del Tribunale.  
“La limitazione agli extracomunitari lungosoggiornanti – nota infatti Guariso - è del tutto arbitraria rispetto alla sentenza. Taglierà fuori molti ragazzi che vivono regolarmente in Italia, perfettamente integrati, ma che non hanno la carta di soggiorno perchè magari i loro genitori non l’hanno richiesta”.



Nonni vigile in Questura all’ufficio immigrazione
C’è l’accordo con il Comune che ha finanziato il servizio con 18 mila euro Obiettivo: snellire le procedure di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno
il mattino di Padova, 05-12-2013
Valentina Voi
Nonni vigile all'Ufficio immigrazione della Questura per aiutare a gestire le pratiche dei permessi di soggiorno. Una novità che partirà da gennaio del prossimo anno e che vedrà coinvolti 12 «cittadini anziani volontari», questo il nome tecnico dei nonni vigile, gli stessi che i padovani sono abituati a vedere all'altezza degli attraversamenti pedonali o nei parchi.
Il servizio è frutto di una stretta collaborazione tra Questura e Comune: ieri è stato vagliato e approvato dalla giunta con un finanziamento di 18 mila euro. «Sul fronte dell'immigrazione le istituzioni si trovano a dover gestire molti documenti» spiega l'assessore di riferimento Fabio Verlato, «ed è nata l'idea di una collaborazione per gestire alcuni compiti. Abbiamo pensato di coinvolgere i nonni vigile che in città sono circa 500».
L'obiettivo comune, sancito anche da una convenzione tra ministero dell'Interno e Associazione nazionale comuni italiani (Anci), cui Padova ha aderito, punta alla semplificazione delle procedure amministrative di rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno, una pratica che coinvolge la Questura e che vede la collaborazione degli sportelli Cisi (Centro informazione e servizi per immigrati).
Molte pratiche vengono inviate per posta e questo comporta dei carichi di lavoro per gli uffici che le devono archiviare e smistare o, peggio, il rischio di dover duplicare agli sportelli istanze già inviate per posta. È qui che entreranno in gioco i nonni vigile, cioè i pensionati che il Comune impiega per svariati servizi pagandoli circa 300 euro al mese. Spesso diventano un punto di riferimento per la cittadinanza, come quelli impiegati lungo le strade per far attraversare in sicurezza i bambini fuori dalle scuole. O, ancora, i “nonni verdi”, impiegati nella sorveglianza dei parchi. O ancora gli anziani impiegati nella custodia delle sedi museali e che talvolta svelano anche segreti che le guide ufficiali non conoscono. I nonni vigile sono anche in Prato della Valle, protagonisti a tutti gli effetti della vita cittadina. Un piccolo esercito di 500 volontari, ai quali ora si aggiungeranno anche quelli impiegati nel servizio immigrazione. A questi ultimi verrà chiesto di raccogliere e sistemare le pratiche di permesso di soggiorno inviate per posta agli uffici della Questura.
«Saranno pagati come i nonni vigile già impiegati in città» spiega Verlato, «per un totale di 18 mila euro di investimento». Il progetto sperimentale partirà nelle prossime settimane, probabilmente con l'inizio del prossimo anno.



La regina Noor di Giordania: «Europa, accogli i profughi»
Appello ad aiutare le vittime del conflitto siriano
Corriere della sera, 05-11-2013
Viviana Mazza
LONDRA — «Ai governi in Italia e in Europa chiedo di cercare di creare maggiori possibilità di asilo e di risistemazione per i rifugiati siriani». La regina Noor di Giordania, quarta e ultima moglie di Re Hussein (ma non madre dell’attuale sovrano, re Abdallah, che è figlio della seconda moglie), lancia questo appello in un’intervista al Corriere a margine della conferenza annuale «Trust Women» sui diritti delle donne, organizzata dalla Fondazione Thomson Reuters a Londra.
A quasi tre anni dall’inizio delle rivolte contro il regime di Damasco, i siriani fuggiti nei Paesi vicini sono oggi quasi 3 milioni, secondo l’ultima stima dell’Alto commissario Onu dei rifugiati (Unhcr): il 50% sono bambini e il 30% donne. Volker Türk, direttore per la protezione internazionale dell’Unhcr, avverte che l’Italia vedrà arrivare sempre più bambini siriani nei barconi diretti a Lampedusa. Ma sono i Paesi confinanti con la Siria a sostenere oggi gran parte del peso della crisi umanitaria: la Giordania, con 600 mila rifugiati, è la terza destinazione dopo il Libano (1 milione) e la Turchia (700 mila); e un recente sondaggio mostra che il 70-80% dei giordani sono contrari alla presenza dei profughi. «Siamo un Paese umanitario e compassionevole ma siamo stati spinti all’estremo — spiega la regina Noor —. E proprio per questo chiedo all’Europa non solo di aumentare gli aiuti umanitari ma anche gli aiuti per lo sviluppo, per sostenere i Paesi che hanno accolto i profughi per così lungo tempo e che continuano a vederli arrivare. Le infrastrutture sono state schiacciate e sono sotto pressione, nel tentativo di provvedere sia alla nostra popolazione che ai rifugiati. E se tantissimi siriani si trovano nei campi profughi come Zaatari, sono ancora di più quelli che vivono fuori dai campi e finiscono nelle comunità più povere, senza supervisione dell’Unhcr o di altre organizzazioni che possano assisterli. L’inverno sta arrivando e nella nostra regione può essere molto rigido».
La regina Noor (in arabo significa «luce»), nata a Washington 62 anni fa con il nome di Lisa Najeeb Halaby, laureata in architettura a Princeton e convertitasi all’Islam prima delle nozze, ha origini in parte siriane: il bisnonno paterno, cristiano, emigrò in America alla fine dell’Ottocento, secondo una ricostruzione della tv americana Pbs . Perciò, la crisi siriana per lei è «una questione personale ma, se non avessi sangue siriano, non sono certa che non sarebbe altrettanto personale, perché la nostra regione vive di intrecci profondi e, nonostante le divisioni create durante il colonialismo, i legami sono rimasti forti, generazione dopo generazione. Perciò la situazione in Siria è personale per tutti noi. Avendo trascorso del tempo ad Aleppo e a Damasco, poi, e avendone ammirato la ricchezza storica e culturale e la convivenza di diverse identità religiose, etniche e geografiche, è particolarmente doloroso ora vedere le spaccature create dal conflitto».
La regina non prende posizione sul ruolo che il presidente Assad avrà nel futuro della Siria mentre, in attesa dei negoziati di Ginevra a gennaio, i Paesi occidentali preoccupati dalla presenza jihadista sembrano assai più cauti che in passato sulla sua uscita di scena (su cui insistono invece i ribelli). Sottolinea però che «l’unica soluzione sostenibile è quella diplomatica: sedersi faccia a faccia per trovare un compromesso. Sì, lo so che sembra idealistico, ma è l’unica soluzione. E le donne dovrebbero essere incluse nei negoziati e messe al centro di questa riconciliazione». In Medio Oriente «le donne hanno visto progressi nell’istruzione e nei servizi sociali — spiega — ma non a sufficienza in campo economico e politico. Ovviamente le situazioni di conflitto le portano a fare passi indietro». La regina condivide l’opinione di diverse partecipanti alla conferenza che la colpa della misoginia nel mondo arabo non sia degli islamici, ma dell’intera società e degli stessi progressisti. «La colpa non è dell’Islam: l’Islam ha liberato le donne dalla misoginia pre-islamica. Oggi credo che uno dei modi migliori per fare progressi sia di dimostrare agli uomini che la famiglia e la società intera traggono beneficio dal coinvolgimento delle donne a ogni livello».

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